Lilla Laperuta
Nella direttiva emanata lo scorso 12 febbraio, la Direzione centrale affari legali dell’Agenzia delle Entrate ha invitato gli Uffici periferici a denunciare le imprese immobiliari che non conservano i preliminari di compravendita stipulati per il reato di occultamento di scritture contabili.
Nella specie, la condotta incriminata è quella declinata dall’art. 10 del D.Lgs. 74/2000, ai sensi del quale, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulti o distrugga, in tutto o in parte, non solo le “scritture contabili” ma anche “i documenti” di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari.
La direttiva citata si uniforma all’ indirizzo espresso più volte dalla Corte di Cassazione (cfr. sentt. 36624/2012 e 1377/2012).
Nella previsione dell’art. 70, affermano i giudici di legittimità, è sottesa la ratio di assicurare, attraverso l’esame della documentazione contabile, un adeguato controllo delle attività imprenditoriali ai fini fiscali, come emerge dal testuale riferimento alla “ricostruzione dei redditi o del volume d’affari” che l’occultamento o la distruzione dei documenti va a inibire. A ciò si aggiunga che l’art. 2214, co. 2, codice civile impone la tenuta anche delle scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e che nella prassi corrente si prevede il versamento, da parte dell’acquirente, di una caparra della quale viene data quietanza con la sottoscrizione dell’atto, tanto da poter definire il contratto quale pezza d’appoggio documentale dell’operazione di riscossione della quale deve essere curala la custodia.
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