Per un approccio politologico alla Scienza dell’Amministrazione Pubblica: gli ‘Elementi ed Appunti sul caso italiano’ di M.S. Righettini. Recensione.

Scarica PDF Stampa
1. Un contributo manualistico sul “fenomeno amministrativo”: la Scienza dell’Amministrazione anche per i “non addetti ai lavori”. 2. Una breve analisi contenutistica di alcuni capitoli ritenuti di significativo interesse: “legittimazione”, “rendimento” e “controlli” nella Pubblica Amministrazione. 2.1 “Amministrazioni pubbliche e cambiamento”: un auspicio od una necessità? 2.2 “Il – nuovo – sistema dei controlli”: volontà o realtà? 3. Criticità reali o presunte: una materia, la Scienza dell’Amministrazione Pubblica, dalla persistente complessità. 4. Sintetica conclusione recensiva: un contributo istituzionale di auspicabile lettura.
 
 
 
1. Un contributo manualistico sul “fenomeno amministrativo”: la Scienza dell’Amministrazione anche per i “non addetti ai lavori”.
Ormai da una decina d’anni (prima edizione: 1997) nel panorama della pubblicistica istituzionale-amministrativa è rinvenibile, ad opera della prof.ssa M.S. Righettini, un interessante contributo ricostruttivo del contesto accademico usualmente denominato “Scienza dell’Amministrazione Pubblica”.
La dimensione quantitativa non accentuata (285 pp. nell’ultima edizione del 2005), un prezzo relativamente accessibile (20 €), una modalità espositiva tendenzialmente piana (e coadiuvata da semplici/intuitivi grafici e tabelle), unitamente ad un comprensibile approccio metodologico politologico all’argomento, hanno reso il volume “Elementi di scienza dell’amministrazione. Appunti sul caso italiano” (Edizioni Lavoro, Roma 2005) di M.S. Righettini un diffuso strumento di studio ed aggiornamento professionale sul “fenomeno amministrativo” italiano.
L’Autrice ripercorre, con dovizia di dati e riferimenti normativi, l’evoluzione compiuta dal sistema amministrativo italiano dagli anni ’90 dello scorso secolo, sottolineandone le più importanti riforme strutturali e funzionali avvenute: traccia, in buona sostanza, una sorta di “bilancio” dei cambiamenti, delle resistenze a questi ultimi ed, in generale, delle criticità amministrative (e politiche) che hanno caratterizzato il decennio 1993-2003. Le risultanze delle più moderne dottrine politologiche (quali, ad esempio, l’analisi delle politiche pubbliche) costituiscono il principale strumentario espositivo, che si avvale, tuttavia, anche dell’apporto delle discipline giuridiche, storiche, economiche e sociologico-organizzative, concorrendo a produrre – nel lettore – un pregevole senso di costruttiva multidisciplinarietà.
Il libro, con breve Premessa (pp. 7-8), è suddiviso in sei capitoli, cui si aggiunge un’Appendice (pp. 251-274) contenente materiale di approfondimento; un Indice bibliografico-alfabetico delle fonti dottrinali e di letteratura grigia riferimento chiude il contributo (pp. 275-285). Il primo capitolo (“Amministrazioni pubbliche e cambiamento”, pp. 9-32) intende fornire alcuni spunti di riflessione e strumenti analitici di base per esaminare i principali motivi ispiratori delle riforme e i problemi che ne sono all’origine: l’accento è posto sui processi di “legittimazione” amministrativa e sul nesso tra legittimazione e “rendimento” amministrativo. Il secondo capitolo (“Il sistema amministrativo italiano. Un bilancio del passato e un’agenda per il futuro”, pp. 33-52) è un inquadramento storico del tema della riforma amministrativa nell’ambito dell’evoluzione del sistema amministrativo italiano. Il terzo, quarto e quinto capitolo entrano nel merito delle principali politiche di riforma: il terzo capitolo (“Il sistema dei controlli”, pp. 53-116) illustra il significato ed i percorsi seguiti per la riforma del sistema dei controlli; il quarto capitolo (“La gestione delle risorse umane”, pp. 117-194) affronta il tema della gestione delle risorse umane e della leadership amministrativa con particolare riguardo alle riforme della dirigenza pubblica; il quinto capitolo (“Cittadini e servizi pubblici”, pp. 195-233), è dedicato all’esame di alcune innovazioni in materia di relazioni con l’utenza, comunicazione pubblica ed ‘e-government’; il sesto capitolo (“Nuovi modelli di regolazione”, pp. 233-250), infine, intende tracciare le principali linee evolutive del nuovo modello di Stato e di governo che emerge sia dall’impianto delle riforme amministrative, sia dai nuovi aspetti del sistema regolativo pubblico, nel quadro di due fondamentali processi istituzionali in corso di verificazione: quello dell’integrazione europea e quello della ridefinizione degli equilibri e delle relazioni tra livelli di governo territoriale (statale, regionale e locale) in ambito nazionale.
 
2. Una breve analisi contenutistica di alcuni capitoli ritenuti di significativo interesse: “legittimazione”, “rendimento” e “controlli” nella Pubblica Amministrazione.
 
2.1 “Amministrazioni pubbliche e cambiamento”: un auspicio od una necessità?
Molti potrebbero essere gli apporti contenutistici specifici positivamente evidenziabili in sede recensiva. Senza dubbio i temi del “rendimento”[1] e della “legittimazione”[2] delle “organizzazioni/istituzioni” amministrative[3] costituiscono problematiche fondamentali della Scienza dell’Amministrazione, unitamente al concetto di “riforme amministrative”[4]: si tratta di argomenti contenuti nel primo capitolo dell’opera, probabilmente il più innovativo – a parere dello scrivente – per l’approccio sistemico politologico-istituzionale offerto. L’individuazione di alcuni strumenti per accrescere il rendimento, cioè il “decentramento”[5], la “valutazione”[6] e la “concorrenza”[7] portano l’Autrice a meglio specificare la precedente nozione di “riforme amministrative”: “… possono essere viste come l’insieme delle politiche che si pongono l’obiettivo, più o meno esplicitato, di accrescere il rendimento istituzionale e amministrativo incidendo sull’efficacia, sull’efficienza o su entrambe, nell’uso delle risorse pubbliche, mediante una diversa combinazione di valutazione, decentramento, concorrenza” (p. 22). L’analisi del “paradosso” della modernizzazione dello Stato moderno[8] conduce, quindi, la Righettini ad individuare, con pregevole strumentario politologico di c.d. “razionalità limitata”, una multidimensionalità del concetto stesso di “modernizzazione” politico-amministrativa (“non esiste ‘the one best way’”: p. 29), su cui sembrerebbero significativamente incidere le variabili “relazioni tra istituzioni politiche ed economiche”[9] e la “leadership” della modernizzazione stessa[10]. Significativa, infine, risulta essere l’attenzione al tema valoriale[11].
 
2.2 “Il – nuovo – sistema dei controlli”: volontà o realtà?
Di particolare interesse appare anche il terzo capitolo, dedicato al “sistema dei controlli”, dove, premessi necessari cenni politologici sulla “teoria democratica”[12] vengono confrontati, all’interno della prospettazione del controllo quale tecnica di direzione e amministrazione[13], i temi del “controllo” stesso inteso come “apprendimento”[14] e come “riesame”[15]. L’Autrice analizza, poi, la situazione italiana nel decennio 1993-2003[16], mostrando le profonde innovazioni intervenute (con semplificazione espositiva dello scrivente, da un modello ante riforma ad uno post riforma in cui: controlli preventivi di legittimità/molti, controlli successivi/alcuni, controlli interni/pochi; controlli preventivi di legittimità/pochi, controlli interni/molti, controlli successivi/alcuni [vedasi figura n. 6 alla p. 62]), con un’enfasi legislativa ed operativa sempre maggiore verso i c.d. “controlli interni”[17], e con un’attenzione particolare al “controllo di gestione”[18], al “controllo strategico”[19], ai “controlli contabili” (dove emergono le figure organizzative della Ragioneria dello Stato e della Corte dei Conti, entrambe, ma in particolar modo l’ultima, partitamente oggetto di interventi riformatori) e, con riguardo solo residuale, al “controllo di legittimità/legalità”[20]: “Il nuovo sistema punta principalmente sul rafforzamento della Ragioneria centrale dello Stato e sulla trasformazione del ruolo svolto dalla Dirigenza e dalla Corte dei Conti” (p. 93).  Non sconsolate, ma realistiche e, in un certo qual modo, ragionevolmente fiduciose sono le conclusioni dell’Autrice in argomento[21].
 
3. Criticità reali o presunte: una materia, la Scienza dell’Amministrazione Pubblica, dalla persistente complessità.
Ma un – pur breve – apporto recensivo, è ragionevole che evidenzi, per ovvi motivi di auspicata scientificità redazionale, anche eventuali criticità espositive e/o contenutistiche. L’osservazione controdeduttiva più ovvia è riconducibile alla natura di approfondimento specificamente politologico del contesto che, invece, ritengo sia uno dei punti di forza del contributo, peraltro temperato – come ho già detto – dall’apporto di una pluralità di discipline di settore. Più interessante, perché solleva un problema storico-istituzionale di non poco spessore e poichè si pone come ulteriore stimolo alla ricerca, potrebbe essere la considerazione di una significativa e reiterata attenzione, rispetto agli anni più recenti, del periodo 1993-1994, dominato dalla apprezzata figura del Ministro prof. Cassese. Solo parzialmente condivisibile può apparire, infine, la rappresentazione critica di un mancato autonomo sviluppo della componente struttural-organizzativa del fenomeno amministrativo (ad esempio: articolazione ministeriale, dipartimenti/direzioni generali, agenzie esecutive, enti pubblici, società private a capitale pubblico, enti regionali e locali): è vero che questo tema caratterizza molte contribuzioni manualistiche in argomento (secondo un’informale successione espositiva di tale fatta: strutture – personale – procedure), ma la pregevole profondità di analisi del tema dei controlli porta presto il lettore a dimenticare la ricordata ed ipotetica criticità, o meglio, a ritenerla di natura secondaria poiché – comunque – rinviene uno sviluppo trasversale dell’argomento nei diversi capitoli dell’opera.
Ma, in ultima, analisi, quanto appena sopra esposto conferma l’estrema difficoltà – non di oggi – della Dottrina tutta – in Scienza dell’Amministrazione Pubblica – nell’affrontare e nell’esplicitare un fenomeno, quale quello amministrativo, di assoluta complessità e di grande varietà, non solo formale ma anche sostanziale.
 
4. Sintetica conclusione recensiva: un contributo istituzionale di auspicabile lettura.
In conclusione, in esito alla sommaria analisi recensiva di cui sopra, il contributo della Righettini si palesa come un interessante e commendevole strumento di approccio istituzionale alla contemporanea tematica della Scienza dell’Amministrazione Pubblica, aperto alla lettura universitaria, professionale ed anche di un pubblico generalmente meno avvezzo alla considerazione delle più recenti tematiche amministrative.
 
 
 
 
Marco Rondanini
                 
Le opinioni espresse nel presente scritto sono da ricondursi unicamente all’autore dello stesso, restando impregiudicate le posizioni delle Istituzioni formative e/o lavorative di riferimento (Università Cattolica ed Agenzia delle Entrate). Eventuali errori grammaticali o sintattici, non evidenziati in sede di rilettura, sono anch’essi da attribuirsi all’autore. Il presente scritto è stato sottoposto, preventivamente, al sommario esame del Tutor universitario dottorale Prof. M. Scazzoso, che si ringrazia per le osservazioni critiche formulate in argomento.
 
 
 
 


[1] Nelle sue due modalità, “amministrativo” ed “istituzionale”, rispettivamente riferiti a contesti interni o relazionali: “La nozione di rendimento amministrativo è più circoscritta di quella di rendimento istituzionale, che possiamo definire come la capacità di una istituzione di rispondere alle sfide poste dall’ambiente al proprio funzionamento” (pp. 16-17).
[2] Con la distinzione fra legittimità “legale”, “specifica” e “diffusa”: “… Più in generale il tema della legittimità attiene ai processi di legittimazione delle decisioni e dei programmi pubblici, attiene cioè ai processi attraverso cui le autorità pubbliche cercano di rendere decisioni e programmi accettabili agli occhi dei destinatari del loro intervento. Nella tradizione giuridica europea dello Stato amministrativo, in cui si colloca a pieno titolo anche lo Stato italiano, l’accento posto sulla legalità, sulla correttezza formale e procedurale, è di gran lunga preponderante” (pp. 12-13).
[3] “Una organizzazione amministrativa è un insieme più o meno stabile nel tempo di risorse (umane, materiali, simboliche) coordinate per il raggiungimento di uno o più obiettivi … Una istituzione (amministrativa) è un insieme stabile e consolidato di ruoli e risorse (principalmente legali, cioè costituite dalle regole del gioco), cui sono attribuite rilevanti funzioni sociali” (pp. 16-17).
[4] “… possono essere definite come quell’insieme di politiche dirette a incidere sul livello di rendimento (amministrativo ed istituzionale) degli apparati pubblici, e possono essere viste come storia di strategie e mezzi, volti a modificare il rapporto tra il raggiungimento degli obiettivi (organizzativi ed istituzionali) e i costi (monetari e di tempo) che tale raggiungimento comporta … Se il rendimento (efficienza ed efficacia) viene considerato una fonte di legittimazione integrativa, se non addirittura alternativa alla legalità, si pongono interessanti quesiti …” ( p. 21).
[5] Nelle sue due modalità, “funzionale” o di “autogoverno”: “Il decentramento è una strategia per accrescere sia la capacità di controllo dal basso (cioè da parte dei destinatari dell’intervento pubblico), sia la capacità di controllo dall’alto (cioè del vertice politico sul top management e sul management amministrativo)” (pp. 24-25).
[6] “… valutare consiste nella possibilità di misurare o rendere misurabile qualcosa, in questo caso specifico ci riferiamo alla possibilità di misurare il rendimento. L’attività di valutazione può riguardare sia il processo attraverso cui produco un programma o un servizio, sia il grado di raggiungimento degli obiettivi contenuti nei programmi, sia l’impatto che l’intervento pubblico determina nell’ambiente più in generale. La valutazione dell’impatto tiene conto degli effetti voluti/intenzionali, sia di quelli non intenzionali, sia degli effetti perversi … La valutazione consente di individuare i punti di forza ed i punti critici dell’azione amministrativa e consente di correggere il rapporto tra risorse impiegate (economiche, politiche, legali, simboliche) e risultati ottenuti. Possiamo indicare due metodologie principali di valutazione del rendimento: analisi costi benefici … analisi comparativa … Possiamo inoltre distinguere tra due tipi di valutazione: interna … esterna … Possiamo inoltre distinguere metodologie di valutazione che si avvalgono unicamente di dati quantitativi … e metodologie che si avvalgono anche, oppure principalmente, di dati qualitativi, psicologici …” (pp. 22-25).
[7] “… è un meccanismo che funziona soprattutto per organizzazioni deputate alla produzione di prodotti e alla fornitura di servizi, fortemente sensibili allo scontento del cliente … la concorrenza è un concetto e uno strumento economico per eccellenza e sta ad indicare una situazione di competizione, completamente libera o limitata, in cui enti ed amministrazioni cercano di affermarsi (cioè di conquistare quote di mercato) in un determinato settore di attività (ad esempio l’erogazione di servizi)” (pp. 25-26).
[8] “… Il paradosso consiste nel fatto che il moderno Stato burocratico nasce, come sostiene Weber, per favorire ed accelerare lo sviluppo economico – per garantire regole e procedure certe all’azione degli individui e delle imprese – ma la sua abnorme ed incontrollata espansione giunge fino al punto di bloccare o arrestare non solo la modernizzazione economica, ma anche la continua ed indispensabile modernizzazione amministrativa dello Stato intesa come adeguamento alle esigenze del tempo … La modernizzazione è un processo di adeguamento alle esigenze del tempo improntato alla realizzazione di maggiore efficienza ed efficacia attraverso le opportunità e le risorse che il, sistema amministrativo offre o può produrre e sviluppare” (p. 29).
[9] “… tre processi fondamentali che a vario titolo sono prepotentemente entrati nelle agende governative di tutti i paesi europei negli ultimi vent’anni: rispetto dei vincoli sempre più stringenti dei bilanci pubblici nella gestione e distribuzione delle risorse; le privatizzazioni, cioè la tendenziale riduzione della presenza dello Stato nella gestione delle imprese e dei servizi di pubblica utilità; l’adozione, nel sistema amministrativo pubblico, di criteri tendenzialmente più efficienti ed economici di gestione, mutuati in gran parte dalle amministrazioni di aziende operanti sul mercato” (p. 30).
[10] “Le teorie di matrice economica e gli studi classici sulla modernizzazione politica convergono su un punto: la centralità dell’esistenza di una leadership del cambiamento. La leadership garantirebbe pertanto l’avvio di una politica di modernizzazione amministrativa” (p. 31).
[11] “… grande importanza … assume la dimensione simbolica ed etica nell’agire amministrativo … l’affermazione e soprattutto la diffusione di valori positivi può essere misurata dall’attivazione e diffusione di circoli virtuosi, quali ad esempio l’emulazione … anche in situazioni non concorrenziali, quali si configurano spesso le gestioni pubbliche di servizi essenziali, favorire la conoscenza di esperienze riuscite di innovazione (‘best practise’) e del sapere (‘know how’) che ne è alla base, può costituire un veicolo del cambiamento” (pp. 27-28).
[12] “… che mira alla distribuzione del potere e non alla sua concentrazione, il controllo riguarda i processi attraverso cui il potere decisionale viene delegato dalla comunità ai rappresentanti” (p. 53).
[13] “… il controllo è il problema centrale di ogni democrazia e … esso riguarda sia il rendimento delle istituzioni che caratterizzano il regime sia il rendimento delle organizzazioni che governano e amministrano le politiche pubbliche” (p. 54).
[14] “… è un complesso di procedure, dispositivi, azioni e persone il cui obiettivo è la creazione di un sistema di conoscenze in grado di produrre un feedback sull’attività amministrativa … un processo che favorisce il miglioramento da parte dell’organizzazione attraverso l’apprendimento e l’autocorrezione” (pp. 55-56).
[15] “… di atti è invece orientato prevalentemente alla legalità/legittimità dell’operato delle amministrazioni pubbliche e viene esercitato in funzione di garanzia, cioè di tutelabilità dei diritti e degli interessi riconosciuti dalla legge … i controlli esterni, soprattutto se legali, hanno un carattere ‘negativo’ o ‘repressivo’, mirano cioè ad annullare atti, a reprimere o scoraggiare comportamenti; i controlli ’interni’ sono invece normalmente orientati a favorire la ‘collaborazione’ tra controllore e controllato. Sul raccordo e il bilanciamento tra controlli esterni ed interni si gioca la capacità di apprendimento amministrativo, cioè la capacità di un ente, di un’organizzazione, di conoscere, capire ed eventualmente correggere la propria azione” (pp. 56-58).
[16] “Il disegno del sistema dei controlli pre-riforma è diretta espressione dell’egemonia di una cultura giuridico-amministrativa che identifica il processo di formulazione delle politiche con l’attività di law making, cioè la formazione della legge o più in generale delle norme” (p. 60).
[17] “La seconda fase della riforma (1995-2000) imprime un’accelerazione alla diffusione dei controlli interni … Il D. Lgs. n. 286/99 distingue chiaramente quattro livelli di controllo interno … si articolano in: controllo di gestione; valutazione della dirigenza; valutazione e controllo strategico; controllo di legittimità e regolarità amministrativa e contabile. Mentre il controllo strategico e la valutazione della dirigenza risulterebbero alle dirette dipendenze del vertice politico-amministrativo, le altre due forme di controllo (legale e di gestione) sarebbero viste come più direttamente serventi delle funzioni dirigenziali” (p. 70).
[18] “… è uno strumento per misurare il rendimento delle amministrazioni pubbliche, per valutarne il grado di efficacia interna, efficienza ed economicità … la principale ragione per cui si è reso necessario … è la contrazione delle risorse a disposizione di amministratori e burocrati … due approcci dominanti: … l’approccio economico … un approccio più orientato alla metodologia della ‘policy analysis’ e considera il controllo di gestione ‘un’applicazione empirica della ‘evaluation research’, cioè una metodologia rivolta non esclusivamente al controllo della gestione delle risorse economiche, ma orientata alla gestione complessiva delle risorse di legittimità: economiche, simboliche,(come la soddisfazione) e di efficacia … La scuola di matrice economico-aziendalistica attribuisce al termine ‘gestione’ una valenza prevalentemente economica … La scuola della ‘policy analysis’ attribuisce … una valenza semantica più ampia comprendendo in essa non solo gli aspetti dell’efficienza, ma anche della legittimazione e del consenso di cui sono alla ricerca gli amministratori attraverso la soddisfazione di bisogni o domande che emergono dalla collettività” (pp. 71-75).
[19] “strategia … come un insieme coordinato di scelte orientate a produrre modificazioni permanenti nella realtà in una prospettiva di medio-lungo periodo … La realizzazione di una strategia è data dall’incontro di due tipi di attività e di comportamenti: quelli propri dell’ente di governo, volto a creare i presupposti per condizionare o indurre modificazioni nei comportamenti od attività altrui; ma anche quelli (esterni) che si traducono in attività ed in azioni posti in essere dai destinatari dell’intervento pubblico, che ci fornisce l’entità del valore pubblico prodotto”: p. 84)
[20] (“L’estensione dell’area dei controlli di legalità/legittimità sull’attività amministrativa è una costante del secondo dopoguerra, e sancisce di fatto l’interferenza sempre più attiva della giurisprudenza amministrativa nell’attività di regolamentazione di alcuni settori chiave del ‘policy-making’ italiano. Il pubblico impiego e l’edilizia/urbanistica …Il doppio ruolo del giudice amministrativo di ‘policy maker’ e di controllore della legittimità viene messo in discussione per la prima volta all’inizio degli anni Novanta … a prescindere delle recenti modifiche alle aree di competenza [ndr: ordinaria o amministrativa], l’attività giurisdizionale è in continua crescita, parallelamente all’inefficienza del sistema giudiziario amministrativo” (p. 100).
[21] “… Un bilancio complessivo della riforma dei controlli non è possibile perché mancano dati relativi all’insieme degli aspetti qui considerati. Tuttavia possiamo tentare alcune riflessioni conclusive, alla luce di dati ufficiali parziali, di osservazioni e studi recenti su singoli aspetti del sistema. Gli ostacoli principali alla modificazione dello ‘status quo’ si sono rivelati di due tipi: da un lato, le resistenze degli apparati burocratici e della dirigenza, responsabile dell’implementazione e del funzionamento dei nuovi controlli interni; dall’altro, si sono resi più evidenti i vincoli professionali e organizzativi in seno agli organismi di controllo già esistenti, restii a rinunciare all’influenza ed al potere consolidato attraverso i controlli preventivi di legittimità … In ultima istanza, anche nell’ambito dei controlli, oltre alle regole e alle procedure, si è rivelato di fondamentale importanza il fattore umano inteso come formazione, flessibilità e disponibilità, dei soggetti responsabili in prima persona al cambiamento … con il risultato che aboliti i vecchi controlli, i nuovi risultano spesso latitanti. Il paradosso della riforma, pertanto, consiste nel fatto che lo sforzo legislativo e politico compiuto per accrescere efficienza, efficacia ed economicità rischia di essere vanificato dall’assenza o inefficacia dei nuovi controlli interni e dalla inadeguatezza di quel che resta dei controlli esterni” (p. 115).

Rondanini Marco

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento