Il bilancio consolidato, istituto tipicamente privatistico, è stato introdotto in Italia con il d.lgs. n. 127 del 1991, attraverso il quale è stata data attuazione a due direttive della Comunità Europea: la quarta – 78/660/CEE del 25 luglio 1978 – relativa ai conti annuali di taluni tipi di società) e la settima – 83/349/CEE del 13 giugno 1983 – relativa ai conti consolidati. Dette direttive avevano lo scopo di dettare i principi essenziali di comportamento a cui gli Stati membri, attraverso specifiche norme integrative ed attuative, in armonia con i propri principi contabili interni, avrebbero dovuto uniformare i principi di redazione dei bilanci di entità economiche qualificabili come “Gruppi” formate da una controllante e da una o più controllate.
Il bilancio consolidato è, quindi, un bilancio che espone la situazione patrimoniale-finanziaria ed il risultato economico di un gruppo di imprese. Consente di ottenere una serie di informazioni sulle condizioni di equilibrio del gruppo sotto il triplice aspetto patrimoniale, economico e finanziario.
Indipendentemente dalle distinte personalità giuridiche, le imprese del gruppo sono viste e considerate come un unicum ovvero divisioni o filiari di un’unica grande società e, pertanto, le singole voci componenti i bilanci di ogni azienda vengono sommate alle rispettive voci del bilancio della capogruppo, successivamente alle opportune rettifiche volte ad eliminare le operazioni intersocietarie.
In tal modo le operazioni poste in essere da ogni singola azienda devono essere valutare in virtù della loro capacità di generare profitto per il gruppo, così come le decisioni strategiche possono essere compiutamente comprese solo se esaminate in relazione al loro concorso alla realizzazione dei vantaggi ed obiettivi del gruppo. Ciò chiaramente comporta la necessità di avere la giusta informazione circa i risultati economici della gestione e sulla evoluzione della situazione patrimoniale e finanziaria del gruppo nel suo insieme. Infatti i bilanci delle singole imprese, da soli, non sono sufficienti allo scopo, recando informazioni parziali in quanto inerenti a segmenti dell’attività del gruppo, in conseguenza la necessità di cui sopra può essere soddisfatta unicamente dal bilancio consolidato, che fornisce la visione dell’insieme, il quale, tuttavia, non deve erroneamente essere considerato sostitutivo dei bilanci singoli poiché esso, per sua natura, è destinato ad accompagnarsi ai bilanci delle entità del gruppo, integrandoli, al fine di fornire, da un lato, una visione globale delle consistenze patrimoniali e finanziarie del gruppo e delle sue variazioni, incluso il risultato economico, dall’altro, di misurare tali consistenze e risultati secondo corretti principi contabili ed, infine, di assolvere a funzioni essenziali di informazione, sia interne che esterne. La sua funzione informativa interna va esplicata nei confronti degli organi gestionali e di controllo interni mentre quella esterna, che è primaria, si rivolge a tutti gli stakeholders del gruppo che, attraverso di esso possono esercitare un controllo sia sull’operato del management del gruppo stesso che sulle persone ad esso delegate. A sua volta il management della capogruppo può, attraverso il bilancio di gruppo, controllare l’attività complessiva non solo in termini di rendicontazione ma anche in termini di scostamenti tra il programmato ed il realizzato.
L’area di consolidamento rappresenta l’insieme di tutte le imprese coinvolte nel processo di consolidamento.
Posto che il gruppo rappresenta un sistema di imprese (o insieme interconnesso) composto da controllante e controllate, l’area di consolidamento può coincidere con l’intero sistema ovvero essere più piccolo poichè concerne solo quei soggetti del gruppo aziendale obbligati al consolidamento, ossia di coloro che si trovano, nei confronti della capogruppo, in un rapporto di controllo effettivo e duraturo (diretto o indiretto).
Il bilancio consolidato viene redatto dagli amministratori della impresa controllante nel rispetto dei postulati contabili della chiarezza, della correttezza, della veridicità e della uniformità, e si compone dello Stato patrimoniale, del Conto economico e della Nota integrativa ottenuti dall’aggregazione dei rispettivi schemi di bilancio delle società consolidate. Presupposto essenziale per procedere a tale aggregazione è l’uniformità degli schemi di bilancio delle società consolidate quanto a forma e contenuti.
In effetti, il rispetto dei postulati della veridicità e della correttezza (true and fair vieu) implica l’adozione dei principi indicati nell’art. 2423 bis del codice civile della continuità della gestione, della prudenza e della competenza, il che implica la corretta definizione dell’area di consolidamento, l’adeguatezza degli schemi di bilancio e l’appropriatezza dei criteri di valutazione. Il rispetto del principio di uniformità, a sua volta, presuppone che in sede di consolidamento vengano svolte le operazioni di armonizzazione dei principi contabili da adottare, degli schemi di bilancio, della moneta di conto e delle date di chiusura.
Al fine della uniformità e dell’armonizzazione dei bilanci in modo da renderli comparabili per poterne esaltare la funzione informativa, il legislatore italiano, con la legge comunitaria per il 2003 ha stabilito l’obbligo di adozione dei principi contabili internazionali nella redazione degli stessi. L’introduzione di detti principi , chiamati IAS (acronimo di
International Accounting Standard[1]), emanati per il settore privato
, hasollevato l’interesse della comunità contabile internazionale nei confronti degli IPSAS, Principi contabili internazionali per il settore pubblico, emessi dalla Public Sector Committe (PSC) dell’IFAC (Internazionale Federation of Accountants) il cui contenuto sostanzialmente ricalca quello degli IAS/IFRS.
Sempre più impellente, infatti, appare la necessità di creare un linguaggio contabile comune quale strumento per indurre la gestione delle risorse pubbliche al perseguimento di una maggiore trasparenza ed un più oculato impiego delle risorse a disposizione. Nel nostro Paese tale necessità è ancora più sentita in considerazione del fatto che occorre conciliare i summenzionati principi con i profondi cambiamenti verificatisi negli ultimi anni nella contabilità pubblica anche a seguito alla definizione del processo di aziendalizzazione che ha coinvolto l’intero apparato pubblico.
Bisogna, poi, considerare il fenomeno sempre più in espansione delle esternalizzazioni dei servizi che, da un lato, ha dato vita ad una ristrutturazione dei modelli organizzativi con il progressivo abbandono delle gestioni in economia e consequenziale affidamento delle relative attività prima ad aziende speciali ed ora a società di capitali, dall’altro ha imposto un ripensamento sul tema del controllo e sull’adeguata definizione delle relazioni di governance con tutti gli organismi c.d. “satellite” che gravitano intorno all’Azienda Pubblica Locale, in considerazione della necessità di comporre un equilibrio tra poteri diversi, attraverso la creazione di un insieme di meccanismi di indirizzo, governo e controllo in grado di assicurare la massima efficacia al sistema aziendale e la più elevata soddisfazione dei diversi stakeholder. Il controllo del sistema, in particolare, è il momento centrale dell’azione amministrativa di un ente locale il quale, essendo responsabile dell’assolvimento del munus publico di cui è attributario, è tenuto altresì a rendere il conto della propria gestione e ad assumersene le conseguenze. Dato l’attuale contesto storico essa deve essere inquadrata nell’ottica dei “sistemi aperti” ovvero nell’ambito di quei sistemi selettivamente aperti verso l’ambiente esterno dal quale derivano input sotto forma sia di opportunità, sia di vincoli. Il processo di modernizzazione o, meglio, di aziendalizzazione della P.A. e l’uso sempre più frequente delle esternalizzazioni, soprattutto da parte degli Enti Locali ha creato la costituzione, sia pure di fatto, dei c.d. Gruppi Comunali che vanno considerati come entità unitarie ancorchè costituite da più soggetti giuridici.
Del resto l’evoluzione del fenomeno “ente pubblico e succedanei” ha registrato nel tempo un così variegato polimorfismo che ci pone di fronte ad una realtà innegabile ovvero che l’ente pubblico, così come in origine concepito, si sia nel tempo differenziato in così tanti moduli da non poter essere definito tale per la presenza di caratteri giuridici sicuramente definibili. Si riscontrano, infatti, tanti modelli organizzativi (definibili come pubblici) ciascuno dei quali denota dei tratti caratteristici e produce effetti o risultati giuridici differenti rispetto agli altri.
Ciò premesso, una pubblica amministrazione “aperta” è un’amministrazione che integra soggetti e livelli istituzionali in un sistema di Governance Pubblica, intesa come attitudine del sistema pubblico a creare utilità per i soggetti portatori di interessi (tutti coloro che a livello economico sono coinvolti nella gestione dell’ente), ed opera secondo il principio costituzionale della sussidiarietà, non solo verticale, ma anche orizzontale che vede il riconoscimento del soggetto privato quale soggetto attivo nel perseguimento di fini di interesse generale. Il sistema amministrativo pubblico, ivi compreso il comparto “Autonomie Locali”, deve essere però considerato, anche alla stregua di un macro sistema caratterizzato dalla peculiarità degli scopi da perseguire e dalla complessità delle funzioni di governo. Sostanzialmente, esso consiste in un meccanismo che, se opportunamente stimolato, produce risposte ed in cui le interconnessioni tra le parti sono strutturate in modo da garantire un risultato. Tale sistema, come è noto, trae origine dalle istanze dei cittadini, effettua la trasformazione delle risorse e produce le risposte che tornano ai cittadini come servizi. Ogni elemento che concorre alla composizione del sistema ne diventa parte integrante ed è inevitabilmente interconnesso con le altre componenti. I risultati raggiunti avranno, chiaramente, un impatto sulla realtà esterna che andrà a modificare i bisogni e, quindi, la strategia dell’ente. Quest’ultimo (l’Ente Locale), al pari di qualsiasi altra pubblica amministrazione, opera in un contesto economico, sociale ed istituzionale complesso, in cui sono coinvolti soggetti diversi con diverse responsabilità. Esso, quindi, deve saper realizzare un proprio equilibrio dinamico in grado di rendere possibile la percezione degli stimoli esterni con consequenziale formulazione di risposta adeguata. Ne consegue che l’efficacia del sistema dipende dal livello di coerenza e di conoscenza delle sue variabili che impone l’adozione di adeguati strumenti di autoregolazione e di controllo.
In un sistema così delineato, parlare del bilancio consolidato nel contesto aziendale di carattere pubblicistico sta a significare la necessità della redazione di un documento contabile atto ad espletare, nei confronti di tutti gli utilizzatori del sistema, la sua imprescindibile e corretta funzione di comunicazione d’azienda dal quale si deve evincere la situazione finanziaria, patrimoniale ed economica dell’entità (nel nostro caso del Gruppo comunale) ad una data certa.
Il Gruppo Comunale infatti assume e deve assumere il ruolo di regia nei confronti delle aziende controllate, coordinandone gli sviluppi in un quadro organico di interventi che riguardano la medesima collettività territoriale e verificandone i risultati conseguiti ,nella loro corrispondenza effettiva agli obiettivi prefissati.
Nei confronti delle società che gestiscono servizi pubblici, l’ente locale svolge infatti tre ruoli fondamentali: quello di azionista, quello di titolare dei servizi e quello istituzionale di pubblica amministrazione.
Nel suo ruolo di azionista, il Comune deve contribuire all’andamento dell’azienda attraverso la promozione di decisioni e di azioni finalizzata, da un lato, a coniugare l’efficienza produttiva con le attese degli stakeholders e, dall’altro, a creare sinergie tra le diverse società partecipate; deve rispondere alle aspettative del mercato e, nel contempo, deve rispettare i vincoli esterni.
Nel suo ruolo di titolare dei servizi, invece, il Comune deve controllare la qualità e l’efficienza degli stessi, verificare la conformità dell’attività del Gestore alle strategie definite dal Comune.
Nel suo ruolo di Pubblica Amministrazione, infine, permane, per esso, la responsabilità nei confronti della collettività.
Per poter svolgere adeguatamente le suddette funzioni, il Comune deve necessariamente attivare idonee linee di coordinamento, di indirizzo e di controllo nei confronti delle società che erogano i servizi.
Operando ora un parallelismo con il Gruppo di Imprese privatistiche, si può facilmente evidenziare come, nella sostanza, la stessa nozione di “Gruppo” ben si confà alla nuova strutturazione dell’ente locale.
Abbiamo il soggetto principale, che è il Comune, e tante strutture societarie ad esso comunque collegate. L’art. 152 del TUEL stabilisce che il regolamento di contabilità di ciascun ente locale assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti od organismi costituiti per l’esercizio di funzioni e servizi.
Il testo del Disegno di legge contenente la Delega al Governo per la stesura del Codice delle Autonomie Locali individua, tra i criteri direttivi per l’emanazione dei decreti attuativi in materia di EE.LL, dapprima “la definizione dei principi del sistema e della struttura del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione degli enti locali, in modo da garantire in tutto il territorio la rilevazione delle situazioni economiche e finanziarie ed il consolidamento dei conti pubblici, nonché di favorire la redazione di bilanci sociali e partecipati, tenuto conto della necessaria armonizzazione con i sistemi contabili dello Stato e delle Regioni” e, successivamente, per gli enti più piccoli (popolazione sino a 5.000 abitanti) dispone la semplificazione del sistema contabile, ferma restando l’esigenza di garantire il consolidamento dei conti pubblici.
Se a ciò si aggiunge, poi, l’ampliarsi del concetto di “accountability” cioè il dover dare dimostrazione alla cittadinanza dei profili economici, finanziari e patrimoniali dell’attività amministrativa svolta, sia dall’ente direttamente che dalle sue società, ecco che si evidenzia la necessità di poter disporre di strumenti nuovi e più sofisticati di informazione contabile.
Se si volge lo sguardo alle dinamiche della finanza pubblica degli ultimi anni ci si rende subito conto che alle crescenti necessità di riduzione della spesa ed alle accresciute esigenze, per gli EE.LL, di erogare servizi e prestazioni in modo più efficiente ed economico, la risposta data è stata quella di un diffuso fenomeno di esternalizzazione di compiti e servizi, spesso perseguito attraverso la costituzione di apposite società di capitali interamente o prevalentemente partecipate dagli enti locali. Orbene, l’ambito civilistico delle regole che caratterizzano il comportamento di detti soggetti ed i risultati conseguiti, in molti casi in termini di profitto e di minore spesa per gli enti, hanno incentivato la nascita di società o la trasformazione di società esistenti che, accanto alle finalità pubbliche, hanno inserito nel loro oggetto sociale finalità estranee o non direttamente connesse con l’esercizio delle funzioni e dei compiti propri dell’ente locale, finendo così per perseguire obiettivi che poco o nulla hanno in comune con gli interessi delle comunità amministrate.
Il grosso problema che in tali casi si poneè che l’organizzazione ed i bilanci dei suddetti soggetti non sono collegati a quelli dell’ente partecipante, al cui controllo sfuggono completamente. E’ evidente come le conseguenze di un siffatto fenomeno possano essere estremamente negative per l’ente, per le Comunità locali e per lostesso Stato.
Un ulteriore aspetto va poi considerato, ovvero che il socio pubblico deve essere un socio particolarmente attento perché mentre il privato che decide di acquistare un pacchetto azionario accetta scientemente il rischio d’impresa, i veri finanziatori delle partecipate pubbliche, cioè i contribuenti, non decidono di affidare alla P.A. alcun capitale di rischio ma pagano le imposte con la legittima aspettativa di vedere gestiti al meglio i pubblici interessi.
[2]
E’ evidente, quindi, che la strada da seguire per una amministrazione virtuosa delle società in mano pubblica necessita di competenza tecnica degli amministratori, valutazione, programmazione e strategia aziendale basata su elementi concreti e, soprattutto, valorizzazione dei controlli effettivi del socio finanziatore.
Tutto ciò, quindi, spiega l’attuale diffuso interesse per l’introduzione del bilancio consolidato negli enti pubblici e, nel contempo, fornisce la risposta al primo interrogativo che l’argomento ci pone ossia: perché emerge l’esigenza di consolidamento nelle amministrazioni pubbliche locali?
Altri interrogativi seguono, ovvero:
1. quali sono i bilanci soggetti al consolidamento;
2. quali sono i destinatari dell’informazione consolidata;
3. quali sono le potenzialità ed i limiti informativi del bilancio consolidato;
4. quali sono le difficoltà di redazione nel contesto nazionale e quali sono i problemi connessi all’applicazione degli IPSAS (Principi Contabili Internazionali per le Amministrazioni Pubbliche)
Partiamo da quest’ultimo interrogativo.
quali sono le difficoltà di redazione nel contesto nazionale, quali sono i problemi connessi all’applicazione degli IPSAS (i Principi Contabili Internazionali per le Amministrazioni Pubbliche)?
Recita il comma 6° dell’art. 152 del TUEL (D.Lgs. 267/2000): “Il regolamento di contabilità assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative agli enti od organismi per l’esercizio di funzioni e servizi”. Aggiunge, poi, il successivo art. 230, che il medesimo regolamento può “prevedere la compilazione del conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività interne ed esterne”.
Particolarmente significativo appare, nel testo normativo, il “può” che, sostanzialmente, stabilisce l’assenza di obbligatorietà della compilazione del conto consolidato patrimoniale che, unitamente alla scarsa diffusione della contabilità economico patrimoniale ed alla disomogeneità delle tecniche di redazione dei bilanci delle varie aziende che compongono quello che abbiamo qualificato come “Gruppo comunale”, spiega, in parte, le difficoltà di redazione nel contesto nazionale. Le altre, la cui eliminazione appare maggiormente difficoltosa, sono, invece, da ricercarsi nell’assenza di una consapevole cultura del cambiamento e nelle “resistenze” mentali alla gestione dello stesso con conseguente mancato sviluppo del necessario esercizio delle funzioni di controllo, tipiche del soggetto socio, rispetto a soggetti giuridicamente terzi nei confronti del primo. Non a caso la recente Legge finanziaria per il 2007 ha introdotto (commi 587 e ss. dell’art. 1) un serie di rigorosi meccanismi di controllo i quali, attraverso l’istituzione di obblighi di comunicazione, debitamente sanzionati, danno luogo ad un monitoraggio minuzioso ed ampio su tutte le partecipazioni societarie della Pubblica Amministrazione.
Ciò premesso, ai fini dell’applicazione di un sistema di bilancio come quello individuato dagli IPSAS (simile a quello individuato dagli IAS/IFRS per le imprese private) che si fonda esclusivamente sulla logica della competenza economica, l’ostacolo di maggior rilievo per la nostra realtà è rappresentato dalla coesistenza di documenti contabili redatti secondo logiche decisamente differenti.
I documenti di bilancio prescritti dagli IPSAS (Stato Patrimoniale, Conto Economico, Prospetto delle variazioni delle poste di attivo netto/patrimonio netto, Rendiconto Finanziario, Note al bilancio) prescindono dalla gestione autorizzatoria e derivano da un insieme sistematico di scritture contabili che si sviluppa come sistema di osservazione e rappresentazione dei risultati di gestione, consentendo la determinazione del risultato economico di esercizio e del patrimonio di funzionamento e considera i valori finanziari ed economici generati dai fatti di gestione esterna rilevandoli con il metodo della partita doppia.
In questa prospettiva, quindi, si tratterebbe di riformulare l’idea stessa di bilancio dell’attività pubblica, ridefinendone gli scopi informativi.
C’è però da sottolineare che le difficoltà devono fungere da incentivo al superamento del problema, in senso risolutivo in quanto tante sono le ragioni che impongono quale obiettivo imprescindibile, l’omogeneizzazione dei sistemi contabili. Del resto la contabilità economica era contenuta già nelle previsioni del legislatore del 1995, ed è indubbio che l’economicità della gestione deve essere espressa dalla capacità di garantire l’equilibrio dei costi e dei ricavi della gestione, inteso quale equilibrio durevole a valere nel tempo, secondo i principi aziendali. L’equilibrio economico a valere nel tempo è un obiettivo essenziale il cui mancato perseguimento condiziona la funzionalità dell’ente locale. Le soluzioni tecniche possono e debbono essere trovate.
QUALI SONO I BILANCI SOGGETTI AL CONSOLIDAMENTO?
Le regole del bilancio consolidato presuppongono un rapporto di controllo quale definito dall’art. 2359 c.c..
Il principio contabile internazionale IPSAS 6 impone l’obbligo di redigere il bilancio consolidato a tutte le entità del settore pubblico che esercitano un potere di controllo su altre entità economiche. Il concetto di controllo, a sua volta, viene definito come il potere di determinare le scelte amministrative e gestionali dell’entità controllata in modo da ottenerne i benefici relativi.
Ai sensi dell’art. 2359 c.c. sono considerate “Società controllate”:
1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
3. le società che sono sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ora, per quanto concerne l’ente locale, si potrebbe obiettare che esso, per sua natura, svolgendo attività prevalentemente istituzionale, potrebbe non essere parte attiva nello svolgimento di tutte quelle attività che, essendo finalizzate alla direzione e coordinamento, influenzano considerevolmente la gestione societaria delle partecipate.
Di converso, si può sostenere che anche l’ente è soggetto idoneo a porre in essere una attività di direzione e coordinamento e, come tale, essere responsabile della stessa nonché soggetto alle disposizioni che contengono particolari obblighi per chi si trovi al comando di un gruppo di imprese.
E’ ovvio che un processo di consolidamento deve presentare una fase propedeutica in cui si definisce un vero e proprio piano di consolidamento elaborato di comune accordo tra l’ente locale e le aziende controllate in merito alla definizione dell’area di consolidamento, ai tempi ed alle fasi del processo, alla scelta del metodo di consolidamento, alla unificazione formale e sostanziale dei bilanci inclusi nel consolidamento, all’aggregazione contabile di bilanci particolari, attraverso l’utilizzo dei metodi individuati.
Un esempio pratico perviene dal comune di Pisa dove nell’area di consolidamento del Gruppo Comunale sono state inserite le società aventi le seguenti caratteristiche:
§ hanno dimensioni societarie importanti;
§ comportano notevoli investimenti per il Comune;
§ il Comune è in grado di governarne le dinamiche gestionali e finanziarie;
§ il Comune ne detiene la maggioranza o almeno il 20% dei diritti di voto;
§ sono società partecipate indirettamente dalla “società madre” partecipata dal Comune;
§ svolgono attività di rilievo per la città.
Il tutto è stato realizzato utilizzando, quale strumento giuridico, la modifica ad hoc del regolamento di contabilità del comune e la predisposizione di un manuale operativo.
QUALI SONO I DESTINATARI DELL’INFORMAZIONE CONSOLIDATA?
I destinatari dell’informazione consolidata sono tutti gli stakeholders e tutti gli utilizzatori del bilancio. All’uopo occorre distinguere i soggetti della cd. “comunicazione esterna” da quelli della “comunicazione interna”. Destinatari della prima sono: la collettività, gli altri enti pubblici, i finanziatori, i terzi mentre destinatari della seconda sono: il Sindaco, il Consiglio, la Giunta, il Top Management ed i Dipendenti.
L’ ulteriore informazione resa dal documento contabile supplementare deve, infatti, rendere possibile la conoscenza dalla dimensione assunta dal Gruppo, le caratteristiche dell’attività svolta, i risultati conseguiti, l’affidabilità globale dell’ente etc.
QUALI SONO LE POTENZIALITA’ ED I LIMITI INFORMATIVI DEL BILANCIO CONSOLIDATO?
Il bilancio consolidato fornisce elementi informativi utili a verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi inerenti l’intero aggregato con particolare riferimento sia alla composizione delle fonti delle risorse che alla composizione degli impieghi delle stesse. In tale ambito permette di conoscere la struttura finanziaria del gruppo, il suo grado di indipendenza finanziaria ed il livello di indebitamento, la struttura dell’assetto proprietario del gruppo, l’economicità globale dello stesso, la composizione strutturale dei costi, soprattutto di quelle che sono le voci più significative di parte uscita.
L’informazione consolidata permette, altresì, la conoscenza della diversa composizione delle componenti reddituali nonché l’analisi delle relazioni intercorrenti tra proventi originati dalla capacità impositiva della capogruppo e proventi derivanti dalle relazioni di scambio attivate dalle controllate con consequenziale possibilità di effettuare previsioni consolidate per rami di attività nonché di formulare programmi di maggiore ottimizzazione sia per il reperimento che per l’uso delle risorse.
Ovviamente, e qui subentrano i limiti, nella sua visione d’insieme (globalità) il bilancio consolidato può celare il significato di eventi particolari e rende difficile la comparazione spaziale/temporale dei dati consolidati poiché il Gruppo è, per sua natura, duttile (non è un insieme stabile) e flessibile appare l’area di consolidamento (direttamente dipendente dalla composizione del Gruppo stesso).
ELENA BRANDOLINI, MAGISTRATO CORTE DEI CONTI
[1] Lo IASC (International Accounting Standard Committe) è l’ organismo responsabile della emanazione dei principi contabili internazionali, nato a Londra nel 1973. Oggi conta l’adesione di oltre 100 paese, tra cui l’Italia, e dal 2000 ha modificato la propria denominazione in IASB (International Accounting Standards Board). I principi contabili emanati dall’originario IASC mantengono tuttora l’originaria denominazione di IAS mentre quelli approvati dal 2001 dal nuovo IASB hanno assunto la denominazione di IFRS (International Financial Reporting Standards).
[2] Vice Procuratore Corte dei conti Friuli Venezia Giulia. Intervento orale nell’udienza per il giudizio di parificazione del rendiconto, esercizio finanziario 2005, della Regione FVG. Trieste 20 luglio 2006.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento