Lucia Nacciarone
Con la sentenza n. 26962 del 2 dicembre 2013 la Cassazione è intervenuta a chiarire le ricadute di quello che è un vero e proprio ‘vuoto normativo’ nella materia previdenziale per gli avvocati.
Manca, come sottolineano gli ermellini, una disposizione ad hoc che in caso di omissione contributiva parziale faccia scattare l’annullamento di quanto versato e dell’intera annualità contributiva.
Perciò, se i versamenti sono stati inferiori al dovuto, gli anni coperti da contribuzione parziale concorrono ugualmente a formare l’anzianità contributiva e devono comunque essere inseriti nel calcolo dell’assegno, prendendo come base il reddito sul quale è stato effettivamente pagato il contributo.
Anche se la legge parla di ‘effettiva’ contribuzione, la norma non può comunque essere interpretata nel senso che essa debba essere ‘integrale’, pena la nullità: piuttosto, l’aggettivo significa che la pensione è commisurata alla base della contribuzione effettivamente versata, escludendo ogni automatismo delle prestazioni in assenza di contribuzioni.
Con la pronuncia la Corte di legittimità quindi respinge il ricorso della Cassa forense, ritenendo errato da parte dell’ente previdenziale invocare la sospensione della prescrizione per colpa delle lungaggini del Fisco: infatti, le dichiarazioni dell’iscritto, proprio perché sospette, imponevano una verifica da parte dell’ente stesso presso gli uffici finanziari per controllare la veridicità dei dati trasmessi.
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