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Sarà finalmente operativa entro la fine del 2017 la rivoluzione della pubblica amministrazione che permetterà a ogni cittadino di accedere ai servizi pubblici con nome utente e password unici e darà facoltà a tutti di dotarsi di un proprio domicilio digitale.
Non solo la possibilità di usufruire dei servizi online di tutte le amministrazioni tramite Pin unico, dunque, ma anche quella di inviare e ricevere comunicazioni esclusivamente per via digitale: in altre parole, niente più raccomandate e documenti cartacei. Ma c’è già chi parla di potenziale rischio per la privacy dei cittadini e la perdita di un certo grado di libertà.
Vediamo allora quali sono le novità previste entro la fine dell’anno.
Le modifiche al Codice dell’amministrazione digitale
Il Codice dell’amministrazione digitale (CAD) è la norma che ha lo scopo di regolare l’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche della comunicazione all’interno della pubblica amministrazione e nei rapporti tra amministrazioni e privati cittadini.
Il Codice è entrato in vigore nel 2006, ben dieci anni fa, ma è stato successivamente oggetto di numerose modifiche e aggiornamenti che hanno portato a una sostanziale riscrittura del testo originario. L’ultima modifica al Codice, il D. Lgs. 26 agosto 2016, n. 179, entrerà in vigore il 31 dicembre 2017 ed è stata elaborata nell’ambito della generale riforma della PA voluta dal ministro Madia.
Che cos’è il domicilio digitale?
La novità principale che coinvolgerà tutti i cittadini entro la fine del 2017 è il cosiddetto domicilio digitale, ovvero l’indirizzo di posta elettronica attraverso il quale si potrà dialogare con le pubbliche amministrazioni e ricevere documenti e comunicazioni ufficiali.
Una nuova forma di notifica telematica, dunque, aperta a tutti e non solo a chi è dotato di una casella Pec (obbligatoria oggi solo per professionisti e società).
Il domicilio digitale è obbligatorio per tutti?
In realtà, però, non è del tutto chiaro se il nuovo domicilio digitale sarà immediatamente obbligatorio per tutti o solo facoltativo.
Il nuovo articolo 2 del CAD, così come modificato dal D. Lgs. 179/2016, prevede infatti che sia semplice “facoltà di ogni cittadino” indicare al Comune un proprio domicilio digitale; il successivo art. 3bis, tuttavia, stabilisce che per chi non abbia provveduto a indicarne uno “è messo a disposizione un domicilio digitale” dall’amministrazione.
Legittimo, quindi, il dubbio riguardo l’effettiva operatività del domicilio digitale per tutti entro il 2018.
Come funziona lo Spid?
La seconda grande novità che dovrebbe essere introdotta entro la fine del 2017 riguarda lo Spid, il Sistema pubblico di identità digitale.
Lo Spid, che insieme al domicilio digitale costituisce la carta della cittadinanza digitale, dovrà consentire a tutti i cittadini di utilizzare i servizi erogati in rete dalle varie pubbliche amministrazioni tramite l’utilizzo di un unico nome utente e un’unica password. Il sistema dovrebbe assicurare un notevole risparmio di tempo e di carta e l’eliminazione delle lunghe file agli sportelli.
A rischio la privacy dei cittadini?
Arrivano, tuttavia, anche le prime critiche al nuovo sistema.
L’entrata in scena della carta della cittadinanza digitale presuppone infatti, per forza di cose, la gestione di un’enorme quantità di dati dei cittadini da parte dell’amministrazione e dei gestori dei database centralizzati.
Le osservazioni più importanti in tal senso, pur se di carattere più generale, sono emerse nell’incontro su “Big Data e Privacy” tenuto ieri presso la Camera dei Deputati: il presidente del Garante della privacy Antonello Soro ha infatti parlato del rischio di “consegnare a vantaggio di poche multinazionali digitali” il potere di “conoscere i fenomeni che possono governare e influenzare il nostro sapere”.
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