Introduzione
Negli ultimi anni un radicale processo di riforma ha profondamente modificato il quadro di riferimento generale delle attività delle Amministrazioni pubbliche (centrali e locali), ed ha innescato rilevanti processi di cambiamento.
Da una amministrazione verticale e segmentata, si è voluto passare ad una amministrazione orizzontale, orientata al servizio e caratterizzata da fitti scambi informativi tra le sue parti e verso l’esterno. In questo quadro, l’utilizzo appropriato delle nuove tecnologie dell’informazione è centrale per l’attuazione della riforma della pubblica.
Questo cambiamento richiede una serie di innovazioni in termini di tecnologie, strutture organizzative e criteri gestionali.
Il governo della spesa pubblica è un problema di attualità politica, sociale, economica e finanziaria riferibile, soprattutto alla dinamica crescita della spesa stessa.
Ne deriva l’esigenza di adottare logiche di risanamento supportate da analisi di economicità e di efficienza della spesa in diretta relazione ai servizi resi dall’operatore pubblico ed alle connesse responsabilità gestionali.
Ciò significa che occorre affiancare ai tradizionali controlli in essere – rivolti, soprattutto, a garantire la correttezza formale delle operazioni di spesa- un sistema di monitoraggio che, partendo dalla formulazione dei programmi da perseguire e attraverso la rilevazione delle modalità di attuazione, permetta di indirizzare la gestione verso gli obiettivi prefissati, apportando opportuni interventi correttivi nel caso di disfunzioni, cioè un sistema volto al controllo di gestione.
L’esigenza di dare attuazione al succitato processo di cambiamento trova le radici già nella L.142/90 e nella 241/90, ad esse sono seguiti atti normativi sempre più innovativi quali il decreto legislativo 286/99, poi confluiti nel D.Lgs.267/00.
Il sistema dei controlli interni negli enti locali
L’ordinamento contabile locale, così come scaturito dalle riforme, privilegia il sistema di controllo interno definendone le figure, le strutture e le funzioni nonché le responsabilità al fine di attivare un controllo preventivo e concomitante che sia di stimolo all’autocorrezione.
L’ordinamento contabile affida al servizio finanziario innumerevoli funzioni di controllo quali:
– l’attestazione dell’attendibilità e veridicità delle previsioni;
– le verifiche e le attestazioni di copertura finanziaria in corso d’esercizio;
– la valutazione e le segnalazioni di possibili squilibri di bilancio;
– i controlli e i riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione di spesa;
– la rendicontazione dei contributi straordinari.
L’art. 147 del Tuel definisce la tipologia dei controlli interni volti a garantire,il buon andamento dell’azione amministrativa; infatti attraverso i controlli interni si pone agli enti locali la possibilità di sottoporre continuamente in esame l’attività amministrativa da essi intrapresa, in modo da poter intervenire tempestivamente laddove si accertino errori o scostamenti dagli obiettivi prestabiliti.
A tal fine gli enti, nell’ambito della loro capacità organizzativa, possono organizzare controlli interni anche in deroga al D.Lgs.30 luglio 1999,n.286.
Trattandosi per l’appunto di “ controlli interni”, l’autonomia organizzativa dell’ente non viene in alcun modo minacciata. Infatti, è riservata la completa autonomia nella individuazione e nella predisposizione dei mezzi e dei metodi per effettuare i controlli.
Analizziamo più da vicino le tipologie previste dall’art.147 del Tuel
a) controllo di regolarità amministrativa e contabile, mira a garantire la legittimità e legalità dell’azione amministrativa;
b) il controllo di gestione si pone il compito di verificare l’idoneità dell’azione amministrativa intrapresa rispetto al perseguimento degli obiettivi programmati, nonché il livello di attuazione dei suddetti obiettivi;
c) valutazione delle prestazioni del personale di qualifica dirigenziale;
d) valutazione dell’ adeguatezza delle scelte effettuate in sede di attuazione di piani, programmi, ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, e verific adella congruità tra risultati ed obiettivi prefissati.
Il controllo internodi gestione
Gli artt.da 196 a 198 del Tuel regolano in modo più specifico il controllo interno di gestione che attraverso la verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati e , attraverso l’analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi , quantità e qualità dei servizi offerti, vuole garantire non solo la funzionalità dell’organizzazione dell’ente, ma anche l’efficacia, efficienza ed i economicità dell’azione amministrativa dell’ente locale.
Analizziamo più da vicino queste tre locuzioni che troviamo sempre più presenti nel nostro linguaggio.
Il concetto di efficacia si può riassumere genericamente con la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati e dovendo associare questo concetto ad un’attività della Pubblica Amministrazione l’efficacia è proiettata verso il reale soddisfacimento dei bisogni pubblici.
I parametri per misurarla devono essere idonei a valutare il grado di soddisfacimento del cittadino utente che varia a seconda del prodotto/servizio erogato: qualità del servizio o prodotto, tempestività, adeguatezza, economicità.
Il concetto di efficienza è di derivazione economica in quanto le risorse a disposizione sono sempre insufficienti a raggiungere gli obiettivi prefissati. Da ciò consegue che le attività devono essere svolte riducendo a minimo gli sprechi al fine di ottenere economie di spesa da utilizzare per il raggiungimento di altri obiettivi.
L’efficienza è il rapporto tra il valore del prodotto erogato e il valore della quota parte degli elementi utilizzati.
La differenza sostanziale tra un indicatore di economicità e di efficienza sta proprio nel valutare o menoquei costi che, anche se sostenuti, non vengono utilizzati ad esempio le ferie o le malattie nel caso di contabilizzazione del costo del personale.
Sulla base di questi concetti tutte le attività imprenditoriali hanno ormai da anni avviato il controllo di gestione al fine di ottenere un prodotto che incontri l’esigenze dei consumatori ad un costo di produzione sempre più basso, ciò con un fine ben preciso: aumentare gli utili ed in conseguenza la soddisfazione dell’imprenditore.
Ora, dopo circa cinquanta anni che il “ privato” usa tecniche di sempre più puntuali finalizzate al controllo di gestione anche il “pubblico” intende controllare la sua gestione pensando di utilizzare gli stessi sistemi. Nel far ciò deve tenere in considerazioni due elementi fondamentali: il servizio e le differenti finalità istituzionali.
Si parla molto di controllo di gestione basato solo su dati numerici, contabilità economica, analitica, controllo dei costi e dei ricavi, ecc.
Personalmente ritengo debba incentrare l’attività del controllo prioritariamente sulla qualità dei servizi erogati e solo successivamente passare all’analisi dei costi e dei ricavi. Infatti, l’Ente pubblico è un erogatore di servizi con le finalità primaria di soddisfare le esigenze dei cittadini, pertanto non può essere solo il costo l’unico elemento da analizzare.
L’Ente pubblico non può ragionare e conseguentemente investire solo nel caso in cui l’azione sia vantaggiosa in termini economici, se così fosse non avremmo più servizi ma soltanto prestazioni finalizzate al raggiungimento di un utile. E’ questa la sostanziale differenza tra il privato ed il pubblico. Sembra quindi evidente che il controllo di gestione debba essere incentrato non sull’analisi dei costi e dei ricavi ma sul rapporto costi-risultati.
Nel settore pubblico, a differenza del privato, il controllo di gestione ha finalità ben più ampie che estendono il campo delle azioni anche all’analisi della trasparenza dell’azione amministrativa e del buon andamento della pubblica amministrazione ed è questo il principale motivo della scelta del legislatore di rendere obbligatorio il controllo di gestione nei confronti degli enti locali.
Per poter affrontare il problema con un respiro più ampio e con un’ottica proiettata al futuro bisogna prioritariamente cambiare il modo di porsi nei confronti del controllo di gestione.
Il controllo di gestione non deve essere visto come un obbligo di legge ma come strumento indispensabile per migliorare la performance dell’Ente.
Non può essere considerato un costo ma strumento necessario per ridurre i costi e migliorare le prestazioni ed i servizi offerti.
Il nuovo sistema dei controlli interni fondato sui risultati costringe chi opera nell’area del controllo degli enti locali ad individuare quali sono gli obiettivi primari da raggiungere.
Il controllore deve stare un passo avanti rispetto al controllato, deve avere una funzione di traino e di stimolo, non solo all’adeguamento e all’autocorrezione, ma anche al cambiamento ed all’innovazione.
Chi opera in questo campo deve pretendere elementi affidabili, utili ed in tempo utile; deve stabilire le regole per la misurazione dei risultati ed interrogarsi per conto di chi effettua il controllo e la valutazione. Se lo effettua ad esempio in nome e per conto del cittadino, quindi quale occhio vigile dello stesso, oppure quale occhio vigile della regolarità amministrativa.
Occorre evitare un controllo fine a se stesso, evitare l’attivazione di strutture autonome che non dialogano tra di loro, quali i nuclei di valutazione, le strutture per il controllo di gestione, l’organo di revisione, ecc..Senza un progetto comune si rischia che ognuno viaggi per conto proprio.
Il controllo deve quindi stimolare l’innovazione.
Controllo di gestione ed atti di programmazione e verifica politica
L’attività di controllo mira sostanzialmente a verificare l’effettiva attuazione delle scelte contenute nelle direttive e negli altri atti di indirizzo politico attraverso l’analisi preventiva e successiva, l’analisi della congruenza dei risultati e degli eventuali scostamenti dagli gli obiettivi prefissati, l’adeguatezza delle risorse umane, finanziarie e materiali assegnate rispetto ai risultati raggiunti, nonché la identificazione degli eventuali fattori ostativi e delle eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione, l’esplicitazione dei possibili rimedi, assicurando in tal modo la tanto auspicata trasparenza degli atti fondamentali della gestione amministrativa dell’ente locale.
Solo con una programmazione di riferimento il Peg può rappresentare il momento di passaggio di consegne tra organi politici ed organi tecnici e costituire un momento di valutazione della classe dirigenziale essendo quest’ultima strettamente collegata ai risultati dell’attività amministrativa e della gestione.
In tale ottica i bilanci annuali diventano tappe intermedie di realizzazione del programma amministrativo e, nella separazione tra direzione/controllo e attività di gestione, il Peg viene ad assumere un chiaro contenuto d’individuazione degli obiettivi da raggiungere nel periodo, precisi e misurabili ed espressi non più solo in termini finanziari, ma e soprattutto in termini economici, di tempi, qualità, di sviluppo, ecc..
Rientra in questa nuova logica di trasparenza e di partecipazione alle scelte politiche da parte del cittadino sancite nel programma elettorale condiviso dalla maggioranza degli elettori la redazione dei reporting da parte dell’organo esecutivo supportato da uffici o persone preposti all’attività di valutazione e controllo che rispondono direttamente all’organo politico o da struttura esterna.
I documenti di reportistica sociale permettono, infatti, ai cittadini di comprendere e, in conseguenza, di poter valutare, l’operato di quanti amministrano e operano nell’ente locale, consentendo loro di realizzare i principi di pubblicità e di partecipazione stabiliti dalla legge n.241/90, ripresi dal Tuel e recentemente dai nuovi Pcel.
Tra le iniziative che le amministrazioni, proprio in questa logica, hanno iniziato ad adottare e che si stanno sempre più diffondendo, quella dell’utilizzo di tecniche di rendicontazione sociale ha particolare rilevanza e specifiche potenzialità.
Essa può essere considerata come una risposta ad un deficit di comprensibilità dei sistemi di rendicontazione pubblici in termini di trasparenza dell’azione e dei risultati dell’azione amministrativa, di esplicitazione delle finalità, delle politiche e delle strategie, di misurazione dei risultati e di comunicazione.
Gli strumenti che consentono di effettuare la rendicontazione sociale possono essere diversi.
Nello scenario amministrativo italiano degli enti locali si è passati progressivamente, in quest’ultimo decennio, da forme di rendicontazione episodiche di fine mandato a forme di coinvolgimento sistematico dei portatori di interessi nella valutazione dei propri risultati attraverso il bilancio sociale; inoltre, nelle amministrazioni più sensibili alle politiche di redistribuzione delle risorse si è passati anche alla redazione del bilancio di genere.
Questi strumenti sono redatti annualmente riferendosi allo stesso periodo amministrativo del bilancio d’esercizio e si pongono l’obiettivo fondamentale di rendere conto in una prospettiva consuntiva e programmatica dei risultati prodotti e delle attività realizzate nel corso dell’anno, rispettivamente nei confronti dei portatori d’interessi e delle donne per l’eliminazione o la diminuzione delle disparità sociali connesse al genere.
A completare il quadro degli strumenti di rendicontazione oggi in fase di diffusione nelle Amministrazioni pubbliche troviamo anche il bilancio sociale di mandato, vale a dire un bilancio sociale che rilegge e rende conto delle attività e dei risultati raggiunti da un’Amministrazione con riferimento a tutto l’arco del mandato politico; il bilancio ambientale, che attraverso un sistema organizzato di conti ambientali consente di valutare gli impatti sull’ambiente delle politiche settoriali, sociali e di sviluppo attuate o da attuare da parte dell’Amministrazione.
Il bilancio sociale e il bilancio di genere dovrebbero consentire una valutazione dell’azione amministrativa in termini più generali, rispetto al bilancio di mandato, che si focalizza sul programma amministrativo, dell’impatto che ha l’azione dell’ente locale sul tessuto economico e sociale di un determinato territorio.
Nel bilancio sociale è centrale la rendicontazione del perseguimento dei valori quali la tutela della persona, della famiglia, la salvaguardia dell’ambiente, la sicurezza e la valorizzaione dei propri dipendenti, la correttezza e trasparenza dei sistemi di gestione, la solidarietà, la valorizzazione del tempo libero ed altri aspetti direttamente riconducibili allo sviluppo economico-sociale del territorio di riferimento.
Data la sua sempre maggiore diffusione, è nata la necessità di stabilire riferimenti e principi generali cui le amministrazioni che intendono adottarlo possano ispirarsi. Nell’Ottobre del 1998 è così nato il “ Gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del Bilancio Sociale” con l’obiettivo di offrire una guida sulle finalità e sulle procedure di formazione.
Il GBS ( gruppo di studio) consiglia la redazione in forma libera, secondo criteri uniformi che consentano la comparabilità, con cadenza annuale; si consigliano documenti a sé stanti, distinti dal bilancio d’esercizio, al quale tuttavia collegarli in quanto da essi riprendono parte delle informazioni economiche, è auspicabile anche il calcolo e la distribuzione del valore aggiunto negli enti che hanno attivato la contabilità economica e, comunque, si pone come necessaria l’identificazione dell’ente e la relazione sociale.
A tal fine, la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione Pubblica ha avvertito la necessità di supportare questo processo e di fare in modo che il bilancio sociale non sia una mera operazione di comunicazione, ma una pratica rigorosa ed efficace.
A tale scopo, il Ministro della Funzione Pubblica ha emanato il 17 febbraio 2006 la direttiva sulla rendicontazione sociale nelle amministrazioni pubbliche, che mira ad accrescere il livello di accountability delle amministrazioni attraverso la definizione dei principi generali, di alcuni approcci e metodologie da seguire da parte delle amministrazioni pubbliche.
La direttiva nasce dalla sperimentazione promossa dal Dipartimento nell’ambito del Programma Cantieri, in stretta collaborazione con le esigenze manifestate da funzionari e dirigenti di numerose amministrazioni locali.
Si è auspicato che la rendicontazione sociale sia un punto di arrivo di un processo di cambiamento organizzativo, istituzionale e gestionale ed il tutto passi attraverso le seguenti fasi:
- prevedere una regolare periodicità
- dare maggiore importanza ai processi rispetto agli strumenti
- collegare questi nuovi strumenti contabili ad azioni formative e ad interventi di sviluppo organizzativo delle competenze
- raccordarli ai processi di programmazione ed agli altri processi gestionali, al processo di pianificazione ed controllo strategico
- collegarli a strumenti di valutazione della qualità dei servizi
- collegarli alla valutazione delle politiche pubbliche
Incentivazioni previste dal sistema dei trasferimenti
Il diffondersi di questa nuova cultura di rendicontazione sociale sta alla base dell’individuazione con la circolare n.5 del 23 marzo 2005 emanata dall’assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali dei nuovi parametri che saranno applicati da parte della Regione Siciliana per il riparto del fondo delle autonomie a decorrere dall’esercizio 2006.
I nuovi parametri da seguire sono i seguenti:
1) dimensione della spesa sociale in rapporto al complesso della spesa corrente, rispetto alla media regionale
2) presenza di minori indicatori negativi sui parametri di deficitarietà strutturale;
3) attivazione del controllo di gestione, comprovata dalla documentazione trasmessa alla Corte dei Conti
4) attivazione di un organo di controllo interno sulla regolarità amministrativa degli atti, certificata e documentata dal segretario comunale,
5) elaborazione presentazione bilancio sociale e di genere.
L’introduzione di questi parametri vuole essere un mezzo perché gli enti locali rispondano in modo concreto all’esigenza crescente dei titolari dei così detti interessi diffusi, primi fra tutti i cittadini, di conoscere come gli impegni assunti e le scelte operate si siano tradotti in servizi ed opere e, in generale, di comprendere le ricadute dei bilanci sulla vita della collettività.
I vantaggi che derivano dalla implementazione del controllo interno di gestione e dalla lettura sociale e di genere del bilancio possono sono:
a) Equità: la valutazione dell’impatto della politica economica dell’ente pubblico sui portatori di interesse, uomini e donne può evidenziare alcune disparità esistenti e suggerire soluzioni per la diminuzione delle medesime
b) Efficienza: considerato che lo sviluppo economia di un contesto sociale deriva dallo sviluppo armonico di più settori interdipendenti, l’analisi delle interazioni intersettoriali cui si rivolgono queste nuove pratiche contabili permettono di allocare in modo più efficiente le risorse economiche, fatto di grande rilievo in una situazione di limitatezza delle risorse
c) Trasparenza: l’analisi sociale e di genere del bilancio così come il controllo interno e la pubblicizzazione dei relativi risultati presso amministratori e società civile permette una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini, sia essi uomini e donne, riguardo alla politica economica dell’ente pubblico.
L’obiettivo è stato raggiunto da molti comuni dopo un notevole sforzo del personale addetto ed, a volte, anche con il supporto formativo ed operativo di società esterne.
Per tali ragioni è stato approvato con Decreto dell’Assessore della Famiglia, delle Politiche Sociali e delle Autonomie Locali n.3822 del 21.11.2005 il programma formativo e di assistenza tecnica volta all’implementazione dei controlli interni, nonché a fornire agli Enti Locali standars procedurali omogenei per la redazione del bilancio sociale e del bilancio di genere.
Il piano formativo prevede la realizzazione di 60 corsi di specializzazione rivolti a 1200 dipendenti degli enti locali ed alle nove province siciliane, da realizzarsi in trenta sedi dislocate sul territorio regionale.
Tale attività formativa fa parte degli interventi previsti dal documento “ Analisi, orientamento e priorità legge 328/2000 – triennio 2004/2006” approvato con Decreto Presidenziale del 208 ottobre 2005.
I corsi verranno svolti dal Ciapi di Priolo Gargallo e ciascun Comune dovrà provvedere a trasmettere l’elenco dei propri dipendenti che intende aderire al progetto ed il cui numero è rapportato alla classe demografica.
I benefici di tali interventi potranno manifestarsi solo dal 2007, essendo stati attivati dopo che i bilanci sociali e di genere per il 2006 erano stati presentati.
Tra le altre iniziative significative nate dalla diffusione di questo nuovo modus operandi della pubblica amministrazione ricordiamo che il Fondo Sociale Europeo ha finanziato la sperimentazione dei bilanci di genere della Comunità Montana Monte Cervino e della ciità di Aosta, il Gender Auditing della Regione Emilia Romagna e del Servizio Artigianato e Commercio della Provincia di Modena.
In modo estremamente sintetico possiamo affermare che i controlli interni e l’analisi sociale e di genere dei bilanci rappresentano strumenti preziosi a disposizione degli enti locali che consentono loro di acquisire una maggiore consapevolezza degli effetti delle loro decisioni sui vari portatori di interessi, sia essi uomini che donne e quindi poter meglio guidare lo sviluppo socio-economico del territorio in cui opera e, conseguentemente,implementare il consenso politico.
Carmela Meli
Componente Gruppo Tecnico di Pianificazione Operativa e Internal Auditing
Comune di Canicattì
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