Anna Costagliola
La mancanza di danno biologico non esclude la configurabilità in astratto di un danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un danno dinamico-relazionale quale conseguenza, autonoma, della lesione medicalmente accertabile, che si colloca e si dipana nella sfera dinamico-relazionale del soggetto. E’ quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 531 del 14 gennaio 2014, che ha respinto il ricorso di una ditta individuale condannata a risarcire la famiglia di un operaio feritosi gravemente in seguito ad una caduta da un’impalcatura mentre partecipava alle operazioni preliminari al montaggio di ascensori. Pertanto, nonostante l’archiviazione in sede penale, prima i giudici di merito e poi la Cassazione hanno confermato il risarcimento del danno morale ed esistenziale derivato ai genitori dell’operaio in conseguenza dell’evento dannoso causativo dell’invalidità totale del figlio.
Sul punto, il Collegio di legittimità, investito del quesito «se il danno esistenziale è suscettibile di autonoma valutazione rispetto al danno biologico o se invece va considerato nell’ambito di quest’ultimo come componente di esso», ha chiarito, anche in maniera critica rispetto alla formulazione del quesito medesimo, che le espressioni «danno esistenziale» e «danno biologico» non esprimono distinte categorie di danno, tantomeno l’uno può ritenersi una sottocategoria dell’altro, trattandosi, piuttosto, di locuzioni meramente descrittive dell’unica categoria di danno, che è quella del danno non patrimoniale, da identificarsi nel danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica. Peraltro, a partire dal 2003, la liquidazione di tutti i danni non patrimoniali è svincolata dal compimento di un reato, nel senso che il danneggiato ne ha diritto anche se il danneggiante non ha commesso un fatto penalmente rilevante ma semplicemente un illecito civile.
Secondo il Giudice delle Leggi, pertanto, non vi è alcuna incongruenza logico-giuridica nel fatto che i giudici del merito abbiano riconosciuto il danno esistenziale e non quello biologico. D’altra parte, si ricorda come le Sezioni Unite della stessa Cassazione, chiamate ad intervenire per fornire una risposta definitiva ai molteplici quesiti sugli aspetti morfologici e funzionali del danno non patrimoniale, hanno assunto una presa di posizione definitiva in ordine alla individuazione e alla capacità espansiva di tale categoria di danno con le note sentenze di San Martino (sent. 11 novembre 2008, nn. 26972/3/4/5). Dette sentenze configurano il danno non patrimoniale quale categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. Nel percorso tracciato dalle Sezioni Unite, il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo determinati (es. danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde infatti ad esigenze puramente descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno non patrimoniale, che è e rimane un unicum. Il riconoscimento del carattere omnicomprensivo del risarcimento del danno non patrimoniale non può andare a discapito del principio della «integralità» del risarcimento medesimo. Ciò implica che il danno biologico (la lesione alla salute), quello morale (la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti detto «esistenziale», consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane) non costituiscono una conseguenza indefettibile in tema di lesione dei diritti della persona, occorrendo valutare, caso per caso, se il danno non patrimoniale presenti o meno tutti i siffatti aspetti, anche al fine di evitare una duplicazione delle poste risarcitorie. Precisano gli Ermellini che compito del giudice, pertanto, è quello di accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, individuando quali ripercussioni negative sul valore umano si siano verificate e procedendo alla loro integrale riparazione.
Tanto premesso, per i giudici della terza sezione della Cassazione, nella fattispecie concreta la mancanza di danno biologico non esclude la configurabilità di un danno morale soggettivo e di un danno dinamico-relazionale, allorchè il fatto lesivo abbia profondamente alterato il complessivo assetto dei rapporti personali all’interno della famiglia, provocando, come è stato ritenuto nel caso in oggetto, una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri ed una determinante riduzione, se non annullamento, delle positività che dal rapporto parentale derivano. Di qui, dunque, il riconoscimento del danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita del genitore in relazione all’esigenza di provvedere perennemente ai bisogni del figlio, sopravvissuto a lesioni seriamente invalidanti.
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