Perentorietà del termine di cui all’art. 309 co. 9° c.p.p. (Cassazione, II sez. penale, n. 41239 del 15.12.06)

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La Suprema Corte, con la recente sentenza che si commenta ribadisce la perentorietà del termine di cui all’art. 309 co. 9° c.p.p. e toglie eventuali dubbi (se mai ve ne fossero stati) sugli automatici effetti di caducazione della misura cautelare personale o reale (di cui al successivo comma 10°)[1], in ipotesi di mancato rispetto dello stesso.
Nella fattispecie il Tribunale di Rimini, in funzione di giudice del riesame reale aveva pronunziato l’ordinanza reiettiva la richiesta ex art. 309 c.p.p., confermando il provvedimento di sequestro reso dal GIP, entro i termini di cui all’art. 309, ma, sempre entro tali termini non aveva provveduto al deposito neppure del dispositivo.
E’, infatti, ormai costante e categorico l’orientamento della Suprema Corte, appalesatosi con la decisione della Sez. VI, [sent. n. 3265 del 16 Novembre 1999 (ud. Del 18 Ottobre 1999), C. (rv 214952)][2] che pone come condizione di rispetto del termine di cui all’art. 309 co. 9° c.p.p. che il deposito quantomeno del dispositivo della pronuncia del Tribunale del Riesame avvenga entro 10 giorni, rimandando la motivazione all’ordinatorio termine di 5 giorni di cui all’art. 128 c.p.p. .
Tale impostazione, in progresso di tempo ha avuto la funzione di ridimensionare quella visione di maggior favore nei confronti dell’indagato che era propugnata dalla Sez. III, del 13 Dicembre 1996, n. 4296, Bella[3].
Nell’occasione, la Corte di legittimità ebbe, infatti, ad affermare che “Il termine perentorio di dieci giorni per il deposito dell’ordinanza del Tribunale del riesame relativa ad un provvedimento di sequestro, previsto dall’art. 309 comma 10, cui fa rinvio l’art. 324 comma 7, c.p.p. deve ritenersi osservato solo a condizione che entro tale termine sia depositata l’ordinanza nella sua interezza e non il solo dispositivo. Ritenere sufficiente il deposito del solo dispositivo subordinerebbe il diritto dell’interessato a conoscere la motivazione del provvedimento al rispetto del termine semplicemente ordinatorio di cinque giorni previsto in linea generale per tutti i provvedimenti con la sostanziale disapplicazione della norma che sanziona con l’inefficacia il provvedimento tardivo”.
Appare, pertanto, evidente come l’atto di deposito materiale in Cancelleria dell’ordinanza, resa all’esito del giudizio cautelare instaurato ex art. 309 c.p.p., segni il discrimine temporale per determinare la decorrenza del termine di cui al citato comma 9° e gli effetti del correlato comma 10°.
In progresso di tempo il momento del deposito dell’ordinanza da parte del Tribunale del Riesame, inteso come fulcro attorno al quale ruotano tutti i meccanismi di conferma o revoca della misura contestata con il ricorso ex art. 309 c.p.p. È stato valorizzato da Cass. pen. Sez. VI, 11 Luglio 2005, n. 33985, Pischetola, in Guida al Diritto, 2005, 45, 59 che ha sostenuto come “La disposizione di cui all’articolo 309, comma 10, del c.p.p., secondo cui l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde immediatamente efficacia se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, deve essere intesa nel senso che è necessario e sufficiente, perché non si produca l’automatico effetto caducatorio, che entro il decimo giorno dalla ricezione degli atti il tribunale abbia deliberato in merito alla richiesta medesima e abbia, inoltre, provveduto al deposito del dispositivo”.
Sul piano strettamente didattico appare importante sottolineare che l’annullamento, da parte del Supremo Collegio, per i citati motivi processuali, dell’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame non è fine a sé stesso.
Esso, infatti, comporta – a cascata od a ritroso che dir si voglia – la conseguenza della caducazione dell’originaria ordinanza cautelare, con cessazione immediata degli effetti coercitivi della stessa e ripristino dello status quo anteriore all’emissione del provvedimento reale.
Nel caso di specie, trattandosi di sequestro di autoveicoli, i beni sono stati, pertanto, immediatamente restituiti agli indagati.
 
 
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Corte Suprema di Cassazione, II sez. penale, n. 41239 del 15.12.06
 
 


[1]           Recitano i commi 9 e 10 dell’art. 309 c.p.p.
               9. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l’inammissibilita’ della richiesta, annulla, riforma o conferma l’ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza. Il tribunale puo’ annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all’imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero puo’ confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso.
            10. Se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde immediatamente efficacia.
[2]          Il testo della massima è il seguente “In tema di sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen. e art. 12-sexies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992 n. 356, il richiamo all’art. 309 cod. proc. pen., commi nono e decimo, comporta che anche per tale misura cautelare reale, così come previsto per le misure cautelari personali, nel termine di dieci giorni deve essere depositato il dispositivo della pronuncia del tribunale del riesame e non già la motivazione che deve essere, invece, depositata nel termine ordinatorio di cinque giorni previsto dall’art. 128 cod. proc. Pen.”.
[3]           CED Cassazione, 1997

Zaina Carlo Alberto

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