L’art. 1 l. 28 gennaio 1977 n. 10, laddove richiede il rilascio della concessione per qualsiasi trasformazione edilizia o urbanistica del territorio comunale, non si riferisce anche alle attività estrattive o di sfruttamento di cave , per cui tali attività non sono soggette ad autorizzazione o concessione da parte del Comune: essa è invece necessaria per le strutture edilizie (manufatti, impianti ecc.) che siano funzionali all’attività di cava.: il fatto che non occorra anche il titolo autorizzatorio comunale sotto il profilo urbanistico ed edilizio non significa che l’attività estrattiva possa essere svolta anche in contrasto con la disciplina urbanistica, ma semplicemente che la valutazione di tale conformità non spetti al comune tramite il rilascio del titolo edilizio, ma debba entrare a far parte del procedimento regionale di autorizzazione all’esercizio di cava, nell’ambito del quale, anche tramite l’intervento in funzione consultiva del comune interessato, deve valutarsi la compatibilità urbanistica dell’interevento.
Il Tar Campania, Napoli con la sentenza numero 10696 del 7 novembre 2007 ci insegna che:
< Si ritiene infatti che l’attività estrattiva abbia natura di attività imprenditoriale non incidente su interessi urbanistici, quindi non sia soggetta né a concessione né ad autorizzazione, non rientrando fra le modificazioni del territorio contemplate dall’art. 1 l. 10/77 (CdS Ad. plen. n. 8 del 1991, nella giur. pen. Cass. Sez. Un. 13/6/93, *********).
La giurisprudenza penale, in questa prospettiva, ha ritenuto non configurabile in materia di apertura di cave il reato di cui all’art. 20 lett. b) della l. n. 47/85; in considerazione del fatto che in materie di attività estrattive l’autorità comunale non ha potere di controllo, né in forma di concessione né in forma di autorizzazione, ciò perché l’attività urbanistica è strettamente legata agli insediamenti sul territorio e tali non sono le attività estrattive (Cass. pen. Sez. III 1/7/1996, ******).
E’ stato tuttavia sottolineato, dalla Cassazione penale, che l’attività di apertura e coltivazione di cava non richiede il preventivo rilascio della concessione edilizia , non essendo subordinata al preventivo controllo dell’autorità comunale, anche se la stessa deve comune svolgersi nel rispetto della pianificazione territoriale comunale, configurandosi, in difetto, ovvero in caso di svolgimento della stessa in zona non consentita, la violazione dell’art. 20 lett. a) l. 28 febbraio 1985 n. 47. (Cassazione penale , sez. III, 21 marzo 2002 , n. 26140e sez. III, 21 marzo 2002 , n. 476).>
A cura di *************
n. 10696/07 Reg. Sent.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Terza Sezione di Napoli
nelle persone dei Signori:
Dott. *********** Presidente
Dott. ************** giudice
Dott. ssa ********************* giudice, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 5606/1998 proposto da ALFA Vito, i proprio e nella qualità di amministratore della società CAV s.n.c., rappresentato e difeso dall’ avv. ***************, con domicilio eletto in Napoli, via Parco Margherita, 31;
CONTRO
Il comune di Castel Volturno, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’*******************, con domicilio eletto in Napoli, Piazza Trieste e Trento, n. 48;
PER L’ANNULLAMENTO
Del provvedimento prot. n. 139 del 21.5.1998 del funzionario capo dell’Ufficio tecnico del comune di CastelVolturno che ha ordinato al ricorrente di sospendere ad horas l’attività estrattiva della sabbia perché esercitata in assenza della dovuta concessione; di ogni altro atto connesso, conseguente e collegato;
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
visti la memoria di costituzione della amministrazione intimata;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla udienza pubblica del 11.10.2007 il Referendario Dott.ssa *********************;
Uditi gli avvocati di cui al verbale di udienza;
FATTO
Il ricorrente, ALFA Vito, impugna con il presente ricorso il provvedimento con cui il comune di Castel Volturno gli ha ordinato di sospendere immediatamente l’attività estrattiva di sabbia in quanto esercitata senza la dovuta concessione edilizia, trattandosi di trasformazione urbanistica.
Espone, nell’atto introduttivo del giudizio, di essere autorizzato alla prosecuzione di esercizio di un’attività di cava per l’estrazione di sabbia e che in passato in plurime occasioni il comune di Castel Volturno ha adottato nei suoi confronti provvedimenti sanzionatori o interdettivi dell’attività di cava, sempre sospesi in via cautelare e poi annullati in via definitiva dall’autorità giudiziaria.
Riferisce, inoltre, di essere stato sottoposto a quattro procedimenti penali, dai quali è stato sempre assolto con formula piena.
Con ordinanza impugnata, il dirigente dell’Ufficio tecnico del comune di Castel Volturno, pur riconoscendo la legittimità del titolo in virtù del quale il ricorrente stava proseguendo l’attività, ai sensi dell’art. 36 l. reg. n. 54 del 1985, ha nuovamente ordinato la sospensione dell’attività estrattiva sul presupposto della mancanza della concessione edilizia.
Avverso tale ultimo provvedimento, il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
1) violazione e falsa applicazione della l. n. 47 del 1985, della l. n. 241 del 1990, della l. reg. n. 54 del 1985, come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995, eccesso di potere, inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto, perché il provvedimento si fonda sull’erroneo presupposto della necessità del titolo concessorio edilizio per l’esercizio dell’attività di cava, mentre invece essa può essere esercitata unicamente sulla base dell’autorizzazione regionale per l’attività estrattiva, per il rilascio della quale è previsto che il comune rilasci un parere preventivo, che nel caso di specie è stato appunto rilasciato dal comune di Castel Volturno; inoltre; le costruzioni limitrofe all’area della cava, menzionate nel provvedimento, sono comunque abusive, né infine le valutazioni in ordine al possibile inquinamento delle risorse idriche sono ininfluenti in quanto si tratta di questioni future ed incerte;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 38 della l. n. 142/1990 e del D.P.R. n. 128 del 1959, della l. reg. n. 54 del 1985, come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995, eccesso di potere, violazione delle ordinanze del TAR Campania n. 69/1996 e n. 354/1998, con le quali sono stati sospesi i precedenti provvedimenti di sospensione dell’attività estrattiva del ricorrente;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 38 della l. n. 142/1990 e del D.P.R. n. 128 del 1959, della l. reg. n. 54 del 1985, come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995, eccesso di potere, incompetenza perché i provvedimenti in materia di coltivazione di cave rientrano nella competenza esclusiva del Presidente della Giunta regionale e non possono essere adottai dal sindaco;
4) violazione dell’art. 36 della l. reg. n. 54 del 1985, come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995, del D.P.R. n. 128 del 1959, della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per sviamento, disapplicazione di atto amministrativo pienamente efficace perché il provvedimento di autorizzazione all’attività estrattiva è perfettamente valido ed efficace e con l’ordinanza impugnata esso è stato sostanzialmente disapplicato;
5) violazione dell’art. 36 della l. reg. n. 54 del 1985, come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995, del D.P.R. n. 128 del 1959, della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere perché non si comprende in base a quale norma il provvedimento impugnato sia stato adottato, limitandosi esso a far riferimento ad una generica “urgenza che il caso richiede”;
6) violazione dell’art. 36 della l. reg. n. 54 del 1985, come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995, del D.P.R. n. 128 del 1959, della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà in quanto il comune di Castel Volturno con nota del 29.5.1995 ha espressamente escluso la necessità, ai fini dell’esercizio dell’attività, della concessione edilizia.
Il comune di Castel Volturno si è costituito ed ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.
Con ordinanza n. 523 del 1998, l’efficacia del provvedimento impugnato è stata cautelarmente sospesa.
All’odierna udienza, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato in relazione alla censura dedotta con il primo motivo di ricorso e pertanto deve essere accolto, con assorbimento delle ulteriori censure.
2. Come si è riferito nella esposizione in fatto, il provvedimento impugnato ha disposto l’immediata sospensione dell’attività estrattiva esercitata dal ricorrente sulla base dell’assunto della carenza del titolo autorizzativo edilizio. Secondo il comune di Castel Volturno, infatti, l’attività estrattiva comporterebbe un’inevitabile trasformazione urbanistica che deve essere autorizzata dal comune, ove ricorra la conformità di essa alle prescrizioni urbanistiche.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha contestato tale assunto sostenendo che per l’esercizio dell’attività di cava non occorre anche la concessione edilizia comunale, essendo sufficiente l’autorizzazione regionale, per il rilascio della quale è previsto che il comune rilasci un parere preventivo, che nel caso di specie è stato appunto rilasciato dal comune di Castel Volturno. Sotto questo profilo ha dunque dedotto violazione e falsa applicazione della l. n. 47 del 1985, della l. n. 241 del 1990, della l. reg. n. 54 del 1985, come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995, eccesso di potere, inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto.
Sul punto, la difesa del comune ha sottolineato la necessità della concessione edilizia, atteso che per trasformazione urbanistica deve intendersi qualsiasi intervento che incida sul territorio.
Il motivo è fondato.
Il maggioritario orientamento giurisprudenziale è nel senso che l’art. 1 l. 28 gennaio 1977 n. 10, laddove richiede il rilascio della concessione per qualsiasi trasformazione edilizia o urbanistica del territorio comunale, non si riferisce anche alle attività estrattive o di sfruttamento di cave , per cui tali attività non sono soggette ad autorizzazione o concessione da parte del Comune. ( T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 16 giugno 2005 , n. 5033). Essa è invece necessaria per le strutture edilizie (manufatti, impianti ecc.) che siano funzionali all’attività di cava.
Si ritiene infatti che l’attività estrattiva abbia natura di attività imprenditoriale non incidente su interessi urbanistici, quindi non sia soggetta né a concessione né ad autorizzazione, non rientrando fra le modificazioni del territorio contemplate dall’art. 1 l. 10/77 (CdS Ad. plen. n. 8 del 1991, nella giur. pen. Cass. Sez. Un. 13/6/93, *********).
La giurisprudenza penale, in questa prospettiva, ha ritenuto non configurabile in materia di apertura di cave il reato di cui all’art. 20 lett. b) della l. n. 47/85; in considerazione del fatto che in materie di attività estrattive l’autorità comunale non ha potere di controllo, né in forma di concessione né in forma di autorizzazione, ciò perché l’attività urbanistica è strettamente legata agli insediamenti sul territorio e tali non sono le attività estrattive (Cass. pen. Sez. III 1/7/1996, ******).
E’ stato tuttavia sottolineato, dalla Cassazione penale, che l’attività di apertura e coltivazione di cava non richiede il preventivo rilascio della concessione edilizia , non essendo subordinata al preventivo controllo dell’autorità comunale, anche se la stessa deve comune svolgersi nel rispetto della pianificazione territoriale comunale, configurandosi, in difetto, ovvero in caso di svolgimento della stessa in zona non consentita, la violazione dell’art. 20 lett. a) l. 28 febbraio 1985 n. 47. (Cassazione penale , sez. III, 21 marzo 2002 , n. 26140e sez. III, 21 marzo 2002 , n. 476).
Pertanto, il fatto che non occorra anche il titolo autorizzatorio comunale sotto il profilo urbanistico ed edilizio non significa che l’attività estrattiva possa essere svolta anche in contrasto con la disciplina urbanistica, ma semplicemente che la valutazione di tale conformità non spetti al comune tramite il rilascio del titolo edilizio, ma debba entrare a far parte del procedimento regionale di autorizzazione all’esercizio di cava, nell’ambito del quale, anche tramite l’intervento in funzione consultiva del comune interessato, deve valutarsi la compatibilità urbanistica dell’interevento.
Infatti, l’art. 5 della l. regionale n. 54 del 1985 e successive modifiche prevede che: “L’autorizzazione alla coltivazione di materiali di cui all’ articolo 1 della presente legge è rilasciata, su domanda dell’ interessato, dal presidente della Giunta Regionale, o suo delegato, sentiti i Comuni interessati (…)”. Inoltre, il coivolgimento del comune è previsto in sede di verifica dell’ultimazione dei lavori dall’art. 23, comma 2 della citata legge regionale, secondo il quale “2. Il sopralluogo accertativo viene effettuato da un funzionario della Regione di concerto con un funzionario dell’ Ispettorato forestale, da un incaricato del Comune e dalle guardie ecologiche volontarie indicate dalle Associazioni ambientalistiche che fanno parte della Commissione di cui all’ articolo 3 della presente legge. (..)”.
La valutazione e verifica del rispetto dei vincoli e delle prescrizioni urbanistiche deve dunque essere effettuata nell’ambito del procedimento descritto dalla normativa regionale per il rilascio del titolo autorizzativo.
Per tali ragioni, il collegio, pur essendo consapevole di un minoritario orientamento giurisprudenziale secondo il quale occorrerebbe anche la concessione del sindaco a fini urbanistici, comportando l’attività estrattiva, comunque, un mutamento rilevante dell’assetto territoriale riconducibile all’ampia dizione di cui all’art. 1 della l. 28 gennaio 1977 n. 10 di trasformazione edilizia, ritiene di doversi conformare al maggioritario orientamento giurisprudenziale sopra richiamato. La partecipazione del comune al procedimento di autorizzazione all’esercizio dell’attività estrattiva, prescritta dalla disciplina regionale, infatti, dovrebbe adeguatamente soddisfare, nella regione Campania, il rispetto delle prescrizioni urbanistiche ed edilizie in un unico e coordinato contesto.
Il primo motivo di ricorso, per tali ragioni, deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le restanti censure possono essere assorbite.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, III sezione, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il comune resistente al pagamento delle spese di lite sostenute dal ricorrente, che liquida in complessivi euro 1.500.
La presente sentenza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così è deciso, in Napoli nella camera di consiglio del 11.10.2007.
Il Presidente ***********
Il giudice estensore *********************
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