I centri storici sono stati definiti <beni culturali atipici> [1], cio? beni destinati non solo alla contemplazione e alla memoria come se fossero dei reperti archeologici o delle cose d?arti, ma sono finalizzati ad il loro utilizzo.[2]
La tutela dei centri storici non deve prevedere solo vincoli negativi di non facere ma deve prevedere appositi strumenti ed istituti, che fanno in modo che vigilano ed controllano le attivit? edilizie ed economiche dei privati, ogni qual volta non sono compatibili con le esigenze di tutela, sia sotto l?aspetto urbanistico, in riferimento all?estetica e al decoro dell?intero struttura degli agglomerati storici, sia anche sotto l?aspetto economico e produttivo, con particolare riferimento alla tutela e salvaguardia delle attivit? locali tradizionali.
Un autorevole dottrina[3] affermava che il recupero e la rivitalizzazione dei centri storici non si deve fondare solo sulla tutela finalizzata alla conservazione, ma al contrario deve prevedere una serie di misure dinamiche volte a stimolare le attivit? economiche e sociali dei privati , nonch? il recupero? e il restauro dei centri storici.
In questi ultimi anni si sta evidenziando con sempre maggiore urgenza il problema della compatibilit? di alcune attivit? economiche, che sono estranee alla storia delle tradizioni locali, con l?esigenza di salvaguardare dei beni culturali in generale ed dei centri storici, sia per le caratteristiche strutturali e funzionali delle nuove attivit? economiche, sia per la sostituzione di precedenti attivit? tradizionali. [4] [5]
Un esempio di tale problematica pu? essere dato dalla Sentenza della Corta Costituzionale del 9 marzo 1990 n.118,[6] in merito al D.M. 4 aprile 1987 che sottoponeva a vincolo ai sensi dell?art.1 della legge n.1089 del 1939, <l?antico Caff? Genovese> di Cagliari ,finalizzata ad assicurare la continuit? dell?attivit? , poich? tradizionalmente connessa al centro storico di Cagliari.[7]
Una interpretazione della legge n. 1089 ? stata data da un altro giudice, che confermava la legittimit? di un vincolo su di una confetteria[8] situata in un immobile gi? sottoposto a vincolo[9] .
Il decreto [10]che imponeva il vincolo aveva la finalit? di garantire la continuit? dell?attivit? commerciale, ? stato considerato legittimo, poich? non si poteva dare attuazione alla integrale conservazione del bene senza la confetteria, in quanto era diventata parte stabile ed integrante della realt? della vita cittadina.
Da un punto di vista costituzionale le attivit? commerciali hanno trovato un loro riconoscimento nell?art.41 della Costituzione, il quale riconosce la libert? di iniziativa economica privata, introducendo dei limiti al suo esercizio, in modo da garantire il perseguimento della utilit? sociale della collettivit? e siano disciplinate da fonti legislative ordinarie.[11]
La legge n.1089 del 1939 <Tutela delle cose d?interesse artistico e storico> all?art.1 disciplina le cose sottoposte a tutela che rappresenta l?unica attuazione in materia all?art.9 della Costituzione.
Infatti, l?articolo1 della legge sopra indicata prevedeva che le cose sottoposte alla sua disciplina sono: 1)le cose immobili o mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico ed etnografico;2) le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico.
Mentre l?art.2 della medesima legge continua l?elencazione sottoponendo a tutela le <cose immobili che a causa del loro riferimento con la storia politica, militare della letteratura dell?arte e della cultura in genere riconosciute di interesse particolarmente importante >.
Si tratta cio? di immobili per cui non si discute dei valori intrinseci, che possono mancare del tutto, ma che sono ritenuti di particolare significato per la loro connessione con fatti storici qualificati.[12]
L?elencazione dei beni sottoposti a tutela si conclude con le <collezioni o serie di oggetti> ove si accerta che per tradizione, fama, e particolari caratteristiche ambientali rivestono un eccezionale interesse artistico o storico.
Il d.lgs. 112/1998[13] in particolare l?art.148[14] ? una norma di grande importanza in cui delinea una vasta gamma di attivit? che rientrano nella responsabilit? dei pubblici poteri in materia di beni culturali.
Inoltre, alla funzione della tutela si affiancano altre funzioni quali la gestione e la valorizzazione, dove il decreto legislativo non si limita semplicemente alle attivit? finalizzate alla tutela o alla fruizione dei beni culturali.
Infatti, l?art.148 aggiunge che le ?attivit? culturali?[15] mirano a formare e diffondere espressioni d?arte e di cultura e la ?promozione?[16] diretta ad incentivare e sostenere le relative attivit?.
Definire con esattezza le attivit? culturali previsti dall?art.148 ? abbastanza difficile, ma l?unica certezza ? che si trattano di attivit? di carattere strumentale rispetto alle espressioni della cultura e dell?arte , e non sono attivit? di carattere autonomo.[17]
Con particolare riferimento ai centri storici bisogna evidenziare il problema relativo alle attivit? tradizionali, per lo pi? artigianali, che vengono considerate come beni essenziali e di grande importanza per gli antichi centri urbani.
Alcuni[18]hanno parlato di "beni culturali-attivit?", con riferimento a quelle manifestazioni di vita "spirituale" prive di supporto materiale e che nonostante ci? sembrano elevarsi a grado di bene culturale, richiamando cos? la distinzione tra beni culturali-cosa e beni culturali-attivit? elaborata per la prima volta da Cassese [19].
La stessa <Commissione Franceschini> evidenzi? il problema di salvaguardare le attivit? originariamente esercitate nel centro storico, per non alterare i luoghi, con attivit? ad essi incompatibili.
La questione, in particolare, si ? posta con riguardo al tema della compatibilit? della localizzazione, in contesti urbani di particolare interesse ed in rapporto alle tradizioni locali, delle attivit? commerciali e dei pubblici servizi.
Infatti, intorno alla prima met? degli anni ‘
Il tentativo di impedire lo sfratto delle tradizionali "botteghe" dei centri storici ? stato perseguito dalla P.A. nella figura dell’allora ministero dei Beni culturali, attraverso lo strumento della "dichiarazione d?interesse storico" dell’immobile in cui era svolta l’attivit?.[20]
La legge n. 1089/39, infatti affermava che sono soggetti? a vincolo anche gli immobili che, pur non possedendo un intrinseco pregio storico o artistico, erano peraltro riconosciuti di particolare interesse "a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere".? (art.2)
Peraltro la legittimit? dei provvedimenti ministeriali di vincolo ? stata impugnata dai proprietari degli immobili che hanno denunciato l’eccesso di potere in cui la P.A. sarebbe incorsa violando l’art. 2 della 1089/39[21]che consentirebbe di vincolare soltanto le cose di valore storico o artistico e non anche le attivit?.
Dopo una serie di pronunce della giurisprudenza amministrativa[22] e costituzionale[23] in materia dei vincoli di interesse artistico si concluso che il sistema di tutela predisposto dalla legge n.1089 attiene alle cose materiali, e non pu? essere oggetto di una trasferimento dell?applicazione della legge alla tutela delle attivit? culturali o di interesse culturale.
Per cui, ai fini di salvaguardare il centro storico, che in sostituzione di un vincolo che comporti l?obbligo della continuazione dell’attivit? tradizionale, il quale risulta inefficace, bisogna intervenire attraverso strumenti che siano idonei e che evitano di alterare quell’ambiente culturale dove le attivit? culturalmente pregevoli possano conservarsi e riprodursi.
In questo ambito si collocano le principali innovazioni introdotte con il d.l. n. 833/86 parzialmente convertito nella legge 6 febbraio 1987 n. 15 (c.d.. "legge Mamm?"), recante misure urgenti in materia di contratti di locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo [24].[25]
Infatti l’art. 4[26] di tale legge, attribuisce ai Comuni, la facolt? di precludere determinate attivit? imprenditoriali al fine di tutelare le tradizioni locali e le aree di particolare interesse del proprio territorio.
La norma di legge dispone che < Al fine di tutelare le tradizioni locali ed aree di particolare interesse del proprio territorio , i Comuni possono stabilire voci merceologiche specifiche nell?ambito delle tabelle di cui all?art.37 l.11 giugno 1971 n.426 e nuove classificazioni? in deroga a quelle previste dall?art.3 della l.14 ottobre 1974 n.524, nonch? limitatamente agli esercizi commerciali , agli esercizi pubblici ed alle imprese artigiane, le attivit? incompatibili con le predette esigenze.
I Comuni accertano altres? le attivit? svolte negli esercizi commerciali nelle suddette aree e confermano? le autorizzazioni in sede di vidimazione annuale nei limiti delle attivit? effettivamente in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto>.
Questa norma[27], inoltre ? stata da alcuni criticata per l’eccessiva discrezionalit? [28]riconosciuta ai comuni a causa della mancata definizione dei parametri "culturali" idonei alla individuazione delle attivit? commerciali compatibili; altri ne hanno sottolineato la non irrazionalit?, auspicandosi in ogni modo una legge di settore capace di connettere la tutela dei valori culturali con le esigenze urbanistiche e commerciali.[29]
In seguito all?entrata in vigore del d.lg. 31 marzo 1998, n. 114, avente ad oggetto la riforma della disciplina relativa al settore del commercio a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59[30], la materia delle licenze commerciali ? mutata radicalmente con la soppressione, del tradizionale sistema delle 14 tabelle merceologiche, sostituite da due soli grandi settori, gli alimentari e i non alimentari.
In particolare l’articolo 6 della Riforma del commercio, infatti, affida alle Regioni l’insediamento delle attivit? commerciali di vendita al dettaglio, inoltre hanno il compito di disciplinare la programmazione della rete distributiva, e infine individua, quali sono gli obiettivi che le regioni dovranno perseguire.
Questi obiettivi risultano:
-A) la valorizzazione della funzione commerciale a fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i quartieri degradati al fine di ricostituire un ambiente idoneo allo sviluppo del commercio;
-B) la salvaguardia dei centri storici attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti e il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale.
Inoltre, la riforma prevedeva che gli strumenti urbanistici comunali devono individuare le aree da destinare agli insediamenti commerciali e i limiti ai quali detti insediamenti sono sottoposti in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali e ambientali, nonch? dell’arredo urbano; analoghe limitazioni dovranno valere per le imprese commerciali nei centri storici e nelle localit? di particolare interesse artistico e naturale.
Ma anche in tal caso il legislatore non ha fatto alcun riferimento a quelli che dovrebbero essere i "criteri culturali" che l’amministrazione dovrebbe adottare nell’individuazione delle attivit? commerciali compatibili con il contesto storico-artistico dei centri antichi.[31]
Purtroppo, le leggi urbanistiche disciplinano, direttamente l’assetto fisico del territorio cio? in riferimento alle case, palazzi, piazze, ecc. mentre solo indirettamente fanno riferimento alle valenze economico-sociali ed al riflesso urbanistico che la loro utilizzazione economica produce.
Le disposizioni che hanno regolamentato la costruzione e la ristrutturazione degli edifici riguardano tendenzialmente il pregio degli immobili sotto il profilo estetico-culturale: si fa riferimento in particolare alla legge n. 1089 del 1939 avente ad oggetto? la tutela dei beni di interesse storico, artistico, archeologico, etnografico, nonch? dei beni di particolare interesse per il loro riferimento alla storia politica, militare, letteraria, artistica e culturale.
La loro utilizzazione, la loro destinazione ed il loro uso ne hanno determinato la tutela specifica, anche se tale tutela ha riguardato esclusivamente il bene in se per se e non anche l’attivit? che vi si svolge.
E’ dunque certamente corretto affermare che la legge n. 1089 del 1939 si pone il fine della salvaguardia del bene (culturale) inteso nel senso di ?res corporalis? e che essa si interessa delle attivit? solo in quanto il loro controllo ? necessario alla conservazione del bene.[32]. [33]
I principi fondamentali della? Costituzione non permettono ,sulla base dell?art. 41 Cost. che sancisce la libert? di iniziativa economica privata, al legislatore ordinario di limitare il diritto di iniziativa economica ,invece per quanto riguarda la disciplina delle forme e delle modalit? di godimento degli immobili sono previste delle disposizioni che, per esigenze d’interesse pubblico, si concretizzano in vincoli di destinazione di carattere reale e non personale, sulla base anche del? principio della funzione sociale della propriet? stabilito dall’art. 42, secondo comma Cost.. [34]
Infatti, risulta in contrasto con le norme costituzionali, poich? attraverso un vincolo di destinazione, non pu? essere sancito l’obbligo di continuare ad esercitare una determinata attivit? commerciale per quei locali situati nelle aree d’interesse storico, e nemmeno sancire il divieto di esercitarvi altra e diversa attivit? [35].
Il bene trova specifica protezione quando ? culturalmente caratterizzato dall’attivit? che vi si ? svolta e non solo in riferimento ad attivit? di alta cultura ma pur sempre in relazione alla storia della civilt? e del costume anche locale.[36]
La Repubblica all?art.9 della Costituzione oltre agli obiettivi della promozione e dello sviluppo della cultura, si impegna alla tutela dei beni che? sono testimonianza materiale della citt? antica.
La legge n. 15/1987, ha tenuto conto sia dei profili estetico-culturali e sia delle attivit? economiche e sociali dei centri antichi, inoltre tende a unire la tutela dei caratteri tradizionali delle aree di rilevante interesse del territorio con la conservazione dell’assetto urbanistico ed edilizio e dei caratteri morfologici del nucleo storico.
Infatti, nella legge si evidenzia il rapporto diretto che lega la caratterizzazione tipologica commerciale delle aree storiche alla complessiva loro qualit? intesa come somma di valori socio-ambientali (urbanistici, storici, monumentali, artistici, igienico-sanitari).[37]
Inoltre, da un esame dell?art. 41, primo e secondo comma, della Costituzione, che sancisce la libert? di iniziativa economica privata, si evidenzia che la norma costituzionale prevede dei limiti al suo esercizio subordinandoli ad una duplice condizione: cio?, sotto l’aspetto sostanziale che essi corrispondano alla utilit? sociale e, sotto quello formale, che si effettui la disciplina ad opera della legge.
Per cui deve essere garantita nel settore commerciale una parit? di trattamento nell?accesso e nella permanenza del mercato come previsto dall?art. 3 della Costituzione.
L?eguaglianza di trattamento ha la finalit? di tutelare i valori costituzionali sanciti dall?art. 9 e 41 della Costituzione.
In conclusione spetta alla Pubblica amministrazione effettuare un puntuale e razionale bilanciamento degli interessi in gioco, cio? quelli della collettivit? nazionale, assurti come veri e propri valori costituzionali, e quelli che fanno capo ai singoli soggetti tutelati dalla Costituzione soffrono i limiti proprio in relazione ai detti valori. [38]
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Dott. Ruggiero Marzocca
[1] SALVIA-TERESI, Diritto urbanistico, CEDAM Padova, 2002 pag.189.
[2] In merito alle problematiche relative alla qualificazione dei centri storici; Vedi in proposito, D?ALESSIO, I centri storici: aspetti giuridici, GIUFFR? Milano 1983, MORBIDELLI, L?azione regionale e locale per i beni culturali in Italia, in Le regioni 1987 pag.66 ss., ALLEGRETTI, La questione dei centri storici in bilancio ed alcune scelte, in Le regioni 1987 pag.842 ss., SICLARI, Brevi note sulla recente giurisprudenza costituzionale in tema di norme fondamentali delle riforme economiche e sociali, in Giurisprudenza Italiana
[3] AMOROSINO, Sistemi ambientali e discipline amministrative CEDAM Padova, 1990 pag. 55.?Il quale osservava che le funzioni residenziali ed economiche dovevano essere fondate sulla tutela e valorizzazione , quali momenti inscindibili e reciprocamente funzionalizzati?.
[4] FRANCALACCI, Le attivit? commerciali nei centri antichi : i vincoli storico-artistici e le competenze degli Enti locali, in L?amministrazione italiana 1995 Fasc. 4 (aprile) pag.535-536.
[5] Per gli aspetti economici sui centri storici , Vedi in proposito, FAZIO, Il destino dei centri storici,
[6] Sentenza della Corta Costituzionale 9 marzo 1990 n.118, in Giurisprudenza Costituzionale 1990 pag.660.
[7] FRANCALACCI, Le attivit? commerciali nei centri antichi : i vincoli storico-artistici e le competenze degli Enti locali, in L?amministrazione italiana 1995 Fasc. 4 (aprile) pag.536.
[8] La confetteria ?
[9] T.A.R. Piemonte sez. I ,3 aprile 1987 n.125 , in <T.A.R>.
[10] Decreto n.55797 del 25 novembre 1982, con cui il Ministero ai sensi dell?art.2 della legge n.1089 dichiar?
[11] L?art. 41 della Costituzione cita: ?L?iniziativa economica privata ? libera. Non pu? svolgersi in contrasto con l?utilit? sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libert?, alla dignit? umana. La legge determina i programmi e? i controlli opportuni perch? l?attivit? economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali?.
[12] PIVA, Cose d?arte in Enciclopedia del diritto 1962 Vol. XI? pag.96.
[13] Decreto legislativo 31 marzo 1998 n.112 , Capo V dedicato a ?Beni e attivit? culturali?, pubblicato in supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 92 del 21 aprile 1998.
[14] L?art. 148 del d.lgs.112/1998 afferma che i "beni culturali", sono quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civilt? cos? individuati in base alla legge; per "beni ambientali", quelli individuati in base alla legge quale testimonianza significativa dell’ambiente nei suoi valori naturali o culturali; per "tutela", ogni attivit? diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali; per "gestione", ogni attivit? diretta, mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalit? di tutela e di valorizzazione;
per "valorizzazione", ogni attivit? diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione; per "attivit? culturali", quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell’arte; e infine per "promozione", ogni attivit? diretta a suscitare e a sostenere le attivit? culturali.
[15] Art.148 lett.f.)
[16] Art.148 lett.g.)
[17] Vedi in proposito, CHITI, La nuova nozione di ?beni culturali? nel d.lgs 112/1998 in Aedon 1998 n. 1
[18] SCOCA-D?ORSOGNA, Centri storici, problema irrisolto in Scritti Predieri Vol. II. GIUFFR? Milano 1996. pag. 1376 ss
[19] CASSESE, I beni culturali da Bottai a Spadolini , in L?amministrazione dello Stato , 1976 pag.177.
[20] SANAPO, I centri storici come beni culturali : un percorso difficile in Aedon 2/2001.
[21] Oggi recepito dall?art. 2 comma 1 lett.b), del T.U. del 1999.
[22]Esempi di pronunce amministrative sono: T.A.R. Lazio Sez. III 3 febbraio 1982 , T.A.R. Lazio sez. II 13 dicembre 1988 n.1172.,T.A.R. Lazio sez. II 16 dicembre 1987 n.1898.,
[23] Esempi di pronunce costituzionali sono :Sentenza della Corte Costituzionale del 9 marzo 1990 n.118 in Foro Italiano
[24]? SANAPO precisa che un sistema di tutela che incide solo su uno aspetto negativo del problema , poich? bisogna impedire che vengono iniziate o perseguite attivit? commerciali incompatibili con la salvaguardia dei centri storici. Infatti secondo Matteo Sanapo, solo attraverso l?esercizio di funzioni attive di promozione ed? incentivazione si pu? intervenire efficacemente in modo da garantire oltre la compatibilit? con il contesto del centro antico anche lo sviluppo dell?interesse culturale. In Aedon 2/2001 .
[25] SANAPO, I centri storici come beni culturali : un percorso difficile in Aedon 2/2001.
[26] L?art. 4 del d.l. 9 dicembre 1986 n. 832 come modificato in sede di conversione della legge 6 febbraio 1987 n.15.
[27] Art. 4 della legge 6 febbraio 1987 n.15.
[28] L?originario art. 4 del d.l. 832/1986 , poi successivamente sostituito in sede di conversione, si faceva carico di ridurre considerevolmente la discrezionalit? comunale attraverso un procedimento il quale prevedeva che il ministro dei Beni culturali, d?intesa con il Ministero dei Lavori pubblici e su proposta del sovrintendente o del Comune dichiarasse con decreto, l?interesse culturale di aree ricomprese nei centri storici e individui gli indirizzi e criteri per l?individuazione delle attivit? imprenditoriali compatibili con le caratteristiche delle stesse zone. Questo procedimento ? stato poi soppresso ed ? rimasto solo il potere comunale.
[29] SANAPO, I centri storici come beni culturali : un percorso difficile in Aedon 2/2001.
[30] Legge n.59 del 15 marzo 1997 legge ?Bassanini? (c.d. Federalismo amministrativo)
[31] SANAPO, I centri storici come beni culturali : un percorso difficile in Aedon 2/2001.
[32]? MORBIDELLI, L?azione regionale e locale per i beni culturali in Italia, in Le regioni 1987, pag. 847; D?ANGELO, Involuzione legislativa e tutela del territorio , in Rivista Giuridica dell?edilizia 1990, pag. 319 ss. ; ASSINI-MANTINI, Problematiche e tendenze del diritto urbanistico , in Rivista Giuridica dell?edilizia 1992 pag. 26.
[33] FRANCALACCI, Le attivit? commerciali nei centri antichi : i vincoli storico-artistici e le competenze degli enti locali, in ?L?amministrazione italiana 1995 fasc. 4 (aprile) pag.545.
[34] L?art. 42, 2?comma della Cost. afferma che <La propriet? privata ? riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina , i modi di acquisto , di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti>.
[35] In merito vi ? stata una pronuncia del Corte Costituzionale con Sentenza? n. 118 del 9 marzo 1990 :? nota di BARONE in Foro italiano
[36] FRANCALACCI, Le attivit? commerciali nei centri antichi : i vincoli storico- artistici e le competenze degli enti locali, in? L?amministrazione italiana 1995 fasc. 4 (aprile) pag.545.
[37] FRANCALACCI, Le attivit? commerciali nei centri antichi : i vincoli storico- artistici e le competenze degli enti locali, in? L?amministrazione italiana 1995 fasc. 4 (aprile) pag.546.
[38] FRANCALACCI, Le attivit? commerciali nei centri antichi : i vincoli storico- artistici e le competenze degli enti locali, in? L?amministrazione italiana 1995 fasc. 4 (aprile) pag.547-548.
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