Riscossione degli oneri condominiali e mancata approvazione del consuntivo: in caso di inerzia dell’assemblea il decreto ingiuntivo può basarsi sul preventivo

Si segnala quest’interessante sentenza del Supremo Collegio (n. 24299/08) che, cassando una decisione del giudice di pace di Roma, interviene sui requisiti minimi per ottenere un decreto ingiuntivo contro un condomino moroso. La Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità per l’amministratore condominiale di richiedere ed ottenere un’ingiunzione di pagamento sulla base del solo rendiconto preventivo approvato e nelle more dell’approvazione del rendiconto consuntivo.
Si tratta di un provvedimento che trova fondamento nella necessità di garantire una continuità gestionale e patrimoniale del condominio a fronte di una possibile (e nella pratica ricorrente) inerzia dell’assemblea nell’adempimento dei propri compiti.
Nel giudizio di primo grado, instauratosi a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo, il giudice di pace competente aveva negato tale possibilità. Il Supremo Collegio ha ribaltato il verdetto del giudice di prime cure, in quanto, a suo dire “ il giudice di pace,…, ha infranto un principio basilare e ineliminabile per la corretta gestione del condomino, che consente all’amministratore di riscuotere le quote degli oneri in forza di un bilancio preventivo, sino a quando non sia sostituito dal consuntivo regolarmente approvato [1]. Pur non ritrovandosi nella motivazione alcun riferimento agli articoli che contengono tale principio, non è difficile trovare l’addentellato normativo. Innanzitutto l’art. 1130 c.c., che impone all’amministratore di riscuotere i contributi dai condomini. Strettamente collegato, inoltre, è l’art. 63 disp. att. c.c., laddove si dice che l’amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo “ … in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea …”. E’ evidente che in assenza di una qualificazione, preventiva o consuntiva, di tale ripartizione, il rendiconto preventivo debba essere considerato sufficiente ai fini dell’ottenimento di un decreto ingiuntivo.
La Corte, poi, è stata sibillina anche nell’indicare la ratio di tale scelta, limitandosi ad affermare che è erroneo considerare il preventivo soggetto a scadenza: ciò in quanto tra la chiusura reale dell’esercizio e l’approvazione del relativo rendiconto potrebbe intercorrere un lasso di tempo “anche lungo in relazione a molteplici possibili eventi[2]. Senza nessuna presunzione di cogliere l’intima essenza del pensiero dei Giudici del Supremo Collegio, proviamo ad indicare uno dei “possibili eventi”; ad esempio, qualora l’assemblea non provvedesse ad approvare il rendiconto consuntivo nei tempi normalmente previsti, l’amministratore si troverebbe nell’impossibilità di recuperare i crediti vantati dal condominio nei confronti dei condomini morosi. Questi ultimi, poi, allorché fossero rappresentanti di una quota millesimale alta, potrebbero, anche maliziosamente, far mancare il numero legale necessario all’approvazione del rendiconto. Il tutto produrrebbe un’inevitabile stasi della vita condominiale, con possibili ed intuibili gravi conseguenze come, ad esempio, il distacco di forniture elettriche, idriche e dei servizi in genere. E’ chiaro, quindi, che in presenza di una dichiarazione d’impegno (il preventivo) a versare i ratei condominiali ed in assenza di una verifica di tale impegno, quest’ultimo deve essere ritenuto valido fino a nuova e sostitutiva dichiarazione. Sicuramente, per ottenere un’ingiunzione di pagamento, la mancata approvazione del rendiconto deve essere imputabile all’inerzia dell’assemblea, che seppur convocata non dia riscontro a quanto richiesto. Viceversa quanto detto dalla Cassazione non dovrebbe trovare seguito, qualora l’impossibilità di approvazione del rendiconto sia dovuta all’intempestività dell’amministratore nell’esecuzione del suo mandato. Infatti, ai sensi dell’art. 1130, II co., c.c. alla fine di ogni anno l’amministratore deve rendere il conto della sua gestione. E’ evidente, perciò, che se gli fosse permesso di chiedere un decreto ingiuntivo sulla base del preventivo anche quando la mancata approvazione del rendiconto consuntivo trovasse la causa prima nella sua stessa inadempienza agli obblighi di legge, il significato delle norma sopracitata sarebbe svuotato. Come si diceva all’inizio, infatti, l’intervento della Suprema Corte è volta a dare continuità gestionale e patrimoniale al condominio pur sempre, però, nell’ambito di una gestione tesa all’esercizio preciso e trasparente dei propri compiti da parte dei soggetti deputati alla conduzione del condominio.
 
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE    ********                        – Presidente   –
Dott. TRIOLA      ***************                 – Consigliere –
Dott. MALPICA     ******                     – rel. Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO *************                   – Consigliere –
Dott. ********    *****                           – Consigliere –
 
ha pronunciato la seguente:
sentenza
 
sul ricorso proposto da:
CONDOMINIO _________, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA _____, presso
lo studio dell’avvocato _______, che lo difende, giusta
delega in atti;
– ricorrente –
contro
__________, elettivamente domiciliati
in ROMA VIA ___________, presso lo studio dell’avvocato______________,                                                                                        che li difende, giusta delega in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 51696/03 del Giudice di pace di ROMA,
depositata il 04/12/03;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
11/07/08 dal Consigliere Dott. Emilio MALPICA;
udito l’Avvocato __________________, difensore dei resistenti
che si riporta ed insiste;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale *****
________________, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
 
                
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 
Con citazione notificata in data 30.9.2002, M.A. e S.G. proposero opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti dal giudice di pace di Roma ad istanza del condominio dello stabile di (OMISSIS), con il quale veniva intimato il pagamento della somma di Euro 759,29 per oneri condominiali insoluti.
A fondamento dell’opposizione i predetti dedussero che prima della iscrizione del ricorso per ingiunzione da parte del condominio, essi avevano pagato alL’amministratore la somma di Euro 623,99 per le voci di spesa elencate nel ricorso; aggiunsero che il decreto ingiuntivo era illegittimo in quanto adottato sulla base del bilancio preventivo 2001, mentre doveva essere utilizzato il bilancio consuntivo che all’epoca del deposito del ricorso (27.5.2002) non era stata ancora approvato, essendo ciò avvenuto solo nel mese di giugno; addussero inoltre che la spesa per il “sevizio pulizia” riportata nel consuntivo era inferiore a quella del preventivo.
Il condominio, costituendosi, ammise che gli opponenti avevano pagato gli importi indicati, ma obiettò che tali importi erano stati regolarmente conteggiati, come risultava dall’estratto contabile allegato al ricorso per decreto ingiuntivo.
Il giudice di pace, con sentenza del 4.11.2003, dichiaro la nullità del decreto ingiuntivo e revocò lo stesso, condannando il condominio alla rifusione delle spese del giudizio.
A sostegno della decisione il giudice di pace addusse la seguente testuale motivazione: “Dalla documentazione depositata dalle parti si evince che il decreto ingiuntivo è stato richiesto ad eccezione di Euro 116,91 con riferimento all’esercizio del 2001 il cui consuntivo al momento della richiesta del decreto come è provato per tabula non era stato ancora approvato.
Poichè l’Amministratore può, secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, avvalersi soltanto con riferimento al corso dell’anno di gestione amministrativa, ne consegue che l’opposizione dei sigg.
M. e S. deve essere accolta.
Inoltre, atteso che l’opposto riconosce che gli opponenti hanno versato Euro 623,99, non vi è in atti alcuna prova della sussistenza di ulteriori debiti. Le spese seguono la soccombenza”.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Condominio dello stabile di (OMISSIS), in forza di due motivi; resistono con controricorso M.A. e S.G..
Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti per una pretesa genericità della procura speciale. Si osserva che, secondo la costante giurisprudenza di questa corte, la procura apposta a margine del ricorso per cassazione, e autenticata da avvocato iscritto all’albo dei cassazionisti, deve ritenersi “speciale” ai sensi dell’art. 365 c.p.c., in quanto incorporata all’atto di impugnazione (art. 83 cod. proc. civ., comma 3), risultando irrilevante che la dizione prestampata e inserita nell’atto preveda che la legittimazione processuale è conferita al difensore “nel presente giudizio in ogni stato e grado, ivi compresa la successiva fase esecutiva…” (cfr. ex plurimis Cass. 2.2.2006, n. 2340).
Nel merito, con il primo motivo il condominio denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1135 c.c., n. 2 e art. 63 disp. att. c.c.. Assume che il giudice erroneamente esclude la possibilità per l’amministratore di servirsi del bilancio preventivo approvato al fine di chiedere il decreto ingiuntivo, perchè diversamente ritenendo non sarebbe possibile perseguire i condomini morosi sino all’approvazione del consuntivo.
Con il secondo motivo il condominio denuncia omessa e contraddittoria motivazione, dolendosi che il giudice di pace assume che non vi sarebbe prova del debito degli opponenti a fronte dei versamenti da loro effettuati, ignorando che le somme suddette erano state regolarmente considerata, come eccepito e comprovato dall’estratto conto che era allegato al ricorso per decreto ingiuntivo, dal quale risultava che il debito residuo, al netto delle somme versate, era proprio quello ingiunto.
Il ricorso, i cui motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione, è fondato.
*****è la sentenza impugnata rientri tra quelle emesse secondo equità ai sensi dell’art. 113 c.p.c., sicchè essa può essere oggetto di ricorso per cassazione solo per violazione di norme costituzionali e norme comunitarie di rango superiore a quelle ordinarie, nonchè delle norme processuali ai sensi dell’art. 311 c.p.c., la censura di violazione di legge sostanziale, contenuta nel primo motivo di ricorso, deve ritenersi ammissibile alla stregua dell’obbligo del rispetto dei principi informatori della materia sancito dalla sentenza n. 206/04 della Corte costituzionale, atteso che la norma di cui si denuncia la violazione certamente contiene anche un principio informatore della disciplina della gestione condominiale, ed in particolare delle modalità e dei limiti della contribuzione dei condomini alle spese comuni.
Il giudice di pace, infatti, ha infranto un principio basilare e ineliminabile per la corretta gestione del condominio, che consente all’amministratore di riscuotere le quote degli oneri in forza di un bilancio preventivo, sino a quando questo non sia sostituito dal consuntivo regolarmente approvato. La sentenza impugnata afferma l’erroneo principio secondo cui il bilancio preventivo sarebbe azionabile sino a che non sia scaduto l’esercizio cui esso si riferisce; tale principio, se applicato, renderebbe impossibile la riscossione degli oneri – e, quindi, inciderebbe sulla possibilità stessa di gestione del condominio – per tutto il tempo intercorrente tra la scadenza dell’esercizio e l’approvazione del consuntivo, periodo che potrebbe ipotizzarsi anche lungo in relazione a molteplici possibili eventi, tra cui, non ultimo, la non approvazione del progetto da parte dell’assemblea.
Nel caso di specie, quindi, è destituita di fondamento la prima ragione della decisione della sentenza impugnata. Non può, poi, disconoscersi che rasenta la completa mancanza di motivazione – anch’essa denunciabile in sede di legittimità pure in relazione alle sentenze emesse secondo equità – l’assunto del giudice secondo cui sarebbe avvenuto quasi l’integrale pagamento delle somme richieste, laddove non risulta sia stata data alcuna considerazione della deduzione della parte appellata – riportata nella stessa narrativa della sentenza – secondo cui nella richiesta di ingiunzione si era già tenuto conto dei pagamenti addotti dalla controparte e ciò risultava dall’estratto conto allegato alla richiesta di ingiunzione.
Deve, quindi, concludersi per l’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio ad altro giudice di pace dell’ufficio del giudice di pace di Roma che provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
 
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altro giudice dell’Ufficio del giudice di pace di Roma.
Così deciso in Roma, il 11 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2008
 


[1] Cass. civ. sent. n. 24299 del 2008
[2] Cass. civ. cit.

Gallucci Alessandro

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