In relazione alla verifica dell’anomalia, l’esito della gara può essere travolto dalla pronuncia del giudice amministrativo solo quando il giudizio negativo, sul piano dell’attendibilità, riguarda voci dell’offerta che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l’intera operazione economica non plausibile e, per l’effetto, non suscettibile di accettazione da parte della stazione appaltante, a causa del residuare di dubbi circa l’idoneità dell’offerta, minata da spie strutturali di inaffidabilità a garantire l’efficace perseguimento dell’interesse pubblico.
Da una particolare fattispecie sottoposta al Tar Puglia, Bari e decisa nella sentenza numero 1572 del 20 giugno 2007 appuriamo che:
<Com’è noto, la sindacabilità, da parte del giudice amministrativo, in ordine alla discrezionalità tecnica, esercitata dall’amministrazione in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, è limitata al controllo formale dell’"iter" logico seguito nell’attività amministrativa, se ciò appare sufficiente per valutare la legittimità del provvedimento impugnato e non emergano elementi tali da giustificare una ripetizione, secondo la tecnica del sindacato intrinseco, delle indagini specialistiche, fermo restando che esula dai compiti del giudice il riesame delle autonome valutazioni dell’interesse pubblico, effettuate dalla P.A. sulla base delle cognizioni tecniche acquisite>
ma vi è di più
appare infatti importante sottolineare che :
<il fatto che l’eventuale inosservanza dell’obbligo di assumere il personale già operante per la precedente impresa attiene unicamente alla fase di esecuzione del contratto di appalto e non certo alla precedente fase di gara, in cui l’offerta deve essere ritenuta ammissibile allorché il costo orario del lavoro, maggiorato degli oneri previdenziali ed assistenziali, non sia inferiore a quello minimo. risultante dall’applicazione delle tabelle ministeriali e delle leggi previdenziali ed assistenziali.>
ed ancora
<Invero, nelle specie, l’indicazione di n. 8 dipendenti senza fissazione di un minimo retributivo, ponendosi in contrasto con norme imperative di legge, costituisce una circostanza ex sé insuscettibile di poter essere giustificata, senza lasciar spazio ad alcuna indagine intesa a dimostrare la sussistenza di un margine economico per l’impresa.>
a cura di Sonia LAzzini
riportiamo qui di seguito la sentenza numero 1572 del 20 giugno 2007 emessa dal Tar Puglia, Bari
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA Sede di Bari – Sezione Prima
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 336 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da “DITTA ALFA s.a.s.”, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. ti Corrado Diaco e Simona Gambardella, con domicilio eletto in Bari, presso G. Chiaia Noya, via Manzoni, n. 15;
contro
“Ospedali Riuniti Azienda Ospedaliero – Universitaria Foggia”, in persona del Direttore Generale in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filiberto Palumbo e Simonetta Mastropieri, con domicilio eletto in Bari, corso Cavour, n. 201;
e nei confronti di
“La DITTA BETA soc. coop.”, in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
– con il ricorso principale:
1) del bando di gara;
2) della lettera di invito prot. n. 3/AP 00008337/3288 del 28 giugno 2005 e del pedissequo capitolato d’appalto della gara, indetta dall’Azienda Ospedaliero – Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia, avente ad oggetto “Licitazione privata per l’affidamento del servizio di movimentazione interna delle merci. Aggiudicazione gara” (recte: “Licitazione privata per l’affidamento del servizio di movimentazione interna delle merci.”;
3) del provvedimento di aggiudicazione di gara, prot. n. 3/6550/00014458 del 23.12.2005, a favore della Impresa soc. coop. “La DITTA BETA”;
4) del verbale di gara n. 1214 del 7.12.2005 ;
5) del provvedimento di aggiudicazione definitivo, nonché di ogni altro atto, presupposto, consequenziale e, comunque, connesso, se ed in quanto lesivo.
– con i motivi aggiunti notificati il 16 marzo 2006 e depositati il 24 marzo 2006:
1) del provvedimento di aggiudicazione di gara dell’Azienda Ospedaliero -Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia prot. n. 3/6550/00014458 del 23.12.2005, avente ad oggetto “Licitazione privata per l’affidamento del servizio di movimentazione interna delle merci. Aggiudicazione gara", di cui al verbale di gara n. 1214 del 07.12.2005;
2) del verbale di gara suindicato;
3) del bando di gara e di ogni altro atto, presupposto, consequenziale e, comunque, se ed in quanto lesivo;
4) dei documenti depositati dall’Amministrazione in data 17.2.2006, presso il TAR Puglia, Sezione staccata di Lecce, in esecuzione dell’ordinanza presidenziale datata 8.2.2006, sul ricorso n. 173/06 (corrispondente al numero ivi assegnato a questo stesso giudizio) ed assunti al protocollo il 23.2.2006.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il consigliere Concetta Anastasi;
Uditi alla pubblica udienza del 21 marzo 2007 gli avvocati presenti, come da relativo verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato in data 16 febbraio 2006 e depositato in data 23 febbraio 2006, l’impresa ricorrente premetteva di aver partecipato alla gara di appalto, indetta dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia con deliberazione del Direttore Generale n. 666 del giorno 8.6.2005 ai sensi dell’art. 25 della Legge Regione Puglia n. 1 del 7.1.2004, per l’affidamento biennale del servizio di movimentazione interna delle merci, dettagliatamente descritto nell’art 8 del capitolato di appalto, per un importo presunto, stimato per l’intero periodo, di euro 220.000,00 I.V.A. inclusa, da aggiudicarsi con licitazione privata, secondo il criterio del massimo ribasso, come meglio precisato dall’art. 6 del capitolato speciale di appalto, il cui comma VII, espressamente stabilisce: “I lavori di gara si concluderanno con la proposta di aggiudicazione in favore dell’impresa che avrà offerto il prezzo più basso determinato dalla sommatoria dei compendi distinti per tipologia di prestazione, calcolati su base annua ”.
Lamentava che, nonostante l’offerta economica proposta dalla controinteressata società cooperativa “La DITTA BETA” fosse risultata anomala ed inammissibile in esito al subprocedimento di verifica, la P.A. resistente, con l’epigrafata deliberazione n. 1214 del 23.12.2005, ne avrebbe egualmente disposto l’aggiudicazione, determinando presuntivamente l’importo dell’incarico in €. 189.348,48 IVA compresa, con decorrenza dal 1.2.2006 fino al 31.12.2008.
La ricorrente precisava, inoltre, di essere venuta a conoscenza della suddetta determinazione amministrativa soltanto in data 28.12.2005.
Avverso l’operato dell’amministrazione, deduceva:
1) violazione di legge- Violazione dell’art. 23, 1° comma, lett. b), del Decreto Legislativo 7.3.1995 n. 157. Violazione art. 36 della Direttiva 92/50/U.E.;
Illegittimamente, l’azienda ospedaliera resistente avrebbe prescelto, per l’aggiudicazione in questione, il criterio del “prezzo più basso” (previsto dalla lettera A del comma I dell’art. 23 sopra citato), in quanto avrebbe dovuto tener conto anche di parametri tecnici, rilevanti ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto di servizi, che avrebbero consigliato il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
2) Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione della lettera di invito e delle condizioni tecniche allegate. Violazione dei minimi retributivi in materia di costo del lavoro. Violazione e falsa applicazione dell’art . 2 del D.P.C.M. 13 marzo 1999 n. 117. Violazione della legge n. 327/00 art. 1. Violazione e falsa applicazione delle Direttive 77/187/CEE e 92/50/CEE. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria. Perplessità;
La società aggiudicatrice dell’appalto avrebbe presentato un’offerta economica inferiore, quanto alle retribuzioni del personale dipendente, ai minimi tariffari previsti dalle tabelle FISE, precisando di potersi avvalere delle agevolazioni previste dalla legge in relazione agli oneri previdenziali e contributivi previsti per le cooperative, ma senza giustificare l’insufficienza dell’offerta proposta anche ai fini del mantenimento del livello delle retribuzioni del personale dipendente della società “Spring 2000 s.a.s.”, che gestirebbe il medesimo appalto in fase di conclusione .
3) Eccesso di potere per difetto d’istruttoria. Eccesso di potere per rinnovata mancanza di istruttoria: mancanza dell’analisi dell’offerta presentata dall’aggiudicataria. Violazione di legge . Violazione della “par condicio” tra i concorrenti;
La stazione appaltante avrebbe dovuto dichiarare automaticamente l’anomalia dell’offerta, ai sensi dell’art. 11 della legge 7.11.2000 n. 327, per violazione del costo minimo del lavoro rispetto a quanto stabilito dal C.C.N.L. nazionale di categoria, in relazione alla dichiarazione resa in sede di giustificazioni con lettera del 2.9.2005, con la quale la stessa controinteressata ha affermato di avere in forza n. 8 lavoratori impiegati “senza fissazione di minimo retributivo”.
4) Violazione di legge. Violazione dell’art. 1, comma I, della legge n. 327/00 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti- Illegittimità manifesta- Perplessità.
La società cooperativa “La DITTA BETA” sarebbe dovuta essere esclusa automaticamente dalla gara, avendo indicato nella propria offerta un costo orario nettamente inferiore a quello fissato nelle tabelle FISE, in violazione del principio della “par condicio” fra i concorrenti, poiché le offerte della società cooperativa sarebbero, “per definizione”, agevolate rispetto a quelle presentate dagli altri concorrenti.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.
Con atto depositato in data 15.2.2006, si costituiva la stazione appaltante, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia, premettendo che, a seguito della graduatoria di gara, nella quale la società cooperativa “La DITTA BETA” si era classificata al primo posto, con nota del 25.7.2005 n. 3880/AP/00009306 del Direttore dell’Area Patrimonio, era stato avviato il subprocedimento di verifica dell’anomalia, mediante richiesta degli elementi giustificativi dell’offerta, ai sensi dell’art. 25 del Decreto Legislativo 17 marzo 1995 n. 157.
Precisava che la suddetta richiesta veniva riscontrata con lettera del 2.9.2005 della società cooperativa “La DITTA BETA”, la quale chiariva, fra l’altro, di potersi avvalere delle prestazioni di “n. 8 soci lavoratori che conferiscono la propria opera – senza fissazione di minimo retributivo – nell’attività sociale” nonché delle prestazioni di “n. 3 persone con contratto di collaborazione esterna a prestazione d’opera se esistente, c.d. CXX, in forza del quale la contribuzione è regolata in modo fisso e forfettario”.
A riprova della serietà con cui era stato condotto il subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, la difesa della stazione appaltante riferiva, in particolare, che con nota prot. n. 3/5320 del 2.11.2005 aveva conferito incarico di consulenza al dott. Roberto Dellisanti, esperto in materia di cooperative di servizi, il quale, nella sua relazione finale, concludeva per la congruità dell’offerta della società cooperativa “La DITTA BETA”, ritenendo sussistente un margine economico positivo rispetto ai costi del servizio.
Nel merito, la difesa dell’azienda ospedaliera resistente contestava puntualmente le argomentazione svolte in ogni singolo profilo di gravame e concludeva per il rigetto del ricorso, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.
Con i motivi aggiunti notificati in data 16 marzo 2006 e depositati in data 24 marzo 2006, la ricorrente impugnava gli atti epigrafati, svolgendo i seguenti motivi di diritto:
1) Violazione di legge. Violazione della legge 7.11.2000 n. 327 art. 1 . Violazione e falsa applicazione dell’art . 4 C.C.N.L. lavoratori del settore pulizia e servizi integrati. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria. Perplessità;
L’offerta dell’aggiudicataria non sarebbe sufficiente a garantire gli attuali livelli retributivi dei lavoratori dipendenti da essa società ricorrente, che, attualmente, sta eseguendo il servizio, poiché, in relazione ad essi, non è possibile applicare gli sgravi retributivi e contributivi previsti per i soci delle cooperative.
2) Eccesso di potere per difetto d’istruttoria. Violazione di legge. Violazione di legge. Violazione della “par condicio” tra i concorrenti. Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990 n. 241 per difetto di motivazione.
L’amministrazione non avrebbe potuto ritenere accettabile l’offerta della controinteressata, stante la sua palese violazione dei minimi retributivi da corrispondere al personale impiegato nell’esecuzione dei lavori e, in subordine, avrebbe dovuto fornire una esaustiva e dettagliata motivazione sulle ragioni che l’avrebbero indotta a non escludere siffatta offerta, non potendo essere sufficiente un mero rinvio “per relationem” alle giustificazioni rese dalla parte privata.
4) Illegittimità derivata.
Gli atti impugnati in questa sede, per il nesso funzionale che li collega agli atti impugnati con il ricorso principale, risulterebbero inficiati, in via derivata, dagli stessi vizi denunziati con l’atto introduttivo del presente giudizio.
Con memoria depositata in data 21 marzo 2006, la difesa della stazione appaltante replicava puntualmente ai riferiti motivi aggiunti.
Con note di udienza depositate il 21 marzo 2006, la ricorrente ribadiva brevemente le proprie tesi.
Con memoria conclusionale depositata in data 2 marzo 2007, la ricorrente insisteva nelle già prese conclusioni.
Alla pubblica udienza del 21 marzo 2007, il ricorso passava in decisione.
DIRITTO
1. Con il presente giudizio, vengono impugnati gli atti conclusivi del procedimento della gara di appalto, indetta dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia con deliberazione del Direttore Generale n. 666 del giorno 8.6.2005, ai sensi dell’art. 25 della legge della Regione Puglia n. 1 del 7.1.2004, per l’affidamento biennale del servizio di movimentazione interna delle merci, dettagliatamente descritto nell’art. 8 del relativo capitolato di appalto, per un importo presunto, stimato per l’intero periodo, di euro 220.000,00 I.V.A. inclusa, da aggiudicarsi mediante licitazione privata, secondo il sistema del massimo ribasso, come meglio precisato dall’art. 6 del precitato capitolato speciale di appalto.
L’impugnativa, in sostanza, viene incentrata sulle valutazioni positivamente assunte dalla stazione appaltante, in esito al subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta proposta dalla controinteressata società cooperativa “La DITTA BETA”, con particolare riferimento al costo del lavoro.
Com’è noto, la sindacabilità, da parte del giudice amministrativo, in ordine alla discrezionalità tecnica, esercitata dall’amministrazione in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, è limitata al controllo formale dell’"iter" logico seguito nell’attività amministrativa, se ciò appare sufficiente per valutare la legittimità del provvedimento impugnato e non emergano elementi tali da giustificare una ripetizione, secondo la tecnica del sindacato intrinseco, delle indagini specialistiche, fermo restando che esula dai compiti del giudice il riesame delle autonome valutazioni dell’interesse pubblico, effettuate dalla P.A. sulla base delle cognizioni tecniche acquisite.
Ne consegue che, in relazione alla verifica dell’anomalia, l’esito della gara può essere travolto dalla pronuncia del giudice amministrativo solo quando il giudizio negativo, sul piano dell’attendibilità, riguarda voci dell’offerta che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l’intera operazione economica non plausibile e, per l’effetto, non suscettibile di accettazione da parte della stazione appaltante, a causa del residuare di dubbi circa l’idoneità dell’offerta, minata da spie strutturali di inaffidabilità a garantire l’efficace perseguimento dell’interesse pubblico.
2. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 23, comma I, lett. B), del decreto legislativo 7.3.1995 n. 157, in quanto l’azienda resistente ha prescelto, per l’aggiudicazione, il criterio del “prezzo più basso” (previsto dalla lettera A del medesimo comma I dell’art. 23), mentre avrebbe dovuto tener conto anche dei parametri tecnici indicati dalla stessa normativa di riferimento, rilevanti ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto di servizi, che avrebbero consigliato la previsione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il capitolato speciale d’appalto, con l’art. 8, indica le prestazioni previste per l’aggiudicataria e le caratteristiche tecniche del servizio, stabilendo, puntualmente, “in via presuntiva” (commi II e III) il numero delle ore lavorative da effettuarsi e precisando altresì (comma VI) che “qualora durante l’espletamento del singolo intervento dovessero verificarsi circostanze tali da far ritenere necessario da parte dell’azienda committente aumenti o diminuzioni di personale, l’impresa appaltatrice dovrà immediatamente provvedere all’integrazione o alla diminuzione richiesta, anche ricorrendo a temporanee assunzioni di manodopera”.
Invero, poiché residuano scarsi margini di definizione dei contenuti dell’appalto in capo all’iniziativa dell’impresa, nella specie appare non irrazionale la scelta della stazione appaltante di selezionare il contraente sulla base del criterio del massimo ribasso, essendo puntualmente predefiniti e descritti nella “lex specialis” di gara gli elementi progettuali, la cui unica variabile è costituita dal prezzo, rimesso all’offerta di ciascun concorrente.
Né si può ritenere che alcun vincolo possa scaturire al riguardo dal D.P.C.M. 13.3.1999 n. 117, il quale disciplina l’applicazione del metodo di selezione del contraente secondo il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma non per questo esclude la possibilità alternativa di adottare un sistema di scelta del contraente, inteso a privilegiare l’offerta secondo il criterio del massimo ribasso.
La proposta del corrispettivo per tariffa oraria e giornaliera, senza indicazione del numero di dipendenti e della loro qualifica, non è di per sé preclusa da nessuna norma, tanto che l’art. 2 del citato D.P.C.M. n. 117/1999 dispone la scomposizione del prezzo con riferimento al numero di addetti ed ore lavorative soltanto ai fini dell’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e non anche in sede di determinazione del massimo ribasso.
La precisazione delle ore di lavoro e del numero di unità da adibire al servizio può essere, invece, oggetto di richiesta della stazione appaltante (come è avvenuto nel caso di specie) a fronte di offerte anormalmente basse, che necessitino di delucidazioni in merito agli elementi costitutivi, ai sensi dell’art. 25 del decreto legislativo n. 157/1995.
Invero, considerato che, nella specie, l’appalto ha un contenuto agevolmente predeterminabile, si svolge mediante operazioni in larga misura standardizzate ed individua in modo preciso, con la “lex specialis”, il complesso delle prestazioni, la concreta organizzazione del lavoro ed il numero degli addetti può essere lasciata alla iniziativa dell’impresa, senza che ne risulti compromesso il perseguimento del pubblico interesse.
Pertanto, la censura non merita adesione.
3. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione dell’ art. 2 del D.P.C.M. 12.3.1999 n. 117, dell’art. 1 della legge 7.11.2000 n. 327 nonché delle Direttive 77/187/CEE e 92/50/CEE, in quanto la società aggiudicatrice dell’appalto avrebbe presentato un’offerta economica inferiore, quanto alle retribuzioni del personale, ai minimi tariffari previsti dalle tabelle FISE .
L’esponente, pur riconoscendo che la società cooperativa “La DITTA BETA” può avvalersi delle agevolazioni previste dalla legge per il pagamento degli oneri previdenziali per i soci delle cooperative, tuttavia evidenzia l’insufficienza dell’offerta proposta, particolarmente ai fini del mantenimento del livello delle retribuzioni del personale dipendente dalla stessa società ricorrente “Spring 2000 s.a.s.”, che, attualmente, sta espletando il servizio oggetto dell’appalto.
L’amministrazione, invece, contesta il suddetto assunto, evidenziando che non sussisterebbe alcun obbligo diretto di assumere i lavoratori dipendenti della ditta che già ha espletato l’appalto.
L’art. 2 del D.P.C.M. n. 117 del 1999 fa riferimento, per la determinazione del costo del lavoro, non soltanto al "costo stabilito dal C.C.N.L. di categoria" ma anche alle "leggi previdenziali ed assistenziali", consentendo, così, di tener conto anche della normativa che prevede, per i lavoratori soci delle cooperative, oneri previdenziali, assistenziali e contributivi inferiori rispetto alla generalità della imprese aventi fini di lucro.
Infatti, le società cooperative, per l’impiego dei lavoratori soci, godono di una base contributiva ridotta per il calcolo degli oneri previdenziali, assistenziali (D.P.R. 30 aprile 1970, n. 602 e circolare I.N.P.S. 13 gennaio 1971, n. 254) e contributivi (art. 4 L. 8 novembre 1991, n. 381), per cui esse, utilizzando “in toto” o, prevalentemente, lavoratori soci, possono, in sostanza, garantire lo stesso trattamento salariale, retributivo e previdenziale, pur sopportando costi inferiori rispetto alla generalità delle imprese con fini di lucro, che impiegano lavoratori dipendenti.
Inoltre, le cooperative usufruiscono di un regime tributario agevolato (artt. 10 e 11 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601).
Del resto, il D.P.C.M. n. 117 del 1999 non può che essere letto ed interpretato alla luce dell’art. 45 della Costituzione, contenente un riferimento specifico alla funzione sociale della cooperazione, con la conseguenza che va esclusa ogni interpretazione del precitato art. 2 del D.P.C.M. n. 117 del 1999, intesa a penalizzare (forzando, oltretutto, il significato letterale del suo enunciato) le cooperative in sede di conferimento degli appalti pubblici di servizi, non consentendo alle stesse di far valere il minor costo effettivo per l’impiego di lavoratori soci, conformemente alle proprie finalità.
Ed invero, le disposizioni del D.P.C.M. n. 117 del 1999 sono dirette a garantire la congruità della offerte e non a parificare, artificialmente ed in contrasto con la realtà, i costi per la manodopera delle cooperative e quelli della generalità delle imprese.
Lo stesso D.M. 19 luglio 2002, che determina il costo medio orario del lavoro per il personale dipendente dalle imprese esercenti servizi di pulizia, precisa (art. 2) che il costo del lavoro determinato nelle tabelle "è suscettibile di oscillazione in relazione a … benefici (contributivi, fiscali od altro) previsti da norme di legge di cui l’impresa può usufruire".
Dunque, una società cooperativa, avendo diritto a benefici previdenziali e contributivi per i propri soci lavoratori, ben può rispettare i livelli retributivi fissati dalla contrattazione collettiva, pur versando i previsti contributi in misura ridotta, che non determinano in alcun modo la perdita dei benefici del trattamento previdenziale ed assistenziale assegnato alle cooperative dal D.P.R. 30 aprile 1970 n. 602 .
Alle suddette considerazioni, occorre aggiungere un doveroso richiamo alla rinunziabilità all’utile d’impresa (che differenzia le cooperative rispetto alle società commerciali).
Ciò consente di ritenere, quindi, che l’indicazione di un prezzo più basso, in relazione ai minori oneri contributivi e previdenziali da versare per i lavoratori soci di cooperativa, risulta giustificato, poiché non si traduce necessariamente in violazione della tabelle FISA o dei minimi salariali stabiliti dalla contrattazione collettiva.
La difesa della parte ricorrente assume, inoltre, che l’offerta presentata dall’aggiudicataria, essendo relativa a servizio già in essere, sarebbe soggetta all’applicabilità della disciplina del C.C.N.L. del 4 ottobre 1997, relativo ai lavoratori delle imprese di pulimento e servizi integrati, il cui art. 4 dispone che, nel momento in cui vi è cambio d’appalto, la ditta subentrante ha l’obbligo inderogabile di assumere tutto il personale già esplicante sul sito la prestazione lavorativa, senza possibilità di licenziamenti di sorta.
Pertanto, ad avviso della ricorrente, l’offerta della ditta aggiudicataria sarebbe incongrua almeno in relazione a quest’ultima categoria di lavoratori dipendenti, in relazione ai quali non potrebbe invocare, a sua giustificazione, benefici e sgravi di sorta né tanto meno potrebbe chiedere l’applicazione di normative a carattere regionale, perché, altrimenti, violerebbe la “par condicio” tra i concorrenti.
L’art. 4 del C.C.N.L. del 4 ottobre 1997 pone un obbligo di riassunzione del personale in forza alla ditta che in precedenza esercitava il medesimo servizio che non necessariamente si traduce in un’assoluta identità del modello organizzativo dell’assetto di impresa nei suoi riflessi sui costi della mano d’opera utilizzata: la norma, infatti, prende in considerazione anche la possibilità di armonizzare eventuali nuove esigenze tecnico-organizzative con il mantenimento dei livelli occupazionali, "anche facendo ricorso a processi di mobilità da posto di lavoro a posto di lavoro … ovvero a strumenti quali part/time, flessibilità delle giornate lavorative, mobilità", tali da consentire economie nei costi del personale in relazione alle modalità di utilizzo della forza lavoro, rilevanti ai fini della formulazione dell’offerta.
In altri termini, l’aggiudicataria ben potrebbe utilizzare il personale della precedente impresa anche in altri servizi o con orari diversi, o come socio lavoratore, con tutti i conseguenti vantaggi contributivi e fiscali derivanti dall’applicazione delle norme sopra indicate.
Appare significativo al riguardo il fatto che la giurisprudenza ha affermato che, in forza del precitato art. 4 del C.C.N.L., non sorge alcun diritto diretto ed immediato dei lavoratori ad essere assunti alle dipendenze della nuova azienda aggiudicatrice dell’appalto (cfr.: Cass.Civ., Sez. Lav., 13 dicembre 1999, n. 14001).
Ma, per quanto interessa ai fini del presente giudizio, assume rilievo particolarmente determinante il fatto che l’eventuale inosservanza dell’obbligo di assumere il personale già operante per la precedente impresa attiene unicamente alla fase di esecuzione del contratto di appalto e non certo alla precedente fase di gara, in cui l’offerta deve essere ritenuta ammissibile allorché il costo orario del lavoro, maggiorato degli oneri previdenziali ed assistenziali, non sia inferiore a quello minimo. risultante dall’applicazione delle tabelle ministeriali e delle leggi previdenziali ed assistenziali.
Ne consegue l’infondatezza anche di questa censura.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce difetto di istruttoria per non aver la stazione appaltante effettuato idonei accertamenti, al fine di appurare i minimi retributivi spettanti al personale impiegato nell’esecuzione degli appalti.
Ad avviso dell’esponente, la stazione appaltante avrebbe dovuto dichiarare automaticamente l’anomalia dell’offerta, ai sensi dell’art. 11 della legge 7.11.2000 n. 327, per violazione del costo minimo del lavoro rispetto a quanto stabilito dal C.C.N.L. di categoria, in relazione alla dichiarazione resa in sede di giustificazioni con lettera del 2.9.2005, con la quale la stessa controinteressata ha affermato di avere in forza n. 8 lavoratori impiegati “senza fissazione di minimo retributivo”.
Le tabelle FISE, previste dall’art. 1 della legge 7.11.2000 n. 327 (valutazione dei costi del lavoro e della sicurezza nelle gare di appalto), indicano un costo medio del lavoro e costituiscono un parametro di riferimento per determinare le offerte anormalmente basse ai sensi e per gli effetti dell’art. 25 d.l. 17 marzo 1995 n. 157 e, cioè, quelle offerte che si discostino in modo evidente dalle tabelle medesime.
Tuttavia, in sede di verifica dell’anomalia, all’ente aggiudicatore è richiesto di verificare che il valore economico del costo del lavoro sia adeguato e sufficiente rispetto al costo indicato nella tabella.
L’art. 25 del decreto legislativo n. 157/95, nello stabilire il principio della inderogabilità, da parte dell’appaltatore e della stazione appaltante, degli anzidetti minimi retributivi, impone all’amministrazione, per ogni tipo di appalto, di considerare, in sede di predisposizione della gara e di valutazione dell’anomalia delle offerte, sia l’adeguatezza dei valori economici richiesti ed offerti rispetto al costo del lavoro salariato legale che il rispetto delle regole previdenziali ed assistenziali a tutela della sicurezza.
Tale principio generale dell’ordinamento di settore, si ricollega, a sua volta, con basilari esigenze di rispetto della dignità e della sicurezza dei lavoratori, sancite ai seguenti diversi livelli di normazione:
1) a livello internazionale: con il “Patto sui diritti economici, sociali e culturali”, approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966; con gli artt. 3, 4, 11 e 12 della Carta Sociale Europea, adottata dal Consiglio d’Europa riveduta a Strasburgo il 3 maggio 1996 e ratificata in Italia dalla legge 9 febbraio 1999, n. 30;
2) a livello comunitario: con gli artt. 31 e 34 della “Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea”, resa a Nizza il 7 dicembre 2000; con gli artt. 136, 137 e 140 del Trattato CE nel testo successivo al “Trattato di Amsterdam” nonché con la Carta Comunitaria dei Diritti Sociali dei Lavoratori, sottoscritta il 9 ottobre 1989;
3) a livello nazionale: con le disposizioni fondamentali sancite dagli artt. 2, 36 e 38 della Costituzione, nonché con gli artt. 2087 e 2099 del codice civile.
Orbene, la legge 7 novembre 2000, n. 327 costituisce il compendio e l’espressione sintetica del suddetto principio generale della inderogabilità del minimo retributivo, nel suo vario articolarsi in relazione ai diversi aspetti disciplinati dalla normativa riveniente dalla diverse fonti precitate.
In relazione al suddetto principio, utili indicazioni (anche se in direzione “lavoristica”, più che pubblicistica) provengono dalla giurisprudenza della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, che ne ha indagato tanto la ratio, quanto la sua intima connessione con l’art. 36 Cost.
In particolare, con la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 8.1.2002, n. 132, è stato evidenziato come, da una serie di scelte legislative, che vanno dal generale obbligo, imposto agli Uffici del Lavoro, di assicurare l’applicazione delle norme collettive, a quello parimenti previsto dall’articolo 36 della legge 20.5.1970 n. 300, per i contratti di appalto di opere pubbliche e per la concessione di benefici agli imprenditori (quali quelli ex art. 4 della legge 5.8.2078 n. 502; art. 1, comma I della legge 28.11. 1980 n. 782; art. 2 legge 21.5.1982 n. 267; legge 31.7.1986 n. 440), nonché ai cosiddetti ”contratti di riallineamento” (art. 6, comma XI della legge 24.10.1989 n. 389; legge 28.11.1996 n. 608), si può desumere che il legislatore tende a considerare, in linea generale, la retribuzione prevista dalla norma collettiva come il parametro più idoneo a specificare la retribuzione prevista dall’articolo 36 della Costituzione, attraverso l’adeguamento di questo principio alle contingenze reali, non solo temporali (con una norma che man mano si rinnova), bensì spaziali (con il rilievo dato ai contratti provinciali e alle strutture decentrate, quali maggiormente idonee ad interpretare le esigenze reali ed a costituire la norma del settore).
In base a questo rilievo legislativo, la retribuzione prevista dalla norma collettiva acquista, pur solo in via generale, una “presunzione” di adeguatezza ai principi di proporzionalità e di sufficienza.
Inoltre, la Corte Cassazione – Sezione Lavoro, con ordinanza 16 aprile 1996 n. 328, nel sollevare la questione di costituzionalità del già citato art. 36 della legge n. 300/1970, in relazione alla mancata previsione della clausola di equo trattamento nei casi di concessione di pubblici servizi, ha individuato la “ratio” della suddetta norma nella volontà di garantire, in tutti i casi in cui nell’esercizio di un’attività imprenditoriale intervenga la P.A., un livello minimo di tutela ai lavoratori che ne siano coinvolti.
Conseguentemente, sul piano pubblicistico, le implicazioni dell’inosservanza del suddetto principio dell’inderogabilità dei minimi retributivi nei procedimenti ad evidenza pubblica comportano che la non conformità dell’offerta ai “valori minimi” retributivi, imposti da atti imperativi, va sanzionata con l’adozione di un provvedimento di esclusione (cfr.: Cons. Stato, sez. VI, 13 giugno 2000, n. 3288), poiché la violazione delle norme inderogabili poste da leggi o da contratti collettivi in materia di minimi retributivi, contributivi e previdenziali ha diretta rilevanza sui contratti di appalto pubblici (T.A.R. Toscana, Sez. II, 14 febbraio 2000, n. 173 e T.A.R. Bari, Sez. II, 17 settembre 1996 n. 552).
Orbene, applicando i suesposti principi al caso di specie, la non conformità dell’offerta della società cooperativa “la DITTA BETA” ai "valori minimi" imposti da atti imperativi quanto a “n. 8 soci lavoratori che conferiscono la propria opera – senza fissazione di minimo retributivo – nell’attività sociale” (lettera del 2.9.2005), avrebbe dovuto essere sanzionata con un provvedimento di esclusione, reso a conclusione del procedimento di verifica dell’anomalia.
Invero, nelle specie, l’indicazione di n. 8 dipendenti senza fissazione di un minimo retributivo, ponendosi in contrasto con norme imperative di legge, costituisce una circostanza ex sé insuscettibile di poter essere giustificata, senza lasciar spazio ad alcuna indagine intesa a dimostrare la sussistenza di un margine economico per l’impresa.
Pertanto, la censura si appalesa meritevole di accoglimento.
La fondatezza di quest’ultima doglianza di natura sostanziale, comportando la caducazione dell’impugnata aggiudicazione, in coincidenza con l’interesse specifico dedotto dalla parte ricorrente, consente di poter disporre l’assorbimento delle altre censure svolte con il ricorso principale e con i motivi aggiunti.
In definitiva, il ricorso si appalesa fondato e va accolto e, per l’effetto, vanno annullati gli atti impugnati, per quanto di interesse.
Vanno parzialmente compensate le spese di giudizio, che vengono liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati, per quanto di interesse.
Compensa in parte le spese di giudizio, condannando l’amministrazione resistente “Ospedali Riuniti Azienda Ospedaliero – Universitaria Foggia” al pagamento delle spese e degli onorari del presente giudizio, nella misura complessiva e forfettaria di €. 2.000,00 (euro duemila), in favore della parte ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 21 marzo 2007, con l’intervento dei Signori:
Corrado Allegretta – Presidente
Vito Mangialardi – Componente
Concetta Anastasi – Componente, Est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 20 giugno 2007
(Art. 55, Legge 27 aprile 1982 n.186)
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