Avvocati , liberalizzazione delle professioni e misure varate dal Governo

Tacciati di corporativismo e retrogradi. E’ questo il giudizio (minimo) che si rischia nell’affrontare il tema della liberalizzazione delle professioni, dopo le misure varate dal Governo. Con uno strumento, il decreto legge, che richiede la straordinarietà e l’urgenza di provvedere (non ravvisabile nel caso specifico) l’Esecutivo tenta di scrivere l’epitaffio sulle libere professioni ed in particolare su quella forense.
Non si tratta di vittimismo: basta un analisi obiettiva.
Si deve precisare, in primo luogo, che il programma dell’Unione non contiene alcun accenno alle misure attuate, ma al contrario riferisce di valorizzazione della professione forense e del suo rafforzamento sotto il profilo dell’indipendenza: "con un sistema di tariffe che siano ad un tempo garanzia per il cittadino, tutela della dignità della professione, incentivi alla soluzione (giudiziale e stragiudiziale) del contenzioso…".
Perché dunque liberalizzazione e pubblicitàin un solo decreto, d’urgenza, se neppure il programma dell’attuale maggioranza le prevedeva (ma, al contrario, rilanciava il sistema tariffario)?
Forse l’obiettivo vero non è la liberalizzazione.
Cercherò di dimostrare che, al contrario di quanto opina il Governo, il provvedimento, in relazione alla professione forense (quella che conosco) non sarà di alcuna utilità per i consumatori, ma attua il disegno del grande capitale finanziario.
Sgombriamo il campo dal primo equivoco: non è affatto vero che le tariffe minime forensi rappresentano una restrizione della concorrenza in base al trattato C.E.
La Corte di Giustizia, con la sentenza del 19 febbraio 2002 (causa C35/99), ha affermato l’esatto contrario, con buona pace del Ministro Bersani.
Non si tratta, dunque, di un provvedimento imposto dall’appartenenza dell’Italia all’U.E. o dalle condanne che sarebbero state inflitte dalla Corte Europea.
Ma non rappresenta neppure una misura attuata per la tutela dei consumatori.
La negoziabilità di tariffe inferiori alle minime interessa esclusivamente coloro che la potranno imporre: le compagnie di assicurazione, gli istituti di credito e le grandi imprese.
Non il singolo consumatore che non potrà far pesare, sul piatto della bilancia, una serie indefinita di incarichi professionali.
Ma la scrollata al sistema attuale richiede l’azione combinata dell’abolizione del divieto di pubblicità da parte degli avvocati.
Si afferma che quest’ulteriore intervento risponde all’esigenza di informare il consumatore e di orientarlo verso la scelta migliore. Come tutti sanno, il messaggio pubblicitario non ha certo lo scopo di fornire un contributo oggettivo alla conoscenza: vale, semmai, l’esatto contrario (con il dolus bonus quale limite al messaggio promozionale). Teoricamente ogni avvocato potrà magnificare la propria professionalità, senza limiti e soprattutto sbandierare … tariffe molto al di sotto del minimo. Con una sostanziale differenza: soltanto i grandi studi potranno permettersi i costi (molti alti) della pubblicità e (per lungo tempo, sino a quando è strategicamente necessario) delle tariffe non remunerative.
A questo punto manca un unico tassello: l’ingresso del capitale finanziario negli studi legali. Non appare, francamente, un traguardo lontano.
La rivoluzione copernicana sarà compiuta, con buona pace dell’indipendenza dell’avvocatura. Dirà il lettore distratto: che importa al consumatore dell’indipendenza dell’avvocato se potrà pagare tariffe più basse? A parte il fatto che non è dimostrata la diminuzione delle tariffe nel medio e lungo periodo (quando gli oligopoli potranno imporre i loro prezzi), chi potrà pensare di esercitare l’azione in giudizio nei confronti dei poteri forti, se l’avvocato diviene funzionale ad essi?
La conclusione: non sono un conservatore e ritengo che la professione forense debba essere rinnovata sin dalla sue fondamenta dalla formazione, all’accesso e sino all’aggiornamento permanente.
Il sistema tariffario può (e deve) essere corretto, ma rappresenta pur sempre una garanzia per i cittadini. L’indipendenza dell’avvocato resta un bene prezioso, da preservare nell’interesse collettivo.
Il provvedimento del Governo va nella direzione opposta. 
 
Avv. Vincenzo Latorraca

Latorraca Vincenzo

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