1. Gli accordi di ristrutturazione
L’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182
bis del Regio Decreto n. 267 del 16/03/1942 (
breviter L.F.) è una procedura di concertazione con la quale si cerca di superare la crisi di impresa scongiurandone il dissesto e l’insolvenza. Esso prevede che l’imprenditore in stato di crisi possa domandare, previo deposito della documentazione di cui all’art. 161 L.F.
[1], presso la cancelleria del Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, stipulato con i creditori rappresentanti almeno il 60% del totale dei crediti.
Si tratta di un accordo
stragiudiziale [2], inteso ad addivenire ad una soluzione della crisi, con il quale viene rimessa all’autonomia privata dei partecipanti la gestione dello stato di crisi e la eventuale soluzione della stessa.
Unitamente alla documentazione, l’istante deve presentare una relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d) L.F.
[3] sull’attuabilità dell’accordo, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.
A questa fase stragiudiziale, di definizione e stipula dell’accordo, fa seguito la seconda fase nella quale interviene il Tribunale chiamato ad omologare con proprio decreto l’accordo raggiunto. Quest’ultimo viene pubblicato nel registro delle imprese ed acquista efficacia dalla sua pubblicazione.
Dalla pubblicazione dell’accordo e per i successivi 60 giorni, i creditori per titolo e causa anteriore alla data di pubblicazione non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore. La protezione del patrimonio del debitore in questa fase è finalizzata a garantirne l’integrità, evitandone l’aggressione da parte dei creditori estranei e a concedere una sorta di tregua in costanza di accordo
[4] (tale sospensione non impedisce però ai creditori estranei all’accordo di condurre attività di tipo istruttorio).
La previsione normativa di far retroagire l’efficacia dell’accordo alla data di pubblicazione va interpretata in combinato disposto con l’art. 67 , comma 3, lettera e) L.F. che dispone che non sono soggetti all’azione revocatoria “… gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’art. 182-bis”. Pertanto, quando interviene l’omologazione, l’esonero da revocatoria si estende agli atti di esecuzione dell’accordo compiuti tra la data di pubblicazione dello stesso e la data dell’omologazione.
Entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese chi ne ha interesse può formulare eventuali opposizioni.
Il controllo del Tribunale è un controllo di legittimità finalizzato:
a) alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’ammissione:
a. Presupposto soggettivo: qualifica di imprenditore commerciale (tra quelli indicati nell’art. 1, comma 1 della L.F).;
b. Presupposto oggettivo: stato di crisi dell’impresa;
b) alla verifica delle condizioni processuali di accesso (ex art. 182 bis, comma 1) tra cui:
a. L’avvenuto deposito dell’accordo presso la cancelleria del Tribunale;
b. Il raggiungimento della percentuale di adesioni del 60% dei crediti rispetto al passivo complessivo del debitore
[5];
c. Verifica del deposito della relazione dell’esperto che attesti la fattibilità dell’accordo e la sua idoneità al pagamento per intero dei creditori estranei (da intendersi nel senso che tali crediti devono essere pagati integralmente e nel rispetto dei tempi, delle modalità, degli interessi e di ogni altra condizione ad essi relativa);
ma è anche un controllo di merito del ricorso presentato dal debitore istante finalizzato a:
a) Valutare la concreta attuabilità del piano e delle concrete possibilità di realizzo;
b) Valutare se la liquidità residua alla stipula dell’accordo è sufficiente al soddisfacimento per intero dei creditori estranei
[6].
Il Tribunale, decise le eventuali opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con parere motivato. D’accordo con l’orientamento dottrinale si ritiene che “..il giudizio di omologazione deve avvenire sempre e comunque, indipendentemente dalla circostanza che siano state oppure no presentate opposizioni”
[7].
Avverso il decreto può essere opposto reclamo alla Corte di Appello entro 15 giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese. Il reclamo deve essere notificato al debitore e alle parti costituite in giudizio.
.
2 .La transazione fiscale all’interno degli accordi di ristrutturazione
Nel contesto degli accordi di ristrutturazione, come sopra delineati, va ad inserirsi, l’istituto della Transazione fiscale che, così come è strutturato oggi, è disciplinato dall’art. 182 ter L.F., come modificato dall’art. 16, Comma 5, del D.Lgs. n. 169/2007. Al pari di altri strumenti del diritto tributario anche la transazione fiscale trae origine dall’ omonimo contratto presente nel diritto civile (art. 1965 c.c.) “..con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro.” quantunque sia di tutta evidenza che, laddove il fisco rinunci a parte del credito tributario anteponendo l’interesse alla sopravvivenza dell’impresa a quello erariale, la reciprocità delle concessioni viene a mancare.
Uno dei cardini del nostro ordinamento tributario risiede nella
indisponibilità e nella irrinunciabilità del credito tributario ma, l’introduzione della transazione fiscale che ammette, sia pure con l’eccezione dell’IVA
[8], la falcidia non solo di interessi e sanzioni ma anche del credito tributario, pur rappresentando una deroga ai principi di cui sopra obbliga coloro che ne fanno ricorso di attenersi scrupolosamente al dettato della norma pena l’inammissibilità della proposta.
In fase stragiudiziale il debitore istante propone la transazione fiscale all’erario nell’ambito delle trattative che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione (ex art. 183 ter, comma 6, L.F.).
La proposta va presentata:
a) All’Ufficio della Agenzia delle Entrate competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore ;
b) Al competente Agente della riscossione.
Come chiarito nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 3 del 05/01/2009 è ammissibile la presentazione della proposta di transazione fiscale in tempi diversi, purché ragionevolmente circoscritti.
All’Ufficio della Agenzia delle entrate devono anche essere consegnate le copie delle dichiarazioni fiscali per le quali non è ancora pervenuto l’esito dei controlli automatici (ex art. 36 bis DPR 600/1973 e art. 54 bis DPR 633/1972) nonché delle dichiarazioni integrative relative ai periodi antecedenti la data di presentazione della domanda.
L’Ufficio dell’Agenzia, entro i 30 giorni successivi alla data di presentazione della proposta, procede al consolidamento del debito fiscale cristallizzandolo alla data di presentazione della proposta e procede:
a) alla liquidazione manuale delle dichiarazioni per le quali non è ancora avvenuta la liquidazione automatica e, laddove ne ricorrano i presupposti, alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità;
b) alla certificazione del debito derivante da atti di accertamento non ancora divenuti definitivi per la parte non iscritta a ruolo;
c) alla certificazione del debito risultante da ruoli vistati ma non ancora consegnati all’agente della riscossione.
Nello stesso termine di 30 giorni l’Ufficio deve formulare l’eventuale assenso alla proposta di transazione (relativamente ai tributi non iscritti a ruolo o i cui ruoli non sono ancora stati consegnati all’Agente della riscossione), con atto del Direttore dell’Ufficio su conforme parere della competente Direzione Regionale.
L’attività svolta in questa fase dall’Ufficio locale non consiste in una mera produzione di atti e nel conteggio degli importi dovuti dal contribuente ma si sostanzia in una vera e propria attività istruttoria tesa alla rilevazione della effettiva sussistenza dello stato di crisi e condotta sia sulla documentazione prodotta dal contribuente che di quella integrativa eventualmente richiesta dall’ufficio. Si instaura quindi tra l’amministrazione finanziaria e il contribuente un rapporto di reciproca collaborazione finalizzato certamente alla conclusione della transazione ma anche all’assunzione da parte dell’ufficio di tutte le informazioni utili ad accertare, non solo l’esistenza della crisi, ma anche la effettiva capacità dell’impresa di soddisfare la ridotta pretesa erariale e garantire nel contempo la prosecuzione dell’attività aziendale.
Nella valutazione dello stato crisi assume rilevanza l’analisi degli ultimi bilanci riclassificati (almeno dei precedenti 3 periodi di imposta) condotta con l’utilizzo degli indici di liquidità e di redditività volti alla valutazione della capacità dell’azienda a produrre risultati economici e a fronteggiare crisi di liquidità. Occorre esaminare il grado di indebitamento, i programmi di investimento dell’azienda, i contratti maggiormente significativi con clienti e fornitori, i finanziamenti di terzi e gli interessi passivi, chiedere eventuali garanzie in caso di proposta di pagamento dilazionato del debito ristrutturato ecc.
E’ infatti facilmente ipotizzabile che l’istituto transattivo, inserito in un accordo di ristrutturazione, induca qualche azienda a decidere di finanziarsi a spese dell’erario, omettendo versamenti di imposte e ritenute (soprattutto ritenute sui redditi dei dipendenti), per poi simulare uno stato di crisi ed ottenere in tal modo la falcidia del debito tributario (comprendendosi in esso anche le sanzioni e gli interessi maturati) e la dilazione dello stesso.
Una volta terminata con esito favorevole l’attività istruttoria, quantificato l’intero debito e definiti con il contribuente tutti i termini dell’accordo (importi da corrispondere, modalità e termini di pagamento, rinuncia ad eventuali contenziosi in essere, ecc.) l’Ufficio locale redige una relazione, contenente il parere favorevole alla proposta, corredata di tutte le analisi e le considerazioni svolte, di una bozza di transazione, che poi inoltra alla competente Direzione regionale alla quale spetta emettere il parere finale al quale l’Ufficio deve conformarsi.
La Direzione regionale, che potrebbe già essere stata informata dall’Ufficio nel corso del perfezionamento degli accordi per fornire indicazioni, non si limita alla accettazione passiva delle considerazioni dell’Ufficio locale ma, a sua volta, sulla scorta della documentazione ricevuta, provvede ad un ulteriore controllo dei contenuti dell’accordo invitando, se del caso, l’Ufficio a fornire ulteriori delucidazioni e/o informazioni.
E’ di tutta evidenza che, per compiere tutte queste analisi, il termine di 30 giorni previsto dall’art. 183 ter , comma 6, L.F., difficilmente può essere rispettato, se ne deduce quindi che trattasi di termine ordinatorio e non già perentorio, come avanzato da alcuni.
L’Agente della riscossione che ha ricevuto la proposta di transazione deve, non oltre 30 giorni dalla presentazione, trasmettere al debitore (ed opportunamente anche all’Ufficio per conoscenza, sebbene l’art. 182 ter L.F. non ne faccia cenno) una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso. Entro lo stesso termine l’Agente deve emettere un atto, su indicazione dell’Ufficio dell’Agenzia che, a sua volta ha ricevuto conforme parere dalla Direzione regionale, con il quale esprime l’assenso alla proposta di transazione.
L’assenso così formulato equivale alla sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione.
In caso di parere favorevole, l’accordo di ristrutturazione, unitamente alla proposta di transazione fiscale approvata dall’Agenzia delle Entrate e dall’Agente della riscossione (si noti bene che l’approvazione di questi ultimi potrebbe essere anche contestuale per abbreviare i termini della procedura), viene depositato presso la Cancelleria del Tribunale competente il quale procede alla omologazione, decise le eventuali opposizioni, in camera di consiglio con decreto motivato , reclamabile alla Corte d’Appello entro 15 giorni dalla pubblicazione sul registro delle imprese.
a cura di Monica Boscacci
[1] “…a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;c) l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili….”.
[2] Come Trib.Milano Sez. II (Decr.), 23.01.2007.
[3] Professionista iscritto nel Registro dei Revisori contabili che sia nel contempo avvocato, commercialista, ragioniere e ragioniere commercialista o studi professionali associati o società tra professionisti i cui soci abbiano i requisiti professionali di cui sopra.
[4] Cfr. il paragrafo 3 della Circolare n. 40/2008 laddove viene riportato uno stralcio della relazione illustrativa al D.Lgs. n. 169/2007.
[5] Come Trib. Milano Sez. II Dec., 24 gennaio 2007.
[6] Come Trib.Ancona, 12.11.2008 “Il Tribunale dovrà quindi valutare la fattibilità del piano in rapporto alle concrete prospettive di realizzo prospettate ed alla sussistenza di una liquidità che consenta il pagamento dei creditori rimasti estranei”.
[7] “La riforma organica delle procedure concorsuali” a cura di Sido Bonfatti e Luciano Panzani pag. 792
[8] L’IVA rimane un tributo indisponibile anche se con il D.L. 185/2008 ne è stata ammessa la dilazione. Sono invece suscettibili di falcidia nell’ambito della transazione le sanzioni e gli interessi sull’IVA.
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