Cassazione: affidamento condiviso del minore anche se uno dei genitori manifesta scarso interesse alla relazione

Redazione 13/02/12
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 1777 dell’8 febbraio 2012 la Corte suprema di legittimità ha accolto il ricorso di un uomo che si era visto negare in sede di merito l’affidamento condiviso della figlia minore.

La Corte d’appello aveva motivato la propria scelta sulla base dei rapporti di forte conflitto fra gli ex coniugi, e ravvisando uno scarso interesse del padre nei confronti della piccola, e una posizione di rifiuto da parte di quest’ultima verso l’uomo.

La decisione però, oltre a porsi in contrasto con i precedenti della Cassazione (ad es. Cass. n. 16593 del 2008, per cui il grave conflitto fra i genitori, di per sé solo, non è tale da escludere l’affidamento condiviso), sconfessa quelli che sono i principi fondamentali affermati dalla L. 54/2006, che ha introdotto la disciplina dell’affidamento condiviso.

La Cassazione ha affermato a questo riguardo che già la scelta del termine da parte del legislatore è significativa, rispetto all’espressione previgente di «affidamento congiunto»: affidamento condiviso vuol dire infatti non solo affidamento ad entrambi, ma affidamento fondato sul pieno consenso di gestione, sulla condivisione, appunto. Ciò tuttavia non esclude che il minore possa essere prevalentemente collocato presso uno dei genitori, anche se l’altro dovrà avere ampia possibilità di vederlo e tenerlo con sé.

Dopo la riforma, l’affidamento monogenitoriale è l’eccezione rispetto alla regola dell’affidamento condiviso: non a caso l’art. 155bis del codice civile richiede, per l’affidamento ad uno solo dei genitori, un provvedimento motivato, non richiesto invece per l’affidamento condiviso.

Alla luce di queste considerazioni la Cassazione ha rinviato l’esame della questione a diverso giudice di merito, il quale dovrà tenere conto dei principi affermati.

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