Fisco: paga il contribuente per l’errore del commercialista

Redazione 10/05/12

Anna Costagliola

Il contribuente risponde del reato di omessa dichiarazione IVA anche se la mancata trasmissione dei dati al fisco sia imputabile a negligenza del commercialista. È questo il principio affermato nella sentenza n. 16958 dell’8 maggio 2012 con cui la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 5 del D.Lgs. 74/2000 inflitta dalla Corte d’Appello al legale rappresentante di una società per aver omesso di presentare le prescritte dichiarazioni IVA per i periodi di imposta relativi agli anni 1999, 2000, 2002 e 2003. L’imputato era ricorso in Cassazione allegando il difetto dell’elemento soggettivo del reato in questione, in quanto l’omessa trasmissione delle dichiarazioni era dovuta «a colpa e/o negligenza del proprio commercialista», cui era stata affidata per quegli anni la tenuta della contabilità.

Ai giudici di legittimità le censure dedotte dal ricorrente sono apparse del tutto generiche e infondate, perché in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici del merito. Peraltro, ad ulteriore motivo del rigetto della impugnazione proposta, gli Ermellini sottolineano come l’affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate non esoneri il soggetto obbligato alla dichiarazione dei redditi a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto. Dunque ricorrono entrambi gli elementi, oggettivo e soggettivo, del reato imputato, ad onta dell’eventuale colpa o negligenza del commercialista per il mancato e tempestivo invio dei dati al fisco. Tanto è valso a dichiarare inammissibile il ricorso, con condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di lite, salva, in ogni caso, sul piano civilistico, la possibilità di chiamare in causa il professionista che ha sbagliato per ottenere il risarcimento del danno.

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