Per comprendere la reale portata innovativa della legge 49/2006 in tema di detenzione illecita di sostanza stupefacente e condotte connesse occorre brevemente premettere alcune considerazioni sulla normativa prevista dall’art. 73 dpr 309/90 prima delle recenti variazioni. Detta norma, in seguito alle modificazioni introdotte con il referendum abrogativo del 18 aprile 1993, continuava a prevedere il divieto penalmente sanzionato di qualsivoglia attività concernente le droghe non volta all’uso personale, ma alla destinazione della sostanza alla cessione a terzi. Viceversa, l’effetto abrogativo referendario escludeva la rilevanza penale di qualsiasi condotta di detenzione, anche di quantità di stupefacenti ingenti, destinata all’uso personale.
Ne conseguiva l’ampia discrezionalità attribuita al Giudice procedente nel determinare i criteri sulla base dei quali ritenere che il quantitativo rinvenuto in possesso di un determinato soggetto fosse o meno destinato al consumo personale sicchè a fronte della costante affermazione dell’imputato di detenere quale assuntore, pur in presenza di sequestri di partite ingenti di sostanza stupefacente, occorreva sempre dimostrare che per le caratteristiche di confezionamento, principio attivo, conservazione, o per le modalità dell’azione etc. la droga era destinata alla cessione a terzi e, conseguentemente, la condotta dell’imputato punibile con le gravi sanzioni previste dall’art. 73 dpr 309/90.
Tale particolare situazione, caratterizzata dall’ampia discrezionalità del magistrato e comunque foriera di prassi radicalmente differenti a secondo delle realtà locali o della prassi giurisprudenziale, risulta sostanzialmente innovata dalla disciplina introdotta con la recente novella legislativa la quale contiene due sostanziali innovazioni, condivisibili o meno, costituite dal reintrodurre ipotesi di detenzione personale comunque illecita e di parificare il trattamento sanzionatorio in relazione a qualsiasi tipo di sostanza stupefacente, precedentemente differenziato secondo che ci si trovasse in presenza di condotte illecite riguardanti le c.d. droghe pesanti (tabelle 1 e 3 dell’art. 14 dpr 309/90) o c.d. droghe leggere (tabelle 2 e 4 stesso art.).
Orbene secondo la nuova formulazione dell’art. 73 la cui rubrica è stata significativamente modificata in:” Produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope, vi sono alcune condotte sempre costituenti reato consumate da chi:” coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo qualsiasi tipo di sostanza stupefacente indicata nella tabella 1 ricomprendente sia le c.d. droghe leggere che quelle c.d. pesanti.
In tutti i predetti casi, pertanto, nessun dubbio può sussistere circa la punibilità dell’agente e ciò, è bene precisare anche se la condotta consiste nella ad es. coltivazione, offerta, cessione di un minimo quantitativo di sostanza stupefacente essendo del tutto indipendente la sussistenza del delitto dall’accertamento del dato ponderale e potendo lo stesso rilevare soltanto ai fini della determinazione in concreto della gravità del reato e quindi della pena da irrogare.
Viceversa possono essere scriminate in base al dato ponderale della sostanza posseduta le condotte previste dal comma 1 bis dell’art. 73 e cioè quelle di chi:”importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene” sostanze stupefacenti in limiti quantitativi pari o inferiori a quelli indicati dal decreto interministeriale; e però va subito osservato che anche dette condotte, tra cui sicuramente rileva l’ipotesi più comune della semplice detenzione, possono costituire illecito qualora la condotta dell’imputato appaia comunque posta in essere al fine di destinare la sostanza illecita a terzi. Al proposito infatti la seconda parte del citato comma 1 bis prevede che viene altresì punito chiunque importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene sostanze stupefacenti che per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale.
Va quindi sottolineato come il possesso dei quantitativi indicati dal decreto interministeriale non costituisca sempre ipotesi non punibile ben essendo possibile per il Giudice procedente valutare l’illiceità della condotta sulla base di circostanze concrete quali ad esempio il confezionamento della sostanza in singole dosi o l’elevato peso lordo complessivo pur a fronte di un basso principio attivo, che a giudizio del legislatore costituiscono indice della destinazione della sostanza a terzi.
Sotto tale profilo pertanto occorre rilevare come permanga l’irrilevanza penale del fatto di detenzione illecita di un quantitativo di stupefacente che non superi il limite indicato dal decreto interministeriale solo quando non sussistano altre circostanze del fatto idonee a dimostrare che anche il quantitativo inferiore ai limiti normativi sia destinato allo spaccio.
In assenza di tale prova, quindi, la detenzione di sostanza stupefacente il cui peso non superi i limiti fissati dal decreto interministeriale costituisce ipotesi non penalmente rilevante.
Le quantita’ sono poi state fissate dalle tabelle messe a punto dalla Commissione istituita dal ministero della Salute e pubblicate con il decreto dell’11 aprile 2006. Le quantita’ massime stabilite per le diverse sostanze vengono fissate sulla base della dose media singola, indicato dalla Commissione come parametro supportato da evidenze scientifiche: ”Si tratta della quantita’ di principio attivo di ogni singola assunzione idonea a produrre un effetto psicotropo in un soggetto tollerante e dipendente, non in una persona alla sua prima esperienza”. Questa dose media singola è stata quindi moltiplicata per un numero (cd. moltiplicatore variabile), individuato in base alle caratteristiche di ciascuna classe di sostanze, con particolare riguardo al "potere di indurre alterazioni comportamentali e scadimento della capacità psicomotoria", ottenendo così la quantità massima detenibile, sempre di principio attivo, senza incorrere nella consumazione del reato di detenzione illecita: 250 mg per l’eroina, 750 mg per la cocaina, 500 per la cannabis, 750 per l’ecstasy, 500 per l’amfetamina e 0,150 per l’Lsd. Al fine di chiarire a quale sostanza lorda tali quantità di principio attivo corrispondano, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato sul proprio sito internet un dossier nel quale sono state indicate presuntivamente, le singole sostanze pari a: 1,7 grammi di eroina (10 dosi), calcolando un 15% di principio attivo; 1,6 grammi di cocaina contenente un 45% di principio attivo (5 dosi); 5 grammi di marijuana e hashish al 10% di principio attivo (15-20 spinelli); 5 compresse di ecstasy o di amfetamina e 3 francobolli di Lsd.
Le problematiche connesse a tale determinazione apparentemente tassativa sono evidenti; poiché il consumatore di sostanza stupefacente è nel maggior numero di casi ignaro della purezza della sostanza che acquista non può essere assolutamente sicuro di non oltrepassare i c.d. limiti-soglia a meno che, prudentemente, non si tenga al di sotto dei quantitativi lordi indicati.
Ciò nonostante non può che essere apprezzato lo sforzo di uscire da un sistema rimesso all’assoluta discrezionalità del Giudice stabilendo quantitativi idonei ad escludere la rilevanza penale del fatto, il quale è però bene precisare determina sempre l’applicazione di sanzioni amministrative di cui agli artt. 75 e 75 bis come riformulati dalla legge 49/2006 sulle quali non ci si soffermerà in questa breve nota.
Novità rilevanti sono poi state introdotte in relazione al sistema sanzionatorio; invero la precedente normativa era caratterizzata dalla distinzione delle pene secondo che si trattasse di condotte punibili aventi ad oggetto le c.d. droghe pesanti (art. 73 dpr 309/90 comma 1°) o le c.d. droghe leggere ( comma 4° stesso art.); mentre infatti per le prime tipologie di stupefacenti la condotta era punita con la grave sanzione detentiva compresa tra gli 8 ed i 20 anni per le c.d. droghe leggere la pena detentiva era assai più mite essendo compresa tra i 2 ed i 6 anni.
La nuova normativa introdotta dalla legge 49/2006 parifica le attività illecite commesse in relazione a qualsiasi tipo di sostanza, sulla base dell’assunto che qualsiasi droga è ugualmente dannosa e che pertanto tutte meritano la stessa punizione astratta, ed introduce conseguentemente una sanzione unica pari ad anni 6 ed € 26.000 nel minimo e ad anni 20 ed € 300.000 nel massimo.
Ne deriva come è palese una riduzione del minimo edittale previsto per le c.d. droghe pesanti (da 8 a 6 anni) ed un notevole innalzamento delle pene irrogabili in relazione alle condotte illecite commesse in tema di c.d. droghe leggere perché la sanzione detentiva minima è ora pari al triplo di quella precedentemente prevista (da 2 a 6 anni).
Il primo profilo, e cioè la riduzione della sanzione detentiva minima per le c.d. droghe pesanti, assume immediata rilevanza poiché in forza del fondamentale principio dettato dall’art. 2 codice penale la disciplina più favorevole viene ad essere immediatamente applicabile anche ai fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge 49/2006 non oggetto ancora di decisione passata in giudicato. Viceversa l’applicazione della stessa disciplina dettata dall’art. 2 c.p. imporrà di irrogare a chi abbia commesso ipotesi di reato relative alle c.d. droghe leggere sotto la vigenza della precedente normativa le più favorevoli norme precedentemente previste, potendosi fare applicazione della nuova disciplina per tali tipi di sostanza stupefacente soltanto per i fatti commessi dopo l’entrata in vigore della stessa.
Può dirsi sostanzialmente immutata invece la disciplina dettata dal comma 5° dell’art. 73 riferito alle ipotesi di lieve entità del fatto poichè i presupposti applicativi di detta circostanza rimangono sostanzialmente gli stessi e cioè quei mezzi, modalità circostanze dell’azione, o qualità e quantità delle sostanze che possano far ritenere meno grave l’illecito commesso e giustificano pertanto l’applicazione della pena ridotta compresa tra anni 1 di reclusione ed € 3.000 di multa e anni 6 di reclusione ed € 26.000 di multa, senza naturalmente che anche in tal caso si faccia differenza alcuna in relazione al tipo di sostanza stupefacente, circostanza invece precedentemente rilevante anche in relazione al fatto di lieve entità.
Infine assai rilevante e di possibile frequente applicazione appare la nuova disciplina delle sanzioni alternative alla detenzione introdotta dal nuovo comma 5 bis dell’art. 73 dettata nel chiaro intento di impedire l’ulteriore affollamento delle carceri da parte di soggetti tossicodipendenti; tale norma, infatti, prevede che nelle sole ipotesi in cui il Giudice ritenga sussistente il caso di lieve entità di cui al comma 5° dell’art. 73, ed indipendentemente dalla qualità della sostanza, qualora la pena da irrogare non possa essere condizionalmente sospesa, in sostituzione delle pene detentive e pecuniarie possa essere irrogata, per non più di due volte, la sanzione alternativa del lavoro di pubblica utilità per una durata corrispondente a quella della pena detentiva che viene stabilita in concreto.
Dott. Ignazio Pardo
Consigliere della Corte di Appello di Caltanissetta
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