Danno per mancata assunzione ingiustificata a seguito di procedura concorsuale – commento alle sentenze della Sezione Giurisdizionale per il Lazio della Corte dei conti n. 536 del 2005 e n. 3329 del 2002.

Le due sentenze traggono origine da un?unica vicenda riguardante un piccolo Comune del Lazio.

Con deliberazione consiliare n. 39 del 29.2.1980 e con deliberazione di giunta n. 80 del 26.4.1980, il Comune di Calcata (VT) dispose l’espletamento di un concorso per un posto di applicato dattilografo-archivista di IV livello e ne nomin? poi la commissione giudicatrice.

Intervenute le dimissioni di un componente della commissione e decaduto il consiglio comunale il 23.4.1980, la giunta comunale ritenne di procedere ugualmente all’ultimazione del concorso: a tal fine, con deliberazione n. 105 del 15.5.1980 modific? le disposizioni del regolamento organico del personale sulle commissioni giudicatrici di concorso e con deliberazione n. 109 del 17.5.1980 ridetermin? poi la composizione della commissione secondo i nuovi criteri.

Il nuovo consiglio comunale con deliberazione n. 104 del 19.7.1980 dichiar? decaduti perch? non rieletti i consiglieri componenti della commissione e li sostitu?, senza tener conto delle nuove disposizioni del regolamento organico.

Con deliberazione n. 121 del 19.12.1980, il consiglio annull? inoltre le deliberazioni di giunta n. 105 e n. 109 del 1980.

Ambedue le citate deliberazioni consiliari, la n. 104 del 1980 e la n. 121 ugualmente del 1980, furono oggetto di provvedimenti di annullamento del Comitato Regionale di Controllo, avverso i quali fu proposto dal Comune un ricorso al TAR.

Nelle more del giudizio, con deliberazione n. 91 del 22.10.1984 la giunta annull? nuovamente le deliberazioni n. 105 e n. 109 del 1980.

Anche la deliberazione di giunta n. 91 del 1984 fu peraltro annullata dal Co.Re.Co.. E la stessa sorte ebbe la deliberazione di giunta n. 33 dell’8.3.1986, che annull? ancora una volta la deliberazione n. 105 del 1980.

Con sentenza n. 982 del 6.5.1987, il TAR del Lazio rigett? il ricorso del Comune: non risultavano infatti le ragioni di pubblico interesse che avevano indotto ad annullare le deliberazioni di giunta n. 105 e n. 109 del 1980 e il Comune aveva anche trascurato di considerare la posizione dei concorrenti che avevano in gi? effettuato le prove orali del concorso.

In esecuzione della decisione del TAR, il Comune ricostitu? allora l’originaria commissione, che il 28.4.1987 present? gli atti per l’approvazione della graduatoria finale.

Ma nonostante la pronuncia del TAR il consiglio comunale aveva un ulteriore ripensamento e con le deliberazioni n. 29 e n. 30 del 5.8.1987 prima annull?, ancora una volta, la deliberazione n. 105 del 1980 e poi annull? le stesse operazioni concorsuali.

Puntualmente, la deliberazione consiliare n. 30 del 1987 fu annullata dal Co.Re.Co..

Con deliberazione consiliare n. 45 del 13.7.1990 e quindi dopo pi? di tre anni dall’ultimazione delle procedure concorsuali e dopo aver avuto anche notizia che un appello contro la sentenza del TAR era stato dichiarato inammissibile dal Consiglio di Stato il Comune approv? finalmente la graduatoria e nomin? vincitrice del concorso la sig.ra E Ma.

Con atto di citazione davanti al Tribunale di Viterbo del 27.6.1992, la sig.ra Ma chiese il risarcimento dei danni subiti per l’ingiustificato comportamento dilatorio degli amministratori comunali.

Con sentenza non definitiva n. 24 dell’8.1.2000, il Tribunale condann? il Comune a risarcire provvisoriamente lire 50.000.000 e dispose inoltre la nomina di un consulente tecnico per la definitiva determinazione dei danni.

Con atto di citazione del 16.7.2001, la Procura Regionale presso questa Sezione chiese allora la condanna degli amministratori del Comune di Calcata che avevano votato le deliberazioni n. 29 e n. 30 del 5.8.1987 al risarcimento del danno subito dal Comune stesso: lire 50.000.000 pagate in esecuzione della sentenza del Tribunale di Viterbo e lire 6.458.800 pagate per spese di giudizio.

Nell’atto di citazione, la Procura fece peraltro espressa riserva di promuovere un altro giudizio per il risarcimento degli ulteriori danni che fossero emersi a seguito della prevista consulenza tecnica d’ufficio.

Con sentenza n. 3329 del 7.11.2002, questa Sezione condann? i convenuti, in parti uguali, al pagamento di euro 25.822,84 pari a lire 50.000.000 oltre a rivalutazione ed interessi. Escluse invece che dovessero essere poste a carico degli amministratori anche le spese del giudizio civile, in quanto ?la scelta dell’ente locale di procedere alla difesa, nominando un difensore privato, ? stata adottata dai componenti del Consiglio comunale subentrato ma non costituisce comportamento obbligato e dovuto ma meramente discrezionale e comunque non collegabile alla condotta colposa dei convenuti?.

Con nota del 20.1.2003 successiva quindi alla sentenza della Sezione Giurisdizionale per il Lazio il sindaco di Calcata ha comunicato che con sentenza definitiva n. 1079 del 21.8.2001 il Tribunale di Viterbo, prendendo atto delle conclusioni della consulenza tecnica, ha condannato il Comune stesso al pagamento in favore della sig.ra Ma della somma complessiva di lire 79.764.837 oltre a rivalutazione ed interessi.

Per il risarcimento degli ulteriori danni, quantificati dalla Procura Regionale in euro 59.898,80 oltre a rivalutazione ed interessi, la Procura stessa ha pertanto nuovamente chiamato in giudizio gli ex amministratori del Comune di Calcata gi? condannati con la precedente sentenza di questa Sezione.

Nella motivazione della prima sentenza della Sezione Giurisdizionale per il Lazio (n. 3329 del 2002) che condannava gli amministratori del Comune di Calcata si osservava? come emerge dagli atti di causa, e soprattutto dalle considerazioni in punto di diritto svolte sia dal giudice ordinario che da quello amministrativo, entrambi intervenuti precedentemente nella vicenda, appare quanto mai difficile considerare l’assenza di colpa grave nella condotta dei convenuti.

I medesimi hanno affermato di non avere competenze tecnico giuridiche per comprendere il merito delle delibere che andavano a votare e, essendo il Comune di Calcata un ente di modeste dimensioni, probabilmente gli amministratori non erano particolarmente esperti in questioni tecnico-giuridiche.

Ci? nonostante, malgrado le decisioni sempre coerenti e negative dell’organo di controllo che puntualmente annullava tutte le delibere che riguardavano l’identica materia della composizione della Commissione esaminatrice del concorso di applicato-dattilografo e il pronunciamento del tribunale amministrativo regionale che, nel maggio 1987, ancora una volta riteneva il procedimento concorsuale in svolgimento perfettamente in linea con le norme di legge, obbligando altres? l’Amministrazione a consentire il completamento dei lavori, i convenuti, con comportamenti coscienti ed ostinati, si dichiaravano tutti favorevoli ai contenuti delle delibere nn. 29 e 30 del 5 agosto 1987, procedendo persino ad annullare il concorso ed ad impedire alla vincitrice del medesimo di essere nominata in servizio.

Tale atteggiamento, sorretto da un interesse sempre uguale di presumibile legittimit? formale di una procedura concorsuale che era stato gi? pi? volte ritenuto non conforme a legge, non si ? modificato neanche dopo l’ennesimo annullamento delle delibere 29 e 30 del 1987 effettuato dall’organo di controllo, determinando un ritardo che, all’indomani della chiara pronuncia del tribunale amministrativo regionale, si presentava palesemente illegittimo e foriero di danno erariale.

Non ? questa la sede per discutere della legittimit? degli atti amministrativi posti in essere dai convenuti, ma nella motivazione della sentenza resa dal giudice amministrativo di primo grado si comprende facilmente che l’interesse? pubblico alla definizione di una procedura concorsuale in avanzato stato di esecuzione non pu? non risultare prevalente rispetto al generico interesse all’osservanza di una norma regolamentare che sarebbe stata disapplicata nel caso di specie.

La colpa grave nella condotta dei convenuti ?, pertanto, individuabile con giudizio ex ante proprio nella precisa volont? di fermare, comunque, l’iter concorsuale in svolgimento, cercando un motivo che si era rivelato costantemente ed univocamente infondato. Peraltro, all’indomani dell’espletamento della prova orale del concorso, il rifiuto di approvare gli atti dello stesso era condotta palesemente irrazionale e connotata da grave negligenza, in spregio delle regole pi? elementari di amministrazione pubblica che si deve assumere conosciute da chi ? chiamato a ricoprire un incarico pubblico.

Con riguardo, poi, alla sussistenza del rapporto di causalit? tra condotta ed evento, le considerazioni che precedono sono sufficienti ad attestarlo, dovendosi escludere qualsiasi compartecipazione dei componenti dell’organo di controllo alla condotta dannosa, in quanto i medesimi hanno sempre seguito una linea univoca e coerente, e comunque, in aperto contrasto con la condotta dei convenuti, unici responsabili del fatto dannoso.

Infine, con riferimento all’esistenza del danno, lo stesso ? stato quantificato in via provvisoria dal giudice ordinario a cui, poi, ha fatto seguito l’atto di transazione da parte del Comune che, riconoscendo la fondatezza della pretesa risarcitoria della signora M., gi? affermata dal giudice ordinario, ha ritenuto conveniente la definizione stragiudiziale.

Ne’ pu? avere rilievo l’eccezione sollevata dai convenuti per escludere l’esistenza del danno e cio? che non vi sarebbe alcun termine per la nomina del vincitore di un concorso in quanto il ritardo ? stato determinato da una volont? contraria e cosciente che, per quanto sopra si ? detto, assume le caratteristiche di condotta gravemente colposa che ha dato successivamente luogo ad una condanna pecuniaria dell’ente locale.

Il danno, quindi, ? da ritenersi sussistente anche se limitato alla sola somma derivante dall’accordo transattivo, non potendo essere attribuito al comportamento dei convenuti l’ulteriore somma che ? stata erogata al difensore dell’ente locale per la difesa nel giudizio civile ordinario.

La seconda citazione da parte della Procura Regionale per il Lazio trae origine dalla comunicazione alla stessa Procura della sentenza definitiva n. 1079 del 21.8.2001 del Tribunale di Viterbo.

Questo prendendo atto delle conclusioni della consulenza tecnica, ha condannato il Comune stesso al pagamento in favore della sig.ra Ma della somma complessiva di lire 79.764.837 oltre a rivalutazione ed interessi.

Di fronte ad eccezioni della difesa che ricalcavano per lo pi? quelle del primo giudizio (prescrizione per decorso del quinquennio dal fatto dannoso, presenza di una discrezionalit? dell?amministrazione nell?esecuzione di una procedura di assunzione del personale), le motivazioni dell?ulteriore condanna della Sezione Giurisdizionale per il Lazio sono state le seguenti.

Non sembra possibile dubitare del nesso di causalit? tra il comportamento dei convenuti e il danno subito dal Comune.

L’instaurazione da parte della sig.ra Ma di un giudizio civile per risarcimento di danni e la conseguente ben prevedibile condanna dell’amministrazione comunale non possono essere infatti considerati eventi anormali ed eccezionali e si presentano invece come ?conseguenza immediata e diretta? (artt. 1223 e 2056 c.c.) dell’ostinato ostruzionismo che la l’interessata aveva subito da parte degli amministratori comunali.

La tesi secondo la quale non esisterebbe un termine per l’approvazione delle operazioni concorsuali risulta poi del tutto infondata: non era previsto alcun termine solo perch? era indubbio che in assenza di precisi impedimenti l’espletamento delle operazioni concorsuali dovesse essere sempre seguito, senza soluzioni di continuit? e come suo naturale esito, dall’approvazione della graduatoria e dall’assunzione dei vincitori.

Ci? posto, anche in questo giudizio, come in quello che ha portato alla sentenza di questa Sezione n. 3329 del 2002, va riconosciuto che l’ostinato rifiuto di prendere atto dei ripetuti annullamenti di deliberazioni comunali da parte del competente Comitato Regionale di Controllo risulta chiaramente irragionevole e pertanto gravemente colposo: per l’amministrazione comunale non era certo possibile prescindere dalle decisioni dell’organo di controllo all’epoca previsto dall’ordinamento.

Anche l’attesa di un’improbabile sentenza del Consiglio di Stato che ribaltasse la sfavorevole decisione del TAR risulta del tutto ingiustificata: tra l’altro, l’art. 33 della legge n. 1034 del 1971 prevede l’esecutivit? delle sentenze del giudice amministrativo di primo grado anche in pendenza del giudizio di appello.

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Lesione dell?interesse alla assunzione, discrezionalit? amministrativa e danno risarcibile

La vicenda che si svolge in parte ancora prima delle notevoli svolte del diritto amministrativo italiano recente costituite prima dalla legge 241/1990 e poi dal risarcimento per l?interesse legittimo leso prima in via giurisprudenziale e poi in via normativa, pone in evidenza quali siano i limiti e gli ambiti in cui una Pubblica Amministrazione pu? e deve operare allorch? abbia posto in essere un procedimento e lo abbia portato alle soglie della sua conclusione.

Uno dei principi fondamentali della legge 241/90 ? stato per l?appunto quello del dovere di concludere i procedimenti amministrativi.

L?inerzia o il ritardo ingiustificato nel procedimento amm.vo non pu? tradursi in una del tutto ingiustificata discrezionalit? della stessa P.A. procedente.

L?Amm.ne che ha agito per un fine pubblico stabilito dalla legge deve dimostrare, quando abbandona un procedimento che lo fa per altro e maggiore fine pubblico e deve tenere conto della lesione che pu? produrre ai terzi con il suo comportamento non prevedibile.

Non c?? pi? una presunzione di legittimit? dell?agire della P.A. per cui deve essere solo il soggetto potenzialmente leso a mettere in evidenza i vizi.

L?obbligo di motivazione di tutti gli atti amm.vi, quello di conclusione dei procedimenti, di trasparenza e accessibilit? degli atti amm.vi, hanno obbligato la stessa P.A. ad un facere cui prima sostanzialmente non era tenuta?e in seguito alla risarcibilit? dell?interesse legittimo, l?assenza o l?insufficienza di questa motivazione pu? esporre la stessa P.A. a pesanti conseguenze risarcitorie (presso lo stesso TAR) cui segue l?azione della Procura della Corte dei conti, laddove questa ravvisi la presenza degli elementi della responsabilit? amministrativa in contesti di questo genere.

Una gara per un appalto pubblico, come un concorso per l?assunzione in un pubblico impiego indubbiamente creano importanti aspettative assorbono risorse ed energie di chi vi partecipa nel tentativo di riuscire a vincere.

Nella specie l?Amm.ne comunale prima ha bandito un concorso lo ha portato avanti e poi si ? accorta che potevano esservi alcune illegittimit? regolamentari nella composizione della commissione.

Certamente le eventuali illegittimit? dovevano avere la loro giusta rilevanza e meritavano forse un intervento della stessa Amm.ne, ma la scelta di revocare la procedura gi? spintasi avanti ? sicuramente pi? lesiva dei principi del buon andamento e dello stesso principio di legalit? che non quella di tenere ferma la procedura concorsuale con qualche problema nella composizione della commissione.

La Sezione Lazio nella prima sentenza del 2002, riprendendo la motivazione della pronuncia del TAR del 1987 che aveva respinto il ricorso del Comune contro l?annullamento di una delibera di revoca dichiarato dal? CORECO viterbese, evidenziava che non risultavano infatti le ragioni di pubblico interesse che avevano indotto ad annullare le deliberazioni di giunta n. 105 e n. 109 del 1980 e che? il Comune aveva anche trascurato di considerare la posizione dei concorrenti che avevano in gi? effettuato le prove orali del concorso.

La seconda sentenza del 2005 in termini ancora pi? espliciti ha osservato che non c?era alcun termine per la nomina del vincitore di un concorso, in quanto il ritardo ? stato determinato da una volont? contraria e cosciente che, per quanto sopra si ? detto, assume le caratteristiche di condotta gravemente colposa che ha dato successivamente luogo ad una condanna pecuniaria dell’ente locale.

Dunque non basta un ripensamento o una volont? contraria della Amm.ne a ?fermare la macchina?, probabilmente non basterebbero neppure ragioni pi? serie come un peggioramento delle condizioni finanziarie dell?ente che ha proceduto al concorso, laddove si sia giunti alla fase finale dello stesso.

Solo una situazione eccezionale come il factum principis, ossia una norma di legge che, mutando il quadro normativo generale disponesse un blocco totale temporaneo delle assunzioni, salva la sua impugnabilit? davanti alla Corte Costituzionale, potrebbe forse imporre la paralisi della procedura.

Aldil? della mera illegittimit? va considerato poi che in casi di ritardo immotivato o ingiustificabile, nell?assunzione del concorrente risultato potenziale vincitore, ritardo contrastato costantemente dalle pronunce negative degli organi di controllo? (il CORECO di Viterbo) con pi? pronunce? e da una chiara pronuncia del TAR (non importa se era ancora in corso la fase di appello al Consiglio di Stato), anche la scelta della resistenza giudiziaria che ha portato la concorrente prima classificata ad ottenere anche una condanna al risarcimento del danno del Comune da parte del Tribunale Civile di Viterbo, appare del tutto negligente e foriera di danno erariale per l?ente medesimo, come ha ritenuto la Corte dei conti in entrambe le pronunce.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio composta dai seguenti giudici:

dott. *****************?????????????????????????????????????????????? Presidente

dott. ************?????????????????????????????????????????????????????????? Consigliere

dott. *************???????????????????????????????????? ?? Referendario rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilit? iscritto al n 55770. del registro di segreteria, promosso ad istanza del Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio nei confronti di:

D.S.C., D.C.S., G.C.A., T.E.A., M.G., O.L. e P.C., tutti elettivamente domiciliati in Roma via delle tre Madonne, n. 20 presso lo studio dell’Avvocato ****************, che li rappresenta e li difende nel presente giudizio, giusta delega in calce alla comparsa di costituzione;

Visto l’atto introduttivo del giudizio, le memorie scritte e tutti gli altri documenti di causa;

Uditi nella pubblica udienza del 21 ottobre 2002 il Referendario relatore dott. *************, il Pubblico Ministero nella persona del vice Procuratore generale ************* e l’****************** per il convenuto;

Ritenuto in

E[s E[201s FATTO

Con atto di citazione in data 16 luglio 2001 la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per il Lazio ha convenuto in giudizio i signori D.S.C., D.C.S., G.C.A., T.E.A., M.G., O.L. e P.C. per sentirli condannare al pagamento in favore del Comune di Calcata (prov. Viterbo) della somma di lire 56.458.800, pari a Euro 29.158,54, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio per la condotta gravemente colposa consistente nell’aver votato favorevolmente, rispettivamente in qualit? di Sindaco e di membri pro-tempore del Consiglio comunale di Calcata, le delbere nn. 29 e 30, adottate nella seduta del 5 agosto 1987.

Secondo l’assunto di parte attrice, tali delibere con le quali non? sono stati approvati gli atti relativi alla procedura concorsuale del concorso pubblico per esami di ? Applicato- dattilografo IV livello? e, quindi, non si ? potuto procedere alla nomina e conseguente assunzione del vincitore signora E M., hanno determinato il danno erariale cos? individuato:

1.?? quanto a lire 50.000.000, liquidate a titolo provvisorio dalla sentenza n. 24 del 8-20 gennaio 2000 del Tribunale civile di Viterbo che ha riconosciuto fondata la pretesa risarcitoria della signora M. E di essere assunta in servizio alla fine delle operazioni concorsuali e non come poi ? avvenuto a distanza di ben tre anni dalla fine delle stesse, somma divenuta definitiva a seguito di successiva transazione stragiudiziale tra le parti;

2.?? quanto a lire 6.458.800 per spese di onorari che l’Amministrazione comunale di Calcata ha dovuto sostenere e corrispondere all’ Avvocato ********, difensore dell’ente locale in giudizio.

Il comportamento colposo dei membri del Consiglio che votarono a favore delle delibere nn. 29 e 30 del 5 agosto 1987 ? consistito, pertanto, nell’aver ritardato l’assunzione della vincitrice del concorso pubblico e ci? sulla base della ripetuta convinzione che alcune precedenti delibere adottate dalla Giunta Municipale e cio? la n. 105 del 15 maggio 1980 e la n. 109 del 17 maggio 1980, concernenti la composizione della Commissione esaminatrice del concorso suindicato, fossero affette da vizi di illegittimit? e da eccesso di potere.

Sullo specifico punto sono acquisiti agli atti i provvedimenti della Sezione decentrata del Comitato regionale di controllo che, fin dalla seduta del 5 settembre 1980, aveva annullato la delibera consiliare con la quale l’Amministrazione comunale aveva revocato i precedenti in questione.

Ci? nonostante, l’organo di controllo era dovuto intervenire nella seduta del 19 dicembre 1980 per annullare una successiva delibera consiliare che, in via di autotutela, aveva proceduto nuovamente a revocare i precedenti deliberati. Avverso tale provvedimento di controllo negativo, ? stato, altres?, proposto ricorso al Tar del Lazio.

Nelle more del giudizio amministrativo, la Giunta municipale per ben due volte ha deliberato l’annullamento d’ufficio delle delibere del 1980 ma in entrambi i casi l’organo di controllo ha sempre puntualmente annullato i provvedimenti assunti.

Con decisione n. 982/87 il Tar del Lazio rigettava il ricorso proposto dal Comune e obbligava il medesimo a consentire lo svolgimento della fase finale del concorso, ma la sentenza del tribunale amministrativo non ? stata, per?, sufficiente ad evitare una nuova pronuncia del Consiglio comunale che, nelle delibere nn. 29 e 30 del 5 agosto 1987, ha reiterato il proprio convincimento in merito alla presunta illegittimit? delle delibere del 1980, giungendo conseguentemente a non approvare gli atti dell’intera procedura concorsuale che nel frattempo si era conclusa con l’espletamento della prova orale.

Anche queste ultime delibere consiliari sono state puntualmente annullate dall’organo di controllo, ma l’Amministrazione comunale non ha ugualmente proceduto alla nomina del vincitore del concorso, effettuata soltanto a distanza di tre anni, con delibera n. 45 del 13 luglio 1990, da parte del nuovo Consiglio comunale nel frattempo subentrato.

Il ritardo dell’Amministrazione comunale nell’approvare gli atti della procedura concorsuale e nella nomina del vincitore ? stato ritenuto ingiustificato dal Tribunale civile di Viterbo che ha condannato l’ente a rifondere i danni alla signora M., danni che oggi la Procura sostiene siano da attribuire al comportamento dei convenuti.

Quest’ultimi sono stati regolarmente invitati a fornire deduzioni, ai sensi dell’articolo 5 comma 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 19, ed in tale sede hanno eccepito la prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilit? decorrente dalla data di approvazione delle suindicate delibere 29 e 30 del 5 agosto 1987, mentre nel merito hanno argomentato di aver votato favorevolmente secondo la ?descrizione dei fatti operata da coloro che direttamente avevano la responsabilit? della vicenda? e comunque di non aver competenze particolari tecnico-giuridiche.

La Procura, nell’atto di citazione, ha superato l’eccezione di prescrizione, sostenendo che il termine quinquennale previsto dall’articolo 58 della legge 142/90 decorre dalla data in cui il Comune di Calcata ha provveduto al pagamento effettivo della somma alla signora M. o al pi? dalla data di adozione della sentenza n. 24/2000 del Tribunale di Viterbo, mentre nel merito ha sostenuto la gravit? del comportamento colposo dei convenuti che, nonostante il ripetuto avviso contrario dell’organo di controllo e, soprattutto, dopo la sentenza del Tar Lazio, hanno adottato collegialmente le delibere 29 e 30 del 5 agosto 1987 dove, riassumendosi brevemente l’intera vicenda, si annullava un concorso regolarmente espletato. N? tale comportamento si ? modificato dopo l’ennesimo annullamento delle adottate delibere 29 e 30 da parte dell’organo di controllo che si poneva in linea con la decisione del giudice amministrativo. Tale decisione ? stata altres? impugnata al Consiglio di Stato che ha reso solo pronuncia in rito di inammissibilit? del ricorso.

Tutti i convenuti si sono costituiti con il patrocinio dell’Avvocato ********* che, nella memoria prodotta, ha insistito sull’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilit? che decorrerebbe dall’adozione delle delibere nn. 29 e 30 del 5 agosto 1987, vista l’autonomia del processo contabile da quello civile ordinario, o al pi? dalla notifica dell’atto di citazione al Comune di Calcata da parte della signora M. (17 giugno 1992).

Nel merito ha contestato l’esistenza del danno, sostenendo l’inesistenza di un obbligo per l’ente locale di procedere all’assunzione del vincitore di concorso entro un termine definito, ha negato la sussistenza di rapporto causale, essendo il danno conseguente ai ripetuti annullamenti delle delibere da parte dell’organo di controllo, e la individuazione di colpa grave nella condotta dei convenuti che si sono preoccupati di assicurare la legittimit? formale della procedura concorsuale, pur non essendo dotati di particolari cognizioni giuridiche.

Alla pubblica udienza il Rappresentante della procura si ? riportato agli atti: in particolare sulla prescrizione ha confermato che il dies a quo della decorrenza ? da riferirsi al momento dell’effettivo esborso delle somme di denaro e, a tal proposito, ha citato numerose sentenze del Giudice di appello che hanno concluso in tal senso (cfr. 2^Appello nn. 99/2002; 128/2002, 134/2002).

In merito alla sussistenza del nesso causale, come della colpa grave, si ? soffermato sull’atteggiamento pervicace ed ostinato tenuto dai convenuti in una vicenda che doveva concludersi tranquillamente con l’approvazione degli atti concorsuali, e ci? soprattutto dopo la sentenza del Giudice amministrativo.

L’avvocato ********* ha insistito sulla prescrizione dell’azione di responsabilit?, sostenendo che il danno ? divenuto concreto ed attuale al momento di adozione delle delibere del 1987 a cui ha fatto seguito il diniego del visto da parte dell’organo di controllo, e non al momento dell’erogazione delle somme di denaro alla signora M..

Nel merito ha affermato l’inesistenza del danno attribuito ai convenuti in quanto, in pendenza dell’appello al Consiglio di stato, gli atti concorsuali non potevano essere approvati. Ha soggiunto che il danno ? stato realizzato dagli amministratori subentrati ai suoi assistiti che non hanno impugnato la decisione del Tribunale civile di Viterbo e sono addivenuti alla transazione. Quanto alla sussistenza della colpa grave, l’avvocato ha precisato che non vi pu? essere colpa grave nella diversa interpretazione data ad una questione giuridica dal Consiglio comunale rispetto all’indirizzo assunto dall’organo di controllo, come anche nel decidere se impugnare o meno la decisione di un Giudice amministrativo. Pertanto ha concluso chiedendo l’assoluzione dei convenuti ed in via subordinata un ampio esercizio del potere riduttivo.

E[s E[202s DIRITTO

Il Collegio ? chiamato innanzi tutto a pronunciarsi sulla eccezione di prescrizione formulata dai convenuti.

La medesima ? infondata e deve essere respinta.

L’articolo 58 IV comma della legge 8 giugno 1990 n. 142, come trasfuso nell’articolo 93 IV comma del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, recita ?L’azione di responsabilit? si prescrive in cinque anni dalla commissione del fatto?, fatto- occorre aggiungere, ai sensi della previsione generale contenuta nell’articolo 1 della legge 20/94 – dannoso dal quale cio? si sia prodotto un effettivo e concreto depauperamento del patrimonio del soggetto pubblico.

Infatti, per configurare la responsabilit? amministrativa ? indispensabile, oltre ai requisiti che poi esamineremo, che si sia prodotto un danno concreto ed attuale, come conseguenza di una condotta commissiva od omissiva, e non solo astratto e potenziale.

L’azione di responsabilit?, proprio per essere un’azione risarcitoria, si caratterizza per la sussistenza di un evento di danno che, qualora sia mancante, rende inammissibile la stessa.

Ne consegue che il dies a quo di decorrenza della prescrizione non pu? che ricollegarsi al giorno di verificarsi dell’evento dannoso e non a quello eventualmente diverso in cui ? stata posta in essere la condotta illecita.

In materia anche la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 875 del 1990, ha affermato che la decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno ? da riferirsi al momento in cui lo stesso danno si ? verificato.

In modo conforme a tale indirizzo, si ? pronunciato anche il Supremo organo di questa Corte dei conti che, nella sentenza n. 7/QM del 24 maggio 2000, ha affermato che il fatto che consente l’esercizio dell’azione di responsabilit? ? costituito dal binomio condotta-evento e la fattispecie dannosa si intende perfezionata solo con il verificarsi di quest’ultimo, mentre, relativamente al termine di decorrenza della prescrizione in caso di danno per erogazione di somma di denaro, le SS.RR. hanno affermato che lo stesso decorre dall’effettivo momento dell’esborso.

Nella fattispecie in esame il danno si ? concretizzato nel momento in cui l’Amministrazione comunale ha eseguito il pagamento della somma, concordata in via transattiva dopo la sentenza del giudice ordinario, nelle mani della signora M.. Al momento di adozione delle delibere del 1987 il danno era solo potenziale, esistendo ancora la possibilit? che il Consiglio mutasse indirizzo, procedendo alla nomina del vincitore, E’ stato, invece, il ritardo successivo unitamente all’inerzia dei convenuti a determinare l’azione di risarcimento della M., azione che ha causato il depauperamento del patrimonio dell’ente locale e quindi il danno erariale concreto ed attuale.

Trattandosi di danno indiretto, scaturente da un accordo transattivo, il dies a quo dovrebbe scaturire dalla data di definizione dell’accordo stesso ( sez. Appello Sicilia n. 4/99) anche se, di recente, si sta affermando un indirizzo nuovo delle sezioni centrali di appello romane ( cfr. sez. 2^ 20 giugno 2001 n.218, 8 maggio 2001 n.174), che questo collegio ritiene di condividere, che individua il termine di decorrenza della prescrizione dalla data di effettivo esborso.

L’azione dell’attore risulta, pertanto, in terminis e l’eccezione sollevata deve essere, pertanto, respinta.

Passando ora al merito della questione, il Collegio, ritenendo? evidente la sussistenza del rapporto di servizio che legava i convenuti alla pubblica Amministrazione locale, si sofferma ad analizzare la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave che connota le ipotesi di responsabilit? amministrativa dei funzionari pubblici dinanzi a questa Sezione giudicante.

Come emerge dagli atti di causa, e soprattutto dalle considerazioni in punto di diritto svolte sia dal giudice ordinario che da quello amministrativo, entrambi intervenuti precedentemente nella vicenda, appare quanto mai difficile considerare l’assenza di colpa grave nella condotta dei convenuti.

I medesimi hanno affermato di non avere competenze tecnico giuridiche per comprendere il merito delle delibere che andavano a votare e, essendo il Comune di Calcata un ente di modeste dimensioni, probabilmente gli amministratori non erano particolarmente esperti in questioni tecnico-giuridiche.

Ci? nonostante, malgrado le decisioni sempre coerenti e negative dell’organo di controllo che puntualmente annullava tutte le delibere che riguardavano l’identica materia della composizione della Commissione esaminatrice del concorso di applicato-dattilografo e il pronunciamento del tribunale amministrativo regionale che, nel maggio 1987, ancora una volta riteneva il procedimento concorsuale in svolgimento perfettamente in linea con le norme di legge, obbligando altres? l’Amministrazione a consentire il completamento dei lavori, gli attuali convenuti, con comportamenti coscienti ed ostinati, si dichiaravano tutti favorevoli ai contenuti delle delibere nn. 29 e 30 del 5 agosto 1987, procedendo persino ad annullare il concorso ed ad impedire alla vincitrice del medesimo di essere nominata in servizio.

Tale atteggiamento, sorretto da un interesse sempre uguale di presumibile legittimit? formale di una procedura concorsuale che era stato gi? pi? volte ritenuto non conforme a legge, non si ? modificato neanche dopo l’ennesimo annullamento delle delibere 29 e 30 del 1987 effettuato dall’organo di controllo, determinando un ritardo che, all’indomani della chiara pronuncia del tribunale amministrativo regionale, si presentava palesemente illegittimo e foriero di danno erariale.

Non ? questa la sede per discutere della legittimit? degli atti amministrativi posti in essere dai convenuti, ma nella motivazione della sentenza resa dal giudice amministrativo di primo grado si comprende facilmente che l’interesse? pubblico alla definizione di una procedura concorsuale in avanzato stato di esecuzione non pu? non risultare prevalente rispetto al generico interesse all’osservanza di una norma regolamentare che sarebbe stata disapplicata nel caso di specie.

La colpa grave nella condotta dei convenuti ?, pertanto, individuabile con giudizio ex ante proprio nella precisa volont? di fermare, comunque, l’iter concorsuale in svolgimento, cercando un motivo che si era rivelato costantemente ed univocamente infondato. Peraltro, all’indomani dell’espletamento della prova orale del concorso, il rifiuto di approvare gli atti dello stesso era condotta palesemente irrazionale e connotata da grave negligenza, in spregio delle regole pi? elementari di amministrazione pubblica che si deve assumere conosciute da chi ? chiamato a ricoprire un incarico pubblico.

Con riguardo, poi, alla sussistenza del rapporto di causalit? tra condotta ed evento, le considerazioni che precedono sono sufficienti ad attestarlo, dovendosi escludere qualsiasi compartecipazione dei componenti dell’organo di controllo alla condotta dannosa, in quanto i medesimi hanno sempre seguito una linea univoca e coerente, e comunque, in aperto contrasto con la condotta dei convenuti, unici responsabili del fatto dannoso.

Infine, con riferimento all’esistenza del danno, lo stesso ? stato quantificato in via provvisoria dal giudice ordinario a cui, poi, ha fatto seguito l’atto di transazione da parte del Comune che, riconoscendo la fondatezza della pretesa risarcitoria della signora M., gi? affermata dal giudice ordinario, ha ritenuto conveniente la definizione stragiudiziale.

Ne’ pu? avere rilievo l’eccezione sollevata dai convenuti per escludere l’esistenza del danno e cio? che non vi sarebbe alcun termine per la nomina del vincitore di un concorso in quanto il ritardo ? stato determinato da una volont? contraria e cosciente che, per quanto sopra si ? detto, assume le caratteristiche di condotta gravemente colposa che ha dato successivamente luogo ad una condanna pecuniaria dell’ente locale.

Il danno, quindi, ? da ritenersi sussistente anche se limitato alla sola somma derivante dall’accordo transattivo, non potendo essere attribuito al comportamento dei convenuti l’ulteriore somma che ? stata erogata al difensore dell’ente locale per la difesa nel giudizio civile ordinario.

La scelta dell’ente locale di procedere alla difesa, nominando un difensore privato, ? stata adottata dai componenti del Consiglio comunale subentrato ma non costituisce comportamento obbligato e dovuto ma meramente discrezionale e comunque non collegabile alla condotta colposa dei convenuti.

Con tale precisazione, il danno viene calcolato e liquidato nella somma di euro 25.822,84 , da imputare alle condotte gravemente colpose dei convenuti che hanno concorso in modo eguale alla verificazione del medesimo.

Il Collegio ritiene, infatti, trattandosi di materia concorsuale di conoscenza generale e non specifica di alcuno dei membri del Consiglio comunale, che il danno sofferto dall’ente locale sia da attribuire ai convenuti pro quota ed in parti uguali, attesa l’identit? di posizione assunta da ognuno nella votazione delle delibere consiliari .

Sulla somma dovuta deve essere corrisposta la rivalutazione monetaria decorrente dalla data del fatto dannoso al momento della pronuncia e gli interessi legali dal momento della pronuncia all’effettivo soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza.

E[s E[203s PQM

La Sezione giurisdizionale per la regione Lazio, definitivamente pronunciando, condanna i signori D.S.C., D.C.S., G.C.A., T.E.A., M.G., O.L. e P.C.??? al pagamento in favore del Comune di Calcata della somma di Euro 25.822,84 pro quota ed in parti uguali, con rivalutazione monetaria ed interessi legali come in motivazione.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nell’importo di Euro.

Cos? deciso in Roma nella Camera di consiglio del 21 ottobre 2002.

L’estensore??????????????????????????????????????????????????????????????? Il Presidente

Ref. *************? ?????????? Pres.Sez. *****************

E[s

?

REPUBBLICA ITALIANA Sent. n.536/2005

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO

composta dai magistrati

dott. ****************?????????????????????????????????????? presidente

dott. ***************** ??????????????????????????? ???????????consigliere relatore

dott.ssa ********************???????????????????? ????????? ? consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilit? iscritto al numero 60263 del registro di segreteria, promosso dalla Procura Regionale della Corte dei conti per il Lazio contro i sigg. C DE , S DI, C GA, E TO, G MA, L OR e C PI, tutti rappresentati e difesi dall’avv. *************** presso il quale sono domiciliati in Roma alla via delle Tre Madonne 20;

Visti gli atti del giudizio;

Uditi all’udienza del 7.3.2005 l’avv. *************** e il vice procuratore generale dott.ssa ***********;

Ritenuto in

FATTO

1. Con deliberazione consiliare n. 39 del 29.2.1980 e con deliberazione di giunta n. 80 del 26.4.1980, il Comune di Calcata (VT) dispose l’espletamento di un concorso per un posto di applicato dattilografo-archivista di IV livello e ne nomin? poi la commissione giudicatrice.

Intervenute le dimissioni di un componente della commissione e decaduto il consiglio comunale il 23.4.1980, la giunta comunale ritenne di procedere ugualmente all’ultimazione del concorso: a tal fine, con deliberazione n. 105 del 15.5.1980 modific? le disposizioni del regolamento organico del personale sulle commissioni giudicatrici di concorso e con deliberazione n. 109 del 17.5.1980 ridetermin? poi la composizione della commissione secondo i nuovi criteri.

2. Senonch?, il nuovo consiglio comunale con deliberazione n. 104 del 19.7.1980 dichiar? decaduti perch? non rieletti i consiglieri componenti della commissione e li sostitu?, senza tener conto delle nuove disposizioni del regolamento organico.

Con deliberazione n. 121 del 19.12.1980, il consiglio annull? inoltre le deliberazioni di giunta n. 105 e n. 109 del 1980.

Ambedue le citate deliberazioni consiliari, la n. 104 del 1980 e la n. 121 ugualmente del 1980, furono oggetto di provvedimenti di annullamento del Comitato Regionale di Controllo, avverso i quali fu proposto dal Comune un ricorso al TAR.

Nelle more del giudizio, con deliberazione n. 91 del 22.10.1984 la giunta annull? nuovamente le deliberazioni n. 105 e n. 109 del 1980.

Anche la deliberazione di giunta n. 91 del 1984 fu peraltro annullata dal Co.Re.Co.. E la stessa sorte ebbe la deliberazione di giunta n. 33 dell’8.3.1986, che annull? ancora una volta la deliberazione n. 105 del 1980.

3. Con sentenza n. 982 del 6.5.1987, il TAR del Lazio rigett? il ricorso del Comune: non risultavano infatti le ragioni di pubblico interesse che avevano indotto ad annullare le deliberazioni di giunta n. 105 e n. 109 del 1980 e il Comune aveva anche trascurato di considerare la posizione dei concorrenti che avevano in parte gi? superato le prove del concorso.

In esecuzione della decisione del TAR, il Comune ricostitu? allora l’originaria commissione, che il 28.4.1987 present? gli atti per l’approvazione della graduatoria finale.

4. La complessa vicenda sembrava in tal modo avviata alla sua faticosa conclusione.

Senonch?, con deliberazioni n. 29 e n. 30 del 5.8.1987 il consiglio comunale prima annull?, ancora una volta, la deliberazione n. 105 del 1980 e poi annull? le stesse operazioni concorsuali.

Puntualmente, la deliberazione consiliare n. 30 del 1987 fu annullata dal Co.Re.Co..

Con deliberazione consiliare n. 45 del 13.7.1990 e quindi dopo pi? di tre anni dall’ultimazione delle procedure concorsuali e dopo aver avuto anche notizia che un appello contro la sentenza del TAR era stato dichiarato inammissibile dal Consiglio di Stato il Comune approv? finalmente la graduatoria e nomin? vincitrice del concorso la sig.ra E Ma.

5. Senonch?, con atto di citazione davanti al Tribunale di Viterbo del 27.6.1992, la sig.ra Ma chiese il risarcimento dei danni subiti per l’ingiustificato comportamento dilatorio degli amministratori comunali.

Con sentenza non definitiva n. 24 dell’8.1.2000, il Tribunale condann? il Comune a risarcire provvisoriamente lire 50.000.000 e dispose inoltre la nomina di un consulente tecnico per la definitiva determinazione dei danni.

6. Con atto di citazione del 16.7.2001, la Procura Regionale presso questa Sezione chiese allora la condanna degli amministratori del Comune di Calcata che avevano votato le deliberazioni n. 29 e n. 30 del 5.8.1987 al risarcimento del danno subito dal Comune stesso: lire 50.000.000 pagate in esecuzione della sentenza del Tribunale di Viterbo e lire 6.458.800 pagate per spese di giudizio.

Nell’atto di citazione, la Procura fece peraltro espressa riserva di promuovere un altro giudizio per il risarcimento degli ulteriori danni che fossero emersi a seguito della prevista consulenza tecnica d’ufficio.

Con sentenza n. 3329 del 7.11.2002, questa Sezione condann? i convenuti, in parti uguali, al pagamento di euro 25.822,84 pari a lire 50.000.000 oltre a rivalutazione ed interessi. Escluse invece che dovessero essere poste a carico degli amministratori anche le spese del giudizio civile, in quanto ?la scelta dell’ente locale di procedere alla difesa, nominando un difensore privato, ? stata adottata dai componenti del Consiglio comunale subentrato ma non costituisce comportamento obbligato e dovuto ma meramente discrezionale e comunque non collegabile alla condotta colposa dei convenuti?.

7. Con nota del 20.1.2003 successiva quindi alla sentenza di questa Sezione il sindaco di Calcata ha comunicato che con sentenza definitiva n. 1079 del 21.8.2001 il Tribunale di Viterbo, prendendo atto delle conclusioni della consulenza tecnica, ha condannato il Comune stesso al pagamento in favore della sig.ra Ma della somma complessiva di lire 79.764.837 oltre a rivalutazione ed interessi.

Per il risarcimento degli ulteriori danni, quantificati dalla Procura Regionale in euro 59.898,80 oltre a rivalutazione ed interessi, la Procura stessa ha pertanto nuovamente chiamato in giudizio gli ex amministratori del Comune di Calcata gi? condannati con la precedente sentenza di questa Sezione.

8. Con memoria depositata per i convenuti il 15.2.2005, l’avv. *************** ha in primo luogo eccepito l’intervenuta prescrizione dell’azione di risarcimento, il cui dies a quo coinciderebbe con le contestate deliberazioni di giunta n. 29 e n. 30 del 1987 o, al pi? tardi, con il ?momento in cui il 17/06/1992 la Ma ha proposto la sua domanda di risarcimento?.

Ha inoltre eccepito la mancanza di colpa grave, sostenendo che i convenuti erano stati a suo tempo convinti che ?non fosse possibile approvare gli atti della Commissione perch? illegittimi? tra l’altro, non era ancora intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato che aveva dichiarato inammissibile il ricorso al TAR proposto dal Comune e affermando inoltre che ?non sussisteva nel regolamento comunale n? ? desumibile dai principi generali un termine per l’approvazione degli atti concorsuali?.

Ha evidenziato che solo il sindaco De? ? stato chiamato in causa dal Comune nel giudizio proposto dalla sig.ra Ma, ma ? stato estromesso dal Tribunale, e che comunque il danno ? ricollegabile alla decisione del Comune di non impugnare la sentenza civile di condanna e alle stesse ?determinazioni del Co.Re.Co.?.

Ha chiesto infine, in via subordinata, ?l’esercizio pi? ampio del potere riduttivo? dell’addebito.

9. All’udienza del 7.3.2005, l’avv. Varone ha evidenziato che i convenuti hanno proposto appello avverso la sentenza di questa Sezione n. 3329 del 7.11.2002; ha sostenuto che il danno in questione deriva da una sentenza civile molto discutibile, frutto anche di una debole difesa dell’amministrazione comunale; ha stigmatizzato il comportamento del Comitato regionale di controllo; ha sostenuto la buona fede dei convenuti; ha chiesto, in via subordinata, un’ampia riduzione dell’addebito.

Il pubblico ministero ha escluso qualsiasi prescrizione dell’azione di responsabilit?; ha sostenuto che le deliberazioni n. 29 e n. 30 del 5.8.1997 erano state approvate prima della proposizione dell’appello al Consiglio di Stato avverso la sfavorevole sentenza del TAR; ha insistito per la condanna dei convenuti.?

Considerato in

DIRITTO

1. Va in primo luogo rilevata l’infondatezza della prospettata eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilit?.

Alla stregua del principio generale dell’art. 2935 c.c., per il quale ?la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu? essere fatto valere?, risulta infatti condivisibile la consolidata giurisprudenza di questa Corte per la quale ?in ipotesi di danno c.d. indiretto il termine iniziale della prescrizione va fissato alla data in cui il debito della P.A. nei confronti del terzo danneggiato ? diventato certo, liquido ed esigibile in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza di condanna della P.A. e della esecutivit? della transazione tra terzo e P.A.? (****** n. 3/QM del 2003).

In definitiva, il danno in esame non si era ancora verificato prima della citata sentenza del Tribunale di Viterbo del 26.7.2001.

2. Ci? posto, non sembra possibile dubitare del nesso di causalit? tra il comportamento dei convenuti e il danno subito dal Comune.

L’instaurazione da parte della sig.ra Ma di un giudizio civile per risarcimento di danni e la conseguente ben prevedibile condanna dell’amministrazione comunale non possono essere infatti considerati eventi anormali ed eccezionali e si presentano invece come ?conseguenza immediata e diretta? (artt. 1223 e 2056 c.c.) dell’ostinato ostruzionismo che la l’interessata aveva subito da parte degli amministratori comunali.

3. La tesi secondo la quale non esisterebbe un termine per l’approvazione delle operazioni concorsuali risulta poi del tutto infondata: non era previsto alcun termine solo perch? era indubbio che in assenza di precisi impedimenti l’espletamento delle operazioni concorsuali dovesse essere sempre seguito, senza soluzioni di continuit? e come suo naturale esito, dall’approvazione della graduatoria e dall’assunzione dei vincitori.

4. Ci? posto, anche in questo giudizio, come in quello che ha portato alla sentenza di questa Sezione n. 3329 del 2002, va riconosciuto che l’ostinato rifiuto di prendere atto dei ripetuti annullamenti di deliberazioni comunali da parte del competente Comitato Regionale di Controllo risulta chiaramente irragionevole e pertanto gravemente colposo: per l’amministrazione comunale non era certo possibile prescindere dalle decisioni dell’organo di controllo all’epoca previsto dall’ordinamento.

Anche l’attesa di un’improbabile sentenza del Consiglio di Stato che ribaltasse la sfavorevole decisione del TAR risulta del tutto ingiustificata: tra l’altro, l’art. 33 della legge n. 1034 del 1971 prevede l’esecutivit? delle sentenze del giudice amministrativo di primo grado anche in pendenza del giudizio di appello.

5. Per la quantificazione del danno addebitabile ai convenuti, va invece osservato che la Procura si ? richiamata al criterio seguito dalla sentenza di questa Sezione n. 3329 del 2002 ed ha pertanto escluso dal computo del danno le spese sostenute dal Comune ?nel giudizio civile ordinario? (lire 6.458.800 + lire 1.836.000). Peraltro, ha poi incluso nel danno risarcibile altre spese, che alla luce dello stesso criterio ugualmente vanno invece non addebitate ai convenuti: lire 4.241.600 per la C.T.U; lire 1.567.000 e lire 2.568.000 per la registrazione delle due sentenze; lire 7.762.120 per le ?spese di soccombenza?; lire 5.985.200 per la chiamata di terzo in giudizio.

Al netto di tali ulteriori spese, residua in definitiva un danno di lire 93.856.298, pari ad euro 48.472,73.

In considerazione della limitata preparazione giuridico- amministrativa dei convenuti, ex consiglieri di un piccolissimo Comune, ed altres? del fatto che per la stessa vicenda i convenuti stessi sono stati gi? condannati da questa Sezione ad un consistente risarcimento senza riduzione dell’addebito, si ritiene inoltre di poter ridurre l’importo della presente condanna, in applicazione dell’art. 52 del r.d. n. 1214 del 1934, a 14.000 euro comprensivi della rivalutazione monetaria.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, definitivamente pronunciando, condanna C DE , S DI,? C GA, E TO, G MA, L OR e C PI al pagamento, a favore del Comune di Calcata (VT) e in parti uguali, della somma di euro 14.000/00 (quattordicimila/00) compresa la rivalutazione monetaria, con gli interessi legali dal deposito della sentenza all’effettivo pagamento.

Condanna inoltre i convenuti al pagamento in parti uguali delle spese di giudizio, che vengono complessivamente liquidate in euro?

Cos? deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.3.2005.

L’estensore ??????????????????????????????????????????????????? Il Presidente

dott.Stefano Imperiali?????????????????????????????????? ??? dott.Vincenzo Bisogno

?

Depositata il 23/3/2005?????????????????????????? Il Direttore di Segreteria

???????????????????????????????????????????????????????????????? ???? dott.ssa ********

?

?

Mingarelli Alberto , Brunelli Marco

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