Sempre pi? spesso negli ultimi tempi si ? invocato il supremo principio di laicit? dello Stato per cercare di far tacere gli esponenti della Chiesa cattolica che dai microfoni di tutte le televisioni ammonivano ora una coalizione politica ora l?altra circa le loro mosse politiche e circa i futuri programmi di governo.
Per quanto io possa dirmi in accordo o in disaccordo con una, tutte o alcune delle posizioni espresse dalla Chiesa, il problema fondamentale rimane come conciliare il tanto invocato principio di laicit? dello Stato, che si vorrebbe usare come una museruola e gli articoli 19 e 21 della nostra Carta costituzionale.
Il primo di questi, l?art. 19, statuisce che tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, quindi tutti i cittadini, gli apolidi e chiunque si trovi sul territorio nazionale, compresi i ministri del culto, possono svolgere senza condizionamenti tutte le manifestazioni relative all?esercizio del proprio culto in pubblico o in privato, perch? questo e non altro dovrebbe essere il significato dell?espressione ?professare liberamente?. L?art. 21 co. 1 Cost. stabilisce che tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione e non mi pare che queste parole necessitino di grandi spiegazioni.
Si pu? forse negare che esprimere opinioni circa le mosse politiche di un partito piuttosto che di un altro sia una libera manifestazione del pensiero? E anche se letto come espressione e derivazione di un credo religioso si pu? negare che rientri nel diritto di professare liberamente la propria fede religiosa?
Prendendo in considerazione anche l?art. 7 della Costituzione che sancisce la separazione dell?ordine dello Stato dall?ordine della Chiesa, non si pu? giungere ad un divieto di intervento della Chiesa su determinate tematiche: il matrimonio non ? forse un fatto di coscienza e di morale? Non lo sono forse anche l?aborto, la procreazione assistita e le unioni omosessuali?
Come si pu? tracciare un confine netto tra ci? che pu? decidere la Chiesa e ci? di cui non si deve occupare se molte delle materie regolate dalla legge sconfinano indubbiamente nell’ordine morale e spirituale?
Mi sembra che allora il problema sia una questione di convenienza e non di rispetto del principio di laicit? dello Stato: alla classe politica fa comodo che la Chiesa sostenga una determinata posizione piuttosto che un?altra e se non lo fa cerca di farla tacere invocando l?intervento come un deus ex machina del supremo principio di laicit?.
Se poi ci si vuole dolere del fatto che la Chiesa cattolica pu? permettersi di parlare ai microfoni di tutto il mondo e pu? permettersi una certa propaganda, allora il legislatore e la classe politica non possono fare altro che lamentarsi di se stessi: la finta abolizione del supplemento di congrua con la contestuale introduzione del sistema dell?8 per mille facente leva sulla rilevanza quantomeno quantitativa nella societ? italiana della Chiesa cattolica ? opera loro. E ancora una volta torno a domandarmi perch? non si riesca o meglio perch? non si voglia riuscire a trovare un sistema di ripartizione dei finanziamenti pi? equo tra le confessioni religiose. La risposta mi sembra unica: la Chiesa cattolica fa ancora oggi paura al mondo politico italiano, ma il mondo politico non pu? che incolpare se stesso di questa situazione.
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