Abbiamo già detto nella puntata precedente che la finalità del processo penale minorile è innanzitutto quella di rendere accessibile il sistema sanzionatorio al soggetto minore che, proprio per la sua particolare fase evolutiva, potrebbe non essere capace di comprendere completamente il suo comportamento deviante e non comprendere completamente il processo e le conseguenze, con il rischio di danneggiare ulteriormente un soggetto che non è ancora un uomo ma non è più un bambino.
Il processo minorile, come sappiamo, è una procedura speciale che si applica a soggetti di età compresa tra i 14 anni (età al di sotto della quale non sono imputabili) sino ai 18 anni o comunque a reati compiuti in questa fascia di età, quindi i tribunali penali minorili si trovano a giudicare soggetti nel pieno della fase adolescenziali.
Per la prima volta l’individuo è testimone del cambiamento e della propria trasformazione: la vede, la sente, la vive, ma l’adolescente non comprende pienamente questa trasformazione in atto e quindi, proprio perché non è ancora adulto, pur ostentando grande sicurezza ed intraprendenza sino alla sfrontatezza, rimane ancora con le insicurezze e le debolezze tipiche dell’età infantile, vivendo la vita con forte senso di sfida in una continua competizione con tutte le figure di riferimento e con l’ambiente dei pari, per sperimentare i nuovi limiti.
Proseguiamo l’analisi della normativa del processo penale minorile che a tutt’oggi è sostanzialmente regolata dal lungimirante DPR 22 settembre 1988 n.448.
LE FINALITA’ EDUCATIVE DEL PROCESSO MINORILE
Il Tribunale per i minori è stato istituito con il R.D.L. del 20 luglio 1934 n.1404, che ha trasformato profondamente il sistema giudiziario ordinario ritenuto inadeguato a farsi carico del settore minorile.
La novità di questa riforma non fu solamente l’istituzione di un tribunale speciale, ma il Tribunale per i minori rappresentò anche il risultato delle teorie positivistiche allora imperanti che promossero l’attenuazione del rigore delle misure penali, sostenendo anche la necessità del ricorso all’educazione nei confronti dei minori
Il processo minorile dopo la riforma del 1988, ha enfatizzato l’esigenza educativa rispetto la pretesa punitiva, anche a costo di rinunciarvi, nell’ottica del modello riparativo conciliativo punta alla responsabilizzazione del soggetto tanto che, come prevede espressamente l’art.1 del DPR 448/88 tutte le disposizioni “sono applicate in modo adeguato alla personalità ed alle esigenze educative del minorenne.” ed inoltre fa espresso obbligo al giudice di illustrare all’imputato “…il significato delle attività processuali che si svolgono in sua presenza nonchè il contenuto e le ragioni anche etico-sociali delle decisioni.”.
GLI ORGANI INQUIRENTI E GIUDICANTI PER I MINORI
Come è noto, in ogni distretto di Corte d’Appello è presente un Tribunale per i minorenni, che esercita la pretesa punitiva dello Stato nei confronti dei minori che hanno commesso reati ed inoltre si occupa della tutela dei minori nei casi previsti dalla legge.
Il Tribunale agisce in posizione di terzo ed imparziale, mentre la Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minori è titolare dell’azione penale ed è la parte pubblica legittimata alla proposizioni di azioni civili per la tutela dei diritti dei minori.
Nelle Procure della Repubblica presso il Tribunale dei minori sono istituite sezioni specializzate di polizia giudiziaria i cui membri sono scelti con particolare cura dell’attitudine, dei titoli di studio, dei titoli di specializzazione in materia minorile e di eventuali esperienze specifiche del candidato (art.5 DPR 448/88)..
I membri di queste sezioni di polizia giudiziaria seguono inoltre un percorso permanente di formazione ed aggiornamento professionale curato congiuntamente sia dalle amministrazioni di provenienza che dal ministero di grazia e giustizia(art.5 DPR 448/88)..
LA DECARCERAZIONE COME PRINCIPIO GENERALE DEL VIGENTE SISTEMA PENALE MINORILE
Per le esigenze della giustizia minorile sono previsti differenti istituti in funzione non solo della fase processuale, provvedimenti cautelari ed esecuzione definitiva di pene reclusive, ma anche per la particolarità del processo penale minorile che, in applicazione piena del modello conciliativo-riparativo, permette forme di esecuzione della pena molto differenziate e, solo in ultima istanza, prevede forme di reclusione intramuraria.
La decarcerazione minorile è un processo che si è evoluto sempre più dagli anni 50-60 in poi, sia perché sempre più si è affermata una cultura giuridica che privilegia l’educazione alla repressione, anche prendendo atto che le frustrazioni carcerarie vengono compensate dai minori con risposte deresponsabilizzati o peggio ancora con risvolti pesantissimi sull’autoefficacia, che produrranno risposte ulteriormente negative nei minori deviati poiché la detenzione è spesso causa della formazione di una identità negativa, di immagini di sé e di ruoli sociali degradanti.
Lo spirito che anima tutto il processo penale minorile dal 1988 è quello di sostituire a sanzioni penali, interventi sociali, secondo l’ideologia fondata sui principi di extrema ratio e di sussidiarietà della risposta penale, di rieducazione e di individualizzazione della pena.
CENTRI PER LA GIUSTIZIA MINORILE
I centri per la giustizia minorile, dipendenti dal ministero di grazia e giustizia, hanno competenza regionale, anche se possono essere costituite sezioni distaccate presso altre città capoluogo di provincia.
La nuova configurazione e le funzioni previste per i servizi decentrati dell’Ufficio Centrale della Giustizia Minorile hanno come testo normativo di riferimento il DPR 272/89 "Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del DPR. 448/88”.
In ogni caso nell’applicazione della sanzione penale si tiene conto della situazione della vittima e dell’utilità educativa della pena finalizzata a responsabilizzare il minore affinché prenda coscienza della lesione arrecata all’altrui diritto, così come prevede il punto n.3 della Raccomandazione del Consiglio d’Europa, che sottolinea l’importanza delle procedure cosiddette di mediazione o di ravvedimento operoso.
Fanno parte dei centri per la giustizia minorile:
a. gli Uffici di Servizio Sociale per minorenni;
b. gli Istituti penali per minorenni;
c. i Centri di prima accoglienza;
d. le Comunità;
e. gli Istituti di semilibertà con servizi diurni per misure cautelari, sostitutive o alternative.
Tutti questi centri si avvalgono anche della collaborazione di esperti in pedagogia, psicologia, sociologia e criminologia.
L’art.10 DEL D.P.R. n.272/89 che fissa "Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R. 448/88 recante disposizioni sul processo penale minorile a carico di imputati minorenni", stabilisce che i Centri per la giustizia minorile stipulano convenzioni con le comunità pubbliche e private, associazioni e cooperative che operano in campo minorile e che sono riconosciute o autorizzate dalla Regione competente per territorio. I Centri possono anche organizzare proprie comunità od occuparsene in gestione mista con gli Enti Locali.
L’organizzazione delle comunità deve essere di tipo familiare e prevedere anche la presenza di minorenni non sottoposti a procedimento penale, in modo che possa essere garantita, anche attraverso progetti personalizzati, una condizione ed un clima educativamente significativi; è inoltre prevista l’utilizzazione di operatori professionali delle diverse discipline e la collaborazione di tutte le istituzioni interessate e delle risorse del territorio.
I Centri di prima accoglienza (CPA) sono la struttura cautelare principale; ospitano i minorenni arrestati o fermati, fino all’udienza di convalida ed inoltre, in locali separati dagli arrestati e dai fermati i minorenni accompagnati negli uffici della PG a seguito di flagranza di reati (art.18 bis DPR 448/88) per un delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, nei casi in cui l’esercente la potestà dei genitori, non ottempera agli obblighi di legge oppure appare manifestamente inidonea ad adempiere l’obbligo di custodia a disposizione del Pubblico Ministero.
I centri di prima accoglienza devono assicurare la permanenza dei minorenni senza caratterizzarsi come strutture di tipo carcerario e sono costituiti, ove possibile, presso gli uffici giudiziari minorili e non possono essere situati all’interno di istituti penitenziari.
All’interno del sistema penale minorile, il carcere ha subito una serie di modificazioni; le norme di attuazione del nuovo codice hanno infatti soppresso l’Istituto di osservazione (per i minori in custodia cautelare) e la Prigione-scuola (per l’esecuzione della pena detentiva) prevedendone la sostituzione con l’Istituto Penale Minorile (I.P.M.).
L’Istituto Penale Minorile assolve principalmente funzioni esecutive della pena e della custodia cautelare, nei casi in cui non sia stato possibile attivare la concessione di altre misure non detentive. Si tratta di funzioni diverse che si rivolgono a utenze diverse e che devono svolgersi possibilmente in locali separati.
EFFETTI CIVILI DEI PROCEDIMENTI PENALI MINORILI
Nel procedimento penale a carico di minorenni non è ammessa la costituzione di parte civile, la domanda di restituzione e di risarcimento del danno cagionato dal reato (art.10 DPR 448/88).
Nel procedimento penale davanti al tribunale per i minorenni non è ammesso l’esercizio dell’azione civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno cagionato dal reato ed inoltre la sentenza penale non ha effetto di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato.
Infine non si può riconoscere neanche la sentenza penale straniera per conseguire le restituzioni o il risarcimento del danno.
IL COINVOLGIMENTO DELLA FAMIGLIA DEL MINORE IMPUTATO
Il processo minorile, in ogni fase e grado, prevede il coinvolgimento della famiglia del minore, sia riconoscendogli l’obbligo principale di vigilare e di rieducare il minore deviato, prevedendo l’obbligo di riconsegna del minore di età inferiore ai 14 anni e del minore accompagnato a seguito di flagranza, ma stabilendo anche l’obbligo di notifica ai genitori o agli esercenti la potestà genitoriale di qualsiasi atto riguardante il minore soggetto alla loro potestà.
Inoltre è sempre riconosciuto il diritto dell’imputato minorenne all’assistenza affettiva e psicologica da parte dei genitori o di altra persona idonea indicata dal minore, in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi dell’art. 12 del d.P.R. 448/88. Solo nei casi previsti dalla legge ed in generale quando si procede nell’interesse del minore (ad esempio casi di genitori implicati o comunque non idonei alla funzione) il pubblico ministero può svolgere le sue funzioni con la partecipazione del minorenne senza la presenza dei genitori (Art.12 comma 3).
E’ sempre vietata la divulgazione di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione del minorenne comunque coinvolto nel procedimento.
Il minorenne condotto presso gli uffici di Polizia Giudiziaria in esecuzione di un arresto, di un fermo o di un accompagnamento deve essere trattenuto in locali separati da quelli dove si trovano maggiorenni arrestati o fermati.
Nell’esecuzione di tali attività inoltre devono essere adottate le opportune cautele per proteggere i minorenni dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità.
Le certificazioni relative alle iscrizioni nel casellario per i minorenni possono essere rilasciate soltanto alla persona alla quale si riferiscono o alla autorità giudiziaria (Art.14 DPR 448/88).
Le violazioni del diritto alla riservatezza possono essere sanzionate sia in sede disciplinare, art.115 c.p.p. che in sede penale, ex art. 734 bis c.p.
Massimiliano MANCINI (Comandante Dirigente del Corpo di Polizia Locale di Frosinone, Docente e Consulente in materie Giuridiche e nel campo della Sicurezza)
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