“Le migrazioni internazionali sono una realtà che persisterà in particolare finché resteranno i divari di ricchezza e di sviluppo tra le diverse regioni del mondo.
Possono rappresentare un’opportunità poiché sono un fattore di scambi umani ed economici e consentono inoltre alle persone di concretare le loro aspirazioni.
Possono contribuire in modo decisivo alla crescita economica dell’Unione europea e degli Stati membri che hanno bisogno di migranti a motivo della situazione del loro mercato del lavoro o della loro situazione demografica.
Infine, apportano risorse ai migranti e ai loro paesi d’origine, contribuendo in tal modo al loro sviluppo”.
E’ con questa importante affermazione che si apre il documento varato dal Consiglio d’Europa sui temi dell’immigrazione ed asilo.
La questione dei migranti è andata sempre più affermandosi negli ultimi anni, nel contesto europeo, e ciò ha reso imminente la necessità di strutturazione di una normativa comunitaria e internazionale che possa dare direttive riguardanti la gestione e, soprattutto, la tutela dei diritti del migrante e dell’apolide. (1)
Seppur dal secondo dopoguerra in poi si sia affrontato l’argomento attraverso la stipulazione di una serie d’accordi, si pongono ora nuove necessità date sia dalla situazione politica internazionale, che radicalizza la convivenza e la necessità di fuga e accoglienza, sia dalla scoperta di violazione dei diritti umani attuate nei paesi ospiti.
In quest’ottica,il 9 maggio 2005 sono state adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa venti linee guida su tutti gli stadi del procedimento di rimpatrio forzato.
L’iter per arrivare a delinearle è iniziato con la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948, nella quale, all’articolo 14, si trova scritto: “ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”.
Il 28 luglio 1951 viene adottata la Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status dei rifugiati e viene istituito l’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati); la definizione generale viene data proprio in quest’occasione riconoscendo i seguenti requisiti fondamentali al fine del riconoscimento dello status di rifugiato: la fuga dal proprio paese, il fondato timore di persecuzione, motivi specifici di persecuzione (razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale, opinioni politiche), impossibilità di avvalersi di protezione nel proprio paese di origine.
Nella convenzione viene inoltre stabilito il fondamentale principio di non refoulement (art. 33) secondo il quale il rifugiato non può essere respinto o espulso verso paesi nei quali la sua liber tà e la sua vita sarebbero a rischio.
La cooperazione europea in materia di immigrazione si delinea nella fase iniziale, a livello intergovernativo, ovvero in un ambito in cui il controllo giudiziario non è previsto. Negli anni Settanta, gli stati europei decidono di percorrere insieme la strada della cooperazione intergovernativa dando vita a gruppi e laboratori dalla diversa competenza tematica, da cui scaturiscono gli Accordi di Schengen (firmati il 14 giugno del 1985) e la Convenzione di applicazione sottoscritta il 19 giugno 1990.
I contenuti riguardano l’abolizione graduale dei controlli alle frontiere comuni, mediante l’adozione di misure volte a regolare la libera circolazione delle persone e si articolano in una serie di norme che stabiliscono le condizioni di ingresso nell’Area (art. 5), l’istituzione del visto uniforme per soggiorni di breve durata (art. 10), l’obbligo di lasciare “senza indugio” il territorio di uno dei Paesi dell’Area qualora non vi siano più le condizioni di soggiorno previste (art. 23).
La Convenzione istituisce, inoltre, il “Sistema d’Informazione Schengen”(SIS): un archivio comune contenente informazioni relative a persone che assumono importanza per il controllo delle frontiere e per la cooperazione di polizia nel settore della criminalità (art. 92).
Con il Trattato di Amsterdam del 1997 si determina una definitiva “comunitarizzazione” della materia.
Infatti,con l’adozione del trattato (entrato in vigore il 1 maggio 1999) avviene un sensibile mutamento nel quadro europeo in materia di immigrazione soprattutto per un cambiamento di priorità, in quanto rientrano nelle competenze degli organi della comunità europea diverse materie:
– il controllo delle frontiere;
– il rilascio dei visti;
– la circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno del territorio comunitario (art. 62);
– le misure in materia di asilo (competenza ad esaminare le domande di asilo, norme minime sull’accoglienza dei richiedenti asilo,
– l’attribuzione della qualifica di rifugiato,
– la concessione o revoca dello status di rifugiato);
– le misure applicabili a rifugiati e sfollati (protezione temporanea, equilibrio degli sforzi fra gli Stati che ricevono i rifugiati e sfollati) (art. 63, n. 1 e n. 2)
– le misure in materia di politica di immigrazione (condizioni di ingresso e soggiorno, rila scio di visti a lungo termine e di permessi di soggiorno, compresi quello per ricongiungi mento familiare);
– l’immigrazione e il soggiorno irregolare compreso il rimpatrio degli irregolari (art. 63, n. 3)
Su questa strada di tutela e accoglienza iniziatasi a tracciare nel 1951, possiamo porre le venti linee guida su tutti gli stadi del procedimento di rimpatrio forzato adottate dal Comitato dei Mi nistri del Consiglio d’ Europa il 9 maggio 2005.
Le nuove linee guida richiamano i diritti tutelati dalla Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e le libertà fondamentali e contengono cinque capitoli
– Voluntary return,
– The removal order,
– Detention pending removal,
– Readmission,
– Forced removals
riguardanti i vari aspetti del rinvio forzato. In particolare un capitolo è dedicato alla detenzione in attesa dell’allontanamento in cui sono indicate, tra l’altro, le circostanze in cui la detenzione può essere ordinata e le condizioni minime di detenzione.
Va sottolineato che lo stato ospite dovrebbe prendere misure di promozione del ritorno volontario più che coattivo; l’ordine di allontanamento dovrebbe essere perseguito solo in accordo con le leggi nazionali e non dovrebbe essere applicato se presente il rischio di violenze, torture o trattamenti inumani e degradanti nel paese di ritorno sia da parte del governo sia da parte di “non-state actors”.
Al fine di verificare l’ assoluta assenza di pericolo nel paese di ritorno, dovrebbero essere valu tate e prese in considerazione le informazioni provenienti da tutte le fonti, governative e non, e dall’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Non dovrebbe inoltre essere portato a termine un’ordinanza di rimpatrio se lo stato in cui il migrante deve far ritorno rifiuterà il rientro del migrante stesso.
E’,in ogni caso,proibita l’espulsione collettiva e la mancata adempienza dell’analisi individuale dei diversi casi.
Merita attenzione,in particolare,il terzo capitolo riguarda le modalità di detenzione dopo che è stato dato l’ordine di rimpatrio.
– La persona detenuta dovrebbe, innanzitutto, essere informata in una lingua che conosce e dovrebbe avere la possibilità di contattare giudici e avvocati (2).
– La detenzione dovrebbe essere più breve possibile e rispettosa dei diritti umani.
– Il personale presente all’interno dei luoghi detenzione dovrebbe essere altamente qualificato e in grado di affrontare la situazione specifica.
Le persone trattenute,inoltre,
– dovrebbero ricevere degna assistenza medica e ascolto psicologico e non dovrebbero essere detenute insieme a ordinary prisoners;
– dovrebbero avere libero accesso ad avvocati, ONG e familiari.
I centri di detenzione dovrebbero essere costantemente monitorati da enti esterni e l’accesso dovrebbe essere liberamente consentito a membri dell’UNHCR, del parlamento europeo e altri soggetti qualificati.
Tali linee guida finora sono state ampiamente disattese dall’Italia anche dal recente DL sulla sicurezza(3) che ha istituito i CIE(Centro di identificazione ed espulsione) in luogo dei famigerati CPT(4).
Secondo alcuni, tali centri costituiscono veri e propri lager all’interno dei quali gratuiti atti di violenza sono compiuti senza il rispetto della normativa internazionale sui diritti umani.
Amnesty International, l’ Unhcr e il Parlamento Europeo hanno espresso serie preoccupazioni a seguito di segnalazioni di persone che all’interno di queste strutture hanno potuto verificare di persona
– aggressioni fisiche da parte di agenti di pubblica sicurezza e del personale di sorveglianza;
– l’utilizzo di un eccessivo uso di sedativi;
– condizioni di vita non conformi alle norme igieniche;
– un’insufficiente assistenza sanitaria;
– difficoltà di accesso alla consulenza legale necessaria a contestare la propria detenzione e il decreto di espulsione
– difficoltà di accesso alla procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato,con conse guente rinvio in Paesi in cui si rischiano gravi violazioni dei diritti umani (5).
Le nuove linee guida adottate dal Consiglio d’Europa dovrebbero portare,quindi,ad una maggiore tutela dei diritti dei migranti,rifugiati o richiedenti asilo detenuti nei Centri di Identificazione,ma queste in realtà non hanno funzione coattiva ma servono unicamente ad orientare le scelte del legislatore nazionale che può però, in sostanza, disattenderle senza incorrere in particolari sanzioni.
Il Consiglio d’Europa,nel riportarsi alle linee guide varate nel dicembre del 2005, ribadisce la convinzione che le questioni migratorie costituiscono parte integrante delle relazioni esterne dell’Unione e che una gestione armoniosa ed efficace delle migrazioni deve essere globale e pertanto riguardare nel contempo l’organizzazione della migrazione legale e la lotta contro l’immigrazione clandestina come mezzi per favorire le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.
È convinto che l’approccio globale in materia di migrazione abbia senso solo nel quadro di uno stretto partenariato tra i paesi di origine, transito e destinazione.
Il CdE sottolinea,in apertura,come negli ultimi cinquanta anni il progetto politico e di civiltà sul quale si basano la creazione e l’approfondimento dell’Unione europea ha consentito progressi significativi.
Uno dei risultati più ragguardevoli di questa impresa è la costituzione di un vasto spazio di libera circolazione che comprende oggi la maggior parte del territorio europeo.
Questo sviluppo ha permesso un ampliamento senza precedenti delle libertà sia per i cittadini europei che per i cittadini dei paesi terzi che circolano liberamente in questo territorio comune. Esso rappresenta altresì un importante fattore di crescita e prosperità.
L’ampliamento recente e futuro dello spazio Schengen consolida ulteriormente la libera circo lazione delle persone.
L’Unione europea non dispone tuttavia dei mezzi per accogliere degnamente tutti i migranti che sperano di trovarvi una vita migliore. Un’immigrazione mal controllata può pregiudicare la coesione sociale dei paesi di destinazione.
L’organizzazione dell’immigrazione deve pertanto tener conto delle capacità d’accoglienza dell’Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali nonché proteggere i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali.
D’altro canto la creazione di uno spazio comune di libera circolazione pone gli Stati membri di fronte a nuove sfide.
Il comportamento di uno Stato può avere ripercussioni sugli interessi degli altri.
L’accesso al territorio di uno Stato membro può essere seguito dall’accesso al territorio di altri Stati membri.
È pertanto imperativo che ciascuno Stato membro tenga conto degli interessi dei partner nel definire e attuare le proprie politiche di immigrazione, integrazione e asilo.
Fedele ai valori che dall’origine hanno costantemente ispirato il progetto europeo e le politiche attuate, il Consiglio europeo ribadisce solennemente che le politiche migratorie e d’asilo devono essere conformi alle norme del diritto internazionale e in particolare a quelle relative ai diritti dell’uomo, alla dignità della persona umana e ai rifugiati.
Tuttavia,nonostante i reali progressi compiuti verso una politica comune in materia di immigra zione e di asilo, il CdE ritiene che siano necessari ulteriori passi avanti.
Il Consiglio europeo assume pertanto cinque impegni fondamentali la cui concretizzazione sarà proseguita, in particolare, nell’ambito del programma che farà seguito nel 2010 al programma dell’Aia:
organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, delle esigenze e delle capacità d’accoglienza stabilite da ciascuno Stato membro e favorire l’integrazione;
combattere l’immigrazione clandestina, in particolare assicurando il ritorno nel loro paese di origine o in un paese di transito, degli stranieri in posizione irregolare;
rafforzare l’efficacia dei controlli alle frontiere;
costruire un’Europa dell’asilo;
creare un partenariato globale con i paesi di origine e di transito che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.
I In ordine al primo punto,il CdE ritiene che l’immigrazione legale debba essere il risultato di una duplice volontà, quella del migrante e quella del paese ospitante, a un fine di reciproco vantaggio. Ricorda che spetta a ciascuno Stato membro decidere le condizioni di ammissione sul suo territorio dei migranti legali e fissarne, se del caso, il numero.
L’attuazione dei contingenti che ne possono risultare potrebbe essere effettuata in partenariato con i paesi di origine.
Il Consiglio europeo chiede agli Stati membri di attuare una politica d’immigrazione scelta, in particolare in funzione dell’insieme delle esigenze del mercato del lavoro, e concertata, tenendo conto dell’impatto che essa può avere sugli altri Stati membri.
Infine, sottolinea l’importanza di adottare una politica che consenta un equo trattamento dei migranti e l’integrazione armoniosa degli stessi nella società del paese ospitante.
II Inoltre ribadisce la propria determinazione a combattere l’immigrazione clandestina e ricorda il proprio impegno all’applicazione effettiva di tre principi fondamentali:
– il rafforzamento della cooperazione degli Stati membri e della Commissione con i paesi di origine e di transito per combattere l’immigrazione clandestina.
– gli stranieri in posizione irregolare nel territorio degli Stati membri devono lasciare tale territorio.
– ciascuno Stato membro si impegna ad assicurare l’applicazione effettiva di questo principio nel rispetto del diritto e della dignità delle persone interessate, privilegiando il rimpatrio volontario, e riconosce le decisioni in materia di rimpatrio adottate da un altro Stato membro;
– tutti gli Stati hanno l’obbligo di riammettere i loro cittadini che sono in posizione irregolare nel territorio di un altro Stato.
III Circa il secondo punto,il Consiglio europeo ricorda che il controllo delle frontiere esterne spetta a ciascuno Stato membro per la parte di frontiera che gli è propria.
Questo controllo, che dà accesso a uno spazio comune di libera circolazione, è esercitato in uno spirito di corresponsabilità, per conto dell’insieme degli Stati membri.
Le condizioni di rilascio dei visti prima della frontiera esterna devono fare pienamente parte della gestione integrata di quest’ultima.
Gli Stati membri esposti, per la loro situazione geografica, a un afflusso di immigranti o che dispongono di mezzi limitati devono poter contare sulla solidarietà effettiva dell’Unione europea.
IV E ancora.Sul quarto punto il Consiglio europeo ribadisce solennemente che ogni straniero perseguitato ha il diritto di ottenere assistenza e protezione nel territorio dell’Unione europea in applicazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, e degli altri trattati ad essa correlati.
Il Consiglio europeo si compiace dei progressi compiuti in questi ultimi anni, grazie all’attua zione di norme minime comuni, per l’istituzione del sistema europeo comune di asilo. Rileva tuttavia che sussistono forti divergenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la concessione della protezione e le forme di quest’ultima. Pur ricordando che la concessione della protezione e in particolare dello status di rifugiato rientra nella competenza di ciascuno Stato membro, il Consiglio europeo ritiene che sia giunto il momento di prendere ulteriori iniziative per completare l’istituzione, prevista dal programma dell’Aia, del sistema europeo comune di asilo e fornire in tal modo, come proposto dalla Commissione nel suo piano strategico sull’asilo, un livello di protezione più elevato. È opportuno, in questa nuova fase, mantenere un intenso dialogo con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Infine, il Consiglio europeo sottolinea che il necessario rafforzamento dei controlli alle frontiere europee non deve impedire l’accesso ai sistemi di protezione da parte delle persone che hanno diritto di beneficiarne.
V In relazione al quinto punto,il CdE ,ricordando le sue conclusioni del dicembre 2005, del dicembre 2006 e del giugno 2007, riafferma il suo impegno a favore dell’approccio globale in materia di migrazione che ha ispirato le conferenze euroafricane di Rabat e Tripoli nel 2006 e il vertice euroafricano di Lisbona nel 2007.
È convinto che tale approccio, che riguarda nel contempo l’organizzazione della migrazione legale, la lotta contro l’immigrazione clandestina e le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo a beneficio di tutti i paesi interessati e degli stessi migranti, sia un approccio molto pertinente tanto a est quanto a sud.
La migrazione deve diventare una componente importante delle relazioni esterne degli Stati membri e dell’Unione; ciò presuppone che si tenga conto, nelle relazioni con ciascun paese terzo, della qualità del dialogo in atto con esso sulle questioni migratorie.
Su queste basi, il Consiglio europeo si impegna a sostenere lo sviluppo dei paesi interessati e a costruire con tali paesi uno stretto partenariato che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.
Ha affermato,di recente,il Commissario Frattini "Non si può sperare che le pressioni migratorie sulle nostre frontiere sud diminuiscano in un prossimo futuro", dal momento che "i dati demo grafici mostrano che le migrazioni aumenteranno":
La pressione aumenterà – ha precisato Frattini, già Commissario UE alla giustizia, libertà e sicurezza – perché "la popolazione dei 50 paesi meno sviluppati raddoppierà da 800 milioni di abitanti del 2007 a 1,7 miliardi nel 2050".
Il ministro degli Interni tedesco Wolfgang Schauble ha aggiunto: "in questa primavera – ha detto Schauble – ci troveremo di fronte a flussi migratori aumentati attraverso il Mediterraneo verso l’Europa, con tutti i rischi che questo comporta per la vita delle persone.
E’,pertanto,di capitale importanza una stretta cooperazione sui problemi di immigrazione con i paesi di origine e di transito lungo le frontiere est e sud dell’Unione europea".
Ostuni,Novembre 2008
Mario Pavone
Presidente ANIMI
NOTE
(1) v.Volterra-Le direttive europee in tema di immigrazione,in Altalex.it
(2) v.Pavone –L’accertamento della conoscenza della lingua onere del giudice
(3) v. Legge n.173 del 2008
(4) v. sull’argomento Pavone – Unione Europea e sistema informativo Schengen,in Altalex.it
(5) v. sull’argomento,Pavone –Il divieto di espulsione per omosessualità,in Altalex.it
Il testo approvato dal Consiglio d’ Europa
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Negli ultimi cinquanta anni il progetto politico e di civiltà sul quale si basano la creazione e l’approfondimento dell’Unione europea ha consentito progressi significativi. Uno dei risultati più ragguardevoli di questa impresa è la costituzione di un vasto spazio di libera circolazione che comprende oggi la maggior parte del territorio europeo. Questo sviluppo ha permesso un ampliamento senza precedenti delle libertà sia per i cittadini europei che per i cittadini dei paesi terzi che circolano liberamente in questo territorio comune. Esso rappresenta altresì un importante fattore di crescita e prosperità. L’ampliamento recente e futuro dello spazio Schengen consolida ulteriormente la libera circolazione delle persone.
Le migrazioni internazionali sono una realtà che persisterà in particolare finché resteranno i divari di ricchezza e di sviluppo tra le diverse regioni del mondo. Possono rappresentare un’opportunità poiché sono un fattore di scambi umani ed economici e consentono inoltre alle persone di concretare le loro aspirazioni. Possono contribuire in modo decisivo alla crescita economica dell’Unione europea e degli Stati membri che hanno bisogno di migranti a motivo della situazione del loro mercato del lavoro o della loro situazione demografica. Infine, apportano risorse ai migranti e ai loro paesi d’origine, contribuendo in tal modo al loro sviluppo. D’altronde l’ipotesi di un’immigrazione zero appare nel contempo non realistica e pericolosa.
Peraltro, nel dicembre 2005 il Consiglio europeo ha adottato l’approccio globale in materia di migrazione del quale conferma la pertinenza. Ribadisce la convinzione che le questioni migratorie costituiscono parte integrante delle relazioni esterne dell’Unione e che una gestione armoniosa ed efficace delle migrazioni deve essere globale e pertanto riguardare nel contempo l’organizzazione della migrazione legale e la lotta contro l’immigrazione clandestina come mezzi per favorire le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo. È convinto che l’approccio globale in materia di migrazione abbia senso solo nel quadro di uno stretto partenariato tra i paesi di origine, transito e destinazione.
L’Unione europea non dispone tuttavia dei mezzi per accogliere degnamente tutti i migranti che sperano di trovarvi una vita migliore. Un’immigrazione mal controllata può pregiudicare la coesione sociale dei paesi di destinazione. L’organizzazione dell’immigrazione deve pertanto tener conto delle capacità d’accoglienza dell’Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali nonché proteggere i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali.
D’altro canto la creazione di uno spazio comune di libera circolazione pone gli Stati membri di fronte a nuove sfide. Il comportamento di uno Stato può avere ripercussioni sugli interessi degli altri. L’accesso al territorio di uno Stato membro può essere seguito dall’accesso al territorio di altri Stati membri. È pertanto imperativo che ciascuno Stato membro tenga conto degli interessi dei partner nel definire e attuare le proprie politiche di immigrazione, integrazione e asilo.
In questo contesto gli Stati membri dell’Unione europea hanno deciso da una ventina di anni di ravvicinare le loro politiche in questi settori. Il Consiglio europeo plaude ai progressi già realizzati in tal senso: soppressione dei controlli alle frontiere interne nella maggior parte del territorio europeo, adozione di una politica comune in materia di visti, armonizzazione dei controlli alle frontiere esterne e delle norme relative all’asilo, ravvicinamento di talune condizioni d’immigrazione legale, cooperazione nel settore della lotta contro l’immigrazione clandestina, creazione dell’agenzia FRONTEX, istituzione di fondi dedicati che riflettano la solidarietà tra gli Stati membri. Il Consiglio europeo plaude in particolare agli importanti passi avanti compiuti nel quadro dei programmi di Tampere (1999-2004) e dell’Aia (2004-2009) che si impegna ad attuare pienamente.
Fedele ai valori che dall’origine hanno costantemente ispirato il progetto europeo e le politiche attuate, il Consiglio europeo ribadisce solennemente che le politiche migratorie e d’asilo devono essere conformi alle norme del diritto internazionale e in particolare a quelle relative ai diritti dell’uomo, alla dignità della persona umana e ai rifugiati.
Nonostante i reali progressi compiuti verso una politica comune in materia di immigrazione e di asilo, sono necessari ulteriori passi avanti.
Convinto che un’impostazione coerente sia indispensabile per iscrivere la gestione delle migrazioni nel quadro degli obiettivi globali dell’Unione europea, il Consiglio europeo ritiene che sia giunto il momento di dare nuovo impulso, in uno spirito di reciproca responsabilità e di solidarietà tra gli Stati membri ma anche di partenariato con i paesi terzi, alla definizione di una politica comune in materia di immigrazione e di asilo che tenga conto nel contempo dell’interesse collettivo dell’Unione europea e delle specificità di ciascuno Stato membro.
In quest’ottica e alla luce della comunicazione della Commissione del 17 giugno 2008, il Consiglio europeo decide di adottare solennemente il presente patto europeo sull’immigrazione e l’asilo. Consapevole del fatto che l’attuazione integrale del patto può richiedere, in taluni settori, un’evoluzione del quadro giuridico e segnatamente delle basi convenzionali, il Consiglio europeo assume pertanto cinque impegni fondamentali la cui concretizzazione sarà proseguita, in particolare, nell’ambito del programma che farà seguito nel 2010 al programma dell’Aia:
organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, delle esigenze e delle capacità d’accoglienza stabilite da ciascuno Stato membro e favorire l’integrazione;
combattere l’immigrazione clandestina, in particolare assicurando il ritorno nel loro paese di origine o in un paese di transito, degli stranieri in posizione irregolare;
rafforzare l’efficacia dei controlli alle frontiere;
costruire un’Europa dell’asilo;
creare un partenariato globale con i paesi di origine e di transito che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.
I) Organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, delle esigenze e delle capacità d’accoglienza stabilite da ciascuno Stato membro e favorire l’integrazione
Il Consiglio europeo ritiene che l’immigrazione legale debba essere il risultato di una duplice volontà, quella del migrante e quella del paese ospitante, a un fine di reciproco vantaggio. Ricorda che spetta a ciascuno Stato membro decidere le condizioni di ammissione sul suo territorio dei migranti legali e fissarne, se del caso, il numero. L’attuazione dei contingenti che ne possono risultare potrebbe essere effettuata in partenariato con i paesi di origine. Il Consiglio europeo chiede agli Stati membri di attuare una politica d’immigrazione scelta, in particolare in funzione dell’insieme delle esigenze del mercato del lavoro, e concertata, tenendo conto dell’impatto che essa può avere sugli altri Stati membri. Infine, sottolinea l’importanza di adottare una politica che consenta un equo trattamento dei migranti e l’integrazione armoniosa degli stessi nella società del paese ospitante.
A tal fine, il Consiglio europeo conviene:
a) di invitare gli Stati membri e la Commissione, nel rispetto dell’acquis comunitario e della preferenza comunitaria, tenendo conto del potenziale di risorse umane in seno all’Unione europea, ad attuare con i mezzi più adeguati politiche d’immigrazione professionale che tengano conto di tutti i bisogni del mercato del lavoro di ciascuno Stato membro, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008;
b) di rafforzare l’attrattiva dell’Unione europea per i lavoratori altamente qualificati e di adottare nuove misure per facilitare maggiormente l’accoglienza di studenti e ricercatori e la loro circolazione nell’Unione;
c) di fare in modo, incoraggiando la migrazione temporanea o circolare, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo del 14 dicembre 2007, che queste politiche non favoriscano la fuga dei cervelli;
d) di meglio regolare l’immigrazione familiare invitando ciascuno Stato membro, salvo categorie particolari, a prendere in considerazione nella legislazione nazionale, nel rispetto della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, le sue capacità d’accoglienza e le capacità d’integrazione delle famiglie valutate in base alle loro risorse e condizioni di alloggio nel paese di destinazione nonché, ad esempio, alla conoscenza della lingua di tale paese;
e) di rafforzare l’informazione reciproca sulle migrazioni migliorando ove necessario gli strumenti esistenti;
f) di migliorare l’informazione sulle possibilità e le condizioni d’immigrazione legale, provvedendo in particolare a predisporre quanto prima gli strumenti necessari a tal fine;
g) di invitare gli Stati membri, conformemente ai principi comuni convenuti nel 2004 dal Consiglio, ad attuare, secondo le procedure e con i mezzi che ritengano adeguati, politiche ambiziose per favorire l’integrazione armoniosa, nel paese ospitante, dei migranti che hanno la prospettiva di stabilirvisi durevolmente; tali politiche, la cui attuazione richiederà un reale sforzo da parte dei paesi ospitanti, dovranno basarsi sull’equilibrio tra i diritti dei migranti (in particolare l’accesso all’istruzione, al lavoro, alla sicurezza e ai servizi pubblici e sociali) e i loro doveri (rispetto delle leggi del paese ospitante). Esse comporteranno misure specifiche per favorire l’apprendimento della lingua e l’accesso all’occupazione, fattori essenziali d’integrazione; porranno l’accento sul rispetto delle identità degli Stati membri e dell’Unione europea, nonché dei loro valori fondamentali quali i diritti dell’uomo, la libertà d’opinione, la democrazia, la tolleranza, la parità uomo-donna e l’obbligo di scolarizzazione dei figli. Il Consiglio europeo invita inoltre gli Stati membri a tener conto, attraverso misure appropriate, della necessità di lottare contro le discriminazioni di cui possono essere vittima i migranti;
h) di promuovere gli scambi di informazioni sulle buone prassi attuate, conformemente ai principi comuni approvati nel 2004 dal Consiglio, in materia di accoglienza e integrazione, nonché misure comunitarie di sostegno alle politiche nazionali di integrazione.
II) Combattere l’immigrazione clandestina, in particolare assicurando il ritorno nel loro paese di origine o in un paese di transito degli stranieri in posizione irregolare
Il Consiglio europeo ribadisce la propria determinazione a combattere l’immigrazione clandestina. Esso ricorda il proprio impegno all’applicazione effettiva di tre principi fondamentali:
il rafforzamento della cooperazione degli Stati membri e della Commissione con i paesi di origine e di transito per combattere l’immigrazione clandestina nel quadro dell’approccio globale in materia di migrazione rappresenta una necessità;
gli stranieri in posizione irregolare nel territorio degli Stati membri devono lasciare tale territorio. Ciascuno Stato membro si impegna ad assicurare l’applicazione effettiva di questo principio nel rispetto del diritto e della dignità delle persone interessate, privilegiando il rimpatrio volontario, e riconosce le decisioni in materia di rimpatrio adottate da un altro Stato membro;
tutti gli Stati hanno l’obbligo di riammettere i loro cittadini che sono in posizione irregolare nel territorio di un altro Stato.
A tal fine, il Consiglio europeo conviene:
a) di limitarsi a regolarizzazioni caso per caso e non generali, nel quadro delle legislazioni nazionali, per motivi umanitari o economici;
b) di concludere, con i paesi per i quali è necessario, accordi di riammissione a livello comunitario o bilaterale in modo che ciascuno Stato membro disponga degli strumenti giuridici per assicurare l’allontanamento degli stranieri in posizione irregolare; sarà valutata l’efficacia degli accordi comunitari di riammissione; dovranno essere riveduti i mandati di negoziato che non hanno prodotto risultati; gli Stati membri e la Commissione si consulteranno strettamente in occasione del negoziato dei futuri accordi di riammissione a livello comunitario;
c) nell’ambito delle politiche di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi o, se del caso, di altre politiche, ivi comprese le modalità del quadro della libera circolazione, di adoperarsi a prevenire i rischi d’immigrazione irregolare;
d) di sviluppare la cooperazione tra gli Stati membri facendo ricorso, su base volontaria e per quanto necessario, a disposizioni comuni per assicurare l’allontanamento degli stranieri in posizione irregolare (identificazione biometrica dei clandestini, voli comuni …);
e) di rafforzare la cooperazione con i paesi di origine e transito, nel quadro dell’approccio globale in materia di migrazione, per combattere l’immigrazione clandestina, di condurre in particolare con tali paesi un’ambiziosa politica di cooperazione di polizia e giudiziaria per lottare contro le reti criminali internazionali di traffico di migranti e di tratta degli esseri umani, e di meglio informare le popolazioni minacciate per evitare i drammi che possono prodursi specialmente in mare;
f) di invitare gli Stati membri, specie con il concorso degli strumenti comunitari, a dotarsi di dispositivi incentivanti in materia di aiuto per il rimpatrio volontario e a informarsi reciprocamente a tale riguardo in particolare per prevenire il ritorno abusivo nell’Unione europea delle persone che hanno beneficiato di tali aiuti;
g) di invitare gli Stati membri a lottare con fermezza, anche nell’interesse dei migranti, attraverso sanzioni dissuasive e proporzionate, contro le persone che sfruttano gli stranieri in posizione irregolare (datori di lavoro, …);
h) di dare piena efficacia alle disposizioni comunitarie secondo cui una decisione di allontanamento adottata da uno Stato membro è applicabile in qualsiasi parte del territorio dell’Unione europea e, in questo ambito, la segnalazione nel Sistema d’Informazione Schengen (SIS) obbliga gli altri Stati membri a impedire l’ingresso e il soggiorno nel loro territorio della persona interessata.
III) Rafforzare l’efficacia dei controlli alle frontiere
Il Consiglio europeo ricorda che il controllo delle frontiere esterne spetta a ciascuno Stato membro per la parte di frontiera che gli è propria. Questo controllo, che dà accesso a uno spazio comune di libera circolazione, è esercitato in uno spirito di corresponsabilità, per conto dell’insieme degli Stati membri. Le condizioni di rilascio dei visti prima della frontiera esterna devono fare pienamente parte della gestione integrata di quest’ultima. Gli Stati membri esposti, per la loro situazione geografica, a un afflusso di immigranti o che dispongono di mezzi limitati devono poter contare sulla solidarietà effettiva dell’Unione europea.
A tal fine, il Consiglio europeo conviene:
a) di invitare gli Stati membri e la Commissione a mobilitare tutti i mezzi disponibili per assicurare un controllo più efficace delle frontiere esterne terrestri, marittime e aeree;
b) di generalizzare entro il 1º gennaio 2012, grazie al sistema d’informazione sui visti (VIS), il rilascio dei visti biometrici, di rafforzare senza indugio la cooperazione tra i consolati degli Stati membri, di ripartire equamente per quanto possibile i loro mezzi e di creare progressivamente, su base volontaria, per quanto riguarda i visti, servizi consolari comuni;
c) di dotare l’agenzia FRONTEX, nel rispetto del ruolo e delle responsabilità proprie degli Stati membri, dei mezzi per esercitare pienamente la sua missione di coordinamento del controllo della frontiera esterna dell’Unione europea, far fronte a situazioni di crisi e condurre, su richiesta degli Stati membri, le necessarie operazioni temporanee o permanenti, conformemente, in particolare, alle conclusioni del Consiglio del 5 e 6 giugno 2008. Sulla scorta dei risultati della valutazione di tale agenzia, il suo ruolo e i suoi mezzi operativi saranno rafforzati e potrà essere decisa la creazione di uffici specializzati tenendo conto delle diverse situazioni, in particolare per le frontiere terrestri orientali e marittime meridionali: tale creazione non dovrà in alcun caso pregiudicare l’unicità dell’agenzia FRONTEX. A termine potrà essere esaminata la creazione di un sistema europeo di guardie di frontiera; d)di tener meglio conto, in spirito di solidarietà, delle difficoltà incontrate dagli Stati membri soggetti a un afflusso eccessivo di migranti e, a tal fine, di invitare la Commissione a presentare proposte;
e) di utilizzare gli strumenti delle moderne tecnologie che garantiscano l’interoperabilità dei sistemi e consentano un’efficace gestione integrata della frontiera esterna conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 giugno 2008 e del Consiglio del 5 e 6 giugno 2008. Si dovrebbe porre l’accento, a partire dal 2012, in funzione delle proposte della Commissione, sull’istituzione di una registrazione elettronica degli ingressi e delle uscite, corredata di una procedura agevolata per i cittadini europei e altri viaggiatori;
f) di approfondire la cooperazione con i paesi di origine e transito per rafforzare il controllo della frontiera esterna e combattere l’immigrazione clandestina aumentando l’aiuto dell’Unione europea per la formazione e l’equipaggiamento del personale incaricato del controllo dei flussi migratori;
g) di migliorare le modalità e la frequenza della valutazione Schengen, conformemente alle conclusioni del Consiglio del 5 e 6 giugno 2008.
IV) Costruire un’Europa dell’asilo
Il Consiglio europeo ribadisce solennemente che ogni straniero perseguitato ha il diritto di ottenere assistenza e protezione nel territorio dell’Unione europea in applicazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, e degli altri trattati ad essa correlati. Il Consiglio europeo si compiace dei progressi compiuti in questi ultimi anni, grazie all’attuazione di norme minime comuni, per l’istituzione del sistema europeo comune di asilo. Rileva tuttavia che sussistono forti divergenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la concessione della protezione e le forme di quest’ultima. Pur ricordando che la concessione della protezione e in particolare dello status di rifugiato rientra nella competenza di ciascuno Stato membro, il Consiglio europeo ritiene che sia giunto il momento di prendere ulteriori iniziative per completare l’istituzione, prevista dal programma dell’Aia, del sistema europeo comune di asilo e fornire in tal modo, come proposto dalla Commissione nel suo piano strategico sull’asilo, un livello di protezione più elevato. È opportuno, in questa nuova fase, mantenere un intenso dialogo con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Infine, il Consiglio europeo sottolinea che il necessario rafforzamento dei controlli alle frontiere europee non deve impedire l’accesso ai sistemi di protezione da parte delle persone che hanno diritto di beneficiarne.
A tal fine, il Consiglio europeo conviene:
a) di istituire nel 2009 un Ufficio europeo di sostegno che abbia il compito di facilitare gli scambi di informazioni, di analisi e di esperienze tra gli Stati membri, nonché di sviluppare cooperazioni concrete tra le amministrazioni incaricate dell’esame delle domande d’asilo. Tale Ufficio, che non avrà il potere di esaminare le domande, né il potere di decisione, favorirà, in base alla conoscenza comune dei paesi d’origine, l’uniformazione delle prassi, delle procedure e, di conseguenza, delle decisioni nazionali;
b) di invitare la Commissione a presentare proposte intese a introdurre, se possibile nel 2010 e al più tardi nel 2012, una procedura unica in materia di asilo che preveda garanzie comuni e di adottare status uniformi per i rifugiati, da una parte, e per coloro che hanno ottenuto la protezione sussidiaria, dall’altra;
c) di istituire, in caso di crisi in uno Stato membro che deve far fronte a un afflusso massivo di richiedenti asilo, procedure che consentano, da una parte, di mettere a disposizione di tale Stato, a fini di sostegno, funzionari di altri Stati membri e, dall’altra, di manifestare un’effettiva solidarietà a tale Stato attraverso una migliore mobilitazione dei programmi comunitari esistenti. Per gli Stati membri il cui regime nazionale di asilo è soggetto a pressioni specifiche e sproporzionate, dovute in particolare alla loro situazione geografica o demografica, la solidarietà deve anche avere come obiettivo di favorire, su base volontaria e coordinata, una migliore ripartizione dei beneficiari di una protezione internazionale da questi Stati membri verso altri, vigilando affinché i sistemi d’asilo non siano soggetti ad abusi. Conformemente a tali principi, la Commissione, in consultazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, se necessario, tale ripartizione volontaria e coordinata. Per tale ripartizione, si dovrebbero mettere a disposizione dei crediti specifici, a titolo degli strumenti finanziari comunitari esistenti, secondo le procedure di bilancio;
d) di rafforzare la cooperazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per assicurare una migliore protezione alle persone che la richiedano all’esterno del territorio degli Stati membri dell’Unione europea, in particolare:
progredendo, su base volontaria, verso il reinsediamento nel territorio dell’Unione europea di persone poste sotto la protezione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, in particolare nel quadro dei programmi di protezione regionali;
invitando la Commissione a presentare, in collegamento con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, proposte di cooperazione con i paesi terzi per rafforzare le capacità dei loro sistemi di protezione;
e) di invitare gli Stati membri a impartire al personale incaricato dei controlli alle frontiere esterne una formazione in materia di diritti e obbligazioni nel campo della protezione internazionale.
V) Creare un partenariato globale con i paesi di origine e transito che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo
Ricordando le sue conclusioni del dicembre 2005, del dicembre 2006 e del giugno 2007, il Consiglio europeo riafferma il suo impegno a favore dell’approccio globale in materia di migrazione che ha ispirato le conferenze euroafricane di Rabat e Tripoli nel 2006 e il vertice euroafricano di Lisbona nel 2007. È convinto che tale approccio, che riguarda nel contempo l’organizzazione della migrazione legale, la lotta contro l’immigrazione clandestina e le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo a beneficio di tutti i paesi interessati e degli stessi migranti, sia un approccio molto pertinente tanto a est quanto a sud. La migrazione deve diventare una componente importante delle relazioni esterne degli Stati membri e dell’Unione; ciò presuppone che si tenga conto, nelle relazioni con ciascun paese terzo, della qualità del dialogo in atto con esso sulle questioni migratorie.
Su queste basi, il Consiglio europeo si impegna a sostenere lo sviluppo dei paesi interessati e a costruire con tali paesi uno stretto partenariato che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.
A tal fine, il Consiglio europeo conviene:
a) di concludere, a livello comunitario o bilaterale, accordi con i paesi di origine e di transito che comportino, in modo adeguato, disposizioni concernenti le possibilità di migrazione legale, adeguate alla situazione del mercato del lavoro degli Stati membri, la lotta contro l’immigrazione clandestina e la riammissione nonché lo sviluppo dei paesi d’origine e di transito; il Consiglio europeo invita gli Stati membri e la Commissione ad informarsi reciprocamente e a concertarsi sugli obiettivi e sui limiti di tali accordi bilaterali, nonché sugli accordi di riammissione;
b) di incoraggiare gli Stati membri, nell’ambito delle loro possibilità, ad offrire ai cittadini dei paesi partner, sia a est che a sud dell’Europa, possibilità di immigrazione legale adeguate alla situazione del mercato del lavoro degli Stati membri, consentendo a questi cittadini di acquisire una formazione o un’esperienza professionale e di costituirsi un risparmio che potranno mettere a disposizione del loro paese. Il Consiglio europeo invita gli Stati membri a incoraggiare in questa occasione forme di migrazione temporanea o circolare al fine di evitare la fuga dei cervelli; c)di condurre politiche di cooperazione con i paesi d’origine e transito per scoraggiare o combattere l’immigrazione clandestina, in particolare attraverso il rafforzamento delle capacità di questi paesi;
d) di integrare meglio le politiche migratorie e di sviluppo esaminando in che modo tali politiche potranno recare vantaggio alle regioni di origine dell’immigrazione, coerentemente con gli altri aspetti della politica di sviluppo e gli obiettivi del Millennio in materia di sviluppo. Il Consiglio europeo invita gli Stati membri e la Commissione a privilegiare in questa occasione e nel quadro delle priorità settoriali individuate con i paesi partner progetti di sviluppo solidale che migliorino le condizioni di vita delle popolazioni, ad esempio per quanto riguarda la loro alimentazione o in materia di sanità, istruzione, formazione professionale e occupazione;
e) di promuovere azioni di cosviluppo che consentano ai migranti di partecipare allo sviluppo del paese d’origine. Il Consiglio europeo raccomanda agli Stati membri di favorire l’adozione di strumenti finanziari specifici che incoraggino il trasferimento sicuro e al miglior costo delle rimesse dei migranti nel loro paese a fini di investimento o previdenziali;
f) di attuare con determinazione il partenariato tra l’Unione europea e l’Africa concluso a Lisbona nel dicembre 2007, le conclusioni della prima riunione euromediterranea a livello ministeriale sulle migrazioni organizzata ad Albufeira nel novembre 2007, nonché il piano d’azione di Rabat, e di invitare a tal fine la seconda conferenza ministeriale euroafricana sulla migrazione e lo sviluppo che si terrà a Parigi nell’autunno del 2008 a decidere misure concrete; di perfezionare ulteriormente, in conformità delle conclusioni del giugno 2007, l’approccio globale in materia di migrazione a est e a sud-est dell’Europa e di plaudere al riguardo all’iniziativa di una conferenza ministeriale a Praga nell’aprile 2009 su questo tema; di continuare a ricorrere ai dialoghi politici e settoriali esistenti, in particolare con i paesi d’America latina, dei Caraibi e d’Asia per approfondire la comprensione reciproca delle problematiche connesse alle migrazioni e rafforzare la cooperazione attuale;
g) di accelerare l’utilizzazione degli strumenti privilegiati dell’approccio globale in materia di migrazione (profili migratori, piattaforme di cooperazione, partenariati per la mobilità e programmi di migrazione circolare) assicurando un equilibrio tra le rotte migratorie del sud e quelle dell’est e del sud-est e di tener conto dell’esperienza acquisita in tale contesto in occasione della negoziazione degli accordi comunitari e bilaterali con i paesi di origine e di transito relativi alle migrazioni e alla riammissione, nonché dei partenariati pilota per la mobilità;
h) di assicurare nell’attuazione di queste diverse azioni la coerenza con gli altri aspetti della politica di cooperazione allo sviluppo, segnatamente il consenso europeo in materia di sviluppo del 2005, e con le altre politiche dell’Unione, in particolare la politica di vicinato.
Il Consiglio europeo invita il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze, ad adottare le decisioni necessarie per attuare il presente patto al fine di sviluppare una politica comune in materia di immigrazione e di asilo. Il programma che farà seguito nel 2010 al programma dell’Aia consentirà, in particolare, di portare avanti la concretizzazione del patto.
Decide di organizzare, al proprio livello, un dibattito annuale sulle politiche di immigrazione e di asilo. Invita a tal fine la Commissione a presentare ogni anno al Consiglio una relazione, fondata in particolare sui contributi degli Stati membri e corredata eventualmente di proposte di raccomandazioni, sull’attuazione, da parte sia dell’Unione che dei suoi Stati membri, del presente patto e del programma che farà seguito al programma dell’Aia. Questo dibattito annuale consentirà inoltre al Consiglio europeo di rendersi edotto degli sviluppi più significativi previsti da ciascuno Stato membro nell’attuazione della sua politica in materia di immigrazione e di asilo.
Per preparare questo dibattito, il Consiglio europeo invita la Commissione a proporre al Consiglio un metodo di monitoraggio.
Il Consiglio europeo ribadisce infine la necessità di far fronte ai bisogni connessi alle politiche di immigrazione e di asilo e all’attuazione dell’approccio globale in materia di migrazione con risorse adeguate.
Fonte/MeltingPot
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