Responsabilità Medica: è dovuto risarcimento del danno per consenso “non” Informato

Redazione 02/03/17
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Deve risarcire il danno il medico che non spiega con linguaggio chiaro e preciso al paziente i rischi a cui va incontro nel sottoporsi ad una terapia o ad un intervento chirurgico: è quanto chiarito dal Tribunale di Caltanissetta la sentenza  n. 21/11/2016. Eppure, è davvero diffuso al giorno d’oggi l’atteggiamento restio per il quale i pazienti evitino di pretendere dal medico interessato la spiegazione dei trattamenti che li aspettano. Ci si limita, spesso, ad apporre frettolosamente la firma che il personale medico ci richiede laddove sia segnalata una “x”, e si dà dichiarazione della propria volontà quasi sulla fiducia.

Eppure, è proprio il consenso informato il documento che permette nella maggioranza dei casi ai pazienti danneggiati di ottenere un risarcimento del danno, in quanto appunto non sufficientemente informati dai professionisti del settore. Ma andiamo per gradi.

 

Consenso Informato: che cos’è?

Innanzitutto, il consenso informato è l’atto con cui il medico rende edotto il proprio paziente della natura della patologia sofferta, nonché dei trattamenti necessari alla sua cura e dei rischi ad essi connessi. Una volta informato, il paziente può “acconsentire” anche mediante dichiarazione orale. Tuttavia, la prassi vuole che, per tutelare maggiormente il professionista sanitario, si documenti la consapevole accettazione del trattamento attraverso una testimonianza scritta. Nel documento de quo devono essere specificate tutte le possibili conseguenze dell’intervento, tra cui eventuali postumi per danni permanenti, e il tutto deve essere accettato dal paziente mediante apposizione di firma. Lo Stato italiano, inoltre, dovrebbe garantire il facile ricorso ad un interprete o ad un traduttore, nel caso in cui il paziente non sia italiano, proprio a tutela del diritto al consenso informato di ogni individuo. Tuttavia, spesso per carenza di efficienza o di risorse economiche, tale diritto risulta, in sostanza, negato ai cittadini non italiani.

 

Il risarcimento del danno per informazione oscura o incompleta

La sentenza in oggetto al presente articolo, però, fa riferimento nello specifico ad un’evenienza che può ricorrere nel rapporto tra medico e paziente: quella in cui il medico metta in guardia il paziente sui rischi connessi al trattamento sanitario cui può volontariamente scegliere di sottoporsi, ma lo faccia in modo non chiaro, con un linguaggio tecnico incomprensibile a chi non sia competente in materia. La svolta è rappresentata dal fatto che, nel caso in cui l’informazione non sia stata veicolata nel modo corretto, il paziente potrà ottenere il risarcimento del danno, indipendentemente dalla riuscita o meno del trattamento occorso.

A tal proposito si legge che l’informazione “deve essere adeguata al grado culturale e alle conoscenze del paziente e deve concernere lo scopo e la natura dell’intervento, nonché le sue conseguenze e i suoi rischi”. Il risarcimento è dovuto comunque in quanto lo scopo del consenso informato è quello di far propendere il paziente per la scelta di proseguire con il trattamento sanitario prospettatogli o meno.

È dovuto il risarcimento del danno, poi, anche nel caso in cui all’interno del documento non sia stata indicata una delle possibili complicanze del trattamento, nonostante la loro frequenza. La pretesa del paziente, anche in questo caso, si collega al diritto a ricevere un informazione completa, oltre che chiara. E ciò indipendentemente dall’assenza di colpa del medico per il manifestarsi della complicazione.

 

Consenso Informato Scritto: quando è obbligatorio

Il Codice di Deontologia Medica, inoltre, prevede obbligatoriamente la forma scritta per determinate tipologie di trattamenti:

  • prescrizione di farmaci per indicazioni non previste dalla scheda tecnica o non ancora autorizzati al commercio, purché la loro efficacia e tollerabilità sia scientificamente documentata;
  • prescrizione di terapie mediche non convenzionali, previa acquisizione del consenso informato scritto quando si tratti di pratiche invasive o con più elevato margine di rischio, oppure quando il paziente ponga pregiudizialmente scelte ideologiche;
  • prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche che possono comportare un rischio per l’incolumità della persona. Si tratta di: interventi chirurgici; procedure ad alta invasività; utilizzo di mezzi di contrasto; trattamenti con radiazioni ionizzanti; trattamenti che incidono sulla capacità di procreare; terapie con elevata incidenza di reazioni avverse; trattamenti psichiatrici di maggior impegno.

 

Per ciò che concerne la dimostrazione della responsabilità del medico, il Tribunale ha stabilito che incombe sul medico, nonché alla struttura sanitaria, l’onere di provare di non essere in colpa, o, in ogni caso, di essersi trovato costretto a fronteggiare una situazione straordinaria o di eccezionale difficoltà.

 

  • Per tutte le novità sulla nuova Responsabilità del medico, leggi i nostri approfondimenti sul Ddl Gelli.

Redazione

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