Un interessante sentenza della Corte Costituzionale è stata recentemente pubblicata riguardo tale argomento dove viene discusso un principio cardine del diritto penale sostanziale ,quale quello della colpevolezza, che trova il suo riferimento costituzionale nelll’art 27.
La disposizione normativa che ha provocato l’intervento della Corte riguarda l’art 609 sexies del Codice Penale che testualmente recita:”Quando i delitti previsti negli articoli 609 bis,609 ter,609 quatere 609 octies sono commessi in danno di persona minore di anni quattordici,nonchè nel caso del delitto di cui all’articolo 609 quinques,il colpevole non può ignorare a sua scusa,l’ignoranza dell’età della persona offesa”
E’ evidente che qui ci troviamo su un terreno delicatissimo che coinvolge da una parte il minore infraquattordicenne con la inviolabilità della sua sfera sessuale determinata dalla presuntà incapacità a prestare un attività di consenso ad atti di natura sessuale e dall’altro la attribuibilità al soggetto di tale condotta sotto il profilo della rappresentazione dell’evento .
In realtà qui il problema,come riferisce la Corte, si manifesta non in ordine alla volontarietà dell’evento,ma piuttosto in merito all’invocabilità della inescusabilità dell’errore. In buona sostanza dobbiamo chiederci se la violenza sessuale al minore debba essere ritenuta sussistente, anche laddove vi siano elementi che possano trarre in inganno circa l’età del soggetto passivo della violenza e se il non applicare tale principio contrasto con il principio di colpevolezza sancito dall’art 27 della Costituzione.
Su questo la Corte non si è espressa in quanto la censura di costituzionalità della norma aveva ad oggetto una corretta attribuibilità della condotta delittosa nell’applicazione della fattispecie incriminata che non aveva alcuna attinenza con il caso di specie sollevato(l’ignoranza della età della parte offesa), costringendo la stessa ad una declaratoria di inammissibilità della questione sollevata.
Approfondire in questi casi il principio dell’inevitabilità dell’errore della minore età e rapportarlo ai principi costituzionali citati rappresenta comunque un problema di basilare importanza per chi affronta processi di tale tipo . Infatti se ,nel corso del processo, al Giudice legittimamente viene rappresentata dalla pubblica accusa la gravità di una tale condotta delittosa rappresentata dall’abuso compiuto nei confronti di un minore ,allo stesso tempo la difesa non può non essere messa nellle condizioni di potere dimostrare la circostanza della possibile non conoscenza dell’imputato dell’età della vittima. ,se non al prezzo di vanificare gli spazi di difesa dell’imputato il quale non potrà in tali casi contestare la consistenza di un tale quadro accusatorio laddove non può contestarne l’elemento fondamentale della cui esistenza se ne presume per legge la conoscenza ;di qui si priva il processo di quella necessaria dialettica,la sola che può fornire al Giudice gli strumenti per un sereno giudizio.
L’ulteriore conseguenza a cui ci porta questo metodo argomentativo è che , da una parte ci troviamo di fronte ad un “simulacro di processo penale” dove la condanna dell’imputato diventa quasi certa per i motivi suesposti” ,dall’altra non assistiamo a quella graduazione della gravità della condotta delittuosa che avviene nella normalità de casi presso le aule di giustizia,ma solamente ad un accertamento dell’azione violenta che peraltro il più delle volte è dimostrabile solo dalle dichiarazioni della parte offesa; da qui il giudice sarà costretto ad applicare una pena necessariamente sproporzionata perchè privo della possibilità di conoscere la corretta rappresntabilità che l’imputato si è fatta del reato commesso e quindi mancante di un elemento fondante la valutazione della personalità dello stesso.
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