E’ di questi giorni la visita a Palermo della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti in Sicilia, per una ricognizione sulle difficoltà in cui versano gli ATO e per interpretare la protesta popolare sollevata da più parti, in particolare da comitati spontanei cittadini.
La vertenza sul caro bollette e la qualità “pessima” della gestione dei rifiuti, tra i Comuni e gli ATO rifiuti e tra gli ATO rifiuti ed i cittadini, è divenuta ormai incontenibile. Si tratta di importi di gran lunga superiori a quelli della Tarsu, tra il 200% ed il 300%, anche a motivo dei servizi scarsi o inesistenti. Una vertenza che da circa due anni a questa parte ha presentato la Sicilia come teatro di fermenti popolari, culminati in alcuni comuni nella restituzione al comune di residenza dei certificati elettorali o nell’incendio delle bollette della spazzatura e degli stessi certificati elettorali.
Iniziative di vario genere di comitati spontanei cittadini, che, interpretando la protesta popolare, l’hanno veicolata verso la richiesta alla controparte dell’annullamento in autotutela di tutte le fatture recapitate ai cittadini e la contestuale rimodulazione delle tariffe.
Le iniziative di cui sopra sono state tutte quante articolate, dapprima, in una campagna di raccolta delle firme (notificate all’ATO ed al Comune di residenza) e, successivamente, attraverso la predisposizione di ricorsi soggettivi, proposti dinanzi la Commissione Tributaria di Messina.
La motivazione di legittimità, argomentata nei suddetti ricorsi, si giustifica nella ipotizzata, manifesta violazione degli artt. 49, comma 8 del Dlgs. N° 22/97, dell’art. 3 D.P.R. 158/99 e 42 del Dlgs. 267/2000 (TUEL), secondo cui spetta ai Consigli comunali e non agli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) deliberare la tariffa per la copertura del costo complessivo del servizio dello smaltimento dei rifiuti. Principio peraltro chiarito dal Commissario Straordinario per l’emergenza rifiuti in Sicilia con propria pronuncia del 3 agosto 2005.
In questo senso sono da leggere gli stralci alla Legge finanziaria dello Stato del 2007 (G. U. n. 299 del 27/12/2006 – S.O. n. 244), con i commi 169 e 184. Dove, al 169° c., viene stabilito che gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione, ed in difetto di approvazione entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno. Mentre, il comma 184 ci ricorda che “nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l’anno 2006 resta invariato anche per l’anno 2007”.
A sostegno della suaccennata motivazione di legittimità si è pronunciata la Commissione Tributaria di Enna, che, con Sentenza n° 1/06 del 10/04/2006, ha sancito la vittoria dei cittadini ennesi che avevano impugnato le fatture.
La T.I.A. (Tariffa di Igiene Ambientale), determinata dagli A.T.O., desta perplessità.
Non si è tenuto conto, ad esempio, che in sede di regolamentazione del servizio da parte dei Comuni (ai sensi dell’art. 21 del Dlgs. 5/02/97, n° 22, Decreto Ronchi) la tariffa avrebbe dovuto ottemperare ai principi di efficienza, efficacia ed economicità. Principi tutti disattesi, in quanto:
- a) molti dei servizi pattuiti in convenzione non vengono disimpegnati, come: lo spazzamento delle
piazze, delle vie interne, dei caditoi d’acqua, la scerbatura delle strade rurali. Inoltre, non è mai stata attuata la raccolta porta a porta, né consegnati i sacchetti per la raccolta differenziata, né collocati i cestini per il deposito dei rifiuti per le strade, ecc. Mentre non è partita la raccolta differenziata, che sembra, invece, avere fatto un significativo arretramento.
- b) Esistono delle discrasie che mettono in evidenza come il piano regionale dei rifiuti in Sicilia,
emanato dal governo siciliano, sia un vero e proprio fallimento, tant’è che la Corte dei Conti ha
condannato duramente la gestione commissariale per l’emergenza rifiuti in Sicilia, per le strategie
operate e per avere disatteso i principi di concorrenza e libero mercato.
C’è da dire che nel passaggio dalla Tarsu alla Tia i Comuni non hanno previsto nei loro bilanci il “fondo di gradualità”, statuito con circolare del 9 maggio 2006 dell’Agenzia Regionale dei Rifiuti, che avrebbe attutito di non poco l’effetto del costo complessivo del servizio di raccolta dei rifiuti, fatto gravare per intero sui cittadini. Al contempo, si fa osservare quanto segue:
- La Corte di Cassazione, con Sentenza n° 4895 dell’8/03/2006, avendo conferito qualificazione tributaria alla T.I.A. per l’analogia nell’identità dei presupposti della T.A.R.S.U., (vista la riconducibilità alla coattività del prelievo e stante che le modalità della riscossione avvengono in base a ruolo, previsto dal D.P.R. 602/73), ha chiarito che la T.I.A. non rappresenta una nuova entrata comunale, ma solo una modifica della vecchia T.A.R.S.U., ad oggi non soppressa.
Concetti, questi, che trovano una loro ragione d’essere nella natura della prestazione, trattandosi cioè di un servizio pubblico essenziale ed insopprimibile, svolto alla collettività ed erogato
autoritativamente ed unilateralmente da organismi pubblici (ancorché sotto forma di società per
azioni), non su base negoziale. La quale implica necessariamente che il cittadino non è posto nelle
condizioni di poter scegliere tra questo o quel servizio, tra questa o quella società, in base a delle
condizioni tipiche della legge della domanda e dell’offerta in regime di libera concorrenza.
- Tra i criteri utilizzati da cui far discendere la giusta tariffazione da fatturare, in attuazione del principio dell’equità fiscale, sancito dall’art. 53 della Cost., era immaginabile che si facesse riferimento alla progressività del prelievo, in virtù della quale quest’ultima non si riferisce alle singole imposte, bensì all’ordinamento tributario considerato nel suo complesso. Così si è espressa la Corte Costituzionale, nel richiamare la propria costante giurisprudenza con sentenze nn° 159 del 1985, 23 del 1968, 128 del 1966; 30 del 1964; 12 del 1960.
Considerata in quest’ottica, la TIA avrebbe potuto essere commisurata, tra l’altro, al reddito complessivo del nucleo familiare, prescindendo, quindi, dalla mera composizione dello stesso in quanto tale.
Dello stesso avviso sembra essere l’orientamento espresso dalla UIL, che, da uno studio sul territorio nazionale, ritiene che “la questione del reddito dei cittadini, in generale, e dei lavoratori, in particolare, debba essere una delle priorità dell’azione delle istituzioni nazionali e decentrate e la questione fiscale e le politiche tariffarie non possono essere avulse da questo tema”. Secondo la Uil, “la prossima legge finanziaria, di conseguenza, dovrà dare risposte più chiare e concrete al tema del reddito di milioni di famiglie che vivono di salario e pensioni”.
Si segnala anche la recente sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa di Palermo, che si è pronunciato a favore di una richiesta di annullamento delle fatture, presentata da varie associazioni dei cittadini ennesi, stabilendo l’illegittimità delle bollette. Anche in virtù del fatto che in Sicilia è stato applicato l’art. 238 del Dlgs. 3/4/2006, n° 152, che non è mai entrato in vigore in quanto non è stato emanato l’apposito regolamento di attuazione dal Governo nazionale.
Pure i Prefetti avranno un ruolo determinante nella composizione della suddetta vertenza. A costoro è richiesto di intervenire attraverso la promozione di conferenze provinciali permanenti per costituirsi portavoce degli interessi generali del governo centrale in periferia. Con il loro coordinamento, consistente in compiti di informazione ed impulso agli enti locali, costoro saranno in grado di garantire lo stimolo per una adeguata presenza delle autonomie locali in seno alle assemblee generali dei soci azionisti degli ATO della provincia (spesse volte andate deserte), allo scopo di favorire tutte quelle opportunità mirate all’accrescimento della funzionalità degli apparati amministrativi, l’economico impiego delle risorse, l’efficiente gestione dei servizi col minore dispendio di costi.
Gli obiettivi possibili sono : l’attuazione della riforma voluta dall’art. 45 della Legge Finanziaria 8 febbraio 2007, n° 2 (Gurs n° 7 del 9/02/07), relativamente alla riduzione del 50% dei 27 Ambiti Territoriali Ottimali e la loro contestuale trasformazione da società per azioni in consorzi, dotati di personalità giuridica; nonchè l’istituzione di un capitolo di spesa nei bilanci dei comuni per la previsione di interventi sussidiari, ai sensi dell’art. 21, comma 17, della Legge Reg.le n° 19/05.
Quanto sopra detto spiega l’atteggiamento di quei sindaci che hanno fatto presente di volere recedere dalla convenzione con gli ATO, dichiarando di voler tornare alla gestione diretta del servizio. E la motivazione del dissenso che gli stessi argomentano, “è maturata in considerazione che è del tutto inaccettabile e privo di qualsiasi fondamento giuridico far ricadere sui comuni l’incapacità a riscuotere le somme non pagate dagli utenti e far gravare sugli stessi l’indebitamento accumulato dalle società d’ambito, che agiscono in totale autonomia e con l’organico e le risorse di cui sono dotate”.
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Sebastiano BATTAGLIA – Funzionario di Ragioneria dello Stato
P.S.: Per una più approfondita trattazione della problematica ATO rifiuti, si pregia suggerire la consultazione del sito web www.dialogoweb.org che ospita una vasta raccolta di articoli vari.
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