L? interessante pronunzia della Sezione Giurisdizionale Umbra della Corte dei Conti n. 313/2005 affronta la tematica? dell? illecito erariale da pausa caff? di pubblico dipendente. La fattispecie concreta concerne il caso di una dipendente comunale di un ente locale umbro a cui quest? ultimo aveva contestato il danno pubblico per essersi arbitrariamente assentata dall? ufficio di appartenenza? per consumare la colazione al bar limitrofo.La sentenza perugina? risulta di estremo interesse giurisprudenziale contabile, in quanto elimina qualsivoglia dubbio in punto sussistenza danno all? erario allorquando si fruisca della pausa caff? indebitamente. In motivazione, il? Relatore evidenzia i principii ed i postulati a base del legittimo ricorso alla? pausa in questione sottolineando? che l? osservanza dell? orario di lavoro? integra un preciso obbligo del pubblico dipendente, nonch?? ? definibile alla stregua di elemento essenziale della prestazione retribuita dalla P.A.. Detto obbligo ?,peraltro, confermato? da plurime circolari? e norme interne in materia fra cui deve annoverarsi la Direttiva della Funzione Pubblica n.21/2005. Ne deriva che ogni assenza dal posto di lavoro, totale o parziale che essa sia,? che non sia formalmente giustificata, si traduce? oltrech? nella proporzionale ed automatica riduzione della retribuzione, anche? nella attivazione? da parte del Dirigente responsabile, delle procedure disciplinari normativamente previste. E? evidente che tale comportamento costituisce anche illecito penale? ed erariale in presenza di dolo o di colpa grave e di danno pubblico. In tal senso,si osserva? che la giurisprudenza della Corte dei Conti ? nel senso di ritenere che in ipotesi di inadempienza della prestazione lavorativa da parte di pubblici dipendenti? sia ravvisabile responsabilit? amministrativa ex art. 1 L. n. 20/1994? e che il danno arrecato alla amministrazione datrice di lavoro? debba essere commisurato? in misura almeno pari alla spesa? sostenuta dalla P.A. per la retribuzione complessivamente erogata a favore dei dipendenti di cui trattasi? parametrandola al periodo in cui gli stessi? non hanno reso la propria prestazione lavorativa e, se del caso, ai danni ulteriori cagionati? dalla loro condotta di arbitraria assenza. Ci? significa che potrebbe configurarsi danno da disservizio o similari. Il ch? non implica incidenza alcuna sulla natura? della pausa de qua nei termini? di ripristino psico-fisico dei dipendenti pubblici. Perch? una cosa ? ammettere che il personale abbia diritto a fruirne, altro che il diritto venga esercitato legittimamente. Legittimamente deve intendersi? quale preventiva autorizzazione dell? apicale e/o quale? segnalazione mediante? i rilevatori automatici della presenza. In ogni caso, se poi neanche sia? stata oggetto di recupero e tale recupero ex actis non consta, e sia stata erogata la retribuzione per intero, l? illecito sussiste. Priva di pregio la tesi difensiva secondo cui la pausa caff? fuori dall? ufficio non autorizzata in via preventiva? sarebbe una sorta di prassi? tollerata e diffusa nell? ambito del pubblico impiego
in guisa tale che non potrebbe connotarsi come lesiva ed antigiuridica. Le prassi contra legem o da essa difformi non sono mai lecite. Difatti, ben? si pu? ( anzi si deve) fruirne? mediante l? utilizzazione dei cosiddetti permessi brevi a recupero, i quali non incidono a livello retributivo.
Su tale specifica problematica si innestano poi le altre concernenti la pausa-spesa, pranzo ed analoghe. Si commette illecito penale, disciplinare ed erariale se ci si assenta senza marcare il cartellino, omettendo di farsi autorizzare e non provvedendo al recupero del lasso di tempo fruito senza decurtazione della retribuzione. Se, poi, come talora accade, si marca l? assenza con il cartellino altrui e lo stesso dicasi per la prestazione di lavoro straordinario, ricorrono? fenomenologie?? di altra diversa gravit?.
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