Non infrequente, per il caso di fallimento di un’impresa, è la notifica per conto di un Ente previdenziale (es. Inps o Inail) di una cartella esattoriale di pagamento emessa in base ad accertamento ispettivo al curatore del Fallimento, procedimento, quest’ultimo, analogo a quello seguito per una società in bonis.
Con tale atto l’Ente impositore mostra di pretendere il pagamento del dovuto – e ciò fino a pronuncia del Giudice che stabilisca l’illegittimità di una tal predetta cartella –, mediante una manovra d’aggiramento del procedimento d’insinuazione al passivo fallimentare, aspirando a non essere soddisfatto con la cd. “moneta fallimentare”.
Trattasi di materia sulla quale si segnala una copiosa giurisprudenza, specie di merito, tra cui degna di nota, Tribunale di Torre Annunziata, sez. lav., sentenza 2570/2007 del 27 luglio 2007, estens. Bile, che qui si trascrive nei suoi tratti salienti:
“… I crediti portati dalle cartelle esattoriali notificate dal concessionario della riscossione devono essere previamente insinuati al passivo, accertati dal giudice delegato e quindi pagati in cd. moneta fallimentare a seguito di riparto. L’accertamento si atteggia differentemente se si tratti di crediti tributari ovvero di crediti di altra natura. Nel primo caso il giudice delegato non ha alcun potere concreto di accertamento nel merito del credito, demandato alla giurisdizione del giudice tributario, con la conseguenza che il curatore avrà l’onere d’impugnare la cartella davanti alla commissione tributaria. Nel secondo caso il giudice delegato non solo ha giurisdizione per accertare il credito insinuato, ma è altresì l’unico giudice ordinario competente ad effettuare quell’accertamento (cfr. Tribunale di Palermo, 16 giugno 2006)”
Ed ancora, prosegue la sentenza in argomento:
…l’opposizione dev’essere accolta e va disposto l’annullamento della cartella … infatti per giurisprudenza costante per ‘azioni derivanti dal fallimento’ dell’art. 24 legge fallimentare devono intendersi quelle che comunque incidono sul patrimonio del fallito compreso gli accertamenti che costituiscono premesse di una pretesa nei confronti della massa, anche quando siano diretti a porre in essere il presupposto di una successiva sentenza di condanna. Ne consegue che rientrano nella competenza inderogabile del foro fallimentare la richiesta di compensazione volta all’accertamento di un maggior credito nei confronti del fallito da insinuare al passivo, le azioni revocatorie fallimentari ed ordinarie, le azioni intese a far valere diritti verso il fallito, le azioni di annullamento seguite da domande di restituzioni e quelle volte ad accertare la simulazione”……
Conclude la sentenza, in modo tranchant, :”Sussistendo la ‘vis attractiva’ della sezione fallimentare resta assorbita ogni altra questione”.
In conclusione, Nel caso di specie, il Tribunale ha disatteso le richieste dell’Istituto previdenziale della previdenza sociale, che pretendeva di effettuare – lo si ripete – un by – pass delle sue pretese ragioni di credito rispetto a quelle degli altri creditori, pena la violazione della tanto auspicata “par condicio creditorum”, costituente il motivo ispiratore di una procedura concorsuale.
A ritenerla diversamente rispetto al Tribunale nella sentenza appena citata, in sostanza il credito pretesamente vantato dall’Inps, che è un creditore chirografario al pari di tutti gli altri, verrebbe preferito rispetto ai crediti vantati da questi ultimi, pena la violazione del citato principio della parità concorsuale.
Giorgio Vanacore
Avvocato in Napoli
giorgiovanacoreavv@libero.it
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