Biancamaria Consales
Così ha deciso la sezione lavoro della Suprema Corte di cassazione, con sentenza n. 6339 del 23 aprile 2012, nei confronti del ricorso presentato da una società condannata a risarcire i danni ad un proprio dipendente, che aveva subìto un infortunio durante l’orario di lavoro. Nella fattispecie, il lavoratore aveva chiamato in causa la società datrice di lavoro, ritenendola responsabile dell’infortunio da lui patito quando, nel manovrare una sega elettrica per tagliare una bottiglia di plastica, da usare come contenitore per lucidare un mobile, aveva subìto l’amputazione di quattro dita della mano sinistra. La domanda veniva accolta in primo grado dal pretore di Roma e, appellata la sentenza dalla società datrice di lavoro, in secondo grado dal Tribunale di Roma, che confermava la condanna al pagamento del risarcimento monetario in favore dell’infortunato.
In particolare, tale risarcimento trovava fondamento nel fatto che l’infortunio si era verificato in occasione del lavoro di lucidatura affidato al dipendente, che era privo di esperienza e non aveva ricevuto alcuna istruzione in merito, con utilizzazione di una sega priva delle prescritte protezioni. Respinto, dunque, il motivo di appello della società che, ai fini della riduzione dell’entità del risarcimento, sosteneva, invece, il concorso di colpa del lavoratore, con l’affermazione che l’uso improprio della sega elettrica era da ascrivere ad iniziativa esclusiva ed imprevedibile dell’infortunato, il quale aveva libero accesso a tutti i locali dell’azienda.
Gli ermellini hanno, tuttavia, ribadito la condanna della società datrice di lavoro, sostenendo che l’infortunio si era verificato in occasione di un lavoro affidato al dipendente e che ruolo determinante era stato svolto dalla totale mancanza di esperienza, dall’assenza di alcuna istruzione in merito, nonché dall’utilizzazione di una sega priva delle prescritte protezioni.
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