1. I termini della questione: il comma quarto dell’articolo 63 del decreto legislativo 165 del 2001 – 2. Un esempio dell’impostazione tradizionale: l’Ordinanza 29 settembre 2003, n. 14529, Corte di Cassazione, SS. UU. Civili – 3. La sentenza 15 ottobre 2003, n. 15403, Corte di Cassazione, SS. UU. Civili: la nuova interpretazione dei confini della giurisdizione amministrativa in tema di procedure concorsuali – 4. Concludendo: il rilievo del mutato orientamento interpretativo
1. I termini della questione: il comma quarto dell’articolo 63 del decreto legislativo 165 del 2001
Le sensibili modifiche introdotte dal legislatore a partire dal decreto legislativo 29 del 1993, in particolare con l’articolo 68, successivamente modificato dall’articolo 29 del decreto legislativo 80 del 1998, poi dal decreto legislativo 387 del 1998, e, da ultimo, recepito dall’articolo 63 del decreto legislativo 165 del 2001, hanno attribuito alla giurisdizione del giudice ordinario il contenzioso sul pubblico impiego “privatizzato”.
Il legislatore, tuttavia, ha previsto significative eccezioni alla devoluzione ora menzionata, in particolare per quanto riguarda alcune categorie di pubblici dipendenti (su tutti: i magistrati) e, per ciò che attiene i differenti profili del pubblico impiego, la materia dei concorsi, il cui contenzioso residua nella sfera di competenza del giudice amministrativo.
L’eccezione è attualmente contenuta nel comma quarto dell’articolo 63 del decreto legislativo n. 165 del 2001[1], ma è stata al centro di alcune interessanti pronunce giurisprudenziali che hanno meglio definito i limiti di cosa debba intendersi per “procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”.
2. Un esempio dell’impostazione tradizionale: l’Ordinanza 29 settembre 2003, n. 14529, Corte di Cassazione, SS. UU. Civili
L’impostazione tradizionale della Corte di Cassazione, espressa dall’Ordinanza in esame, interpreta in senso restrittivo la menzionata deroga, escludendo espressamente che in essa possano essere ricomprese le controversie inerenti le procedure concorsuali interne.
La questione nasce a seguito della delibera[2] dell’Amministrazione giudiziariadibandire un concorso ad otto posti di collaboratore di cancelleria, settima qualifica funzionale, presso gli uffici del distretto della Corte d’appello di Genova. Conclusa la procedura selettiva ed approvata la graduatoria finale, vengono dichiarati vincitori i candidati collocatisi ai primi sei posti, nonché quelli collocatisi al tredicesimo e quattordicesimo posto, beneficiari della quota di riserva del trenta per cento dei posti messi a concorso (attribuita dall’articolo 2 del bando al personale dell’Amministrazione suddetta che fosse inquadrato da almeno cinque anni nella sesta qualifica funzionale e fosse in possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado).
Successivamente, in forza del Dpr 30 agosto 2000 (che autorizzava l’Amministrazione ad assumere personale risultato idoneo in concorsi già espletati), era deliberata[3] l’assunzione di altri undici candidati secondo l’ordine della graduatoria generale di merito, assumendosi così i candidati collocatisi ai posti dal settimo al dodicesimo e dal quattordicesimo al diciannovesimo compresi.
Due candidate, collocatesi al ventesimo ed al ventunesimo posto, agiscono ex art. 700 del codice di rito per ottenere in via cautelare ed urgente la tutela della loro pretesa ad essere assunte, sostenendo che anche ai fini di questa ulteriore tornata di assunzioni si dovesse rispettare la riserva garantita nel bando di concorso (che avrebbe comportato l’attribuzione in loro favore degli ultimi due posti disponibili).
Dopo la dichiarazione di inammissibilità dell’istanza da parte del Tribunale di Genova[4] (ritenutosi privo di giurisdizione) e conseguente introduzione del giudizio di merito, seguita a sua volta dalla costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, che eccepiva difetto di giurisdizione ordinaria, veniva proposta istanza di regolamento preventivo presso la Cassazione.
Le Sezioni Unite, inquadrando la soluzione del problema nella definizione dei limiti all’eccezione posta dal comma quarto dell’articolo 63 del decreto legislativo n. 165 del 2001, giungono ad escludere che essa comprenda anche le procedure concorsuali per lo scorrimento in graduatoria, stabilendo pertanto che la giurisdizione spetti al giudice ordinario.
L’iter logico seguito consta di tre passaggi fondamentali. Anzitutto chiariscono la distinzione qualificatoria in ordine alla posizione del vincitore di procedura concorsuale: di interesse legittimo per i rapporti sottratti all’area del contratto ed invece di diritto soggettivo per quanto riguarda la costituzione del rapporto di lavoro.
Conseguentemente, richiamano quella giurisprudenza[5] che afferma come, esaurita la procedura concorsuale, ci si muova sul terreno degli atti di gestione e della capacità di diritto privato dell’amministrazione. Considerazione che comporta la titolarità in capo all’aggiudicatario di un vero e proprio diritto alla stipulazione (al pari dell’aggiudicatario di qualsiasi altro contratto).
Infine, equiparano le conclusioni menzionate al caso in cui l’amministrazione deliberi ulteriori assunzioni utilizzando il meccanismo dello scorrimento di graduatoria.
Alla luce di queste considerazioni il candidato che pretenda di essere incluso nel novero dei nuovi chiamati alla stipulazione del contratto fa valere il proprio diritto all’assunzione e non pone in discussione delle procedure concorsuali. Dal che discende che la domanda giudiziale vada devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, secondo le previsioni contenute nel primo comma dell’articolo 63 del decreto legislativo 165 del 2001.
3. La sentenza 15 ottobre 2003, n. 15403, Corte di Cassazione, SS. UU. Civili: la nuova interpretazione dei confini della giurisdizione amministrativa in tema di procedure concorsuali
La sentenza in oggetto, di pochi giorni successiva all’ordinanza di cui sopra, ribalta completamente l’orientamento interpretativo tradizionale, invertendo i termini del discorso.
La questione che da origine alla causa sorge a seguito del ricorso di un direttore tributario presso il Ministero delle finanze che, all’interno di una procedura selettiva per il passaggio ad una fascia superiore, chiede di vedersi riconosciuto un periodo di servizio più lungo al fine di ottenere un punteggio più alto in graduatoria e poter così legittimamente accedere alla posizione di primo dirigente di ruolo.
Il Ministero convenuto eccepisce in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice ordinario ma quest’ultimo, con sentenza del 14 luglio del 2000, ne rigetta le motivazioni ed accoglie il ricorso, dichiarando che si riconoscano i punti residui al ricorrente.
La Corte di appello, a sua volta, conferma la sentenza del giudice di primo grado ed osserva che l’eccezione contenuta nell’allora vigente articolo 68 del decreto legislativo del 2003 (e successive modifiche) attribuisse al giudice aministrativo la competenza in ordine alle sole controversie sull’ingresso in carriera dei dipendenti e non anche quelle sulle procedure concorsuali interne.
Contro questa decisione ricorre nuovamente il Ministero, sostenendo che l’intera materia dei pubblici concorsi è devoluta (in via d’eccezione) al giudice amministrativo e che al giudice ordinario spetta invece la disciplina successiva del rapporto: dalla sottoscrizione del contratto alla cessazione del rapporto. Non farebbe eccezione a ciò l’ipotesi delle procedure concorsuali interne, come dimostrerebbe anche la circostanza per cui i vincitori devono sottoscrivere un nuovo contratto.
Le Sezioni Unite ritengono il motivo fondato, seguendo anche in questo caso un ragionamento articolato lungo tre passaggi logico-consequenziali. Anzitutto richiamano l’orientamento tradizionale, esplicando le motivazioni alla base dello stesso. Successivamente, evidenziano quella giurisprudenza costituzionale[6] che ribadisce, da una parte, la necessità di ricorrere all’utilizzo di procedure concorsuali non solo per l’accesso al pubblico impiego ma anche per il passaggio alle fasce superiori (in ossequio al principio di buon andamento dell’amministrazione, contenuto nell’articolo 97 della Costituzione). In conclusione, alla luce della citata giurisprudenza e dei recenti interventi legislativi, ritengono che la riserva dell’articolo 63 del decreto legislativo n. 165 del 2001 debba comprendere non solo le procedure concorsuali volte alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche quelle selettive per l’accesso alle fasce superiori.
4. Concludendo: il rilievo del mutato orientamento interpretativo
Alla luce delle pronunce richiamate è possibile svolgere una duplice osservazione. Anzitutto, è evidente come la materia del pubblico impiego, contestualmente al problema del riparto della giurisdizione costituiscano per motivi diversi, ma complementari, aspetti di notevole problematicità, come gli oscillamenti giurisprudenziali paiono confermare.
In secondo luogo è possibile concludere che, benchè la maggioranza dei profili controversi in ordine al pubblico impiego sia devoluta pacificamente al giudice ordinario, restano pur sempre rilevanti aspetti che sono di competenza del giudice amministrativo. Ciò, in ragione della necessità di salvaguardare il controllo ad opera del potere giurisdizionale amministrativo di aspetti che paiono strettamente legati all’applicazione del dettato costituzionale ed al recepimento dei principi da questo dettati nel funzionamento ed organizzazione della pubblica amminsitrazione.
[1] Che recita: “Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonche’, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi”.
[2] Si tratta del Pdg 25 luglio 1997.
[3] Con Pdg 28 novembre 2000
[4] Resa con ordinanza del 10 febbraio 2001
[5] La sentenza fa esplicito riferimento in particolare alle sentenze n. 2514, 2954, 6041 e 9332, tutte del 2002, per le quali all’esaurimento della procedura concorsuale si sarebbe oramai sul terreno degli atti di gestione e della capacità di diritto privato dell’amministrazione, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 165 del 2001.
[6] In particolare sono richiamate le sentenze n. 320 del 1997, n. 151 del 1999 e n. 296 del 2000
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