La sentenza del GUP presso il Tribunale di Firenze, affrontando una tematica non certo consueta per le nostre aule di giustizia che consiste nel valutare se sussista o meno (in un preciso caso) l’ipotesi dell’art. 82 dpr 309/90, [norma che sanziona il fenomeno del proselitismo
[1]], si sofferma tutta una serie di elementi di alta specificità, traendo dall’esegesi degli stessi quei canoni interpretativi, in fatto e diritto, su cui la deliberazione si fonda.
Senza ripercorrere la vicenda, che potrà essere adeguatamente compresa scorrendo la accurata ricostruzione in fatto operata nel provvedimento in commento, si deve sottolineare come i temi fondamentali che emergono, nel caso concreto, sono:
1. la qualificazione e l’esame della rilevanza della condotta di colui (o coloro) che svolgano attività di commercio di semi di cannabis;
2. l’esame della sussistenza di un limite di responsabilità del commerciante una volta che egli abbia venduto i semi a terzi;
3. le attività collaterali che il commerciante possa porre in essere in relazione alla particolare tipologia della merce posta in vendita;
4. la natura di “pericolo concreto” della condotta che integra il reato di cui all’art. 82 dpr 309/90 (si tratta per vero di una tautologia, ma non vi è espressione che possa meno efficacemente distinguere una situazione in cui la concretezza attiene alla idoneità effettiva del messaggio persuasivo, da altra in cui la sollecitazione sia inidonea).
Con ordine.
Il GUP e lo stesso P.M. riconoscono, infatti, espressis verbis, il principio secondo il quale il porre in vendita semi di cannabis, configura un’azione che si pone in un momento ontologicamente e naturalisticamente diverso, distinto, autonomo ed anteriore, rispetto a quella condotta coltivativa, che può avere – a seconda dei casi – rilevanza penale, rientrando, così, nella previsione dell’art. 73 co. 1 ed 1 bis dpr 309/90.
La differenziazione tra le due fasi deriva dall’evidente dato biologico e naturalistico, in base al quale solo la attività che porti alla effettiva “infiorescenza” del seme coltivato, costituisce quel quid pluris che rende possibile il travalicamento del limite, oltre il quale si viene a versare nella res illicita punita dall’art. 73.
Non si deve, inoltre, trascurare di valutare quale debba essere l’elemento psicologico che deve sottendere all’attività di vendita.
Sino alla recente pronunzia della S.C. del 10 Maggio 2007 n° 17983
[2], sull’onda della quale vi è stata – si può ben dire – una vera e propria “fioritura” di pronunzie di merito, le quali hanno equiparato, a loro volta, la coltivazione domestica alla detenzione non punibile perché ad uso personale, certamente, si doveva ritenere perseguibile il commerciante, nei cui confronti fosse stata raggiunta la prova del fatto che la vendita dei semi de quibus, fosse stata svolta con consapevolezza e volontà di favorire una successiva coltivazione e ciò anche a prescindere dall’effettività di siffatto comportamento.
Due erano, in proposito le correnti di pensiero.
L’una riteneva che la condotta del commerciante potesse configurare sic et simpliciter il delitto di cui all’art. 82 dpr 309/90, posto che la condotta in esame, si poneva quale antecedente logico, non sanzionabile sul piano del concorso nella materiale coltivazione della cannabis per carenza di idoneità stupefacente dell’oggetto.
La sanzionabilità di una simile condotta veniva, così, recuperata attraverso il richiamo e la contestazione dell’ipotesi di cui all’art. 82 dpr 309/90, in quanto si valutava il problema della liceità (o della illiceità) del comportamento del commerciante, partendo dal punto di vista della capacità d’incidenza di tale condotta sulla volontà del soggetto che acquista di utilizzare i semi a fini diversi da quelli di mero collezionismo (o condotte similari), cioè a scopi di vera e propria coltivazione.
Nessuna valenza scriminante poteva assumere la circostanza che la coltivazione potesse essere a fini di terapia personale (anche se al di fuori delle autorizzazioni previste dall’art. 17) o per uso personale non terapeutico.
A contrario, invece, un indirizzo minoritario ha sostenuto – seppure sollevando non poche perplessità e venendo, poi, a perdere progressivamente di seguito giuridico – che la vendita di semi potesse configurare un vero e proprio caso di concorso del soggetto (ai sensi dell’art. 110 c.p.) nella coltivazione, successivamente, posta in essere dall’acquirente.
L’obiezione che ha paralizzato, annicchilendolo, simile impostazione è stata quella, oltre modo logica, che – in assenza della prova positiva dell’accordo fra le parti o della volontà dell’alienante di essere partecipe vero e proprio, senza soluzione di continuità, dell’azione posta in essere da altri – il commerciante, che non abbia dato corso a dimostrabili attività di proselitismo, una volta ceduti i semi (inidonei a configurare caratteristiche stupefacenti, per le ragioni sopra esposte) non può certo farsi carico di comportamenti tenuti da terzi, che non sono sottoposti al suo controllo e che, anzi, sfuggono al suo raggio di verifica.
Sancire il concorso ex art. 110 c.p., del commerciante, nel fatto della coltivazione dell’acquirente, sarebbe come ascrivere responsabilità, per concorso in omicidio, a carico dell’armiere che venda una rivoltella ad una persona che, dopo averla acquistata regolarmente, la utilizzi – invece – per uccidere un proprio rivale.
Svolte tali premesse, è dunque, indubbio che la intervenuta differenziazione – ai fini di punibilità – tra la coltivazione domestica e la coltivazione agricola, ha comportato, inoltre, evidentemente (anche se è importante ribadire il concetto) la inedita necessità che si verifichi che la vendita non debba soggiacere al fine di favorire la coltivazione ritenuta illecita, cioè quella che trascende i limiti domestici, spostando, come si dirà, poi, in avanti i termini del problema.
A tale conclusione, si deve, infatti, pervenire esaminando il testo dell’art. 82 citato, combinandone il contenuto con quello dell’art. 73, posto che la rima norma sanziona colui che “istiga all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero svolge, anche in privato, attività di proselitismo per tale uso delle predette sostanze, ovvero induce una persona all’uso medesimo“.
E’, dunque, sull’aggettivo “illecito”, che è l’elemento comune alle tre condotte penalmente rilevanti, che si deve porre l’attenzione.
Cosa si deve intendere per uso illecito (e quindi quando si verifica istigazione, induzione o proselitismo) ?
Non può esservi dubbio alcuno che, una volta abrogato l’art. 72 del dpr 309/90, il quale, sotto la rubrica “attività illecite”, sanzionava al co. 1° l’uso personale di sostanze stupefacenti per fini diversi da quelli terapeutici, senza autorizzazione, per effetto del dpr 5 giugno 1993 n. 171, attuativo del referendum dell’aprile dello stesso anno, per uso illecito, in senso tecnico, si debba ritenere l’insieme delle condotte penalmente rilevanti.
In tal senso, quindi, si deve escludere che configuri l’ipotesi di uso illecito la mera detenzione a fini personali, posto che tale condotta rientra solo in una previsione di sanzioni amministrative.
In buona sostanza, nonostante non esista giuridicamente alcuna forma di tutela della posizione soggettiva del singolo che intenda assumere stupefacenti, esiste una condizione, scriminante da responsabilità penale, in favore di chi mantenga un atteggiamento non finalizzato alla diffusione della droga, attraverso la cessione a terzi od atteggiamenti equipollenti.
Le osservazioni che precedono determinano, dunque, un primo punto fermo, sul piano squisitamente esegetico, posto che, avendo riguardo alla tipologia dell’uso dello stupefacente, finiscono per circoscrivere con precisione e rigore i presupposti di applicazione della norma di cui all’art. 82.
Vengono, così, esclusi tutti quei comportamenti non sanzionabili penalmente e tra questi, alla luce dei nuovi approdi giurisprudenziali, si deve riconoscere dignità e cittadinanza anche al fenomeno della “coltivazione domestica”.
A parere di chi scrive, dunque, anche colui che commercializzi i prodotti, in sé e per sé leciti (semi ad esempio), pur con la consapevolezza che l’acquirente possa dare corso ad una coltivazione del tipo domestico, non potrà essere affatto accusato di violazione dell’art. 82 dpr 309/90, non potendogli venir contestata alcuna forma né di istigazione, né di induzione.
Ferma, infatti, l’adesione dello scrivente alla ricostruzione ed alla distinzione che il giudice fiorentino sagacemente opera fra le due condotte a pagina 5 della sentenza, appare, peraltro, evidente, che, alla luce della novella giurisprudenziale, ora per ritenere perfezionata l’ipotesi delittuosa in esame sia necessario un quid pluris, cioè un atteggiamento od una serie di attività che si pongano quale antecedente logico diretto e propedeutico ad una attività di vera e propria coltivazione agricola, senza però che si verifichi una situazione di apporto concorsuale che il commerciante possa porre in essere in relazione alla particolare tipologia della condotta dell’illecito ”coltivatore agrario”.
Entrano, così, in gioco anche le cd. le attività collaterali che il commerciante possa porre in essere in relazione alla particolare tipologia della merce posta in vendita, richiamate al punto 3 della premessa.
Senza entrare nel merito della fattispecie in esame, giacchè tale modo di opinare configurerebbe un’impostazione tutt’altro che corretta, si devono svolgere alcune considerazioni di carattere generale.
In primo luogo, è soffermarci sull’importanza della predisposizione da parte del commerciante, soprattutto, quando l’attività si svolga online oppure con cataloghi cartacei di consultazione, di una finestra pop up con avvertenze precise esaurienti e non equivoche in ordine ai divieti normativi vigenti in tema di droghe.
Appare, infatti, rilevante, anche se essa non appare definitivamente decisiva, la scelta di prevedere, all’interno della citata finestra, un messaggio diretto e chiaro, che appaia munito di idoneità fortemente persuasiva in ordine ai limiti di azione che l’acquirente incontra ed incontrerà nell’utilizzo dei semi acquistati, in relazione alla vigente legislazione.
Si tratta, dunque, di assolvere ad un duplice sia di profilo formale, che di profilo sostanziale, posto che, come detto, non pare sufficiente, prima facie, un avviso di carattere puramente generico, in quanto – a parere di chi scrive – l’avvertenza deve, invece, contenere l’indicazione diffusa ed approfondita delle condotte vietate, l’indicazione della fonte del divieto, nonchè l’indicazione delle sanzioni che possono derivare con sequenzialmente alla violazione del precetto normativo.
Allo stato attuale appare, inoltre, necessario indicare, quindi, che :
a) l’eventuale coltivazione domestica per uso non terapeutico ed autorizzata, ammessa da una pluralità di approdi sia di legittimità che di merito, è, comunque, concetto, per ora, provvisorio, in quanto di stretta elaborazione giurisprudenziale, ergo privo di quel carattere di tassatività, certezza e cogenza che connota una previsione di legge approvata;
b) il concetto in esame è, dunque, di natura fortemente relativistica (e non assoluta) e, pertanto, suscettibile di possibile modifica e disapplicazione in progresso di tempo, in qualsiasi momento;
c) la coltivazione in senso generale rimane, quanto meno sul piano cd. agricolo od imprenditoriale, condotta penalmente sanzionata e punita con pene severe.
Queste avvertenze di carattere legale, ovviamente, presuppongono che il contenuto pubblicitario del sito non si ponga in contrasto con tali premesse.
Vale a dire che il sito non deve, in alcun modo fornire, in favore degli utenti, elementi cognitivi che risultino idonei a predisporre una attività di coltivazione imprenditoriale, né deve, poi, in maniera sia esplicita, che implicita, esaltare gli effetti psicotropi dei prodotti che si possano derivare dalla coltivazione delle piante, perché se è vero che l’uso personale non è sanzionabile penalmente, è altresì vero che non esiste – come più volte sottolineato – in capo al cittadino un diritto ad assumere stupefacenti.
Non va, infatti, dimenticato (anche se tale valutazione ha perduto progressivamente efficacia, attesi i mutamenti intervenuti, sia sul piano scientifico, che con sequenzialmente su quello giuridico, nell’approccio alla cannabis ed al suo utilizzo) che, intonazione di fondo del T.U. sugli stupefacenti è quello di provvedere alla prevenzione del fenomeno di assunzione di tali sostanze, quale manifestazione della tutela del dettato costituzionale di cui all’art. 32 in tema di salute del cittadino.
Ergo, il legislatore, salve le evidenti e conclamate eccezioni che possono derivare in specifici casi di natura terapeutica certificata, ha inteso privilegiare – come è ovvio – il profilo dell’evidenza della nocività emergente, in maniera comune, nei confronti di tutte le sostanze inserite nelle tabelle ministeriali.
E’ evidente, dunque, attese le considerazioni avanzate sin qui, che l’approccio di colui che commerci i semi di cannabis, rispetto alla pubblicizzazione, [sia online, che con altro mezzo mediatico] di tale propria attività lavorativa, debba – comunque – tenere, volente o nolente, in debito conto i parametri ed i capisaldi sopra indicati.
Altro profilo particolarmente interessante, anche perché correlato con le valutazioni sino ad ora formulate e sul quale si sofferma la sentenza in parola, attiene a quella idoneità concreta della condotta a creare una situazione di pericolo, il cd. “pericolo concreto”, che è stato, sino ad oggi il paradigma basilare per valutare la violazione o meno del precetto in parola.
Al di là della apparente contraddizione meramente linguistica, si deve sottolineare come il tema affrontato sia perfettamente armonico alla struttura dell’art. 82 dpr 309/90, proprio perché esso è l’in sé di tale norma.
Lo scopo del legislatore del 1990 è stato, infatti, quello di creare un nomotipo, in base al quale la punibilità della condotta prevista (il proselitismo in genere) non consegue all’effettivo uso di stupefacenti da parte dell’istigato, quanto piuttosto deriva da un giudizio altamente probabilistico che si modella sull’esame della capacità persuasiva del messaggio che l’istigante trasmette ai destinatari.
Si è trattato di un esperimento legislativo assai complesso, perché esso è apparso in una posizione molto border line rispetto al principio costituzionale portato dall’art. 21, in tema di libertà di espressione e di pensiero.
La verificazione della successiva condotta di coltivazione imprenditoriale o di altre condotte penalmente rilevanti ha costituito sino ad ora, pertanto, un post factum irrilevante rispetto alla disposizione in questione.
Ora la situazione non è più così, ne può essere più così, proprio per l’introduzione del concetto di non punibilità della coltivazione domestica a fronte del perdurare della punibilità della coltivazione imprenditoriale.
E’ evidente che non ci si può nascondere od ignorare, a pena di incorrere in una palese ipocrisia, la grave discrasia che si è creata fra il proselitismo ed il fenomeno della coltivazione – in special modo – per il tramite di questa evoluzione interpretativa giurisprudenziale che ha colpito la condotta coltivativa, equiparandola alla detenzione non punibile.
In buona sostanza, l’approdo cui sono pervenuti sia i giudici di merito, che quelli di rito, ha finito per dimostrare la effettiva velleitarietà e la sopravvenuta inadeguatezza dell’attuale previsione, contenuta nel testo dell’art. 82, soprattutto, ove esso sia posto in correlazione con il fenomeno di diffusione della cannabis e della coltivazione della stessa, proprio perché non si può più operare con una valutazione di idoneità del comportamento istigatorio puramente ex ante, ma si debba verificare il post.
Il mutamento giurisprudenziale intervenuto, e più volte richiamato, involge, quindi, radicalmente anche la modifica dei parametri di giudizio, ai quali il giudice deve informarsi per valutare se si verta in ambito di deliberata attività di proselitismo o meno.
Ora – attesa la ridefinizione del concetto di uso illecito di stupefacenti con sinallagmatica riduzione delle fattispecie che in tale contesto possono venir utilmente ricomprese – è chiaro che l’attenzione del giudicante non potrà più essere focalizzata esclusivamente o solamente sulla capacità induttiva od istigatoria dell’azione del commerciante (o delle condotte complementari di pubblicizzazione dei prodotti, cioè dei semi), cioè sulla tipologia di espressione del singolo o sul contenuto dei suoi messaggi, prescindendo da quanto avvenga effettivamente in un momento successivo.
Il giudicante, infatti, solo in presenza della prova rigorosa che l’atteggiamento del commerciante presenti l’attitudine e l’idoneità a spingere il singolo a finalità diverse dal collezionismo, dovrà percorrere una fase ulteriore, dovendosi porre il problema di considerare le conseguenze concernenti la tipologia della coltivazione svolta (ove svolta).
L’indagine, dunque, dovrà dimostrare se l’acquirente dei semi si sia limitato ad un uso lecito, oppure abbia travalicato detto limite della coltivazione domestica, versando in ambito industriale
Da reato di pericolo concreto, il proselitismo, opera un ulteriore decisivo passo avanti e diviene, dunque, vero reato di evento.
La possibilità per il singolo di procedere alla coltivazione privata dei semi acquistati, creando, così, attraverso la pianta (o le piante) che crescerà e fiorirà, una propria riserva destinata del tutto a fine privato e personale, con la seria possibilità (ormai costantemente affermata dalla giurisprudenza) che tale condotta rientri nel novero dei comportamenti non punibili penalmente, è, pertanto, situazione di fatto che ha, certamente, messo in crisi il sistema sul quale poggiava il disposto sanzionatorio dell’art. 82 e che si incentrava solamente sul l’alienante il bene in sé lecito, senza valutare ogni successivo effetto.
Il ricorso a doverosi distinguo (il controllare la tipologia della coltivazione, ad esempio), è conseguenza derivata dal fatto che non sia più possibile addurre come criterio identificativo presuntivo quello sopra indicato.
Esso deve, però, essere considerato un intervento puramente pallativo e provvisorio, perché chi scrive si rende perfettamente conto della sua insufficienza.
L’unica soluzione che meglio può porre termine ad eventuali contrasti o conflitti giurisprudenziali, consiste, pertanto, nel riscrivere l’art. 82 dpr 309/90, tenendo conto dei profondi ed irreversibili mutamenti intervenuti.
Rimini, lì 3 Novembre 2007
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R.G.2039/05 N.R.
R.G.8967/06 G.I.P.
TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE
UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice per le indagini preliminari, dott. ************, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale contro
S.G., nato a Firenze, assente
Assistito e difeso di fiducia dagli avv……….. presente il secondo anche in sostituzione del primo
IMPUTATO
del delitto di cui all’art. 82 D.P.R. 309/90 perché, nella sua qualità di legale rappresentante della ******à “XXX” snc intestataria del sito internet “YYY” presso il quale è possibile effettuare acquisti “on-line” di semi di cannabis e relativi fertilizzanti, bilancini e altri prodotti per la coltivazione e l’assunzione di marijuana pubblicamente istigava all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope o comunque induceva coloro che visitavano il sito all’uso di tali sostanze; con l’aggravante di aver commesso il fatto anche nei confronti di persone di età minore; in Vicchio fino all’agosto 2005.
Con l’intervento del p.m. in persona del dr. ****************
P.M.: condanna come da verbale udienza 8 marzo 2007
DIFESA: assoluzione perché il fatto non costituisce reato; in subordine, minimo della pena, attenuanti generiche e dissequestro dei beni ancora in sequestro.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con richiesta depositata il 7 luglio 2006, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, chiedeva il rinvio a giudizio di S.G. Per il delitto di cui all’art. 82 d.p.r. 309/90 perché, nella sua qualità di legale rappresentante della ******à “XXX” snc intestataria del sito internet “YYY” presso il quale è possibile effettuare acquisti “on-line” di semi di cannabis e relativi fertilizzanti, bilancini e altri prodotti per la coltivazione e l’assunzione di marijuana pubblicamene istigava all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope o comunque induceva coloro che visitavano il sito all’uso di tali sostanze, con l’aggravante di aver commesso il fatto anche nei confronti di persone di età minore; fatto commesso in Vicchio fino all’agosto 2005.
Fissata l’udienza preliminare per l’udienza del 16 gennaio 2007, l’imputato, presente, faceva istanza di giudizio abbreviato che, ammesso dal giudice ex artt. 438 e ss. c.p.p., si svolgeva con la discussione delle parti (che concludevano come da verbale) all’udienza dell’8 marzo 2007, rinviata alla data odierna per la decisione, essendosi il p.m. riservato una replica, cui, poi, rinunciava.
Il presente procedimento veniva trasmesso per competenza alla Procura di Firenze dalla Procura di Imperia (vd. Provvedimento 16.11.2005 pervenuto il 25.11.05
[3]) e costituisce segmento (vs. iscrizione a carico di S: del p.m. di Imperia 27.10.05) di un’indagine a più vasto raggio condotta dalla Guardia di Finanza (Nucleo Mobile del Comando Compagnia di Imperia) che, nell’ambito del suo compito di contrasto allo spaccio ed al traffico di sostanze stupefacenti e al fine di individuare gli autori di specifici reati in materia, poneva in essere un’attività di “monitoraggio di fonti aperte, con particolare riguardo alla rete informatica mondiale INTERNET” nell’ambito della quale individuava, tra gli altri, tre siti italiani presso i quali è possibile effettuare acquisti “on-line” di semi di “cannabis” e relativi fertilizzanti, bilancini e un’ampia varietà di oggetti e prodotti per la coltivazione e l’assunzione di marijuana (vd. C
omunicazione di reato 5 agosto 2005 e atti allegati); precisamene si individuarono i siti “XXX”, “JJJ” e “KKK”, quest’ultimo gestito dalla ******à “XXX” di G.S. Con sede legale in *******, domicilio fiscale in Borgo San Lorenzo (Firenze), il cui legale rappresentante è l’odierno imputato S.G..
Nella comunicazione di reato gli operanti riferivano che, dopo avere individuato i siti sopra indicati, e i corrieri utilizzati per la consegna dei prodotti acquistabili on-line presso i predetti siti INTERNET, si risaliva a diversi soggetti che hanno effettuato acquisti di semi e prodotti necessari per la coltivazione della cannabis residenti nella provincia di Imperia; successivamente le perquisizioni effettuate permettevano di reperire e sequestrare 28 piante di cannabis, 130 grammi circa di marijuana già pronta per l’uso, 505 semi di cannabis e diversi oggetti utilizzati per il confezionamento, il consumo e lo spaccio della sostanza stupefacente, nonché corrispondenza telematica tra i soggetti denunciati e i gestori dei siti in argomento avente ad oggetto la natura dei beni acquistati e le modalità da seguire per la coltivazione della cannabis.
Tale attività portava, pertanto, alla denuncia a piede libero di alcuni soggetti (C.D., S.A. e F.F.) per il reato di cui all’art. 73 dpr 309/90 avendo gli stessi coltivato sostanze stupefacenti, in specie cannabis.
Vennero individuati ulteriori soggetti che hanno effettuato analoghi acquisti ma l’osservazione degli stessi non ha consentito di individuare ulteriori coltivazioni di cannabis.
In particolare gli acquirenti di “XXX” risultano essere **** (in due occasioni, il 3 maggio 2005, per un quantitativo di kg. 1
[4] e il 13 agosto 2005
[5] per il medesimo quantitativo), **** (un acquisto il 26.7.2005
[6]), L.G. (il 16.5.05
[7]), D.S.P. (il 12.4.05
[8], C.T. (il 2.5.2005
[9]), S.F. (il 12.5.05
[10]), G.A.
[11] (il 18.04.05
[12])
[13].
Veniva, altresì, acquisito il catalogo di XXX snc, contenente le informazioni essenziali sui servizi offerti e sulle condizioni di vendita, catalogo disponibile a chiunque consulti il sito http///xxxx/conditions.php
[14].
I richiedevano, pertanto, decreti di perquisizioni e sequestro (avente ad oggetto anche i siti
[15]) a carico dei suddetti, decreti emessi dal p.m. di Imperia in data 10 agosto 2005; la perquisizione veniva eseguita il 24 agosto 2005
[16] nei luoghi di pertinenza di *******, L.G., ****, D.S.P., C.T., S.F. E O.A. Figlio di G.A., nonché di altri soggetti che però non risultano avere acquistato da XXXX (A.G.
[17] e F.P.
[18]).
Presso L.S. venivano rinvenuti e sequestrati 1 grammo di marijuana (nella borsa della L.), 2 buste contenenti ciascuna 10 semi di canapa indiana di cui una vuota (poste nel soggiorno sotto il divano), una ricevuta dia 37 € comprovante l’acquisto tramite INTERNET di UUU snc, 2 vasi con tre e due piante di marijuana (in un terreno di proprietà della stessa); 3 floppy con all’interno le istruzioni per la coltivazione delle piante; a D.S. Vennero sequestrate 26 piante di canapa indiana site su un terreno di sua pertinenza; a S. 2 piantine estirpate e secche di marijuana e un contenitore con tabacco misto a marijuana oltre a documentazione relativa al sito MMM.it e a O. 5 grammi di hashish; a L. della marijuana contenuta in un barattolo, altri barattoli con tracce della stessa sostanza e documentazione varia avente ad oggetto il sito di XXXX; nulla venne rinvenuto presso C. che riferiva che i 10 semi acquistati al prezzo di 62 € presso XXX.it il 2.5.05 da lui piantati in una zona adiacente la ferrovia di Sanremo non si erano sviluppati.
La L. a spontanee dichiarazioni riferiva di un pacchetto consegnatole circa un mese prima da un correre con all’interno una maglietta che regalava al figlio; **** Dichiarava che la marijuana era per suo personale e di non aver mai ceduto a terzi la canapa indiana coltivata; S. riferiva di non aver idea della provenienza della marijuana rinvenuta e detenuta per suo uso personale; O. riferiva di aver acquistato 4 mesi prima per gioco dei semi di marijuana che ha buttato via senza utilizzarli e che da allora non ne ha più acquistati e che la modica quantità di hashish trovata era per suo uso personale.
La perquisizione
[19], sempre esecuita il 24.8.05 nei luoghi di pertinenza di S.
[20], portava al rinvenimento e sequestro, presso la sede legale, di fatture di acquisto di prodotti per l’agricoltura e sementi relative agli anni 2004 e 2005, documentazione varia (inventario, missive e note di provvigioni) e fatture di vendita di prodotti per l’agricoltura e sementi relative all’anno 2005; presso l’abitazione di un depliant della società XXX, un volantino pubblicitario della “Hempatia”, 13 fotografie; una ricevuta del corriere espresso Bartolini, una lettera datata 1.6.2001, situazione reddituale della società e una ricevuta del corriere espresso TNT per il trasporto di T.shirts; presso li uffici di Borgo San Lorenzo, di 22 contenitori con bustine di semi di cannabis di diverse varietà, 1 contenitore con semi di cannabis sfusi; 1 pacco (restituito al mittente) con due buste di semi di cannabis, con la relativa ricevuta; informazioni sulla legislazione e adesivi della società; lista di varietà di semi di cannabis utilizzata per il riepilogo ordini ad uso interno; una confezione per la spedizione di semi con busta per i semi, depliant pubblicitario con parte del catalogo contenente descrizione di alcune varietà di semi di cannabis commercializzati sul sito della società; adesivi vari e nota informativa sulla legislazione italiana sulla cannabis; cataloghi dei fornitori N., T.H.S., D.P. E P.S. Ad uso interno e non destinati ai clienti (il tutto mostrato agli operanti dal socio di S. lì presente, B.L.); 87 maglie riportanti nell parte anteriore il logo della società e in quella posteriore la scritta “*******”; sul computer gli operanti, inoltre, visionavano a campione le e-mail ricevute ed inoltrate nel 2005, il procedimento di ordinazione dei semi da parte degli utenti internet e le note legali del contratto di acquisto.
B. spontaneamente dichiarava: per quanto riguarda l’attività commerciale posta in essere da SSS faccio presente che prima di iniziare abbiamo preso contatti con i Carabinieri di Borgo San Lorenzo e chiesto pareri al nostro avvocato circa la liceità della vendita dei semi di cannabis; successivamente abbiamo comunicato con raccomandata alla locale stazione dei Carabinieri l’inizio dell’attività e la disponibilità ad eventuali controlli; preciso che effettuiamo esclusivamente vendita per corrispondenza da semi di cannabis prodotti in Olanda, informando l’acquirente della normativa relativa alle sostanze stupefacenti; faccio presene che anche le bustine di semi di cannabis riportanti il nostro marchio indicano la provenienza olandese della merce; le maglie rinvenute sono o vendute o regalata, su scelta del cliente, per ordini superiori a €.70,00; vi consegno il seguente materiale per dimostrare la trasparenza circa la nostra attività…”; consegnava quindi quanto più sopra descritto, nonché una raccomandata ai Carabinieri relativa all’attività svolta da XXX snc e due pareri legali dell’Avv. A. sull’attività svolta dalla società stessa.
Avverso il provvedimento di sequestro S. presentava istanza di riesame innanzi al TdR che in parziale accoglimento con ordinanza 29.9.05 restituiva all’imputato le fatture di acquisto e vendita rinvenuti presso la sede della ditta di Vicchio, nonché dei depliant e della situazione reddituale rinvenuti presso l’abitazione di S, in tale provvedimento (contro il quale veniva proposto ricorso in Cassazione) il Tribunale si soffermava in modo alquanto diffuso sulla configurabilità in astratto nella condotta dell’imputato del reato di cui all’art. 82 dpr 309/90 allo stesso oggi contestato.
Tale norma punisce con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da €.1032 a €.5164 chiunque pubblicamente istiga all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero svolge, anche in privato, l’attività di proselitismo per tale uso delle predette sostanze, ovvero induce una persona all’uso medesimo (comma 1), prevedendo un aumento di pena se il fatto è commesso nei confronti di persone di età minore ovvero all’interno o nelle adiacenze di scuole di ogni ordine e grado, di comunità giovanili o di caserme, all’interno di carceri, di ospedali o di servizi sociali e sanitari (comma 2) e un raddoppio di pena se i fatti sono commessi nei confronti di minore degli anni quattordici, di persona palesemente incapace o di persona affidata al colpevole per ragioni di cura, educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia.
Sono, quindi, previste tre condotte che possono essere ben distinte sul piano fenomenologico: l’istigazione pubblica, l’attività di proselitismo e l’induzione.
Nel caso di specie si “rimprovera” a S. di avere pubblicamente istigato sia di avere indotto all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope coloro che visitavano il sito.
Le due condotte come detto sono ontologicamente diverse, laddove l’istigazione avviene nei confronti di una platea indeterminata di soggetti e pubblicamente, mentre l’induzione deve essere diretta a uno o più soggetti determinati attraverso un’opera di persuasione degli stessi.
Sicuramente nel caso di specie è più corretto parlare di istigazione pubblica, concetto che si ritrova in varie fattispecie di reato previste nel nostro ordinamento, quali quelle punite e previste dagli artt. 414 c.p. (istigazione a delinquere
[21]), 266 c.p. (istigazione di militari a disobbedire alle leggi
[22]), 322 c.p.p. (istigazione alla corruzione).
Dalle prime due norme (l’art. 322 c.p. riguarda un’opera di persuasione nei confronti di pubblici ufficiali ben determinati e, quindi, meglio si inquadra nel concetto di induzione) è possibile trarre argomenti ermeneutici circa la norma che a noi interessa.
Va innanzitutto messo un punto fermo; trattasi di delitti (sia quelli di cui alla parte generale sopra richiamati che quello contestato all’odierno imputato) di pericolo concreto essendo, quindi, necessario che la condotta penalmente rilevante sia concretamente idonea a provocare, ad esempio, la commissione dei delitti – in caso di istigazione a delinquere
[23] – o consista non in mero atto di pensiero, ma in azione e diretto incitamento all’azione – in caso di istigazione dei militari a disobbedire alle leggi
[24]).
In altri termini, si ha istigazione nel senso voluto dalle norme incriminatrici citate (e in particolare dell’art. 414 c.p.) non in presenza di qualsiasi manifestazione di pensiero diretta all’esternazione e alla diffusione di dottrine promuoventi l’abbandono di norme incriminatrici, anche nel momento della loro applicazione in concreto, attraverso la dimostrazione del loro disvalore sociale o morale, ma solo laddove tali manifestazioni, per le modalità in cui vengono compiute, manifestano una forza di suggestione e di persuasione tali da poter stimolare nel pubblico la commissione di altri delitti del genere di quello oggetto dell’apologia e dell’istigazione
[25].
Trasportando tali concetti al delitto che qui interessa, perché non possa ritenersi integrato il reato di pubblica istigazione all’uso di sostanze stupefacenti occorre che la condotta dell’agente, per il contesto in cui si realizza e per il contenuto delle espressioni utilizzate, sia idonea a conseguire l’effetto di indurre i destinatari delle esortazioni all’uso delle suddette sostanze, anche se in concreto l’uso non si verifichi
[26].
Quanto ai modi in cui questa istigazione può essere posta in essere va da sé che l’istigazione è da considerarsi pubblica laddove il fatto è commesso con il mezzo della stampa o altro mezzo di propaganda; lo si ricava dal comma 4 n. 1 dell’art. 266 c.p., che espressamente recita: “agli effetti della legge penale, il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso: 1: col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda
[27].
E’ fuor di dubbio, quindi, che una istigazione effettuata via “internet”, mezzo ancora più potente della carta stampata (ovviamene il legislatore dell’epoca non era a conoscenza di tale mezzo che, comunque, senza dubbio farsi rientrare nel concetto di mezzo di propaganda) sia concretamente idonea a conseguire l’effetto di indurre i destinatari delle comunicazioni all’uso delle suddette sostanze.
Occorre, quindi, verificare se nel caso di specie ciò i è verificato.
La difesa sostiene che vendere semi di cannabis sia atto lecito posto che il seme di per sé (senza essere coltivato, essiccato e quant’altro) non ha effetto stupefacente (occorre l’infiorescenza).
Tesi questa del tutto condivisa non solo da questo giudice, ma dallo stesso p.m. che, per lapppunto, ha contestato la norma incriminatrice di cui all’art. 82 dpr 309/90 e non l’art. 73 stesso decreto che punisce la cessione di stupefacenti.
Parimenti nulla quaestio circa il fatto che dei semi di cannabis si possa fare un uso legittimo (a titolo di collezione o – come sostenuto in modo meno condivido alla difesa che al proposito ha prodotto delle pubblicazioni
[28], per uso culinario) e che, pertanto, la loro cessione di per sé è fatto lecito.
Ciò che si contesta è qualcosa di diverso; indurre non solo l’acquisto ma altresì la coltivazione dei semi trasformandoli in prodotti di natura stupefacente e, quindi illeciti quanto al loro uso non terapeutico.
L’obiezione è nota; a chi vende non deve farsi carico dell’uso che ne fa l’acquirente non a il controllo; certo, anche se ciò non può non concordarsi.
La peculiarità del caso alla nostra attenzione, però, sta nel fatto che la ditta XXX nel pubblicizzare i suoi prodotti on line attraverso l’acquisto catalogo si spinge oltre quella che è una legittima attività di persuasione all’acquisto dei semi a fini collezionistici; infatti, nella descrizione dei prodotti si usano espressioni, termini, frasi che inevitabilmente (e consapevolmente in chi li ha redatti e poi messi in rete) hanno una forza di suggestione e di persuasione (che può essere anche posta in essere in forma occulta e surrettizia ma non per questo meno efficace) tali da poter stimolare nel pubblico (potenziale acquirente) l’uso di stupefacenti procurandosi i semi di canapa per poi porre in essere (come in realtà quasi tutti i soggetti perquisiti hanno fatto) le procedure per ottenere la marijuana, sostanza stupefacente il cui uso è vietato dal Testo Unico delle Leggi sugli ************ (TULPS).
E’ irrilevante poi che la sostanza sia effettivamente usata trattandosi di reato di pericolo.
Pertanto, non si concorda con la difesa secondo cui nella condotta di S. non si ravvisa nulla che inviti alla coltivazione, alla essiccazione e alla consumazione.
Certo, S. non invita espressamente gli acquirenti a coltivare marijuana, è ovvio; e pure inserisce nel catalogo un’avvertenza secondo dui “in Italia la coltivazione di cannabis è vietata (artt. 28 e 73 del DPR 309/90) se non si è in possesso di apposita autorizzazione (art. 17 DPR 309/90); pertanto i semi potranno essere utilizzati esclusivamente per altri fini (ad es. collezionismo); vendiamo i nostri semi con la riserva che essi non siano usati da terze parti in conflitto con la legge”; sta di fatto che dopo tale avvertenza (intitolata in modo equivoco NOTE LEGALI né particolarmente posta in evidenza
[29]) si illustrano le varietà contenute nel catalogo (“adesso che sai come funziona il nostro shop ti presentiamo le oltre 100 varietà che compongono il nostro catalogo”) con apposizione della fotografia delle piante e la spiegazione di caratteristiche e proprietà non dei semi ma delle piante, addirittura si indicano i tempi per la fioritura e la stagione, se è possibile coltivarla all’esterno (outdoor) e/o all’iterno (Indoor).
Ma ciò che contrasta nettamente e in modo insanabile con la tesi difensiva è la decantazione delle piante, del loro odore, del loro sapore, nonché la descrizione degli effetti, esaltando in particolare la loro capacità narcotica, in cui si utilizzano termini inequivoci (su cui ci si soffermerà più dettagliatamente infra).
Si richiama al proposito la condivisibile motivazione del Tribunale del Riesame di Genova nel sopra citato provvedimento 29 settembre 2005) secondo cui l’istigazione, ritenuta dal Collegio, non riguarda la vendita in sé dei semi (del tutto legittima) quanto le modalità della stessa.
In detta motivazione il Tribunale confuta le argomentazioni difensive circa l’insussistenza del “fumus commissi delicti” del reato di cui all’art. 82 costituite essenzialmente in due circostanze.
a) la “home page” del sito XXX.it riconducibile al S. (circostanza questa del tutto pacifica e non messa in discussione dall’imputato) e per mezzo del quale avviene la vendita di semi di cannabis contiene l’avvertenza del divieto in Italia della coltivazione di cannabis se non previa autorizzazione e che i semi sono venduti (con esclusione dei minori) esclusivamente per fini diversi dalla coltivazione non autorizzata e purché non usati in conflitto con la legge (su questo primo punto il Tribunale ritiene che trattasi di avvertenze a carattere del tutto formale e che è inserita al solo fine di esimere da responsabilità il provider).
b) S. (e comunque la società) prima di iniziare l’attività nel 2001 ha avvisato i CC di Borgo San Lorenzo che si accingeva a vendere semi di canapa indiana.
Il Tribunale, ritenendo non decisive le sopra riportate argomentazioni, sostiene che la condotta dell’imputato è astrattamente riconducibile alla fattispecie penale contestata in quanto è in concreto idonea a indurre i destinatari della comunicazione attuata via Internet all’uso di sostanze stupefacenti, anche se poi l’uso in concreto non si verifichi
[30]; il fatto, poi, che nella home page per fare un esempio di coltivazione di cannabis non finalizzata all’uso non si riesca a trovarne un altro oltre a quello (improbabile secondo il tribunale
[31]) del collezionismo, prova che effettivamente la coltivazione non può che essere destinata all’uso.
Passando alle modalità della vendita (che integrano, secondo il Tribunale, la fattispecie incriminata, pur parlando di induzione e non, come sarebbe naggiormente corretto per quanto sopra detto, di istigazione) si osserva come nel catalogo disponibile sul sito (allegato 10 alla citata notizia di reato, ff. da 16 a 33) sono descritte non solo le caratteristiche vegetali ma anche quelle organolettiche di quasi tutte le varietà di pianta trattate e ricavabili dai semi oggetto dell’offerta in vendita, reclamizzandone, ad esempio, in modo da rendere l’eventuale acquisto più allettante, l’aroma, l’esperienza narcotica di lunga durata (p. 17 del catalogo in relazione alla pianta chiamata “Blue Moonshine”
[32]), l’aroma dolce, soffice e fruttato, l’high piacevolmente euforico della più alta qualità e che dura a lungo (p.19
[33]), gusto e high eccellenti (p. 20
[34]), aroma aspro e sottile (p. 21
[35]) “esperienza alla fragola” (p. 22
[36]), vincitrice di premi (p. 23
[37]), aroma unico e profumo di erbe speziate(p. 24
[38]), aroma eccezionalmente penetrante, indica più potente (p. 25
[39]), energizzante, high che colpisce all’istante, sapore skunk con un tocco di ginepro (p. 26
[40]).
Il Tribunale ha quindi concluso nel senso che il sopra descritto modo insinuante e allusivo di presentare il prodotto è indice di condotta concretamente idonea a sollecitare la curiosità per un prodotto diverso dal solito, di nicchia e, quindi, idoneo (anche per il contesto in cui la condotta si è sviluppata) a conseguire l’effetto vietato dalla legge, indurre (rectius, istigare nel senso sopra indicato) all’uso degli stupefacenti prodotti dalla coltivazione in proprio dei semi, aggiunge il Tribunale che in questo contesto si colloca anche l’offerta in vendita o in omaggio delle magliette descritte a p. 33 del catalogo e l’esaltazione della sua funzione di segno di riconoscimento, ma non per tutti (testualmente “per farsi riconoscere ma non da tutti”).
Tale conclusione è pienamente condivisibile, posto che effettivamente dalla lettura del catalogo (le citazioni del Tribunale sono solo esemplificative) non può sussistere nessun dubbio che l’esaltazione degli effetti delle piante (e, quindi, dell’uso del loro prodotto, che è sicuramente stupefacente) è chiaramente diretta a sollecitare chi vuol fare uso (anche a livello culinario, non parendo che usare la marijuana fumandola o inserendola in ricette gastronomiche, cambi l’illiceità della condotta di uso) ad acquistare i semi e a coltivarli in modo da riuscire ad ottenere le piante e i prodotti esaltati nel catalogo di XXX.
Basti pensare che gli effetti (narcotico, euforico
[41], potente ed energetico
[42], energizzante
[43], “piacevole e non potentissimo
[44]”, esperienza “morbida e ben esaltata”
[45], “la più piacevole e godibile
[46], “esplosione mentale
[47],
high di varia intensità, durata e qualità
[48]) e i gusti
[49] ed aromi esaltati nella descrizione delle varie piante, presuppongono necessariamente l’uso dei prodotti delle stesse
[50],
high in particolare è espressione inglese (ma ormai di uso comune) per indicare, tra le altre cose, essere sotto l’influenza della droga, essere assuefatti allo stupefacente, essere fatto; in altre parole si tratta del volgare
“sballo” e del resto tale concetto lo descrive molto bene lo stesso libro prodotto dalla difesa (a pagina 5 di “Marijuana in cucina” si legge: “
qiando la canapa è fumata l’effetto è pressoché immediato, l’high arriva subito e può durare fini a un paio di ore…; invece quando la canapa è ingerita, l’effetto passa attraverso il processo di digestione e quindi
il primo sballo appare nel giro di 45/60 minuti….”
E del resto lo
Skunk[51] – che significa “puzzola” – è un derivato della cannabis molto potente, si tratta di una varietà di marijuana creata negli anni 80 ibridando alcune varietà di cannabis già esistenti; è un incrocio sativa/Indica, a volte indica dominante, a volte sativa dominante a seconda di quale è la banca del seme che la produce; è ottenuta fondendo le linee tradizionali dell’America centrale e del Sud, dell’Afghanistan e della Thailandia; è una delle varietà più diffuse al mondo, con produzione di THC media (10%) e possiede un odore molto pungente (trattasi di notizie facilmente acquisibili tramite rete).
Vi è poi una pianta (“Pakaiolo”, p. 34/36) nel descrivere la quale, con espressione che supera ogni ragionevole dubbio (pur insussistente per quanto detto finora), si dice che…”da uno sballo molto forte ed energizzante”.
Per questi motivi l’imputato va condannato per il reato contestato sotto il profilo della pubblica istigazione (anche se bisogna dare atto che, contrariamente a quanto si afferma nell’imputazione, S. non è stato trovato nella disponibilità di bilancini e altri prodotti per la coltivazione e l’assunzione di marijuana), esclusa l’aggravante di cui alla prima parte del 2° comma dell’art. 82 (aver commesso il fatto nei confronti di persone di età minore) non potendosi far carico ai gestori di un sito internet il fatto che ad effettuare gli acquisti on line, nonostante gli avvertimenti,possano essere minori, nei cui confronti la posizione di garanzia e controllo deve essere assunta dai genitori.
Passando ai profili sanzionatori all’imputato, in considerazione dello stato di incensuratezza, possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p.; pertanto, tenuto conto di tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p., appare equo partire da una pena base di 2 anni e sei mesi di reclusione e 4500 Euro di multa, diminuita per le circostanze attenuanti generiche a 2 anni di reclusione e 3000 Euro di multa, pena ulteriormente ridotta a quella finale di 1 anno e 4 mesi di reclusione e 2000 Euro di multa.
Alla condanna dell’imputato (che svolgendo professionalmente tale attività, della cui illiceità non appare consapevole, non dà le necessarie garanzie di astenersi in futuro dalla reiterazione della condotta criminosa, né ha prodotto nulla in tal senso, con conseguente mancanza dei presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena) segue quella al pagamento delle spese processuali)
Quanto alle cose in sequestro va disposto la confisca e distruzione dei semi di cannabis in sequestro (vd.verbale di perquisizione e sequestro presso gli uffici di Borgo San Lorenzo redatto dalla Guardia di Finanza di Firenze il 24.8.2007) e, come da separato provvedimento, il dissequestro e la conseguente restituzione a S.G.. di quanto indicato ai nn. Da 2 a 17 e al n. 24 del verbale di sequestro (cui si rinvia nel dettaglio) redatto a carico di T.R. Il 24.8.07 dal Comando Nucleo Provinciale Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Firenze nonché delle 87 magliette T Shirts di cui al verbale di sequestro redatto a carico di B.L. Il 24.8.07, non potendosi tali oggetti ritenere corpo di reato non avendo con lo stesso alcun tipo di collegamento
P.Q.M.
Visti gli artt. 442, 533, 535, 1° comma c.p.p.
DICHIARA
S.G. Colpevole del reato ascrittogli alla rubrica e, esclusa l’aggravante di cui al comma 2 dell’art. 82, concessegli le circostanze attenuanti generiche e operata la diminuzione per il rito, lo
CONDANNA
alla pena di anni 1 mesi 4 di reclusione e €.2.000 (duemila di multa) nonché al pagamento delle spese processuali;
Visto l’art. 240 c.p.
ORDINA
la confisca e distruzione dei semi di cannabis in sequestro
Si riserva la motivazione nel termine di sessanta giorni da oggi
Così deciso in Firenze il 29 maggio 2007.
L’Ausiliario Il GIUDICE
Il Cancelliere ******************
***************
Depositata in Cancelleria oggi 23/7/2007
Il Cancelliere
***************
[1] Istigazione, proselitismo e induzione al reato di persona minore
Chiunque pubblicamente istiga all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero svolge, anche in privato, attività di proselitismo per tale uso delle predette sostanze, ovvero induce una persona all’uso medesimo, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da lire due milioni a lire dieci milioni.
La pena è aumentata se il fatto è commesso nei confronti di persone di età minore ovvero all’interno o nelle adiacenze di scuole di ogni ordine e grado, di comunità giovanili o di caserme. La pena è altresì aumentata se il fatto è commesso all’interno di carceri, di ospedali o di servizi sociali e sanitari.
La pena è raddoppiata se i fatti sono commessi nei confronti di minore degli anni quattordici, di persona palesemente incapace o di persona affidata al colpevole per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia.
Se il fatto riguarda i medicinali di cui alla tabella II, sezione B, prevista dall’art. 14 le pene disposte dai commi 1, 2 e 3 sono diminuite da un terzo alla metà.
[2] Si tratta della nota sentenza della Sez. VI 18 gennaio – 10 maggio 2007, n. 17983, con la quale è stata dichiarata la assimilazione della coltivazione domestica alla detenzione di stupefacenti ad uso personale (Cfr.
www.altalex.com 25 maggio 2007)
[3] Vd. anche il provvedimento 12.8.05 del GIP di Imperia che investito in data 11.8.05 di una richiesta di sequestro preventivo del sito INTERNET denominato YYY dichiarava la propria incompetenza territoriale.
[4] Il peso si riferisce al “collo” così come risulta nella scheda rinvenuta presso il corriere e non al peso dei semi acquistati e consegnati; in tutti gli acquisti il peso segnato è lo stesso.
[5] ***************** ff. 6 e 7 del fascicolo processuale di Imperia.
[11] Con riferimento a tale acquirente la GdF con nota 9.8.05 (fg. 37) specificava che la G. in effetti non ha mai fatto simili acquisti essendo il destinatario dei semi il figlio O.A..
[13] Tutti denunciati per il reato di cui all’art. 73 dpr 309/90
[14] vd. IF 16-33 all. 10 comunicazione 5.8.05
[15] Si precisava, peraltro, che il 21.7.05 i siti XXX.it e YYY.it erano già stati posti sotto sequestro dal GIP del Tribunale di Santa *********** a ****** e il gestore degli stessi, F.M., sottoposto alla misura cautelare carceraria.
[16] vd. annotazione di p.g. 25 agosto 2005 sull’esito delle perquisizioni con trasmissione dei relativi verbali di perquisizione e sequestro.
[17] Trovato in possesso di 37 grammi di hashish
[18] Trovato in possesso di 21 piante di marijuana, di un bilancino e di un tritafoglie
[19] vd. annotazione p.g. 1.9.07
[20] E precisamente presso la sede legale di XXX (alla presenza di C.L.), presso la sua abitazione sita a Dicomano (presente la madre T.R. che riferiva che il figlio di solito in Olanda, era in vcanza in Malesia) e presso gli uffici della società siti in Borgo San Lorenzo (alla presenza del socio B.L.
[21] Chiunque pubblicamente istiga [c.p.266] a commettere uno o più reato [c.p. 302, 306] è punito, per il solo fatto dell’istigazione,
[22] Chiunque [c.p.327] istiga i militari a disobbedire alle legge [c.p.415] o a violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato, ovvero fa a militari l’apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri doveri militari, è punito, per ciò solo, se il fatto non costituisce un più grave delitto, con la reclusione da uno a tre anni.
[23] Si cita in particolare, in relazione all’art. 414 c.p. Cass. Pen. Sez. I, sent. n. 26907 del 03.07.2001 (ud. Del 05.06.2001), ******* (rv 219888) secondo cui il delitto di istigazione a delinquere, previsto dall’art. 414 cod. pen., è reato di pericolo concreto e non presunto; pertanto l’esaltazione di un fatto di reato o del suo autore finalizzato a spronare altri all’imitazione o almeno ad eliminare la ripugnanza verso il suo autore non è, di per sé, punibile, a meno che, per le sue modalità, non integri un comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti, il cui accertamento, riservato al giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza del reato nella pubblica apologia dell’omicidio di uno spacciatore di droga fatta da un sindaco in interviste a quotidiani e a un’emittente televisiva a diffusione nazionale, nelle quali costui aveva affermato che si sarebbe comportato nello stesso modo dell’omicida).
[24] Così Cass. Pen. Sez. I, sent. n. 3617 del 26-04-1983 (cc del 17-01-1983), ***** (rv. 158628) secondo cui la distinzione fra la semplice manifestazione di idee antimilitaristiche – lecita come manifestazione di pensiero – ed il delitto di istigazione di militari a disobbedire alle leggi consiste nella circostanza che questa non è puro atto di pensiero, ma azione e diretto incitamento all’azione (fattispecie di volantini contenenti inequivoco incitamento dei soldati alla ribelllione e alla diserzione)
[25] Cass. Pen. Sez. I, sent. n.8236 del 15.10.1983 (cc del 18-03-1983), ******* (rv.160642)
[26] Così Cass. Pen. Sez. IV, sent. n. 22911 del 14-05-2004 (ud. Del 23-03-2004) (rv.228788) secondo cui, nel caso posto alla sua attenzione, la condotta di istigazione è consistita nel fornire agli acquirenti dettagliate indicazioni sulle modalità di coltivazione di semi di “cannabis sativa” per ottenere piante idonee a produrre sostanza stupefacente.
[27] Vd. Cass. Pen. Sez. I, sent. n. 10428 del 17-07-1989 (cc. Del 22-03-1989), *********** (rv. 181876) che ha ritenuto che integra gli estremi del reato di istigazione aggravata di militari a disobbedire alle leggi l’apologia, compiuta mediante scritte su edifici e cose mobili, di fatti posti in essere o propugnati dalle Brigate rosse e cioé la lotta armata per il comunismo ed il sovvertimento dello Stato cosiddetto imperialista), contrari all’ordinamento democratico e quindi al giuramento di fedeltà prestato dai militari stessi alla Repubblica ed ai doveri più specifici della disciplina.
[28] *************** “Effetto Italia – Manuale minimo di canapicoltura moderna ******* e ****** e “marijuana in cucina “1001 ricette gastronomiche a base di hashish e marijuaba, di autore sconosciuto: a proposito di quest’ultimo libro, poso che base delle ricette sono i derivati della cannabis forti dubbi sussistono circa la liceità del loro uso (ma ciò non riguarda il presente procedimento).
[29] In altri siti analoghi vi è un avviso molto più penetrante, come nel sito del negozio Campo di Canapa a Firenze in cui vi è una finestra che compare non appena collegati con la scritta maiuscola “ATTENZIONE” cui seguono avvisi di ben altra forza di persuasione avvisando che i semi possono essere acquistati e non germinati cosa che nel sito XXX non esiste in modo così chiaro ed anzi il contenuto del catalogo – in netta contraddizione rispetto all’avvertenza – presuppone l’acquisto proprio per la coltivazione.
[30] Cita al proposito Cass. Pen. Sez. VI 22.3.2004 n.22911
[31] Si legge in motivazione “e ciò – vale a dire che “la coltivazione persegua inevitabilmente il fine dell’uso di talché parlare di induzione alla coltivazione è equipollente a parlare di induzione all’uso” – “è tanto vero che quando…si tenta di indicare un fine diverso della vendita (rispetto a quello della coltivazione) l’esemplificazione si esaurisca con l’indicazione del collezionismo, hobby che non può certo coltivarsi con beni non durevoli come le sementi, destinate inevitabilmente alla marciscenza”
[32] Si parla di una super potente ********** indica ricoperta da una forte concentrazione di tricorni cretti che produce un’esperienza molto narcotica di lunga durata, un high fisico blueberry, una vera hash-plant.
[33] Si tratta delle piante denominate “Ultra Skunk” e “Blueberry 100%”
[34] Si tratta della pianta denominata “Oasis 100%”.
[35] Si tratta della pianta denominata “Purple 100%”
[36] Si tratta della pianta denominata “Strawberry *****”
[37] Si tratta della pianta denominata “AK47”
[38] Si tratta della pianta denominata ********** di cui si dice che è un’esplosione mentale, facile da coltivare e da conoscere.
[39] Si tratta delle piante denominate “AK48” e “Aurora Indica”
[40] Si tratta delle piante denominate “Citral” “*******” e “Durban Poison”
[41] Vd. ad esempio P.15/36 pianta denominata Bubbole Gum
[42] P. 11/36 pianta denominata ************
[43] Di *********** (p.31/36) si dice che è potentissima, energetica e molto sociale
[44] P.21/36 pianta denominata *********
[45] P.8/36 pianta denominata Hempstar
[46] P.10/36 pianta denominata ************
[47] P. 17/36 pianta denominata ********** (Dea Madre)
[48] In varie occasioni si parla di potenza (ad esempio P.27/36 pianta denominata New Purple Power), la pianta “Nirvana Speciale (p.27/36) è definita “potente ed energetica”; in più occasioni di pianta ideale per i principianti (P.22/36 pianta denominata Early Special, 24/36 “hollands ****”), con riferimento alla ************ (p.29/36) si parla di pianta poco robusta e che finisce presto e che si ritiene adatta anche per i non esperti (cos’ come Top 44, p. 30/36)
[49] Si parla ad esempio di sapore esotico (P.26/36 pianta denominata Maroc x Afghan)
[50] A solo titolo di esempio si cita la pianta denominata Papaya (*****) di cui si dice che “ha un aroma esotico tropicale che rimanda al profumo di una pipa di tabacco al whiskey” aggiungendo “molto molto potente, potentissima”; si ritiene che più chiari di così non si possa essere
[51] vd. tra le tante piante di questo tipo quella chiamata Skunk (p.29/36) definita “il primo ibrido stabilizzato sviluppato per essere cresciuto indoor; è nato in California negli anni ’70. Skunk ha come antenati la Afghan, la Mexican, la Colombiana; portata in Europa nei primi anni ’80, ha giocato un ruolo centrale nello sviluppo di molte moderne varietà indoor…mostra una grande consistenza di caratteristiche desiderabili, sopporta bene lo stress e dà ottimi raccolti; Indica/Sativa mix”, e ancora (stessa pagina) Skunk Red Air di cui si dice che è di media potenza, non così sovraccarica come alcune delle varietà bianche sviluppate di recente; le cime hanno un gusto dolce edun aroma skunky…”; di Super Skunk (p.30/36) si dice che “è tuttora famosa per il suo sapore forte e l’high potente)
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