Le collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.) e i contratti di lavoro accessorio o occasionale continuano a essere molto utilizzati in luogo delle assunzioni vere e proprie. Ma cosa sono esattamente le forme di lavoro parasubordinato e occasionale, come e quanto vengono retribuite e in quali casi devono essere sostituite per legge da contratti di lavoro dipendente? Vediamo cosa dice la legge.
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Il lavoro accessorio o occasionale
Si parla di lavoro occasionale in quei casi nei quali la prestazione fornita è del tutto saltuaria e accessoria. Il lavoratore non deve essere assunto dal committente, né lavorare esclusivamente per lui; soprattutto, il compenso netto annuo per singolo committente non può superare i 2.000 euro. Al di sopra di questa soglia, lo Stato assume che la forma di lavoro prestata non sia occasionale ma continuativa.
Nata come forma di contratto utile a rintracciare e regolarizzare le prestazioni occasionali fornite al di fuori del lavoro principale, il contratto di lavoro accessorio è divenuto con gli anni in molti casi uno strumento per evadere le norme fiscali e previdenziali e inquadrare come prestazioni saltuarie forme di lavoro di ben altro tipo e consistenza.
Lavoro accessorio: come si paga?
Il lavoro accessorio, quando di lavoro accessorio si tratta, va pagato tramite appositi voucher. Ogni voucher ha un valore di 10 euro e solitamente corrisponde a un’ora di lavoro fornito. Si tratta, però, di una cifra lorda: solo 7,50 di questi 10 euro, infatti, vanno al lavoratore. Dei rimanenti 2,50 euro, 1,80 euro vanno all’Inps (1,30 euro alla Gestione Separata e 50 centesimi all’ente in quanto gestore dei voucher) e 70 centesimi all’Inail. Il reddito, tuttavia, è esente da tassazione.
Co.co.co.: cosa sono e quando vanno utilizzati?
Cosa sono e quando vanno utilizzate, dopo le novità del Jobs Act, le collaborazioni coordinate e continuative? Dal 2016, con la soppressione delle collaborazioni a progetto (co.co.pro.), i co.co.co. sono l’unica forma di contratto di lavoro parasubordinato. Perché una prestazione di lavoro sia inquadrata come collaborazione coordinata e continuativa, è necessario che sia reiterata nel tempo, autonoma (ovvero organizzata dal lavoratore) ma coordinata con le necessità dell’impresa. Forme di lavoro che prevedono l’organizzazione di luoghi e orari da parte dell’impresa sono da considerare rapporti di lavoro dipendente e non possono essere inquadrate come co.co.co.
Co.co.co.: come vanno retribuiti?
Le collaborazioni coordinate e continuative che siano effettivamente tali e non rapporti di lavoro subordinato “mascherati” non prevedono una retribuzione fissa oraria. I lavoratori co.co.co. devono comunque ricevere un pagamento che rispetti il trattamento minimo previsto per i lavoratori dipendenti nel settore corrispondente. Come per le forme di lavoro subordinato, inoltre, l’impresa è tenuta a versare i contributi previdenziali alla Gestione Separata dell’Inps (31,72% di cui un terzo a carico del lavoratore) e i contributi Inail (che variano a seconda dell’attività svolta).
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