Corte costituzionale: obbligatorio dare esecuzione alle decisioni del magistrato di sorveglianza

Redazione 11/06/13

Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 135 del 7 giugno 2013 il giudice delle leggi si è pronunciato in merito ad un conflitto di attribuzioni occorso fra la magistratura di sorveglianza e l’amministrazione penitenziaria.

Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte il magistrato aveva accordato, accogliendo il reclamo opposto da un detenuto ai sensi della procedura contenziosa di cui all’art. 14-ter ord. pen. il permesso di assistere ai programmi televisivi trasmessi dalle emittenti televisive Rai sport e Rai storia.

Tuttavia l’amministrazione penitenziaria si era esplicitamente opposta alla riattivazione del segnale televisivo a beneficio del detenuto, sottoposto peraltro al regime di cui all’art. 41-bis ord. pen. sostenendo che l’oscuramento precedentemente disposto aveva la finalità di impedire che attraverso la trasmissione in video di brevi messaggi degli spettatori giungessero al detenuto indebite informazioni.

Tale divieto aveva leso, secondo il magistrato di sorveglianza, il diritto soggettivo all’informazione del detenuto medesimo.

E la Corte con la sentenza in parola ha stabilito che non spettava al Ministero della Giustizia disporre che non fosse data esecuzione all’ordinanza del magistrato di sorveglianza.

Infatti, si legge in sentenza, nel caso di specie non veniva in rilievo una doglianza su aspetti generali o particolari dell’organizzazione penitenziaria, ma la lesione del diritto fondamentale all’informazione, tutelato dall’art. 21 della Costituzione, che il giudice competente ha ritenuto ingiustificatamente compromesso da un provvedimento limitativo dell’amministrazione penitenziaria.

«L’estensione e la portata dei diritti dei detenuti», prosegue la Corte, «può infatti subìre restrizioni di vario genere unicamente in vista delle esigenze di sicurezza inerenti alla custodia in carcere. In assenza di tali esigenze, la limitazione acquisterebbe unicamente valore afflittivo supplementare rispetto alla privazione della libertà personale, non compatibile con l’art. 27, terzo comma, Cost.».

Nella fattispecie non ricorrendo ragioni giustificative della restrizione, la menomazione delle attribuzioni di un organo appartenente al potere giudiziario ha avuto il risultato di rendere in effettiva una tutela giurisdizionale esplicitamente prevista dalle leggi vigenti e costituzionalmente necessaria.

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