Le seguenti considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza
L’art. 75 del Decreto Legislativo n. 276/03 , successivamente modificato dal decreto legislativo n. 251/04 , ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico l’istituto della certificazione dei contratti di lavoro.
La certificazione dei contratti di lavoro viene garantita dall’attività di un organismo collegiale, Commissione di certificazione, preposta a tali fini, che opera sulla base della procedura tipizzata contenuta nell’ art. 78 del Decreto Legislativo n. 276/03 come integrato dal successivo Decreto Ministeriale del 21/07/2004.
Tale istituto è stato concepito con il dichiarato intento di ridurre il contenzioso innanzi al giudice del lavoro tra datore e lavoratore in materia di qualificazione dei contratti di lavoro nonché quello conseguente alle ordinanze ingiunzione emesse dalle Direzioni Provinciali del Lavoro e dagli Istituti Previdenziali (legge 689/81) ed ai successivi decreti ingiuntivi emessi dagli stessi istituti per il recupero contributivo laddove gli accertamenti esperiti evidenzino una tipologia contrattuale di fatto diversa da quella che le parti hanno formalmente convenuto.
L’ipotesi più ricorrente e di maggiore rilievo per ciò che concerne il recupero contributivo, è sicuramente quella in cui l’accertamento ispettivo evidenzia che in un determinato rapporto di lavoro ricorrono gli elementi tipici del lavoro subordinato mentre l’accordo tra le parti lo qualifica quale rapporto rientrante nell’area del lavoro parasubordinato o autonomo.
Vi è – tuttavia – il rischio concreto che la norma non produca l’ auspicata finalità di riduzione del contenzioso e del carico giudiziario.
Prevede – infatti – l’art. 80 dello stesso decreto Legislativo 276/03 la possibilità, per le parti ed i terzi nella cui sfera giuridica l’atto di certificazione è destinato a produrre effetti , di adire :
– il giudice del lavoro, nel caso di erronea qualificazione del contratto oppure per difformità tra il programma negoziale e la sua successiva attuazione e per vizi del consenso ;
– il giudice amministrativo , per violazione del procedimento o per eccesso di potere.
Un ruolo fondamentale teso proprio ad evitare tale ulteriore contenzioso è affidato dalla legge delega n. 30/2003 alla Commissione di certificazione , che svolge anche attività di consulenza ed assistenza alle parti per la stipula del contratto e del programma negoziale.
Tale attività di consulenza ed assistenza può incidere positivamente rispetto alla finalità deflattiva in materia di contenzioso del lavoro nella misura in cui le parti faranno ricorso alla certificazione del contratto di lavoro prima della esecuzione del contratto stesso.
Di seguito si esamineranno i profili problematici dell’istituto nel caso in cui venga richiesta la qualificazione del rapporto in corso.
Il dato normativo consente infatti di accedere a questa duplice ipotesi di certificazione.
In verita’ l’articolo 77 del decreto prevede che “ le parti che intendano presentare istanza di avvio della procedura di certificazione di cui all’art. 76, comma 1, lettera b) , devono rivolgersi alla Commissione nella cui circoscrizione si trova l’azienda o una sua dipendenza alla qualesarà addetto il lavoratore“.
Dalla lettura della norma sembrerebbe quindi ammissibile la certificazione del contratto solo nei casi in cui il rapporto di lavoro non sia ancora iniziato ( …..sarà addetto il lavoratore ) con conseguente esclusione dei casi in cui il rapporto lavorativo è già in essere.
Tale dubbio interpretativo, tuttavia , non è confermato dalla modulistica allegata alla circolare n. 48 /2004 del Ministero del Lavoro che prevede , nel modello predisposto relativo alla presentazione della istanza di certificazione, la possibilità di richiederla anche per contratti di lavoro stipulati ed iniziati in data anteriore, o contestuale , a quella della presentazione dell’istanza : infatti si legge in detta modulistica che la richiesta di certificazione è relativa alla “ prestazione lavorativa che si svolge/si svolgerà” .
D’altronde deve osservarsi che la legge delega n. 30/2003 riporta i termini di “ Certificazione di contratti stipulati” e “Qualificazione di rapporti di lavoro” in modo da far ritenere applicabile l’istituto anche a rapporti lavorativi già in essere .
La possibilità di poter dare impulso all’iter certificatorio dinanzi alla Commissione di certificazione anche in presenza di contratti di lavoro già in essere , solleva problematiche di natura sostanziale e procedimentale con particolare riguardo all’attività istruttoria della stessa Commissione .
Come accennato, la costituzione, la composizione, il procedimento di certificazione e quanto altro attinente all’istituto della certificazione, è disciplinato dal D.M. 21/07/2004 : l’iter culmina in un provvedimento amministrativo adeguatamente motivato di accoglimento ovvero di rigetto.
Si rende necessaria, pertanto, per la certificazione del contratto, un’analisi ed una indagine da parte dell’organo preposto alla certificazione circa l’esistenza di tutti gli elementi che concorrono a rendere sovrapponibile il negozio che si intende certificare con la tipologia contrattuale prevista dall’ordinamento per la conseguente applicazione della disciplina di riferimento.
Qual è lo spettro di analisi e di indagine rimesso alla Commissione e qual è il limite istruttorio a cui la stessa Commissione è tenuta ad attenersi nel caso in cui il rapporto di lavoro è già in corso ?
L’organo di certificazione, come si è detto, può essere chiamato a certificare un contratto di lavoro formalmente stipulato e non ancora portato ad esecuzione ma può essere investito della competenza certificatoria , rectius qualificatoria , di un contratto che di fatto sia stato già portato ad esecuzione e per il quale viene richiesta la certificazione per così dire “in corso d’opera”: in tale ipotesi l’attività di verifica sul rapporto in corso è propedeutico alla certificazione del contratto , poiché identificata la fattispecie del rapporto in atto occorre verificarne la rispondenza al contratto da certificare.
Ad avviso di chi scrive, nel caso di certificazione di un contratto non ancora portato ad esecuzione , la Commissione, fermo restando il dovere di consulenza ed assistenza, opera un controllo con un atteggiamento istruttorio per così dire “statico”, dovendosi e potendosi limitare a valutare solo quelle circostanze rilevabili dal programma negoziale sottoscritto comparandole con le risultanze istruttorie derivanti dalla espletata audizione delle parti per verificarne la compatibilità con la tipologia contrattuale per la quale si richiede la certificazione.
L’audizione delle parti , in detta fattispecie , avrà ad oggetto la verifica della effettiva volontà e consapevolezza delle parti di porre in essere proprio quella specifica tipologica contrattuale che intendono certificare.
In questa fase, quindi, le parti vengono ulteriormente edotte sugli esatti “ confini giuridici “ del contratto ed hanno modo di avere conferma o meno, con il supporto della Commissione, della compatibilità e congruenza del contratto da porre in essere rispetto alle finalità che le stesse parti si propongono.
E’ questo un momento cruciale nell’ottica deflattiva cui la norma è teleologicamente preordinata poiché laddove si realizza una piena collaborazione tra i contraenti e la Commissione, le parti hanno la possibilità,prima dell’emanazione del provvedimento finale di certificazione o di rigetto, di individuare la soluzione giuridica che effettivamente ricorre nel caso specifico: si potranno, quindi, avere ipotesi in cui le parti addivengono alla conclusione di dover porre in essere un contratto diverso rispetto a quello portato all’esame della Commissione, di rinuncia alla certificazione, di modifica di talune clausole contrattuali per adeguare il contratto da certificare alla fattispecie astratta contemplata dalla norma etc..
L’attività istruttoria in questo caso non può che esplicarsi mediante un approfondimento istruttorio essenzialmente “per tabulas” non dovendosi acquisire ulteriori riscontri fattuali se non quelli desumibili dai documenti prodotti e da quelli eventualmente richiesti ad integrazione nonché, e soprattutto, dalle dichiarazioni rese dalle parti in sede di audizione.
Diversa , invece, ad avviso di chi scrive, è l’attività istruttoria cui è tenuta la Commissione nel caso di certificazione di contratto che sia già in corso .
In questo caso il potere accordato alla Commissione è necessariamente più ampio ed effettivo dovendosi necessariamente finalizzarsi ad evidenziare la qualificazione esatta del rapporto di lavoro , già in atto , nel suo concreto atteggiarsi e la sua congruenza e rispondenza con il contratto da certificare.
Il procedimento amministrativo incardinato a seguito dell’istanza di certificazione culmina in un atto con natura provvedimentale; non può, quindi, essere ritenuta estranea all’iter certificatorio in parola la normativa di cui alla legge n. 241/90 che conferisce al soggetto preposto all’istruttoria del procedimento stesso, il potere di esperire ispezione, ordinare esibizioni documentali ecc….
Diversamente opinando, si comprimerebbe il ruolo dello stesso organo collegiale di certificazione svuotandolo di essenziali funzioni affidandogli soltanto attività istruttorie meramente “burocratiche”.
Del resto nel caso in esame l’attività istruttoria è finalizzata alla qualificazione di un rapporto per cui si ritiene che tale qualificazione non può prescindere da una verifica sui fatti : verifica che necessariamente è rimessa ad un soggetto terzo rispetto alle parti contraenti e di conseguenza all’organo ispettivo.
L’acquisizione delle risultanze ispettive richieste dalla Commissione (al Servizio ispettivo presso la Direzione provinciale del Lavoro, all’INPS o altro Istituto) divengono cosi’ indispensabili per una concreta verifica dei presupposti di fatto da correlare alla corretta valutazione dello schema contrattuale per il quale si richiede la certificazione.
Va sottolineato in proposito che i termini di definizione della procedura di certificazione di cui all’art 78, lett. B) Decreto Legislativo 276/03, eventualmente ritenuti perentori, si interromperanno a seguito degli accertamenti disposti dalla Commissione, in base a quanto previsto dell’art. 3 del D.M. 21/07/2004, per un successivo decorso a far data dal ricevimento della ulteriore documentazione richiesta ad integrazione.
Va da sé che la tipologia contrattuale in atto risultante dagli accertamenti ispettivi potrebbe non essere conforme a quella richiesta dalle parti sottoscrittrici dell’istanza di certificazione : in tal caso sarà inevitabile un provvedimento di rigetto da parte della Commissione adeguatamente motivato.
Nulla esclude, pertanto, che l’organo ispettivo attivato dalla Commissione, possa aver riscontrato irregolarità che determinano l’avvio della procedura di cui alla legge 689/81 ( che potrebbe culminare con l’emissione di ordinanze ingiunzione, decreti ingiuntivi per recupero contributivo ecc….).
A parere di chi scrive in detta ipotesi i provvedimenti sanzionatori eventualmente adottati seguono gli ordinari gravami non potendo essere opposta la particolare forza giuridica attribuita alla certificazione dall’art. 79 del Decreto Legislativo n. 276/2003 stante il rigetto della richiesta .
Tale disposizione prevede che nel caso di certificazione del contratto gli effetti dello stesso permangono , anche verso i terzi: si pensi soprattutto alle conseguenze di natura contributiva e fiscale , fino a sentenza di accoglimento di uno dei ricorsi ammessi nei confronti della certificazione.
Un ultimo cenno di riflessione merita proprio il combinato disposto del citato art. 79 con il successivo art. 80 poiché determina, anche quando le parti pongono in essere un programma negoziale difforme da quello concordato e certificato, la necessità di impugnare l’atto di certificazione previo esperimento obbligatorio del tentativo di conciliazione innanzi alla stessa Commissione.
Relativamente a detta specifica fattispecie, non si coglie con immediatezza la ratio della norma che sembra penalizzare i tempi di accertamento innanzi al giudice , poiché nel giudizio che i terzi eo le parti ( tra cui enti previdenziali , agenzia fiscali etc. ) andranno ad instaurare, si verterà non in ordine al contratto astrattamente certificato , che la norma impone di impugnare, ma sul successivo comportamento delle parti che hanno dato luogo ad un negozio giuridico difforme da quello certificato.
L’intenzione del legislatore,presumibilmente, è quella di privilegiare anche per tale ipotesi la sede conciliativa costituita dalla stessa Commissione di Certificazione: è lecito , tuttavia , dubitare della possibilità di una composizione bonaria del contenzioso suddetto tenuto conto sia della composizione di detta Commissione ( Direzione Lavoro , INPS , INAIL ) sia del fatto che nella maggior parte dei casi la conseguenza della difformità tra programma negoziale certificato ed attuato determina un inquadramento contrattuale regolato diversamente anche per gli aspetti di natura contributiva e fiscale e che quindi coinvolgi diritti non disponibili.
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