All’eventuale clausola di accettazione delle condizioni di gara, la cui sottoscrizione sia richiesta ai concorrenti ai fini della partecipazione, non possono attribuirsi effetti preclusivi di ogni futura impugnazione del bando, in quanto ciò significherebbe imporre ai concorrenti, pena l’esclusione dalla gara, una generica e preventiva rinuncia alla tutela giurisdizionale_ il concorrente che impugni la propria esclusione da una gara d’appalto non è tenuto a dimostrare che conseguirebbe con certezza l’aggiudicazione, essendo sufficiente il semplice interesse strumentale alla ripetizione della gara, e potendosi – invece – escludere l’interesse a ricorrere soltanto nella ben diversa ipotesi in cui sia provato con certezza che la sua offerta non prevarrebbe in nessun caso
Appare importante il seguente passaggio tratto dalla sentenza numero 861 del 20 febbraio 2008 emessa dal Tar Campania, Napoli
< Sotto altro profilo l’Amministrazione resistente assume l’inammissibilità dell’impugnazione, argomentando dalla dichiarazione di espressa accettazione di tutte le condizioni di gara sottoscritta dalla stessa ricorrente all’atto della proposizione della domanda di partecipazione.
Anche tale eccezione non appare meritevole di positiva valutazione.
Ed invero, il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale secondo cui all’eventuale clausola di accettazione delle condizioni di gara, la cui sottoscrizione sia richiesta ai concorrenti ai fini della partecipazione, non possono attribuirsi effetti preclusivi di ogni futura impugnazione del bando, in quanto ciò significherebbe imporre ai concorrenti, pena l’esclusione dalla gara, una generica e preventiva rinuncia alla tutela giurisdizionale>
Ma non solo
<Al riguardo, è esatto il rilievo di parte ricorrente, la quale evidenzia che l’argomento svolto dalla controinteressata è basato sull’esclusiva considerazione di uno solo degli elementi dell’offerta, alla luce del quale l’offerta della stessa controinteressata sarebbe risultata per la stazione appaltante più conveniente rispetto a quella della ALFA. S.p.a.; tuttavia, la gara de qua era destinata a essere aggiudicata col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e per l’elemento in questione il bando di gara prevedeva l’attribuzione di soli 10 punti su un totale di oltre 60.
Tanto premesso, in replica all’eccezione la ricorrente assume che, ove mai la sua offerta fosse stata compiutamente valutata dalla Commissione di gara, essa sarebbe risultata certamente aggiudicataria.
Siffatta ricostruzione non può essere ovviamente sposata da questo Tribunale, attesi i noti limiti al sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche della P.A.; tuttavia, è vero che la particolare disciplina di gara impedisce di escludere sic et simpliciter che l’offerta dell’odierna ricorrente, ove valutata, avrebbe finito per essere preferita.
Pertanto, l’odierno ricorso va considerato ammissibile, in conformità all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il concorrente che impugni la propria esclusione da una gara d’appalto non è tenuto a dimostrare che conseguirebbe con certezza l’aggiudicazione, essendo sufficiente il semplice interesse strumentale alla ripetizione della gara, e potendosi – invece – escludere l’interesse a ricorrere soltanto nella ben diversa ipotesi in cui sia provato con certezza che la sua offerta non prevarrebbe in nessun caso>
Merita inoltre conoscere il pensiero espresso dal T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, 13 luglio 2004, nr. 6832:
<Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’impugnativa della procedura in esame. Per la resistente **** la ricorrente non avrebbe interesse all’annullamento di una gara che l’ha vista aggiudicataria; e comunque in sede di gara avrebbe dichiarato di aver preso esatta cognizione della natura dell’appalto e di tutte le circostanze generali e progettuali che possono influire senza fare alcuna riserva sulla assunta mancanza della concessione edilizia.
L’eccezione deve essere respinta.
Come insegnato dall’Adunanza Plenaria n. 1/2003 (peraltro ricordata anche dalla resistente) non vi è alcun onere di impugnare il bando quando non impedisce la partecipazione alla gara. Nel caso in esame, il bando medesimo nulla diceva riguardo alla mancanza di concessione edilizia in corso di validità, per cui tale profilo era del tutto estraneo ai requisiti di partecipazione.
Né alcun rilevo preclusivo poteva avere la dichiarazione della ricorrente circa lo stato dei luoghi e la presa visione di tutte le circostanze generali e particolari e delle condizioni locali influenti. Tale dichiarazione infatti non ha alcun rilevo procedimentale, ma si pone sul piano esclusivamente negoziale in quanto tende ad assicurare:
— da un lato che l’impresa abbia una precisa conoscenza della specificazione esecutiva dei lavori e della remunerabilità dei relativi prezzi (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 8 novembre 2000, n. 4146); e che su tali basi abbia accettato il rischio della loro localizzazione concreta (cfr. Cassazione civile, sez. I, 24 giugno 1996, n. 5820);
— da un altro lato, a tutelare la stazione appaltante da successive ed ulteriori pretese dell’appaltatore circa una eventuale integrazione del prezzo del contratto sulla base di una non perfetta conoscenza dei luoghi (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 6 giugno 2001, n. 3063).
Detta dichiarazione ha rilievo esclusivamente nei riguardi delle informazioni di carattere esecutivo, che sono rappresentate negli atti tecnici ed amministrativi di gara.
Al di fuori di tali ambiti deve dunque escludersi che la dichiarazione si risolva in una clausola generalmente inibitoria concernente situazioni sopravvenute o comunque non conosciute in quanto non espressamente riportate nel capitolato di gara.
Di qui la piena ammissibilità del presente gravame.>
A cura di *************
REPUBBLICA ITALIANA
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N. 861/08
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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Reg. Sent.
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IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA
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N. 6474
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Sede di Napoli – Sezione Prima
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Reg. Ric. 2007
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ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 6474 del 2007 proposto dalla ALFA. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. **********’**********, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli al viale A. Gramsci, 16,
C O N T R O
il Comune di Gioia Sannitica, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. ***************************, con domicilio eletto in Napoli alla via del Parco Margherita, 31 (c/o studio Lemmo),
e nei confronti
della Banca di Credito Popolare di Torre del Greco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. *******************, con domicilio eletto in Napoli alla ***************, 4 (c/o studio Angelone),
per l’annullamento, previa adozione di idonee misure cautelare,
a) del provvedimento del Comune di Gioia Sannitica di “non ammissione” della società ricorrente alla gara per l’appalto del “Servizio di tesoreria comunale per 5 anni”, comunicato il 13 novembre 2007 con nota prot. 9479;
b) della contestuale aggiudicazione alla Banca di Credito Popolare di Torre del Greco;
c) dei verbali di gara tutti;
d) ove ritenuto lesivo, del bando di gara su G.U. del 9 ottobre 2007, del disciplinare e dello schema di convenzione, con i rispettivi allegati; in particolare, dell’allegato A al bando;
e) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale comunque lesivo per la ricorrente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione dell’Amministrazione intimata e della controinteressata;
Visti i motivi aggiunti depositati dalla ricorrente in data 11 dicembre 2007;
Viste le memorie delle parti a sostegno delle rispettive difese;
Uditi, all’udienza pubblica del 23 gennaio 2008, il relatore Primo Ref. ************** e i difensori delle parti come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Con ricorso notificato il 19 novembre 2007, depositato in Segreteria il 21 successivo, la società ALFA. S.p.a., premesso di aver partecipato alla gara per l’affidamento del servizio di tesoreria indetta dal Comune di Gioia Sannitica con bando pubblicato il 9 ottobre 2007, ha impugnato gli atti e i provvedimenti in epigrafe meglio indicati, relativi alla propria esclusione dalla gara medesima ed alla successiva aggiudicazione della stessa in favore della Banca di Credito Popolare di Torre del Greco.
Al riguardo, ha precisato che l’esclusione dalla gara, comunicata con nota pervenuta il 13 novembre 2007, era così motivata: “…manca la dichiarazione di essere istituto di credito autorizzato ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. 1.9.1993 n. 385 “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizie” (punto 10 del modello di dichiarazione allegato al bando)”.
A sostegno del ricorso, la ricorrente ha dedotto i seguenti profili di illegittimità:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 208 d.lgs. 18 agosto 2000, nr. 267; eccesso di potere per difetto di istruttoria; violazione del bando: la norma testé richiamata, per i Comuni non capoluoghi di provincia, consente l’affidamento del servizio di tesoreria anche alle società con determinate caratteristiche, pertanto la ricorrente non poteva essere esclusa dalla gara per aver omesso di dichiarare di essere un istituto di credito autorizzato;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 53 d.lgs. 15 dicembre 1997, nr. 446, e del D.M. 13 luglio 2004; eccesso di potere per errore sui presupposti e difetto di istruttoria; contraddittorietà e violazione della lex specialis di gara: la Banca di Credito Popolare di Torre del Greco, poi risultata aggiudicataria, avrebbe dovuto in realtà essere esclusa dalla gara in quanto non iscritta all’Albo dei concessionari abilitati, o comunque non avendo svolto alcuna dichiarazione in tal senso (il requisito era necessario in base all’art. 4 dello schema di convenzione, il quale prevedeva che il tesoriere avrebbe potuto provvedere anche ad entrate tributarie, tariffarie, patrimoniali e assimilate effettuate direttamente dai contribuenti).
Pertanto, la ricorrente ha chiesto annullarsi i provvedimenti impugnati, previa sospensione della loro efficacia.
Costituendosi in data 3 dicembre 2007, l’Amministrazione intimata ha eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto diversi profili, e nel merito ne ha chiesto la reiezione replicando analiticamente alle censure di controparte.
Con motivi aggiunti notificati il 5 dicembre 2007, depositati l’11 successivo, la ricorrente ha altresì impugnato il sopravvenuto provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara in favore della Banca di Credito Popolare di Torre del Greco, riproponendo in via derivata le censure già articolate col ricorso introduttivo.
In data 13 dicembre 2007 si è costituita anche la controinteressata Banca di Credito Popolare di Torre del Greco, la quale con successiva memoria ha eccepito in limine l’inammissibilità dell’impugnazione per carenza di interesse, e nel merito ne ha affermato l’infondatezza.
All’esito della camera di consiglio del 19 dicembre 2007, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questa Sezione ha fissato l’udienza di trattazione del merito ai sensi dell’art. 23 bis della legge 24 novembre 1971, nr. 1199.
Con successive memorie, le parti hanno poi ribadito le rispettive posizioni, insistendo ciascuna nelle proprie richieste conclusive.
All’udienza del 23 gennaio 2008, la causa è stata ritenuta per la decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, l’Amministrazione eccepisce l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del bando di gara.
L’eccezione è infondata, evincendosi agevolmente dal ricorso introduttivo che lo stesso è esteso anche alla lex specialis di gara (e, in particolare e specificamente, all’allegato A al bando), ove interpretabile nel senso di precludere la partecipazione alla società ricorrente; tale impugnazione, avuto riguardo alla data di pubblicazione del bando medesimo, appare in ogni caso tempestiva.
2. Sotto altro profilo l’Amministrazione resistente assume l’inammissibilità dell’impugnazione, argomentando dalla dichiarazione di espressa accettazione di tutte le condizioni di gara sottoscritta dalla stessa ricorrente all’atto della proposizione della domanda di partecipazione.
Anche tale eccezione non appare meritevole di positiva valutazione.
Ed invero, il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale secondo cui all’eventuale clausola di accettazione delle condizioni di gara, la cui sottoscrizione sia richiesta ai concorrenti ai fini della partecipazione, non possono attribuirsi effetti preclusivi di ogni futura impugnazione del bando, in quanto ciò significherebbe imporre ai concorrenti, pena l’esclusione dalla gara, una generica e preventiva rinuncia alla tutela giurisdizionale (cfr. T.A.R. Umbria, 6 aprile 2006, nr. 212; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, 13 luglio 2004, nr. 6832).
3. Ancora, parte controinteressata eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, ritenendo provato che in nessun caso la ricorrente avrebbe potuto conseguire l’aggiudicazione della gara per cui è causa.
Nemmeno tale eccezione può essere accolta.
Al riguardo, è esatto il rilievo di parte ricorrente, la quale evidenzia che l’argomento svolto dalla controinteressata è basato sull’esclusiva considerazione di uno solo degli elementi dell’offerta, alla luce del quale l’offerta della stessa controinteressata sarebbe risultata per la stazione appaltante più conveniente rispetto a quella della ALFA. S.p.a.; tuttavia, la gara de qua era destinata a essere aggiudicata col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e per l’elemento in questione il bando di gara prevedeva l’attribuzione di soli 10 punti su un totale di oltre 60.
Tanto premesso, in replica all’eccezione la ricorrente assume che, ove mai la sua offerta fosse stata compiutamente valutata dalla Commissione di gara, essa sarebbe risultata certamente aggiudicataria.
Siffatta ricostruzione non può essere ovviamente sposata da questo Tribunale, attesi i noti limiti al sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche della P.A.; tuttavia, è vero che la particolare disciplina di gara impedisce di escludere sic et simpliciter che l’offerta dell’odierna ricorrente, ove valutata, avrebbe finito per essere preferita.
Pertanto, l’odierno ricorso va considerato ammissibile, in conformità all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il concorrente che impugni la propria esclusione da una gara d’appalto non è tenuto a dimostrare che conseguirebbe con certezza l’aggiudicazione, essendo sufficiente il semplice interesse strumentale alla ripetizione della gara, e potendosi – invece – escludere l’interesse a ricorrere soltanto nella ben diversa ipotesi in cui sia provato con certezza che la sua offerta non prevarrebbe in nessun caso (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 2005, nr. 1434; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 8 maggio 2007, nr. 386; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 10 ottobre 2006, nr. 3541; T.A.R. Veneto, sez. I, 14 gennaio 2005, nr. 67).
4. Nel merito, il ricorso è fondato e merita pertanto accoglimento.
4.1. Al riguardo, occorre premettere che, sebbene l’esclusione dalla gara dell’odierna ricorrente sia formalmente motivata con riferimento all’inosservanza di un obbligo di natura documentale (mancata produzione della dichiarazione attestante la propria qualità di istituto di credito), appare evidente che la stessa è stata determinata dalla ritenuta carenza di un requisito di carattere sostanziale, segnatamente dall’essere la concorrente una società anziché un istituto di credito abilitato ai sensi della vigente normativa.
Sotto tale profilo, il bando di gara apparentemente non conteneva statuizioni chiare in ordine alla “platea” dei possibili partecipanti alla gara in questione; era solo l’allegato A, corrispondente alla dichiarazione che i concorrenti avrebbero dovuto compilare e produrre ai fini della partecipazione, a contenere una esplicita dichiarazione sulla natura giuridica del soggetto concorrente (cfr. allegato 3 al ricorso introduttivo).
Che le prescrizioni testé richiamate dovessero essere interpretate nel senso di limitare la partecipazione alla gara ai soli soggetti aventi veste di istituto di credito, si ricava dalla stessa condotta dell’Amministrazione, la quale ha escluso l’odierna ricorrente – così come, a quanto risulta, anche altri concorrenti – proprio perché sfornita della predetta veste giuridica.
4.2. Ciò premesso, non può non concludersi che la disciplina di gara così delineata era in contrasto con l’art. 208 del decreto legislativo 18 agosto 2000, nr. 267, che per i Comuni non capoluoghi di provincia consente l’affidamento del servizio di tesoreria non solo agli istituti di credito ma anche “…a società per azioni regolarmente costituite con capitale sociale interamente versato non inferiore a lire 1 miliardo, aventi per oggetto la gestione del servizio di tesoreria e la riscossione dei tributi degli enti locali e che alla data del 25 febbraio 1995 risultavano in possesso del codice rilasciato dalla Banca d’Italia per operare in tesoreria unica a condizione che abbiano adeguato entro il 10 marzo 2000 il capitale sociale a quello minimo richiesto dalla normativa vigente per le banche di credito cooperativo”.
Nel caso di specie, il Comune di Gioia Sannitica certamente rientrava fra i Comuni destinatari della previsione appena richiamata, e la società ricorrente risultava essere in possesso dei requisiti previsti dalla norma, ben potendo pertanto concorrere all’affidamento del servizio di tesoreria.
4.3. Da parte resistente si replica che il citato art. 208 non sarebbe applicabile alla gara di che trattasi, la quale avrebbe ad oggetto non un mero servizio di tesoreria, ma delle vere e proprie attività di riscossione tributaria.
L’argomento, alla luce della disciplina di gara, non può essere condiviso.
Innanzi tutto, è lo stesso bando di gara all’art. 1 a individuare l’oggetto della gara nell’affidamento del “Servizio di Tesoreria dell’Ente per il quinquennio dall’01/01/2008 al 31/12/2012”, senza ulteriori specificazioni.
Né a diverse conclusioni può addivenirsi sulla base della previsione contenuta nell’art. 4, comma VI, della convenzione allegata al bando di gara, secondo cui l’affidatario del servizio sarebbe stato tenuto anche a ricevere il pagamento spontaneo di contributi che i contribuenti intendessero versare: infatti, trattandosi di mera ricezione di pagamenti spontanei, sfornita degli elementi di coattività che connotano l’attività riscossiva, tale prestazione deve ritenersi non esorbitante i limiti di un mero servizio di tesoreria.
4.4. Nemmeno può argomentarsi la legittimità dell’operato dell’Amministrazione dal tenore testuale del più volte citato art. 208, laddove, prevedendo che il servizio di tesoreria “può essere affidato” ai soggetti di seguito indicati dalla stessa norma, faculterebbe il Comune interessato anche a limitare l’ambito delle categorie di possibili affidatari entro cui scegliere; invero, la facoltà cui la norma si richiama va posta in relazione alla diversa scelta di non esternalizzare il servizio (ossia, di svolgerlo in proprio), ma non comporta affatto che, una volta deciso invece di procedere ad affidamento, l’individuazione dell’affidatario debba essere compiuta tra tutti i soggetti indicati dal legislatore in condizioni paritarie.
4.5. Nemmeno può invocarsi, come fanno le parti resistenti, il consolidato orientamento giurisprudenziale – oggi recepito nella disciplina contenuta nel d.lgs. 12 aprile 2006, nr. 163 – secondo cui alla stazione appaltante è consentito richiedere ai concorrenti requisiti di partecipazione alla gara ulteriori, e anche più rigorosi, rispetto a quelli previsti dalla legge.
Infatti, nel caso di specie le prescrizioni di gara non concernevano i requisiti di partecipazione alla gara, ma lo stesso ambito dei soggetti partecipanti alla stessa, escludendone a priori un’intera categoria che, invece, sarebbe stata ammessa all’affidamento del servizio in base alle vigenti disposizioni di legge (oltre che ai principi comunitari da cui queste discendono).
5. S’impone, pertanto, in accoglimento del ricorso, l’annullamento del bando di gara nella parte in cui impediva in assoluto la partecipazione alla gara alle società di cui all’art. 208, lettera b), d.lgs. nr. 267/2000, e conseguentemente dei successivi atti di gara, a cominciare dall’esclusione della ricorrente.
6. La fondatezza della prima censura articolata in ricorso, per le ragioni sopra evidenziate, risulta assorbente anche della seconda, con la quale si contestava l’ammissione alla gara di altro concorrente: infatti, è chiaro che la presente decisione di accoglimento comporterà il rinnovo della gara, lasciando salva e impregiudicata ogni ulteriore determinazione dell’Amministrazione.
7. Alla soccombenza segue la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio, che vengono equitativamente liquidate in dispositivo; le spese vanno invece compensate nei confronti della controinteressata, che è stata solo indirettamente beneficiaria dell’illegittimo operato dell’Amministrazione.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sede di Napoli, Sezione I, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe nr. 6474 del 2007, nei termini di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Gioia Sannitica al pagamento in favore della ricorrente ALFA. S.p.a. delle spese di giudizio, che liquida in millecinquecento euro; compensa le spese nei confronti della controinteressata Banca di Credito Popolare di Torre del Greco.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 23 gennaio 2008, con l’intervento dei Signori:
******* Guida Presidente
***** ******** Componente
******** Greco Componente, est.
IL PRESIDENTE L’ESTENSORE
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