O R D I N A N Z A
all’udienza del 21 novembre 2006
nel procedimento di sorveglianza relativo alla richiesta di
RIABILITAZIONE
Promosso da Q. D.
nato/a a il
domiciliato ;
difeso da Avv.to del Foro di – di fiducia;
VISTO il parere come da verbale________________ del P.G.;
VISTI gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato;
CONSIDERATE le risultanze delle documentazioni acquisite, delle investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della discussione di cui a separato processo verbale;
O S S E R V A
Il condannato in epigrafe generalizzato ha formulato istanza di riabilitazione con riferimento al seguente titolo:
¨ Sentenza Tribunale Ivrea dd. 10.01.1978, irr. 11.02.1978;
¨ Sentenza Tribunale Taranto dd. 16.05.1994, irr. 07.06.1994;
L’art. 179 c.p.,nella versione modificata dall’art.3 della legge 11.6.2004,n.145, stabilisce che la riabilitazione è concessa quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta. Il presupposto della regolarità della condotta tenuta dal condannato successivamente alla condanna per la quale è chiesta la riabilitazione – pur non avendo una preminente collocazione all’interno del dettato normativo – è stata, tuttavia, ritenuta dalla giurisprudenza il principale elementoda verificare ai fini del positivo esito del procedimento (Cass.V, 7.2.1972, ord.148, Aries ,CED) .
Conformemente a tale riconosciuta importanza, la regolarità del comportamento del soggetto deve costituire un dato acquisito e consolidato, di tal che è necessario che l’indagine giudiziale si spinga a verificarne l’effettività e la costanza per tutto il tempo
successivo alla condanna in relazione alla quale è chiesta la riabilitazione (Cass.III,12.1.2000, n.57,Silanos,CED). Tra le condizioni essenziali per il conseguimento della riabilitazione v’è inoltre l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato commesso.
Detto requisito non rileva soltanto ex se, ma costituisce, anche e soprattutto, elemento sintomatico dal quale inferire la sussistenza della buona condotta.
Nel presupposto normativo in esame la giurisprudenza della Suprema Corte fa rientrare non solo l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, ma anche il pagamento delle spese di giustizia, il cui inadempimento e’ sintomatico – una volta che il condannato abbia interamente soddisfatto le prime e non abbia ottenuto la remissione del debito – dell’assenza del requisito della buona condotta (Cass.I,5.5.2000,n.3372,Bellantoni,CED).
Sotto i profili considerati, risulta, nel caso di specie, che il condannato ha mantenuto costantemente buona condotta, non incorrendo, successivamente ai fini per i quali ha subito condanna, in nuove segnalazioni di PG e dandosi a regolare attività lavorativa, come riferiscono le note acquisite dalle Forze dell’ordine. Il riabilitando ha altresì provveduto al pagamento delle spese di giustizia.
Un profilo rilevante, nella fattispecie, è rappresentato dalla circostanza che il riabilitando non ha provveduto al risarcimento del danno in favore delle vittime dei reati da lui commessi. Si tratta, nella fattispecie, di una rapina perpetrata nel 1978, ed una bancarotta fraudolenta la cui realizzazione si colloca nella seconda metà degli anni ’80.
In via preliminare, va affrontato lo snodo problematico di circoscrivere il contenuto del concetto normativo di “obbligazioni civili derivanti dal reato”, tenuto conto che esso è stato oggetto di reiterati interventi interpretativi della Corte.
Un primo punto fermo nell’elaborazione giurisprudenziale è costituito dal principio che le obbligazioni di che trattasi originano ex lege, e non ope judicis, nel senso che non occorre che tale obbligazione sia stata dichiarata con sentenza penale o civile, trattandosi di obbligazione la quale deriva dal fatto stesso del reato e che il condannato e tenuto ad adempiere anche se non sia stata affermata con sentenza (Cass.II,ord.2243/1974,Allegra,CED) ed anche nel caso sia mancata la costituzione di parte civile e non vi sia stata quindi alcuna pronuncia in ordine alle obbligazioni civili conseguenti al reato (Cass.V1,27.11.1998,n.6445,Marchesini,CED; Cass.III,10.11.1998,ord.2942,Romeo,CED;Cass.I,1.10.1993,n.3794,Fusco,CED) .
Va ancora premesso che, ai sensi dell’art. 179 cod. pen. l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato costituisce condizione necessaria per la concessione della riabilitazione alla quale può derogarsi solo quando il riabilitando fornisca la prova che egli si trova nella impossibilità di adempiervi o se il danneggiato abbia espressamente rinunciato ad essere risarcito.
Ne’ vale – come detto – che l’obbligazione non sia stata dichiarata con sentenza penale o civile, sorgendo essa direttamente con la commissione del fatto costituente reato, o che non vi sia stata richiesta da parte della persona offesa, non potendo tale omissione equivalere a rinuncia (Cass.I,24.5.1993, n.2477, Di Brigida,CED ).
Sul piano della verifica concreta della condizione di legge in questione, vige il principio che, nel caso di mancato risarcimento alla parte offesa, per giustificare l’accoglimento della domanda riabilitazione, è necessario che il mancato risarcimento del danno da reatonon dipenda da fatto colpevole del condannato, e dunque, che il giudice riscontri la ricorrenza di elementi di fatto capaci di incidere sulla volontarietà dell’inadempimento in questione (Cass.I,14.1.1992,n.80, Pallucchini,CED).
La categoria delle cause di giustificazione del mancato adempimento delle obbligazioni derivanti dal reato si caratterizza per il suo comprendere l’indefinita serie di circostanze che possono – nella prudente valutazione del giudice – essere poste a fondamento dell’impossibilità incolpevole dell’adempimento(Cass.I,9.11.1993,n.4737,Ferreris,CED;conforme,Cass.III,11.2.2000,n.685,Fortin,CED).
Rilevano, anzitutto, le condizioni economiche del reo quale causa di giustificazione dell’inadempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, qualora quest’ultimo, pur non versando in uno stato di miseria o di assoluta indigenza, non disponga di risorse e di mezzi patrimoniali che gli consentano di eseguire il risarcimento stesso senza un sacrificio sensibile per se e per la propria famiglia (Cass.II,22.6.1973, ord.1697, Angelino,CED; Cass.II, 2.5.1975, ord.547,Gallucci,CED) .
Nella fattispecie, il riabilitando risulta invalido civile al 50%, disoccupato. Egli ha dichiarato di sostentarsi con la vendita di prodotti agricoli che produce personalmente.
In quest’ottica deve ritenersi che, nella fattispecie, sia riscontrabile l’inesigibilità della prestazione con riferimento all’obbligazione risarcitoria, e dunque ritenersi integrato quel rapporto di sbilanciamento tra la prestazione riparativa e condizioni economiche del reo che determina l’eventuale reiezione della riabilitazione, in siffatti casi, quale ingiustificato ostacolo alla risocializzazione del riabilitando, poiché che il modesto reddito percepito attualmente dal riabilitando è ragionevole ritenere gli abbia consentito di risarcire, neppure in minima parte, le vittime dei reati da lui commesso (Cass. I, 2.7.1993, n.3162 ,proc. gen. in proc. Vian,CED).
Sotto altro profilo, va rilevato che, con riferimento alla rapina commessa nel 1978, è verosimile che il reo abbia incontrato difficoltà nel reperire la vittima del reato, a quasi trent’anni di distanza, di tal che non può essergli imputata la mancata esecuzione del risarcimento (in questo senso, cfr. Cass.I,10.12.1990, n.4509, Pedron, CED;conforme Cass.I, 10.5.1993, n.2125,Ingegneri,CED; Cass.I,1.2.1994, n.640, Massimiani, CED).
Con riferimento al danno derivante dalla bancarotta fraudolenta, peraltro, risulta che questo fu di modestissima entità, di tal che al reo fu riconosciuta l’ attenuante di cui all’art.219, u.c., l.fall.
Il quadro complessivo, quale risulta dagli atti, concorre univocamente a far ritenere che, nella fattispecie, il risarcimento del danno da reato possa considerarsi assolto virtualmente, tenuto conto, in conformità ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, dell’obiettiva minima rilevanza del danno stesso ( in riferimento al fatto di bancarotta), della situazione economica del reo, caratterizzata da una situazione fisica e occupazionale non idonea a garantire un reddito significativo, e dall’obiettiva difficoltà di reperire le vittime dei reati (in relazione al delitto di rapina).
Non ricorrono, infine, le condizioni ostative di cui al 4° comma, n. 1 e 2, del citato art. 179 C.P.
P. Q. M.
VISTI gli Artt. 178 e segg. del C.P., 677 e segg. del c.p.p.;
C O N C E D E
a Q. D. la RIABILITAZIONE in relazione alle decisioni di cui in motivazione.
DISPONE che del presente provvedimento venga presa nota nelle decisioni predette.
Torino, così deciso il 21 novembre 2006
IL MAGISTRATO ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Dr. Fabio FIORENTIN) (Dr. Marco VIGLINO)
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