Il principio Tempus regit actum e la tutela delle posizioni soggettive nel procedimento amministrativo

Nell’ambito delle questioni relative al diritto amministrativo, assume particolare rilevanza l’individuazione di una linea di comportamento che possa servire, al contempo, ad affrontare la questione della sopravvenienza di norme nel corso del procedimento e a garantire le posizioni soggettive degli interessati. La soluzione che viene tradizionalmente utilizzata dalla dottrina e dalla giurisprudenza per determinare la disciplina giuridica da applicare in queste circostanze si fonda sul principio tempus regit actum.
Il principio in esame trova il suo riconoscimento nell’ordinamento tramite l’art 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, che statuisce come la legge disponga solamente per l’avvenire, recependo la naturale avversione nei confronti della norma che tolga certezza al passato. Questa regola esprime un principio di ordine generale, applicabile ad ogni branca del diritto, dal diritto privato al diritto pubblico, dalle situazioni negoziali a quelle legali; dalle situazioni patrimoniali a quelle di qualsivoglia natura.
Essa manifesta l’esigenza che la legge non sia ordinariamente retroattiva; ovvero che lo sia solo se, derogando al principio generale d’irretroattività, si qualifichi espressamente come tale.
In virtù di tale disposizione, ogni atto deve trovare il proprio regime giuridico di riferimento nella disciplina normativa in vigore nel tempo in cui è stato posto in essere. L’eventuale applicazione alla fattispecie della disciplina originaria comporta, per l’opinione prevalente, l’esistenza di un caso di ultrattività delle norme abrogate e di differimento dell’efficacia delle norme sopravvenute. Questa posizione sembra legittimare solamente la regola dell’applicazione immediata della normativa sopravvenuta agli atti non ancora venuti ad esistenza. [1] 
La norma sopravvenuta dovrà essere applicata alle fattispecie successive alla sua entrata in vigore, mentre quella precedente, oramai abrogata, continuerà ad aver vigore nei riguardi di tutti i rapporti giuridici che siano nati prima dell’abrogazione stessa e siano ancora pendenti.
 Sulla scorta dell’usuale interpretazione, una concorde valutazione sostiene che ciascun atto giuridico si debba realizzare nel concorso delle circostanze e degli atti preparatori richiesti dalla legge al tempo in cui viene alla luce.[2]
Il procedimento non viene giudicato come una fattispecie unitaria a formazione complessa, ma è, al contrario, sezionato nei singoli atti che lo compongono. Siamo di fronte ad una concezione che si pone all’interno di una logica attizia, per la quale non viene in rilievo il procedimento come “luogo” proprio in cui sia concentra lo svolgimento dell’attività amministrativa, ma l’atto singolarmente considerato.
Anche la Giurisprudenza prevalente si è richiamata all’usuale canone interpretativo, mettendo in risalto che tutti gli atti ed i provvedimenti amministrativi devono essere formati nel rispetto della normativa vigente al momento della loro emanazione. [3] Nelle sentenze giudiziali si può anche desumere la convinzione che, quando risultasse esaurito il subprocedimento per l’emanazione di un atto subprocedimentale, la nuova norma non potrà esplicare alcuno degli effetti previsti nei confronti del procedimento ancora in corso.[4] Nel caso in cui la nuova norma dovesse vietare l’adozione di un provvedimento, mentre la vecchia regola lo avesse consentito, sarebbe allora irrilevante il fatto che l’inizio del procedimento fosse stato posto sotto la vecchia legge, l’Amministrazione sarebbe, infatti, autorizzata a chiudere il procedimento con esito negativo.[5]
 Se il principio tempus regit actum indica che ciascun atto amministrativo deve essere valutato sulla base della disciplina vigente al momento della sua adozione, esso non sembra tuttavia idoneo a cogliere l’importanza che il procedimento ha assunto nell’ambito dello svolgimento della funzione amministrativa. L’accezione tradizionale del principio rappresenta, infatti, il frutto di una concezione che fa leva sul valore del singolo atto, a discapito di elementi qualificanti del procedimento amministrativo come l’unità e l’organicità. La regola da un lato, è stata utilizzata per legittimare la coesistenza di discipline giuridiche diverse all’interno dello stesso procedimento. D’altro canto, essa impedisce che norme giuridiche sopravvenute possano pregiudicare la validità di atti amministrativi già posti in essere.
Manca usualmente, invece, la considerazione del procedimento come una vicenda unitaria, tramite la quale l’amministrazione opera per determinare un nuovo assetto delle posizioni giuridiche dei soggetti interessati.
Un recente studio ha elaborato un’interessante teoria sul principio tempus regit actum, finora considerato come una delle regole più pacifiche dell’intero diritto pubblico.[6] La tesi proposta si discosta, per la sua impostazione dogmatica, da tutte le analisi relative al diritto intertemporale che hanno visto finora luce. L’assunto di partenza è che l’interpretazione usuale del principio sia viziata da una concezione che fa leva, solamente, su un esame dei singoli atti del procedimento. Il nuovo orientamento rileva, invece, che punto di partenza di ogni studio sul diritto amministrativo deve essere il procedimento amministrativo, considerato come unitaria vicenda di durata. Il suo intero svolgimento deve potersi dispiegare attraverso l’azione di un’unica normativa giuridica. La critica maggiore si concentra sulla concezione secondo cui ciascun atto del procedimento dovrà essere disciplinato dalla normativa in vigore nel momento in cui esso è posto in essere. Quest’impostazione è ritenuta la risultante di un orientamento che parcellizza il procedimento in una serie distinta di atti autonomi, che ne sacrifica la dimensione unitaria.
Il principio tempus regit actum viene sostituito da una nuova massima: “Tempus regit actionem”. La nuova costruzione volge la propria attenzione al procedimento, ritenuto lo schema unitario tipico attraverso il quale si esercita la funzione amministrativa. Tutti gli atti o fatti che lo compongono sono elementi essenziali ed indefettibili, nell’ambito di una relazione in cui ciascun fattore rileva in termini di compartecipazione al risultato finale della fattispecie. L’intero procedimento sarà disciplinato dalla normativa in vigore al momento in cui esso ha avuto inizio, senza che il diritto sopravvenuto possa trovare applicazione immediata nel corso dello sviluppo delle fasi endoprocedimentali. L’attuazione delle norme sopravvenute potrebbe provocare un’alterazione dei presupposti giuridici della funzione amministrativa, impedendo alla procedura avviata di dispiegarsi secondo la disciplina vigente al momento dell’avvio.
La stabilità delle norme è reputata preferibile anche rispetto all’applicazione immediata della normativa che presenti un contenuto più favorevole al privato.L’ attuazione della norma più favorevole rappresenterebbe un ritorno al passato, ad un tipo di rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini, basato su un vincolo di autorità della prima sui secondi.
La stabilità delle norme di riferimento dell’intero procedimento viene contrapposta all’usuale tendenza ad individuare il quadro normativo in cui si trova inserito solamente il singolo atto.
L’ accertamento della normativa che disciplina uno specifico provvedimento è teso a garantire agli interessati la possibilità di poter usufruire di forme di tutela in fase giurisdizionale.
La tesi che sostiene il principio Tempus regit actionem, concentra la propria attenzione sulla natura del procedimento, non più una sequela di atti distinti coordinati per il raggiungimento di un dato risultato, bensì una vicenda unitaria in cui si articola il confronto tra gli interessi delle parti, al fine di arrivare all’adozione del provvedimento conclusivo. La condizione necessaria affinché le posizioni giuridiche degli interessati possano essere efficacemente garantite diviene la stabilità e l’unicità delle regole giuridiche che presiedono allo svolgimento della funzione amministrativa.
La disciplina che dovrebbe trovare applicazione sarebbe quella in vigore all’inizio della fase istruttoria, in questo momento, infatti, viene definita la decisione finale rispetto alla quale il provvedimento conclusivo costituirà solo un mero riepilogo.
Qualsiasi modifica normativa, che dovesse intervenire sullo svolgimento dell’istruttoria, rappresenterebbe un inquinamento delle conclusioni dell’intero procedimento ed un potenziale pregiudizio per le situazioni giuridiche dei soggetti interessati.  
Solamente la “perpetuatio" della normativa di riferimento potrà garantire maggiore certezza nello svolgimento delle varie fasi del procedimento e proteggere le aspettative che i cittadini hanno maturato nel momento in cui questo ha preso avvio. L’interesse legittimo, infatti, prende consistenza solamente nel momento iniziale del procedimento in cui si avvia il confronto con il potere pubblico. Esso nasce con l’atto o col fatto con cui ha inizio la procedura, cioè con la costituzione del rapporto amministrativo, e nel corso di questo si realizza o si attua.
Il principio tempus regit actionem mira a creare un nuovo   rapporto con l’amministrazione, basato sul confronto e sulla collaborazione. Esso vuole rappresentare un mezzo che garantisca protezione al cittadino rispetto allo stato di incertezza che deriverebbe dall’applicazione immediata delle norme sopravvenute a tutti i procedimenti pendenti. Solamente l’ applicazione della disciplina in vigore nel momento in cui sorga il dovere di procedere potrebbe eliminare ogni rischio derivante dall’intersecarsi di più normative differenti.
Il procedimento diviene lo spazio ideale in cui realizzare l’incontro della realtà concreta con le norme giuridiche che tale realtà intendono governare. La prima, caratterizzata dalla presenza di differenti interessi, vincolerà l’amministrazione ad agire per rinnovare assetti precedenti non più validi, le seconde consentiranno di determinare i poteri e le funzioni necessarie per la loro utilizzazione.
 
 
 
 
 
BIBLIOGRAFIA
 
[1] G.U. Rescigno, L’ atto normativo, Bologna, 1998, 103
2 A. M. Sandulli, Il procedimento amministrativo, Milano, 1940, 419 “Ogni provvedimento, per qualsiasi aspetto che riguardi la sua essenza, la struttura o i requisiti, deve essere sottoposto alla legge del tempo in cui è posto in essere”.
3 Cons. Stato. sez IV, 7 Maggio 1999 n. 799, in Foro amm., 1999, 972   “Il sopravvenire di una legge durante lo svolgimento del procedimento da ingresso al principio “Tempus regit actum”, nel senso che ciascuna delle fasi va considerata sottoposta alla disciplina della legge vigente nel tempo in cui venne compiuta”
4 Cons. Stato sez V, 13 Aprile 1994 n. 513, In Cons. Stato 1994;    “In caso di annullamento giurisdizionale di atti di concorso, la rinnovazione dovrà partire dal primo degli atti annullati, lasciando immutati gli atti non travolti dall’annullamento”
5 P. Virga, Dir Amministrativo, vol II, Milano, 1999, 88
6 G.D. Comporti, Tempus regit actum, Torino, 2001, 78 ss 

Lo Biundo Leonardo

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento