Ai sensi dell’art. 20 reg. reg. n. 1 del 2004 della Lombardia, l’ampliamento stabile del nucleo familiare dell’assegnatario, al di fuori dei casi di accrescimento legittimo ovvero naturale, al fine di ricomprendere in detto nucleo soggetti che non ne facevano parte al momento dell’assegnazione, è ammesso nei confronti di persone legate all’assegnatario da vincoli di convivenza more uxorio, di parentela, di affinità. Esso è ammesso altresì nei confronti di persone prive di vincoli di parentela o affinità quando siano riscontrabili finalità di assistenza morale e materiale, nonché il carattere di stabilità, previa dichiarazione resa dall’assegnatario e dalle persone con cui si intende istituire la convivenza e semprechè l’ampliamento stabile del nucleo familiare non comporti la perdita di uno o più dei requisiti previsti per la permanenza nell’alloggio, indicati nell’articolo 8 reg. reg. cit., e quando non generi una condizione di forte sovraffollamento. La domanda di ampliamento deve essere presentata all’ente gestore dell’alloggio il quale, entro 30 giorni dalla richiesta, accerta, per il nuovo nucleo familiare, la sussistenza dei requisiti di legge. Possono altresì subentrare nell’assegnazione i componenti del nucleo familiare non facenti parte del nucleo assegnatario, ma conviventi al momento del decesso dell’assegnatario e negli altri casi in cui il titolare della locazione sia uscito dal nucleo familiare, purché tali soggetti siano stati autorizzati dall’ente gestore secondo la disciplina indicata ai commi 7, 8 e 9 e la durata della convivenza non sia inferiore a tre anni, sempre che gli stessi siano in possesso dei requisiti per la permanenza nell’e.r.p. e la loro situazione economica non sia superiore a quanto previsto al comma 1, lettera e) dell’articolo 18._Orbene, nella fattispecie per cui è causa, non sussisteva in capo alla ricorrente l’autorizzazione dell’ente gestore alla convivenza con l’assegnatario dell’alloggio e, soprattutto, non sussisteva la previa dichiarazione di volontà in tal senso dell’assegnatario_ l’occupazione e il godimento di fatto di alloggi popolari ed economici in mancanza di un provvedimento di assegnazione non può dare luogo ad alcun valido ed efficace rapporto tra l’ente proprietario o gestore dell’immobile e l’occupante, onde il provvedimento di rilascio intimato all’occupante abusivo è atto essenzialmente vincolato correttamente motivato sulla scorta del solo suo presupposto applicativo.
Merita di essere segnalato il seguente passaggio tratto dalla sentenza numero 1253 del 24 aprile 2008, inviata per la pubblicazione in data 9 maggio 2008, emessa dal Tar Lombardia, Milano
< Orbene, nella fattispecie per cui è causa, non sussisteva in capo alla ricorrente l’autorizzazione dell’ente gestore alla convivenza con l’assegnatario dell’alloggio e, soprattutto, non sussisteva la previa dichiarazione di volontà in tal senso dell’assegnatario. Inoltre, come eccepito dalla difesa comunale, al momento del decesso del sig. Vignelli (marzo 2005), la ricorrente non era neppure residente nell’alloggio per il quale aveva chiesto il subentro (ma presso i genitori di lei come risulta dal censimento anagrafico reddituale del 2004) e, nel rapporto informativo del 6 aprile 2005 (cfr. doc. 3), la ricorrente stessa aveva dichiarato di occupare l’alloggio dall’inizio del mese di marzo 2005. E’ noto, poi, che l’ospitalità temporanea non produce effetti amministrativi ai fini del subentro, del cambio alloggio e della determinazione del reddito familiare (art. 21 reg. reg. cit.).
In definitiva, il rigetto del ricorso amministrativo avverso il diniego al subentro del 20 settembre 2004 (che ha riformato in autotutela quello del 16 marzo 2004) appare legittimo sotto il profilo delle cause ostative addotte: 1. non risultava inoltrata richiesta di ampliamento da parte del titolare; 2. non esisteva autorizzazione ad abitare l’alloggio rilasciata dall’ente gestore; 3. non sussisteva il requisito della stabile convivenza formalmente autorizzata per almeno tre anni.>
Ma non solo
<L’eccezione di incompetenza del Direttore del settore casa del Comune di Milano, quale legale rappresentante dell’ente proprietario (dell’alloggio occupato sine titulo) è infondata.
Ai sensi dell’art. 24 reg. reg. Lombardia n.1/2004, il legale rappresentante dell’ente proprietario o dell’ente gestore, se delegato, dispone il rilascio degli alloggi di e.r.p. nei confronti degli occupanti senza titolo. A tal fine diffida preventivamente, con lettera raccomandata, l’occupante a rilasciare l’alloggio entro 15 giorni e gli assegna lo stesso termine per la presentazione di deduzioni scritte e di documenti. La norma citata, fondante in capo all’amministrazione il potere generale di rilascio dell’immobile occupato abusivamente, impone di interpretare l’art. 20, VI comma, nel senso che anche qui il potere dell’ente gestore “di disporre, previa diffida, il rilascio degli alloggi nei confronti del nucleo familiare che permane nell’alloggio oltre i termini di rilascio stabiliti dal comune, a seguito del diniego di subentro nell’assegnazione”, non escluda affatto la legittimazione concorrente dell’ente proprietario>
A cura di Sonia Lazzini
T.A.R. LOMBARDIA – SENT. N. 1253/2008 DEL 24/04/2008
N. /08 Reg. Sent.
N. 1528/2006 + 2229/2007 Reg. Ric.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE per la LOMBARDIA, SEZIONE III
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1528/2006 proposto da A. Loredana e n. 2229/2007 proposto da A. Loredana e M. Vincenzo, tutti rappresentati e difesi dall’Avv.to Roberto Fortunato, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Milano, via G. Ripamonti n. 66
contro
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Comunale, elettivamente domiciliato presso i suoi uffici in Milano, via Guastalla n. 8
per l’annullamento
del provvedimento del Direttore del settore edilizia popolare assegnazione alloggi del Comune di Milano (adottato il 16 marzo 2006 e notificato in data 5 aprile 2006) di rigetto del ricorso amministrativo avverso il diniego di subentro nell’assegnazione dell’alloggio e.r.p. comunicato con lettera ricevuta il 4 giugno 2005;
del provvedimento del Direttore del settore edilizia popolare assegnazione alloggi del Comune di Milano (adottato il 20 settembre 2006 notificato il 4 ottobre 2006) di rigetto del ricorso amministrativo avverso il diniego di subentro nell’assegnazione dell’alloggio e.r.p. comunicato con lettera ricevuta il 4 giugno 2005;
del decreto di rilascio ai sensi dell’art. 24 del reg. reg. Lombardia n. 1/2004 adottato il 27 agosto 2007 dal Direttore del settore casa del Comune di Milano, notificato in data 7 settembre 2007;
nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, nonché
per il riconoscimento del diritto al subentro
ai sensi e per gli effetti degli artt. 2 e 14 L.R. 28/90 e s.m., nonché artt. 2 e 20 R.R. n.1/04, nonché ancora
per il riconoscimento del diritto
all’assegnazione di un alloggio ai sensi dell’art.10 della L.R. 28/90 e s.m. e del R.R. n. 1/04.
VISTI i ricorsi ed i documenti depositati;
VISTE le memorie di costituzione in giudizio della resistente amministrazione;
VISTI gli atti tutti di causa;
uditi alla pubblica udienza del 13 marzo 2008, relatore il dott. Dario Simeoli, l’avv.to Roberto Fortunato per i ricorrenti e l’avv.to Loredana Mattaliano (per delega dell’avv.to Antonella Fraschini) per l’amministrazione comunale
FATTO
Con il primo ricorso notificato il 24 maggio 2006 e successivi motivi aggiunti del 30 novembre 2006, la sig.ra A. ha impugnato il diniego di subentro nell’assegnazione dell’alloggio e.r.p. in epigrafe, deducendo:
che, nel corso dell’anno 2004, le era stata negata dal Comune di Milano l’assegnazione di alloggio ex art. 10 l. reg. Lombardia n. 28 del 1990;
che, sempre nel corso dell’anno 2004, aveva chiesto di subentrare al sig. Vignelli, assegnatario di alloggio e.r.p. in Milano, presso il quale era andata ad abitare nel corso del 2001, ma che le era stato opposto il rigetto;
che, con provvedimento adottato il 16 marzo 2006 (e notificato in data 5 aprile 2006), il Comune di Milano aveva rigettato il ricorso amministrativo avverso il diniego di subentro;
che, con provvedimento del 20 settembre 2006, il Comune di Milano aveva adottato un ulteriore provvedimento di rigetto sul medesimo ricorso amministrativo, anch’esso impugnato con motivi aggiunti.
Con il secondo ricorso notificato il 29 ottobre 2007, A. Loredana e M. Vincenzo hanno impugnato il provvedimento del 27 agosto 2007 (notificato in data 7 settembre 2007) con cui il Comune di Milano ha loro intimato il rilascio dell’alloggio ai sensi dell’art. 24 del reg. reg. n. 1 del 2004.
Tanto premesso, hanno chiesto al Tribunale Amministrativo Regionale di annullare i provvedimenti impugnati e di tutti quelli presupposti, connessi, consequenziali, in quanto viziati da violazione di legge ed eccesso di potere.
Si è costituito in giudizio per entrambi i ricorsi il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, chiedendone l’integrale rigetto.
Con ordinanza cautelare del 15 novembre 2007 (pronunciata sulla istanza incidentale contenuta nel ricorso n. 2229 del 2007), il Tribunale Amministrativo Regionale ha rigettato la richiesta di sospensione perché sprovvista di fumus boni iuris.
Sul contraddittorio così istauratosi, all’udienza del 13 marzo 2008, entrambe le cause sono state discusse e decise con sentenza definitiva.
DIRITTO
1. Preliminarmente, i due ricorsi in epigrafe indicati vanno riuniti per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva.
2. L’impugnazione dei provvedimenti del Direttore del settore edilizia popolare assegnazione alloggi del Comune di Milano adottati rispettivamente il 16 marzo 2006 ed il 20 settembre 2006 (entrambi di rigetto del ricorso amministrativo avverso il diniego di subentro nell’assegnazione dell’alloggio del 4 giugno 2005) non può essere accolta.
2.1. La sig.ra A. deduce la violazione dell’art. 10 bis L. 241 del 1990.
L’eccezione va disattesa dal momento che la norma richiamata si applica ai soli procedimenti ad istanza di parte tra i quali non rientrano quelli contenziosi promossi con ricorso (e, quindi, non con domanda amministrativa). Il procedimento definito dai provvedimenti impugnati ha, infatti, natura eminentemente giustiziale, di ricorso amministrativo ai sensi del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, e non già di procedimento amministrativo genericamente disciplinato dalla l. 7 agosto 1990 n. 241. Invero, se senza dubbio l’amministrazione investita di un ricorso amministrativo deve consentire il contraddittorio prima di decidere nel merito il gravame ed ha l’obbligo di comunicare il gravame stesso ai soggetti direttamente interessati ed individuabili sulla base dell’atto impugnato, deve invece ritenersi non dovuto il contraddittorio pre-decisorio introdotto dall’art. 6 L. 11 febbraio 2005 n. 15 il cui svolgimento si giustifica, a fini deflattivi, soltanto per i procedimenti di amministrazione attiva. Difatti, nell’ambito dei rimedi giustiziali, formandosi il contraddittorio già ab initio sul rigetto di una istanza, l’istituto si tradurrebbe in un inutile aggravio procedimentale.
2.2. Le deduzioni secondo cui la prima decisione resa sul ricorso amministrativo (in data 16 marzo 2006) illegittimamente ne aveva rilevato l’intempestività (per violazione del termine di trenta giorni stabilito dall’art. 20, comma 5, del reg. reg. n. 1 del 2004) sono superate dal fatto che lo stesso organo (con comunicazione del 20 settembre 2004) ha poi in autotutela riformato la precedente decisione ed affrontato il “merito” delle doglianze.
2.3. Alcuna decadenza dal potere di decidere sul ricorso è predicabile. Ai sensi dell’art. 20, comma 5, reg. reg. n. 1/2004 Lombardia, avverso il diniego di rinnovo per subentro, è ammessa, entro 30 giorni dal ricevimento del diniego stesso, richiesta di riesame al comune, che si esprime entro 30 giorni dal suo ricevimento. Ritiene il Collegio che la norma non prescriva sul punto alcun termine perentorio. Al riguardo è possibile richiamare sinteticamente l’opinione giurisprudenziale emersa in relazione alla generale ipotesi di cui all’art. 2 l. n. 241 del 1990 quale norma che pone un termine acceleratorio per la definizione dei procedimenti amministrativi e non contiene, invece, alcuna prescrizione in ordine alla perentorietà dello stesso, né alla decadenza della potestà amministrativa, né all’illegittimità del provvedimento adottato. Conseguenze quest’ultime verificabili solo ove un effetto legale tipico sia espressamente collegato all’inutile decorso del tempo, come nel caso di silenzio assenso (cfr. ex plurimis T.A.R. Campania sez. III, Napoli, 4 aprile 2002, n. 1861; T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 18 settembre 2003, n. 1028; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 15 gennaio 2003, n. 128). Il mancato rispetto del termine previsto per la conclusione dei procedimenti amministrativi, dunque, determina solo l’illegittimità del silenzio mantenuto dalla p.a. e non anche l’illegittimità del provvedimento tardivamente assunto.
2.4. Sotto altro profilo, la pendenza di un processo non impedisce ai soggetti coinvolti di adottare nuovi atti relativi alla materia in contestazione. In particolare sono sempre possibili i provvedimenti in autotutela, che a loro volta potranno essere impugnati da quanti si sentono lesi nelle posizioni acquisite in precedenza o non sufficientemente soddisfatti dalla nuova sistemazione di interessi (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, 26 marzo 2004, n. 254).
Sono, tuttavia, necessarie alcune precisazioni.
Nel caso in cui l’esercizio dell’autotutela incida su un provvedimento già oggetto di contestazione in sede giudiziaria, non può ritenersi che l’Amministrazione abbia la incondizionata disponibilità, unilaterale, della materia del contendere mediante la rimozione dell’atto originariamente impugnato. Allorché, ad esempio, l’Amministrazione prescegliesse, tra le varie censure di illegittimità dedotte con il ricorso introduttivo, quella che produca effetti solo procedimentali tali cioè da lasciare immutata la rispettiva posizione, si verrebbero a limitare e prevenire i potenziali effetti conformativi derivanti dal possibile accoglimento del ricorso per motivi diversi e più incidenti sulle sue scelte. In tal caso, la scelta operata dall’Amministrazione finirebbe inevitabilmente per sovrapporsi ai poteri cognitivi del giudice adito traducendosi in un’attività sviata dal fine pubblico istituzionale e finalizzata solo ad impedire la difesa in giudizio dei diritti ed interessi del ricorrente; pertanto, il relativo provvedimento risulterebbe irrimediabilmente inficiato, anche in considerazione della qualità di parte nel giudizio pendente che l’Amministrazione riveste (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 22 settembre 2003, n. 11532).
Nel caso di specie, l’Amministrazione ha riformato la precedente decisione in via di autotutela, aderendo al rilievo formulato dal ricorrente circa la tempestività della richiesta di riesame. Tale provvedimento ha tenuto conto dell’intero ambito del contenzioso pendente, cioè di tutte le “causae pretendi” che in concreto lo caratterizzavano. Sotto questo profilo, l’esercizio del potere di autotutela si appalesa legittimo in quanto aderente alla funzione emendativa cui esso normativamente corrisponde.
2.5. L’eccezione di erronea valutazione dei presupposti e travisamento fatti è infondata.
In via preliminare, si osserva che, ai sensi dell’art. 20 reg. reg. n. 1 del 2004, l’ampliamento stabile del nucleo familiare dell’assegnatario, al di fuori dei casi di accrescimento legittimo ovvero naturale, al fine di ricomprendere in detto nucleo soggetti che non ne facevano parte al momento dell’assegnazione, è ammesso nei confronti di persone legate all’assegnatario da vincoli di convivenza more uxorio, di parentela, di affinità. Esso è ammesso altresì nei confronti di persone prive di vincoli di parentela o affinità quando siano riscontrabili finalità di assistenza morale e materiale, nonché il carattere di stabilità, previa dichiarazione resa dall’assegnatario e dalle persone con cui si intende istituire la convivenza e semprechè l’ampliamento stabile del nucleo familiare non comporti la perdita di uno o più dei requisiti previsti per la permanenza nell’alloggio, indicati nell’articolo 8 reg. reg. cit., e quando non generi una condizione di forte sovraffollamento. La domanda di ampliamento deve essere presentata all’ente gestore dell’alloggio il quale, entro 30 giorni dalla richiesta, accerta, per il nuovo nucleo familiare, la sussistenza dei requisiti di legge. Possono altresì subentrare nell’assegnazione i componenti del nucleo familiare non facenti parte del nucleo assegnatario, ma conviventi al momento del decesso dell’assegnatario e negli altri casi in cui il titolare della locazione sia uscito dal nucleo familiare, purché tali soggetti siano stati autorizzati dall’ente gestore secondo la disciplina indicata ai commi 7, 8 e 9 e la durata della convivenza non sia inferiore a tre anni, sempre che gli stessi siano in possesso dei requisiti per la permanenza nell’e.r.p. e la loro situazione economica non sia superiore a quanto previsto al comma 1, lettera e) dell’articolo 18.
Orbene, nella fattispecie per cui è causa, non sussisteva in capo alla ricorrente l’autorizzazione dell’ente gestore alla convivenza con l’assegnatario dell’alloggio e, soprattutto, non sussisteva la previa dichiarazione di volontà in tal senso dell’assegnatario. Inoltre, come eccepito dalla difesa comunale, al momento del decesso del sig. Vignelli (marzo 2005), la ricorrente non era neppure residente nell’alloggio per il quale aveva chiesto il subentro (ma presso i genitori di lei come risulta dal censimento anagrafico reddituale del 2004) e, nel rapporto informativo del 6 aprile 2005 (cfr. doc. 3), la ricorrente stessa aveva dichiarato di occupare l’alloggio dall’inizio del mese di marzo 2005. E’ noto, poi, che l’ospitalità temporanea non produce effetti amministrativi ai fini del subentro, del cambio alloggio e della determinazione del reddito familiare (art. 21 reg. reg. cit.).
In definitiva, il rigetto del ricorso amministrativo avverso il diniego al subentro del 20 settembre 2004 (che ha riformato in autotutela quello del 16 marzo 2004) appare legittimo sotto il profilo delle cause ostative addotte: 1. non risultava inoltrata richiesta di ampliamento da parte del titolare; 2. non esisteva autorizzazione ad abitare l’alloggio rilasciata dall’ente gestore; 3. non sussisteva il requisito della stabile convivenza formalmente autorizzata per almeno tre anni.
2.6. Le deduzioni riferite al diniego di assegnazione in emergenza abitativa sono inammissibili riferendosi a provvedimento (del 12 luglio 2004) diverso da quelli impugnati.
3. L’impugnazione del decreto di rilascio emesso il 27 agosto 2007 dal Direttore del settore casa del Comune di Milano, notificato in data 7 settembre 2007 è, altresì, infondata.
3.1. L’eccezione di incompetenza del Direttore del settore casa del Comune di Milano, quale legale rappresentante dell’ente proprietario (dell’alloggio occupato sine titulo) è infondata.
Ai sensi dell’art. 24 reg. reg. Lombardia n.1/2004, il legale rappresentante dell’ente proprietario o dell’ente gestore, se delegato, dispone il rilascio degli alloggi di e.r.p. nei confronti degli occupanti senza titolo. A tal fine diffida preventivamente, con lettera raccomandata, l’occupante a rilasciare l’alloggio entro 15 giorni e gli assegna lo stesso termine per la presentazione di deduzioni scritte e di documenti. La norma citata, fondante in capo all’amministrazione il potere generale di rilascio dell’immobile occupato abusivamente, impone di interpretare l’art. 20, VI comma, nel senso che anche qui il potere dell’ente gestore “di disporre, previa diffida, il rilascio degli alloggi nei confronti del nucleo familiare che permane nell’alloggio oltre i termini di rilascio stabiliti dal comune, a seguito del diniego di subentro nell’assegnazione”, non escluda affatto la legittimazione concorrente dell’ente proprietario.
3.2. Per quanto riguarda il dovere di preventiva diffida, la circostanza che quest’ultima non sia stata adottata da parte dell’amministrazione non ha conseguenze giuridiche dal momento che l’art. 20 reg. reg. cit. fa rientrare tale adempimento anche nelle incombenze concorrenti dell’ente gestore.
3.3. La terza e quarta censura riguardano invero il mancato accoglimento della domanda di subentro sopra scrutinata.
3.4. Neppure può il provvedimento ritenersi inficiato da difetto di motivazione per il solo fatto di essere stato adottato in pendenza di giudizio senza che nel preambolo tale circostanza fosse richiamata. In disparte la considerazione che non si vede in che modo la pendenza di giudizio su atto presupposto (non sospeso dal Giudice) possa rientrare tra i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione (art. 3 L. 241 del 1990), si osserva che l’occupazione e il godimento di fatto di alloggi popolari ed economici in mancanza di un provvedimento di assegnazione non può dare luogo ad alcun valido ed efficace rapporto tra l’ente proprietario o gestore dell’immobile e l’occupante, onde il provvedimento di rilascio intimato all’occupante abusivo è atto essenzialmente vincolato correttamente motivato sulla scorta del solo suo presupposto applicativo.
4. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, attese le condizioni di disagio abitativo comunque documentate dalla ricorrente.
PQM
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione III, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, così provvede:
Riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi;
Compensa interamente le spese di lite tra le parti;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 13 marzo 2008, con l’intervento dei seguenti magistrati:
dott. Domenico Giordano Presidente,
dott. Stefano Cozzi Referendario
dott. Dario Simeoli Referendario Estensore
Presidente
Domenico Giordano
Estensore
Dario Simeoli
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