La riforma del codice di procedura civile, realizzata con la legge 80/2005, ha introdotto la possibilità di effettuare le comunicazioni anche tramite fax o posta elettronica (art. 176 cpc).
Poiché ormai quasi tutti gli avvocati hanno introdotto negli atti difensivi la specificazione dei dati identificativi di tali strumenti, si è posto il quesito se la cancelleria, a seguito della espressione di volontà dell’avvocato di voler ricevere le comunicazioni tramite detti mezzi, sia o meno obbligata ad avvalersene.
In particolare si è anche posto il caso di avvocato esercitante extra districtum che abbia indicato per l’appunto la volontà di ricevere le comunicazioni di cancelleria tramite fax o posta elettronica.
In relazione a tale ultimo aspetto, è importante rilevare che la disciplina dell’attività professionale extra districtum non è contenuta nel codice di rito, bensì nella legge che regola l’esercizio della professione, R.D. 22 gennaio 1934 n.37, così come modificata dalla legge 24 febbraio 1997 n.27.
Posto quanto sopra si tratta di valutare se l’introduzione dei mezzi telematici, e la modifica dell’art. 176 cpc, possano avere attribuito all’avvocato un “diritto” a ricevere le comunicazioni con tali strumenti, con un corrispondente “obbligo” della cancelleria ad effettuarle con tali modalità.
Già la Suprema Corte, in epoca anteriore alla riforma del 2005, aveva espresso la necessità di un approccio prudente, esponendo che “…. consegue l’invalidità della comunicazione, eseguita a mezzo fax, dell’ordinanza con cui la Corte procedente abbia disposto l’integrazione del contraddittorio, atteso che manca in tal caso la prova della consegna dell’atto e non viene raccolta la sottoscrizione per ricevuta (provenendo il messaggio di avvenuta ricezione dallo stesso apparecchio trasmittente), senza che si perfezioni una presunzione di conoscenza legale dell’atto comunicato, in mancanza di attestazione di ricezione da parte del destinatario”. (Cassaz. Civ.Sez. 3, Sentenza n. 3286 del 15/02/2006). Aggiunge la medesima pronuncia : “Né rileva che il giudice abbia autorizzato tale forma di comunicazione ai sensi dell’art. 151 cod. proc. civ., in quanto, se è in suo potere autorizzare modalità diverse di notificazione rispetto a quelle previste dalla legge, non può mai consentire la violazione dei principi fondamentali del diritto di difesa e del contraddittorio”. Anche Cassaz. Civ. Sez. 5, Sentenza n. 4319 del 25/03/2003 si esprimeva nello stesso senso.
Analogamente si era già espressa la dottrina nell’immediatezza dell’introduzione della novella; si veda in proposito il contributo di autori vari in Foro it. 2005, parte V, pagg. 89 e segg.
Quanto al fax le perplessità più significative sono state espresse in relazione alla certezza della avvenuta trasmissione ed alla avvenuta ricezione da parte del destinatario legittimato. Sotto tale profilo è stata sottolineato che detta certezza consegue ad una certa forma di “collaborazione” fra mittente e destinatario nella conferma della trasmissione e della ricezione e che tale collaborazione espone il mezzo a facili manipolazioni dirette a impedire la certezza del ricevimento. Dinanzi ad una indubitabile celerità e comodità del mezzo si oppone un maggiore margine di rischio ed un impossibile confronto con la certezza fornita dal mezzo tradizionale della comunicazione a mezzo aiutante dell’ufficiale giudiziario.
Il discorso è parzialmente diverso per la posta elettronica, in presenza di una più ampia e recente disciplina normativa (si vedano dpr 13.02.2001 n.123 e dm 14.10.2004 n. 15927).
Tuttavia il valore di certezza di trasmissione e ricezione dovrebbe essere riservato alla posta certificata, non ancora così diffusa né presso la Pubblica amministrazione né presso la categoria forense. Inoltre l’invio automatico di avvenuta lettura del messaggio dipende dall’azione del destinatario, al quale è rimessa la facoltà di leggere (“aprire”) o meno la posta attraverso la relativa casella. Quid iuris se il destinatario aprisse la casella della propria posta dopo 15 giorni?
Da ultimo va osservato che l’avvento della più avanzata tecnologia informatica non può comportare l’obbligo di munirsi delle relative attrezzature, con i relativi costi, quale dovere imposto per legge anche ai soggetti privati. Per anticipare ogni possibile e fondata eccezione di costituzionalità, è inevitabile considerare il tema quale espansione di un servizio, diretta al miglioramento della qualità e tempestività, ma senza lesione del diritto alla legale e certa conoscenza degli atti.
La riforma ha, quindi, inteso estendere gli strumenti a disposizione della cancelleria (pur con le limitazioni strumentali e le perplessità sollevate dalla dottrina in ordine alla certezza del recapito al destinatario) ma non ha affatto disposto l’obbligo per quest’ultima di avvalersi del fax o della posta elettronica; in altre parole la comunicazione tramite ufficiale giudiziario resta uno degli strumenti a disposizione della cancelleria.
La norma di cui all’art. 176 cpc esplicitamente prevede che le comunicazioni possano “anche” essere effettuate con strumenti informatici e che “a tal fine” gli avvocati debbano indicare gli estremi di tali strumenti. La eventuale mancanza di tale indicazione non è sanzionata e ciò conferma che lo strumento informatico non ha sostituito la comunicazione tradizionale ma si è affiancata ed aggiunta ad essa.
Né può affermarsi il diritto dell’avvocato di obbligare la cancelleria a servirsi di una delle varie modalità previste dalla legge, dato che le norme che disciplinano il processo sono norme di ordine pubblico e non possono essere soggette alla volontà di un soggetto privato.
E’ doveroso prendere atto della mancanza presso molte sedi giudiziarie di sistemi informatici, nonché della riduzione del personale amministrativo, per concludere negativamente in ordine al quesito posto. Anche un’osservazione meramente statistica permette di rilevare che il mezzo più usato per le comunicazioni resta la notifica tramite aiutante ufficiale giudiziario.
Anche gli strumenti di elaborazione dei dati attualmente forniti dal Ministero permettono la stampa in automatico degli avvisi da inoltrare alle parti ma non permettono ancora di effettuare in automatico la comunicazione tramite invio di fax o di messaggio di posta. L’obbligo di avvalersi dei nuovi strumenti costringerebbe il cancelliere a stampare l’avviso ed a recarsi presso il fax per eseguire la trasmissione, con l’attesa di tempo inevitabile, la produzione di ulteriore carteggio e l’inserimento di esso nel fascicolo. Quanto guadagnato nel tempo di comunicazione verrebbe compensato (con un bilancio negativo) con il maggior impiego di tempo per il cancelliere.
Ma ove l’ufficio fosse dotato di idonei strumenti, potrebbe affermarsi l’esistenza di detto diritto, con il corrispondente dovere della cancelleria? L’eventuale sanzione della violazione di tale ipotetico obbligo consisterebbe in un atto da considerarsi privo di effetto, cioè una comunicazione non avvenuta.
La lettera dell’art. 176 cpc non sembra avere previsto una nuova ed esclusiva forma di comunicazione; come già si è detto, ciò è agevolmente rilevabile dall’anche inserito prima delle nuove forme di notifica, da collegarsi alla successiva disposizione che precisa che “a tal fine” gli avvocati indicano i dati utili, cioè gli indirizzi o i numeri di fax ove vogliono ricevere le comunicazioni.
L’indicazione da parte dell’avvocato deve essere fornita per poter realizzare la forma alternativa di comunicazione ma alla locuzione “dove vogliono ricevere le comunicazioni” non può essere attribuita la valenza di determinare un’unica e dovuta forma di comunicazione tramite fax o posta elettronica.
Non è possibile attribuire ad una parte del processo il potere di vincolare l’amministrazione giudiziaria ad effettuare atti propri secondo forme scelte da una parte privata
Quanto alla seconda parte del quesito, concernente l’attività extra districtum, la norma di cui all’art. 82 legge 37/1934 dispone che gli avvocati “devono eleggere domicilio nel luogo ove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso”. La norma si limita a disporre tale obbligo per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio fuori dalla circoscrizione del Tribunale nel quale sono iscritti (extra districtum) senza ulteriori distinzioni geografiche o limitazioni regionali.
Il secondo comma della stessa norma dispone che, in mancanza di detta elezione, il domicilio si intende eletto presso la cancelleria.
La norma suddetta non è stata modificata o soppressa dalla riforma della legge professionale di cui alla L. 24.02.1997 n.27. L’attività “extra districtum”, pertanto, continua ad essere soggetta all’obbligo di elezione di domicilio nell’ambito territoriale di competenza dell’ufficio giudiziario ove pende il processo (si veda in proposito anche Cassaz. Civile sez. II, 04.05.2005 n.9225).
Se ne potrà discutere la attualità, si potrà sottolineare che nella prospettiva del cosiddetto “processo elettronico o telematico” la permanenza di una simile norma appare superata, ma poichè la realtà operativa di molti uffici giudiziari non permette di considerare imminente e di sicura attuazione la detta rivoluzione telematica, si deve prendere atto che dura lex sed lex.
Avallare l’ipotesi di un diritto dell’avvocato extra districtum a ricevere le comunicazioni tramite fax o posta elettronica dovrebbe, inoltre, comportare l’estensione di detto diritto a qualunque professionista operante sul territorio nazionale, senza limitazioni territoriali.
Non risulta che tale sia la volontà del legislatore né in sede di riforma del codice di rito né in sede di riforma della legge professionale.
L’estensione dei mezzi di comunicazione, effettuata con la riforma del processo civile di cui alla legge 80/2005, non ha comportato modifica alcuna alla disciplina sopradescritta.
Nella permanenza in vigore della norma di cui all’art. 82 legge 37/1934, in presenza di mancata elezione di domicilio nella circoscrizione dell’ufficio procedente, le comunicazioni di ordinanze pronunciate fuori udienza sono legittimamente effettuate presso la cancelleria.
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