Il principio di trasparenza è uno dei principi generali, riconducibili direttamente ai principi fondamentali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione sanciti dall’art. 97 della Costituzione, ai quali ciascuna Amministrazione pubblica deve informare il proprio operato.
L’art. 2 comma 1 del D. Lgs. 163/06 (c.d. Codice dei Contratti pubblici) prevede espressamente il principio di trasparenza tra i principi generali da rispettare inderogabilmente nell’affidamento di opere e lavori pubblici, servizi e forniture pubbliche.
In detto ambito il principio di trasparenza comporta l’obbligo, a carico delle amministrazioni procedenti, di consentire ai concorrenti il controllo pieno ed effettivo dell’espletamento della gara ed è posto a tutela di quell’interesse pubblico fondamentale consistente nel buon andamento della pubblica amministrazione e nella correlata possibilità, riconosciuta ai soggetti specificamente legittimati dall’ordinamento, di verificare in concreto lo svolgimento dell’attività amministrativa pubblica.
In materia di gare ad evidenza pubblica detto principio si concretizza, tra l’altro, nella regola generale della pubblicità delle sedute di gara.
Detta regola non è prefissata da alcuna norma. Questa lacuna legislativa ha fatto sì che si sviluppasse una costante giurisprudenza amministrativa, sia di primo che di secondo grado, che ne ha ravvisato l’origine direttamente nei sopra citati principi di rango costituzionale del buon andamento ed imparzialità dell’intera attività amministrativa, i quali trovano proprio nella trasparenza dell’agire amministrativo uno dei canoni attuativi fondamentali.
Questa impostazione è costantemente sostenuta dal Consiglio di Stato, che peraltro, recentemente, ne ha evidenziato la corrispondenza con la normativa comunitaria, in quanto <<parimenti orientata a privilegiare i principi di concorrenza, pubblicità e trasparenza nella scelta dei contraenti delle pubbliche amministrazioni>> (C.d.S. 3166/16.06.05).
E’ interessante notare, da un lato, che quest’ultima sentenza è successiva alla Direttiva 2004/18/CE (“Direttiva Unica sugli Appalti”) e, d’altro lato, che nel decreto di recepimento della stessa (il D. Lgs. 163/06) non è stata inserita alcuna norma diretta a disciplinare l’argomento in questione. Quindi, probabilmente, la scelta del legislatore italiano è stata di non normare un aspetto già assodato sulla base di principi generali ormai consolidati e generalmente condivisi. Successivamente all’entrata in vigore del D. Lgs 163/06 è intervenuta, con parere n. 78 del 27/03/07, l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, che ha ravvisato nella pubblicità delle sedute di gara <<la principale manifestazione di trasparenza nonché essenziale garanzia partecipativa dei concorrenti……>>, citando espressamente la sentenza 3166/16.06.05 del Consiglio di Stato, con la conseguenza -forse non del tutto involontaria- di rinvigorire e confermare in via definitiva le fondamentali enunciazioni di principio ivi contenute anche nel nuovo sistema degli appalti avviato con il D. Lgs. 163/06.
La regola generale della pubblicità delle sedute di gara presenta due caratteri fondamentali:
1) è cogente, e quindi va applicata a prescindere da una specifica previsione del bando di gara. Ciò è sostenuto dalla giurisprudenza sia precedente al codice dei contratti pubblici (T.A.R. Lombardia 3179/26.7.04) sia ad esso successiva (T.A.R. Lombardia 335/21.2.07).
2) è, in linea di principio, inderogabile in ogni tipo di gara ed in ogni fase dell’iter di gara (T.A.R. Latina 270/04, che richiama sistematicamente una costante giurisprudenza precedente del C.d.S.; C.d.S. 3166/16.6.05; parere dell’Autorità Vigilanza Contratti Pubblici n. 78/27.3.07 citato).
Lo svolgimento di una fase di gara in seduta non pubblica viene a configurare un vero e proprio vizio procedurale (di natura formale), che comporta non solo, in via principale, l’invalidità del subprocedimento in questione, ma anche l’invalidità derivata di tutti gli atti di gara. Ed in quanto trattasi di violazione di regola generale posta a tutela di un interesse pubblico non è neanche necessario che venga effettivamente dimostrata l’avvenuta lesione della trasparenza, bensì il solo riscontro della violazione rileva di per sé nel determinare l’illegittimità del procedimento (C.d.S. 1077/05; C.d.S. 3166/05 citata; T.A.R. Piemonte 2031/01, che ravvisa in tale fattispecie la categoria di invalidità della Violazione di legge).
L’unica possibilità di deroga è riconosciuta con riferimento a quelle fasi di gara che, consistendo in attività di valutazione tecnico-discrezionale, implicano la necessità di garantire alla commissione la possibilità concreta di analizzare con la dovuta attenzione e tranquillità la relativa documentazione; quest’ultima infatti può essere complessa ed eterogenea, e pertanto, al fine di potere valutare adeguatamente gli aspetti tecnici delle offerte, influenti ai fini della comparazione e quindi dell’aggiudicazione, è necessario garantire che ogni attività di studio e riflessione venga svolta senza il rischio di indebite influenze esterne. In questi casi è ammissibile procedere in seduta riservata (detta possibilità di deroga è riconosciuta unanimemente dalla citata giurisprudenza).
Il verbale è lo strumento che integra la pubblicità delle sedute contribuendo in misura rilevante a rendere effettiva e completa l’attuazione del principio di trasparenza in seno alle procedure di gara. <<E’ solo attraverso un’idonea rappresentazione documentale che si consente la verifica e l’accertamento del contenuto effettivo di quanto sia stato oggetto dell’attività…..>> (T.A.R. Piemonte 598/03); <<La verbalizzazione costituisce strumento attraverso il quale….il seggio appaltante dà conto della propria attività attraverso la fedele rappresentazione delle operazioni compiute….al fine di garantire la verifica della correttezza delle attività,…rifluendo la regolarità dello svolgimento della gara nella legittimità dell’atto conclusivo dei singoli subprocedimenti>> (T.A.R. Lazio 19/05/04).
Sulla scorta della citata giurisprudenza si ritiene che addirittura nel caso di sedute riservate il verbale costituisce proprio il fattore determinante affinché, nonostante la riservatezza garantita alle operazioni di una determinata fase di gara, il principio di trasparenza possa comunque dirsi rispettato. Infatti, proprio mediante il verbale, le operazioni effettuate dalla Commissione vengono puntualmente descritte e, seppur effettuate in regime di riservatezza, vengono immediatamente “pubblicizzate”, nel senso che grazie alla stesura del verbale vengono rese note all’esterno in modo certo e dettagliato. A questo punto saranno verificabili, da parte di qualunque soggetto a ciò legittimato dall’ordinamento, l’iter logico-valutativo che ha portato alle risultanze ivi espresse e conseguentemente le modalità di esercizio del potere discrezionale sussistente in capo alla commissione di gara.
L’importanza dell’attività di verbalizzazione in seno ai procedimenti di gara viene apprezzata a pieno dal legislatore italiano, che con l’art. 78 del D. Lgs. 163/06, nel recepire fedelmente l’art. 43 della Direttiva 2004/18/CE, statuisce <<Per ogni contratto……le stazioni appaltanti redigono un verbale…>> e al contempo fissa l’obbligo del contenuto minimo, elencando tassativamente le informazioni che il verbale deve “almeno contenere” (in tal modo viene attribuita veste normativa ad un principio –del contenuto minimo obbligatorio dei verbali- già da tempo ravvisato come imprescindibile in via giurisprudenziale: ved. T.A.R. Piemonte 598/03 cit.).
Il legislatore ha sancito, con il suddetto art. 78, una regola generale valevole per qualunque tipo di procedura seguita per la scelta del contraente di una pubblica amministrazione. Fino ad oggi detto obbligo era previsto dalla nostra legislazione in modo disorganico e non generalizzato (art. 16-R.D. 2440/23 per aste e licitazioni private, art. 82-R.D. 827/24 ancora per i pubblici incanti, art. 21-D. Lgs. 358/92 per forniture di beni sopra soglia, art. 27-D. Lgs. 157/95 per servizi sopra soglia). Oggi invece il nostro legislatore impone che, a prescindere dalle modalità di scelta del contraente, l’organo amministrativo procedente deve in ogni caso dare conto della propria attività, rappresentando accuratamente per iscritto le operazioni effettuate in ciascuna fase di gara; tanto al fine di consentire la verifica della correttezza delle attività di scrutinio e realizzare così la più ampia garanzia di trasparenza della procedura concorsuale nel suo complesso.
Sulla base della predetta impostazione appare appena il caso di precisare che il citato art. 78 del D. Lgs. 163/06 va interpretato nel senso che l’obbligo di verbalizzazione vige anche con riferimento alle procedure negoziate (d’altronde lo stesso art. 78 comma 1/lett. f prevede l’obbligo di riportare tra le informazioni oggetto di verbalizzazione <<le circostanze che, nel caso di procedure negoziate previo e senza bando, giustificano il ricorso a tali procedure>>).
In questo senso il Codice dei contratti pubblici viene sia a recepire quanto già rilevato in sede comunitaria (ved. C.G.C.E.: Ord. della 2^ Camera del 03/12/2001-paragrafi 20 e 21) sia a confermare quanto già ritenuto in precedenza dalla dottrina e giurisprudenza italiane. Nel nostro ordinamento, infatti, era già da tempo consolidato il principio secondo il quale l’esigenza di trasparenza ricorre anche tutte quelle volte in cui la scelta del contraente avviene tramite un procedimento le cui regole non sono prefissate dal legislatore, bensì sono state formalizzate dalla stessa amministrazione al momento dell’avvio, con lo scopo implicito di effettuare una valutazione comparativa tra offerte (c.d. gara informale o ufficiosa). Di conseguenza la “trattativa privata” è pur sempre un procedimento di evidenza pubblica rispetto al quale non possono ritenersi estranee le esigenze di trasparenza e pari trattamento, costituenti <<regole logico-giuridiche intrinseche nel concetto stesso di gara>> (C.d.S-decisione del 30/01/01 su ric. 10213/00; così pure T.A.R. Lombardia 3179/04).Al riguardo va ulteriormente precisato che, in generale, si è in presenza di una gara soggetta alle regole dell’evidenza pubblica ogni qualvolta una amministrazione inoltra contemporaneamente a più operatori economici un invito (a presentare offerta) avente il medesimo contenuto per tutti e prevedendo nei confronti di tutti le stesse formalità (contestuale presentazione delle offerte, criterio di aggiudicazione predefinito, medesime clausole contrattuali, ecc…). In tutte le fattispecie con i predetti caratteri l’Amministrazione non può sottrarsi all’osservanza dei principi generali inerenti alle procedure concorsuali (c.d. principio della “autolimitazione implicita”: ved. C.d.S-decisione del 30/01/01 citata).
Di conseguenza è senz’altro ammissibile, di contro, derogare alle modalità attuative della trasparenza di cui in argomento nei casi di procedure negoziate fondate su presupposti non implicanti alcuna comparazione, quali l’unicità del fornitore o prestatore di servizi, la particolare convenienza di condizioni economiche conseguenti a procedimenti fallimentari, la necessità di servizi complementari, ecc…. (cioè alcune tra le fattispecie di cui all’art. 57-D. Lgs. 163/06 “Procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara”).
Argomentazioni analoghe vanno sostenute con riferimento alle procedure di acquisizione in economia, che per la loro peculiarità impongono soltanto una distinzione (tra acquisti pari o superiori a € 20.000,00 e acquisti inferiori a detto importo).
L’art. 125 comma 11 del D. Lgs. 163/06 prevede che “Per servizi o forniture di importo pari o superiore a € 20.000,00 e fino alle soglie di cui al comma 9” l’affidamento deve avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione e parità di trattamento. Pertanto, dato il richiamo espresso alla trasparenza, a tal riguardo vale senz’altro tutto quanto già osservato in merito alle procedure negoziate, rispetto alle quali la procedura in economia sta in un rapporto di species a genus (gli artt. 3 comma 40 e 125 comma 4 definiscono il “cottimo fiduciario” come una “procedura negoziata”).
Inoltre lo stesso comma 11 dell’art. 125 prevede che “Per forniture o servizi inferiori a € 20.000,00 è consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento”. Il procedimento in questo caso è caratterizzato dal rapporto diretto intercorrente tra il funzionario competente e il privato contraente ed è munito di una disciplina derogatoria rispetto alle normali procedure di evidenza pubblica. In questo caso l’applicazione dei principi e delle regole sopra esposte non è più così pregnante, in quanto prevalgono altre esigenze: speditezza, tempestività, proporzionalità, efficacia ed efficienza. Pertanto le formalità inerenti alla trasparenza cedono il passo a valutazioni di tipo organizzativo dai risvolti pratici direttamente influenti sul risultato finale del procedimento. Cionondimeno si ritiene che, se, nonostante il valore economico limitato e la particolare disciplina derogatoria, viene comunque attuata una gara ufficiosa (in quanto l’azione amministrativa presenta i caratteri distintivi di una procedura di gara come sopra descritti), allora sarà quantomeno opportuno procedere alla verbalizzazione relativa alle operazioni basilari. In tal caso sarà sufficiente, per potere sostenere di avere comunque attuato una “buona pratica”, verbalizzare in modo sintetico e schematico, pur nel rispetto del contenuto minimo fissato dal citato art. 78-D. Lgs. 163/06.
In conclusione se da un lato è vero che nelle procedure negoziate e in economia la semplificazione procedimentale viene accentuata al fine di garantire il buon andamento dell’attività amministrativa in termini di proporzionalità, speditezza, tempestività, efficacia ed efficienza, d’altro lato è anche vero che ciò deve avvenire sempre in misura tale da non rischiare di affievolire la tutela dell’interesse pubblico alla trasparenza.
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