Massime
1. Il mancato rispetto da parte dell’A.F. del termine di 60 giorni accordato al contribuente dall’art. 12, comma 7 delle L. n. 2122000, per la produzione di memorie difensive, determina l’illegittimità dell’avviso di recupero del credito d’imposta, notificato in data anteriore allo spirare di detto termine.
2. Non possono essere riconoscere anche le spese per un atto di recupero che viene annullato totale solo perché l’Ufficio non ha rispettato lo Statuto del Contribuente e quindi al danno per l’A.F. si aggiungerebbe anche la beffa.
Fatto
– La società "A.H. S.R.L.",il 9.2.2005, si opponeva all’avviso di recupero del credito d’imposta notificato il 13.12.2004, diretto al disconoscimento del credito d’imposta ex art. 8 della L. 388/2000, dichiarato per l’anno d’imposta 2001 ed utilizzato nell’anno 2002 per l’importo di € 94.440,00, con conseguente applicazione degli interessi per € 7.828,17 e sanzioni per € 28.332,00 ricollegato al P.V.C. del 19.11.2004 dell’Agenzia delle Entrate, che avrebbe riscontrato dall’esame dei documenti contabili della Società l’esistenza di spese indebitamente considerate ai fini della determinazione del credito d’imposta, poiché rivelatesi estranee alle ipotesi previste dalla L. 88/2000 per il riconoscimento di detto credito.
Con detto gravame veniva eccepita l’illegittimità dell’avviso di recupero, per violazione dell’art. 12 della L. n. 212/2000 (c.d. statuto del contribuente), poiché l’avviso di recupero era stato emesso prima dello scadere dei sessanta giorni dalla notifica del P.V.C., periodo entro il quale il contribuente poteva esercitare la facoltà di presentare osservazioni e fornire documenti e notizie all’A.F..; nel merito, per l’erronea considerazione di alcune voci di spesa come estranee all’investimento incentivato mediante il credito d’imposta.
– l’Agenzia delle Entrate si costituiva con generica formula di rito diretta a confutare la fondatezza dei motivi di ricorso,invocando nel contempo il suo rigetto con condanna di contro parte alle spese di giudizio.
– La C.T.P. il 14.12. 2006 accoglieva il ricorso. ed annullava l’atto ritenendolo nullo per violazione dell’ art. 12 , ultimo comma, della legge 212/2000, per essere stato notificato prima dello scadere del termine di sessanta giorni previsto da detto articolo.
– L’Ufficio proponeva appello.
Nel rammentare che l’art.l2, comma 7, della L.212/2000 espressamente recita" nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza" evidenziava che detta norma non era applicabile al caso in esame, in quanto faceva chiaramente riferimento all’avviso di accertamento, mentre nel caso " de quo" , l’atto notificato è un atto di recupero credito, ovvero emesso al termine di un’attività di controllo rivolta ai soggetti che avevano fruito di agevolazioni ed incentivi fiscali ed avente l’obiettivo di verificare l’effettiva sussistenza dei presupposti e delle condizioni fissate dalle norme, cioè un atto di revoca di agevolazioni con contestuale richiesta di pagamento che come tale non sottostante ad una specifica previsione, neppure a quella prevista dall’ultimo comma del citato art. 12 della legge 212/2000.( In tal senso C.T.R. Bari, sez. VI n. 54/6/2007, del 25/06/2007)
Dopo aver rammentato altresì che:
– un atto può essere dichiarato "nullo" solo in presenza di una espressa e specifica comminatoria di legge (vedi elenco degli unici motivi di nullità degli atti impositivi previsto dal comma 3 dell’art. 42 del D.P.R. 600/73 e dall’ art. 56 del DPR 633/73 per cui il mancato rispetto del termine di cui alla suddetta norma, prescritto dalla stessa non a pena di nullità, non è idoneo a inficiare la validità dell’atto di accertamento impugnato;
– in sede di redazione della norma dell’art. 12 fu bocciato l’emendamento diretto a inserire espressamente la nullità dell’atto come conseguenza della violazione del termine de quo;
– l’art. 156 c.p.c. al terzo comma, prescrive che la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato e tale principio, dettato per gli atti processuali, costituisce, secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte, un principio avente portata generale applicabile per analogia a tutti gli atti amministrativi, inclusi gli atti amministrativi di imposizione tributaria (C. Cass. n. 9697/05 e 7498/05);
– altre norme del c.d. Statuto dei diritti del contribuente, ovvero gli artt. 6 comma 5 e 11 comma 2), nonché l’art. 37 bis del D.P.R. 600/73 relativa alle disposizioni antielusive, nel disciplinare taluni oneri procedimentali a carico dell’Amministrazione finanziaria, sanciscano espressamente la nullità dei provvedimenti (finali) emessi in violazione di tali prescrizioni e ,pertanto non contenendo la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 12 della Legge 212/2000 tale sanzione, non può essere invocata la nullità o annullabilità dell’atto. (Cassazione, n. 12070 del luglio 2004 , che ha ritenuto che la violazione dell’art. 19 comma 2 del D. Lgs. n. 546/92 – e cioè l’omessa indicazione dell’organo giurisdizionale cui ricorrere contro un atto impositivo – non integra un vizio idoneo a produrre la nullità dell’atto e ciò in quanto l’art. 7 comma 2 della Legge 212/2000 non prevede espressamente la nullità dell’atto gravato da tale vizio;
– l’art. 12 si basa sulla cooperazione tra il contribuente e l’ufficio , per cui ai fini di un’eventuale declaratoria di illegittimità dell’atto di recupero, è che nel caso concreto sia stato impedito al contribuente di partecipare al procedimento amministrativo e che la mancata partecipazione abbia determinato l’adozione di un atto diverso e più gravoso di quello che sarebbe stato emesso ove si fosse instaurato un più corretto rapporto collaborativo tra le parti e tale circostanza non solo non era stata contestata, ma neppure era configurabile nella presente fattispecie;
Per quanto riguarda il merito, confermava l’operato dell’Ufficio in ordine alla mancanza del requisito della strumentalità per tutti i costi contesta
– La ricorrente appellata confermava l’illegittimità dell’avviso di recupero in quanto adottato in violazione del comma 7 dell’art. 12 della L. 27.07.2000 n. 212 (c.d. statuto del contribuente).
Nel merito contestava gli addebiti .
– Alla pubblica udienza del 23.5.2008 le parti,entrambi presenti, si riportavano ai motivi in atti .
Motivazione
Anche questo Collegio , al pari dei giudici di prime cure è del parere che il mancato rispetto da parte dell’Amministrazione finanziaria del termine di 60 giorni accordato al contribuente dall’art. 12, comma 7 delle L. n. 2122000, per la produzione di memorie difensive, determina l’illegittimità dell’avviso di recupero del credito d’imposta, notificato in data anteriore allo spirare di detto termine previsto in favore del contribuente per esercitare appieno il suo diritto all’instaurazione di un rapporto interlocutorio con l’A.F., nel corso del quale potere formulare osservazioni e richieste tali da modificare la quantificazione in suo favore della pretesa tributaria. e né può essere ritenuta valida la scusante della particolare urgenza ( C.T.P. Genova 23.2.2006) che fra l’altro nel caso in esame non esiste e né è stata dimostrata .
Aalla giurisprudenza menzionata ed allegata dall’appellato( n. 197 del 13.09.2007 CTR Lazio e n. 12 del 07.03.2002 CTP Brescia) si aggiunge anche quella della C.T.R. Lazio( n. 181 del 27.11.2006 ) , della C.T.P. Genova( n. 15 del 23.2.2006) , della C.T.P. Bari ( n. 78 del 16.5.2007 e n. 72 del 23.32005 della C.T.P. Caltanisetta( n. 15 del 10.2.2004) della C.T.P. La Spezia ( n. 210 del 16.1.2007) , della C.T.P. Pordenone ( n. 1 del 19.1.2006 ) .
Infatti l’art. 12, comma 7 della L. 212/2000, riconosce il diritto del contribuente di presentare "osservazioni e richieste" all’ufficio impositore entro il termine di sessanta giorni dalla notifica del processo verbale di chiusura della verifica fiscale e obbligo l’A.F. di non procedere, in pendenza di tale termine, all’emissione dell’avviso di accertamento, cioè di un qualsivoglia atto impositivo direttamente collegato alle risultanze della verifica posta in essere dagli organi di controllo.
Vero è che come hanno evidenziato i primi giudici la norma non prevede per la sua inosservanza una espressa sanzione, ma è pur vero che la sanzione conseguente alla sua violazione è insita nello stesso dettato normativo, giacché la violazione d’una norma imperativa di legge comporta di per sé l’illegittimità di un qualsiasi atto riconducibile a tale violazione.
E che la norma in argomento rivesta i caratteri di una norma imperativa di legge è dato desumerlo dalla sua collocazione in un testo di legge, 27 luglio 2000,n. 212, recante le disposizioni in materia dei diritti del contribuente, il cui articolo d’esordio al 1° comma così si esprime: "Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali, ( CT.P. Palermo 26.5.205 n. 92) e la sua paracostituzionalità è stata riconosciuta unanimemente dalla giurisprudenza e dalla dottrina .
A tanto si aggiunge che l’inosservanza di detto termine comporta , la lesione del diritto del contribuente di avvalersi, in difesa dei propri interessi, di un contraddittorio predisposto dalla legge in sede amministrativa, col fine di anticipare, per evitarlo, il contraddittorio in sede giurisdizionale, onde rendere effettivo il rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, espressamente richiamato dal 7° comma dell’art. 12 più volte citato.
Nel caso concreto, contrariamente a quanto sostiene l’Ufficio l’emanazione di un atto prima del termine previsto ha impedito al contribuente di partecipare al procedimento amministrativo, cioè di presentare altra documentazione nonostante si fosse riservato di farlo ( nel processo verbale di Verifica si legge : la parte si riserva di presentare ulteriore documentazione in riferimento ai rilievi di cui al presente verbale e di controdedurre nei termini e nei modi previsti)che probabilmente avrebbe determinato diversa determinazione in ordine alla pretesa tributaria, e l’adozione di un atto che probabilmente poteva essere meno gravoso di quello che è stato emanato e tale circostanza è stata contestata dalla parte.
Per altro, la presupposta autonomia dell’azione impositiva rispetto alle risultanze delle verifiche effettuate dagli organi di controllo non incide sull’effettività dell’obbligo di legge di cui al comma 7° dell’art. 12 della L. 212/2000, poiché ogniqualvolta l’atto impositivo motiva la sua emissione richiamandosi alle risultanze della verifica fiscale, non può prescindere dalla preliminare osservanza dei termini posti a garanzia del contribuente disposti da tale norma, fatti salvi i casi di particolare e motivata urgenza che – si ripete –nel caso in esame non sussisteva e né è stata richiamata e motivata urgenza.
Circa la questione che la norma fa chiaramente riferimento all’avviso di accertamento, mentre nel caso " de quo" , l’atto notificato è un atto di recupero credito, ovvero emesso al termine di un’attività di controllo rivolta ai soggetti che avevano fruito di agevolazioni ed incentivi fiscali ed avente l’obiettivo di verificare l’effettiva sussistenza dei presupposti e delle condizioni fissate dalle norme, cioè un atto di revoca di agevolazioni con contestuale richiesta di pagamento e che come tale non sottostante ad una specifica previsione, neppure a quella prevista dall’ultimo comma del citato art. 12 della legge 212/2000.( C.T.R. Puglia sez. VI n. 54/6/2007, del 25/06/2007, peraltro non allegata), come ha ricordato l’appellato l’avviso do recupero ,dopo un periodo di vacotio in cui non trovava fondamento in alcuna norma ha trovato la sua collocazione giuridica nella comma 421 della legge 31.12.2004 n. 311 (Legge Finanziaria 2005).
Vero che l’avviso di recupero in oggetto è stato emesso in data 10.12.2004 e, quindi, prima dell’entrata in vigore di quest’ultima legge finanziaria, ma è pur vero che l’art. 1, commi 421, 422 e 423 della Legge 30.12.2004, n. 311 (Finanziaria 2005), con riguardo all’azione di recupero del credito d’imposta ex art. 8 legge 23/12/2000 n° 388 , ha confermato l’uso dei poteri di accertamento di cui agli artt. 31 e segg. DPR 600/1973 e artt. 51 e segg. DPR 633/1972 che prevedono, quale atto impositivo, l’avviso di accertamento al termine delle operazioni di verifica che sono le stesse che il funzionario ha eseguito per la verifica dell’esistenza dei presupposti e dei requisiti per usufruire dell’agevolazione ex art. 8 legge 23/12/2000 n. 388.
L’ avviso di recupero per il rimborso del credito d’imposta ex art.8 della L. n. 388/2000 in quanto indebitamente utilizzato in compensazione, pur essendo un atto atipico va qualificato giuridicamente come avviso di accertamento e conseguente liquidazione d’imposta; è impugnabile ai sensi dell’art.19,lettera b), del D.Lgs n.546/1992. ( C.T.R. Sicilia n. 80 del 15.62006, C.T.P. Benevento n. 119 del 4.5.2006 e n. 26 del 1.3.205 ) in quanto , pur in mancanza di specifica previsione legislativa , l’Amministrazione finanziaria può procedere al recupero del credito di imposta di cui all’art. 8 della Legge n. 388/2000 esclusivamente con le modalità e nei termini previsti dagli artt. 36 bis e 36 ter del D.P.R. n. 600/1973 ( C.T.P. Bari n. 71 del 13.9.2005 e n. 171 del 21.10.2005 ).
Per tanto l’avviso di recupero del credito di imposta impugnato essendo stato adottato prima della scadenza dei termini di cui all’art. 12, comma 7 della L. 27.07.2000 n. 212, è illegittimo va annullato e né nel caso in esame possono trovare asilo l’art. 156 c.p.c. terzo comma o le sentenze citate e non allegate della Cass. n. 9697/05 e 7498/05 in quanto l’ atto – si ripete – è stato emanato in violazione di specifiche norme ed ha raggiunto un scopo probabilmente diverso da quello che sarebbe stato se l’A.F. avesse rispettato la proceduta prevista dalla Statuto del Contribuente.
L’ annullamento dell’ atto comporta l’assorbimento ed il non esame di ogni eccezione nel merito dello stesso .
Si ravvisano giusti motivi per la compensazione fra le partì delle spese di giudizio. Vero che le spese devono seguire la soccombenza ma è pur vero che questo Collegio, nel caso in esame ha disposto l’annullamento totale di un atto di recupero che qualora l’Ufficio avesse rispettato lo Statuto del Contribuente probabilmente avrebbe avuto un esito diverso .
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello come proposto . Spese compensate
Bari, 23.5.2008
Il relatore Il Presidente
( dr Michele Gurrado) ( dr. Gennaro L’Abbate )
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