Sfruttamento economico dei diritti della personalità, NOTA A CASS. CIV, SEZ. I, 19.11.2008 n. 27506

Con la decisione in questione la S.C ritorna sul tema dello sfruttamento economico dei diritti della personalità, in una controversia relativa all’utilizzazione dell’immagine di una donna – i cui diritti pure dalla stessa erano stati ceduti anni addietro, allorquando essa intendeva svolgere la professione di modella, e con finalità promozionali della sua carriera – avvenuta tuttavia molti anni di distanza dalla cessione dei diritti stessi, allorquando, secondo la ricorrente, era in dubbio che potesse ancora ritenersi sussistente e/o comunque valido, il consenso all’epoca prestato.
Dall’esame della sentenza, consultabile sul sito della Cassazione, appare chiaro come il fulcro di essa si rinvenga nel riconoscimento – anzi, in realtà, nella riconferma – della piena utilizzabilità, analogamente a tutti gli altri diritti più propriamente <patrimoniali>, del diritto all’immagine della persona, anche se più precisamente, la Corte rileva – sia pure incidenter tantum, come è una sua abitudine, viene da dire – si tratta, e credo non possa essere altrimenti, in realtà di diritto sull’immagine della persona.
Coerente con i propri precedenti arresti si manifesta il rilievo operato dal Collegio per il quale, in assenza di una pattuizione espressa circa eventuali limiti – anche temporali – all’utilizzo del diritto sull’immagine, la cessione di esso, che ha rappresentato il corrispettivo per l’attività posta in essere dal fotografo, dalla organizzazione del servizio alle spese di viaggio della modella, non potesse che essere illimitata, con il contestuale pieno utilizzo da parte del fotografo di quanto legittimamente entrato nel suo patrimonio a seguito della cessione.
Vero è anche che la Corte – ma sul punto, come detto, non ha fatto altro che confermare un suo orientamento ormai radicato – nel pervenire a tale decisione non pare essersi invero sforzata di distaccarsi dall’utilizzo dei criteri ermeneutici strettamente codicistici, senza indagare se, da una analisi ermeneutica del sistema complessivamente interpretato, emergessero elementi tali da far ipotizzare un utilizzo abusivo del diritto sull’immagine.
Uno spunto in tal senso, anche critico, poteva trarsi dalla presenza di una circostanza, quale il decorso di un periodo di tempo molto lungo tra la data della cessione e quella dell’effettivo utilizzo nella campagna pubblicitaria incriminata, che forse avrebbe potuto giustificare innanzitutto da parte dei giudici di merito una indagine maggiormente estesa sulla esistenza e validità del consenso ancora dopo tanti anni, ed in conseguenza una verifica in tal senso – anche se non si evince se sia stata correttamente sollecitata dalla ricorrente -a maggiore ragione perchè la donna aveva allegato, non se se anche asseverato, la circostanza che ormai da anni non svolgeva più l’attività di modella, e certo il vedersi riprodotta a seno nudo non può escludersi possa averle causato problemi di svariato tipo, psicologi e sociali, quindi alla propria vita di relazione, il tutto considerando altresì che ritenere il consenso valido a distanza di tanti anni appare una conseguenza giuridica non proporzionata alla concreta condizione soggettiva delle parti contraenti, soprattutto in relazione al necessario bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti, che ha visto prevalere una situazione di natura squisitamente patrimoniale su di un diritto della personalità, senza tuttavia il necessario approfondimento.
 Tale circostanza, per un verso andava maggiormente valorizzata dalla ricorrente quale fatto a prova di una, anche se implicita, revoca del consenso – poichè non pare possa seriamente revocarsi in dubbio che la fine della sua carriera di modella potesse essere intesa quale segno di una volontà contraria a che la sua immagine circolasse – ma dalla lettura della sentenza non si capisce perchè i giudici di merito non hanno ritenuto sussistente una violazione del decoro e della dignità della persona(forse per difetto di allegazione e/o prova, viene da pensare).
Sicuramente per la aspirante modella sarebbe stato consigliabile, per tutelarsi, prima di firmare l’atto di cessione, di pretendere l’inserimento in esso di una condizione risolutiva che legasse la cessione a terzi dei diritti sulla immagine ad una preventiva verifica, magari con l’acquisizione di dichiarazione scritta, che la stessa svolgesse ancora l’attività di modella ; certo, forse in tal modo la cessione non vi sarebbe proprio stata, ma probabilmente solo in tal modo la persona in questione avrebbe ricevuto adeguata tutela.
 
 
Gianluca Cascella

Cascella Gianluca

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