Ci risiamo! Dopo esserci occupati, su questa stessa Rivista,
[2] di un caso di ‘usurpazione’ di beni immobili, ed aver approfondito, una prima volta, in maniera non accademica, ma professionale, l’OCCUPAZIONE ABUSIVA di immobili, dobbiamo, nostro malgrado, occuparcene ancora una volta.
[3]
I casi trattati, infatti, nel frattempo, si sono moltiplicati. Risolti, allo stato , nessuno.
a) Nel caso precedentemente trattato, infatti, Tizio, all’atto dello scioglimento del contratto di affitto dell’intero immobile, aveva ritenuto di trattenere per sé una stanza, ‘perché gli serviva’. Tizio è stato denunciato alla Procura della repubblica competente per territorio ma nulla è accaduto, ad oggi.
b) Oggi, quello stesso immobile, per la parte mancante, e cioè i tre vani liberi, è stata usurpata da altra persona, la quale, fingendosi interessata a stipulare un regolare contratto di affitto, entrava nell’appartamento per occuparlo illegittimamente. Infatti, la stessa, dopo aver pagato la caparra, all’atto della firma del contratto, non versava più alcunché, nemmeno un canone. La signora veniva immediatamente denunciata ai Carabinieri delle locale stazione ma gli stessi riferivano che per intervenire era necessario un provvedimento di un giudice.
c) Ma i casi da trattare non finiscono qui. Sempre nello stesso comune, la proprietaria di quell’immobile, assieme ad altri, decideva di comprare all’asta fallimentare un garage Autorimessa sito nelle vicinanze dell’immobile di cui sopra. Il bando di gara parlava di un locale ‘libero’. In realtà, all’atto del trasferimento dei beni, i nuovi proprietari scoprivano che il precedente occupante, non solo non lo aveva liberato, ma che nemmeno aveva intenzione di liberarlo.
I casi trattati quindi sono tre.
La proprietà, come scritto nel precedente articolo, non sembra avere tutela penale. Infatti all’atto della richiesta di intervento alle Forze dell’ordine, in flagranza di reato (trattasi, in tutti e tre i casi, di reati permanenti) la risposta è stata la medesima: occorre un provvedimento del giudice.
Per la verità, in un caso verificatosi a Roma, di recente, in cui alcuni senza tetto avevano occupato uno stabile nuovo, da consegnare da parte dell’impresa costruttrice ai singoli legittimi proprietari, il giorno dopo – l’immobile – era già stato sgomberato. Non è dato sapere cosa e come sia stato risolto il problema, perché la notizia, data al TG1, non veniva riportata sui quotidiani del giorno dopo.
La situazione però è la medesima. Tizia si trova ad avere la stanza di un appartamento occupata, ma non riesce a liberarla; occorre promuovere un giudizio civile ad hoc e così viene fatto. Per intanto però Tizio continua imperterrito ad occupare la stanza.
Non contento Tizio occupa anche il garage appena acquistato da Tizia assieme ad altri proprietari all’asta fallimentare. Forse, in questo caso, lo ha incoraggiato la circostanza che il primo misfatto è rimasto impunito.
Ma la circostanza più grave è come ancora in uno stesso immobile già in parte usurpato da Tizio possa arrivare un’altra persona, che chiameremo Sempronia, a usurpare gli altri locali rimasti a Tizia. Oltre al danno la beffa.
Tizia, infatti, con l’appartamento pregiudicato nella sua sostanza (quattro vani iniziali, rimasti tre) prova ad affittarlo comunque o a venderlo. Si presenta Sempronia, con una fretta maledetta di affittarlo. Si accolla i lavori ed il trasloco, pur di entrarvi al più presto. Ma il contratto di affitto che va a stipulare si rivela subito capestro. Era solo il modo di entrare nell’appartamento per poi occuparlo. Sempronia, infatti, ben sapendo di non avere i soldi per mantenerlo, trova subito delle scuse per non pagare l’affitto. Fa persino scrivere da un avvocato alla proprietaria, adducendo la scarsa luminosità di un appartamento che fino a pochi giorni prima aveva tanta fretta di affittare. Infine risolve essa stessa il contratto, unilateralmente. Si scrive all’avvocato di lei per farle allora restituire l’immobile, avendo ormai lei stessa rescisso il contratto; nulla da fare; si scopre, anzi, dopo mesi, che l’avvocato aveva rinunciato al mandato.
2. La questione teorica
La questione teorica, dunque, è la stessa trattata qualche mese fa. Configurasi, nei casi trattati, la fattispecie di reato dell’art. 633 c.p. ? Molti, infatti, dicono di no.
Cambiano, soltanto, le modalità di consumazione del ‘presunto’ reato.
Identica è tuttavia la trattazione teorica, con analoghi problemi rispetto al caso già trattato; esiste o meno la possibilità che si configuri il reato di cui all’art. 633 c.p. o no ?
3. Il caso C. – Analisi
Tizia è proprietaria di un immobile vuoto, ricevuto in eredità dal padre defunto.
Poiché l’appartamento è stato depauperato di una stanza dal precedente inquilino (veggasi il caso A. del 14/9/2006 cit. su questa stessa Rivista), Tizia dispera di poterlo affittare nuovamente.
Dei quattro vani di cui si compone l’appartamento, infatti, come risulta da catasto, uno è stato murato dal precedente inquilino, che se ne è appropriato, prima di lasciare il resto dell’appartamento alla sua proprietaria,
‘perché gli serviva’. Può Caio ritenersi responsabile del reato ex art. 633 c.p. per aver espropriato la proprietaria di un vano del suo appartamento ?
[4]
Il caso c. – invece – è il seguente: un giorno si presenta a Tizia, Sempronia, sconosciuta, che, essendo in procinto di lasciare un’altra abitazione, ha bisogno di trovarne un’altra al più presto. L’appartamento viene mostrato a Sempronia, che lo accetta nello stato di fatto e di diritto in cui si trova. Le parti sottoscrivono un regolare contratto di locazione immobiliare, poi registrato a spese di Tizia. Sennonché Sempronia, dopo aver firmato il contratto e versato due mensilità a titolo di caparra, si rifiuta di pagare, già al primo mese successivo, il canone d’affitto, lamentandosi del fatto che l’appartamento è poco luminoso. Tizia da perciò incarico al proprio legale di inoltrare più di un sollecito di pagamento; ma tutti rimangono senza riscontro. Chiede aiuto ai carabinieri del luogo, che richiedono però un provvedimento del giudice. Viene perciò intrapresa una possessoria per la restituzione delle chiavi dell’appartamento. Sempronia, dopo qualche mese di canoni insoluti, invia lei stessa a Tizia una disdetta contrattuale. Ciononostante essa rimane nell’alloggio, senza pagare alcun canone; e ciò dall’inizio del rapporto contrattuale ad oggi. Dopo qualche mese Sempronia lascia l’immobile per trasferirsi altrove ma non restituisce l’immobile a Tizia.
4. Violenza
Qualcuno ha ritenuto configurarsi, nella fattispecie de quo, violenza; un reato poco grave ma che presuppone una denuncia scritta a carico della usurpatrice e del marito, essendo il reato di violenza perseguibile a querela. Ma non tutti sono d’accordo perché, secondo alcuni, il fatto che Sempronia sia entrata nell’appartamento con il consenso di Tizia, cioè per contratto di locazione, eliderebbe questa possibilità.
5. Violazione di domicilio
Qualcuno ha ipotizzato il reato di violazione di domicilio, infatti, pur se entrata con il consenso di Tizia, Sempronia ed il marito vi si è trattenuta e si trattiene malgrado il presupposto della sua permanenza (il contratto di affitto) e il consenso alla permanenza della proprietaria sia venuto meno. A questo argomento si replica che, così facendo, ogni sfratto dovrebbe risolversi in una violazione di domicilio.
6. Configurabilità del reato ex art. 633 c.p.
Il reato che più attinenza sembra avere con il caso di specie, che assorbirebbe le altre fattispecie di reato e sarebbe speciale rispetto agli altri reati sopra nominati, è il reato di invasione di edifici.
Ora, l’orientamento prevalente rispetto ad un caso del genere, sembrerebbe essere nel senso della non configurabilità del tipo di reato citato. Piuttosto poche sono infatti le pronunce di condanna che si rinvengono nella manualistica in un caso di specie.
Per la verità il caso di specie si diversifica dai casi di normale occupazione che si trovano nella manualistica. Nel caso di specie, infatti, il conduttore si è reso tale solo ed in funzione strumentale per aprire la tutela civilistica prevista per gli inquilini morosi. Tra Condoni e moratorie varie, infatti, gli inquilini morosi hanno spesso la possibilità di prolungare il contratto di affitto. Ma qui l’usurpatore si è vestito da conduttore per il tempo sufficiente ad ingannare il locatore. Ma, dopo la stipula del contratto di locazione, più che un conduttore inquilino, Sempronia si trasforma in una occupante. Alla proprietaria, da allora in poi, viene negato qualsiasi diritto, persino quello di visitare il bene immobile, e non solo quello ai canoni affittuari.
Il fatto che l’inquilino occupi – con la violenza – l’appartamento del locatore, per detenervi le proprie masserizie, dopo aver lui stesso risolto il contratto di locazione, e – soprattutto – dopo aver abbandonato spontaneamente l’appartamento per andare ad abitare altrove – è reato piuttosto grave che della violenza ha il connotato più evidente e maggiore.
Si legge nei commentari a sentenze che la fattispecie del 633 c.p. si realizza, più che altro, quando si verifichi una ‘invasione’ dell’immobile altrui. E, in particolare, di fondi altrui, più che di edifici. ‘Invasione’ è un concetto che viene inteso, in questi casi, come posto in essere da una massa o comunque da una pluralità di persone. Mentre così non è, né si spiega il motivo per il quale il concetto dovrebbe essere inteso in modo così restrittivo. L’invasione ben può essere perpetrata da un solo soggetto. L’invasione, infatti, è ‘l’occupazione di uno spazio altrui’. E ben può essere perpetrata anche da un solo soggetto.
Un’altra interpretazione limitativa della fattispecie è quella secondo la quale il reato non si configura quando il presunto invasore già occupava lo spazio in questione, con un titolo legittimante. Ma anche tale ricostruzione, a parere di chi scrive, è restrittiva.
Non si vede, infatti, per quale motivo chi è già all’interno, autorizzato, non possa, successivamente, non più autorizzato, essere considerato come ‘invasore’ dell’altrui proprietà. L’invasione può aversi dall’esterno; ma può aversi anche dall’interno.
Che poi, guardando all’aspetto del bene tutelato, più che alla condotta oggettiva, non si vede come si possa immaginare un ordinamento giuridico in cui la proprietà immobiliare altrui possa essere considerata priva di tutela penale sic et simpliciter. Anche perché, attraverso la tutela del suo patrimonio, si tutela anche la persona e la sua individualità e personalità.
Cosicché, per assurdo, rubare due batterie stilo del valore di quattro euro e cinquanta centesimi da un supermercato darebbe luogo ad una condanna a quattro mesi di carcere, per furto, com’è accaduto e accade in certe parti d’Italia; mentre, l’occupazione abusiva di un appartamento altrui sarebbe lecito, in altre parti d’Italia.
Inoltre, e infine, non può immaginarsi che il legislatore abbia voluto tutelare la sola proprietà mobiliare, cioè i beni mobili altrui; e non, invece, la proprietà immobiliare (i beni immobili altrui).
Fine
Avv. Matteo di Bari
[1] Questo articolo è dedicato alla prof.ssa Susanna Germano di Monfalcone, che ci ha lasciato – prematuramente – a 29 anni.
[2] Diritto & Diritti, 14/9/2006.
[3] Si ringraziano gli amici avvocati e giudici del sito Penale.it diretto da Daniele Minotti
[4] Per la Risposta rimandiamo a quell’Articolo.
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