Lucia Nacciarone
Con la sentenza n. 32957 del 22 agosto 2012 i giudici di legittimità hanno confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari a carico di un carabiniere nei cui confronti erano emerse delle responsabilità dalle intercettazioni disposte per un altro procedimento penale.
L’imputato aveva adottato già dinanzi al Tribunale delle Libertà la linea difensiva della inutilizzabilità del mezzo di ricerca della prova, per carenza dei presupposti di cui all’articolo 270 del codice di procedura penale, che pone il divieto di utilizzare i risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza.
I giudici di merito avevano respinto la tesi dell’inutilizzabilità, sul presupposto che le intercettazioni in esame fossero indice di un collegamento delle indagini, condizione che rileva come, ai fini della disciplina di cui all’articolo 270 del codice di procedura penale, ci sia un procedimento sostanzialmente unico.
Si afferma, infatti, in sentenza: «Il tema della utilizzazione delle intercettazioni si risolve indipendentemente dal tema del trattarsi del medesimo procedimento. Nell’ambito di un’ampia attività di intercettazione di conversazioni, alcune delle conversazioni valgono a provare anche vicende diverse e slegate. Questo è ciò che ricorre in tutti i casi disciplinati dall’articolo 270 c.p.p, mentre è ben diversa la condizione di ‘collegamento probatorio’ che ricorre quando la dimostrazione della sussistenza di un reato consenta di dimostrare anche l’altro. Nella specie, le intercettazioni non valgono in quanto tali, come elementi atti a provare indirettamente dei reati, bensì costituiscono esse stesse la condotta incriminata».
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