Impiega lavoratori clandestini: assolto ex art. 2, comma 2 del codice penale

Redazione 20/10/11

Con la sentenza n. 37703 depositata il 18 ottobre 2011 la Corte di cassazione ha fornito una applicazione concreta del principio della successione di leggi penali nel tempo.

Nel caso di specie un datore di lavoro era stato condannato dalla Corte d’Appello per aver impiegato un lavoratore extracomunitario privo del permesso di soggiorno.

La difesa aveva sempre sostenuto che il clandestino avesse prestato la propria opera a titolo di amicizia, negando che vi fosse qualsivoglia forma di collaborazione di tipo lavorativo; inoltre, nel ricorso, aveva evidenziato come i giudici d’Appello non avessero tenuto conto del fatto che l’indagine amministrativa svolta dalla Direzione regionale del lavoro aveva annullato il verbale redatto dall’Ispettore del lavoro archiviando la pratica, cosa, questa, che certamente dimostrava la buone fede del datore di lavoro.

La Corte di cassazione, dopo aver rigettato le argomentazioni della difesa e aver sottolineato, in ogni caso, l’autonomia del giudizio penale rispetto a quello amministrativo, ha tuttavia assolto l’imputato con formula piena per mancanza di dolo.

Ciò è stato possibile in virtù del fatto che, con riguardo alla disciplina dettata dal Testo Unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998) che contempla il reato de qua si è verificato un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo: il D.L. n. 92/2008, cd. pacchetto sicurezza, ha infatti trasformato la fattispecie da contravvenzione a delitto doloso.

Trattandosi di una modifica in peius, tuttavia, si applica la disciplina precedente, anche se non più in vigore: a prevederlo è l’art. 2 del nostro codice penale che, accanto al principio di irretroattività, detta quello deputato a regolare il fenomeno della successione di leggi penali nel tempo, stabilendo che, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.

Inoltre, essendo stato trasformato il reato da contravvenzione a delitto doloso, l’imputato andrebbe comunque assolto perché non risulta provato l’elemento soggettivo specifico richiesto (Lucia Nacciarone).

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