Nel nostro precedente articolo pubblicato l’undici Giugno u.s. eravamo arrivati alla conclusione che, essendo la seconda Legge Quadro sul turismo, vale a dire la Legge 29 Marzo 2001, n° 135 anteriore alla Legge Costituzionale 18 Ottobre 2001, n° 3 che ha riformato l’art. 117 della Costituzione nel senso di attribuire alle Regioni la competenza legislativa esclusiva sul turismo, lo Stato, in forza di essa, mantiene la competenza a riformare unilateralmente ed in maniera omogenea per tutto il territorio nazionale la legislazione turistica italiana vigente (problema molto importante per lo sviluppo del turismo italiano ma mai, finora, affrontato seriamente), attraverso l’emanazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) previsto dai commi 4° e 5° dell’art. 2 della Legge 135/2001, anche se un atto simile troverebbe, molto probabilmente, la forte opposizione delle Regioni e delle Province Autonome. La sempre valida competenza legislativa dello Stato in materia dovrebbe però spronare le Regioni a raggiungere finalmente la “riforma condivisa” auspicata dal DPCM 13 Settembre 2002 che le impegnava in questo senso.
Questa conclusione non cambia a seguito di quel curioso provvedimento che il Decreto (del Presidente del Consiglio dei Ministri, anche se firmato dall’allora Sottosegretario con delega al Turismo, ma in quel momento il Dipartimento del Turismo era una articolazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri) del 21 Ottobre 2008, di natura non regolamentare (come affermato nella premessa) ma stranamente cogente nei pochi casi in cui si applica, che definisce gli “standard minimi nazionali dei servizi e delle dotazioni per la classificazione degli alberghi” (è il titolo dell’allegato, che è molto più chiaro e significativo del titolo del Decreto).
In primo luogo questo Decreto non è il DPCM previsto dall’art. 11, 6° comma e dall’art. 2, 4° comma, della Legge 135/2001, dato che esso non ha i contenuti previsti da quest’ultima disposizione e dal successivo comma 5°, ma tratta solo una parte, anche piuttosto limitata (gli standard minimi dei servizi degli alberghi), di essi.
In secondo luogo il Decreto del 21 Ottobre 2008, che entro sei mesi dalla pubblicazione (avvenuta l’undici Febbraio 2009) dovrebbe essere recepito dalle Regioni
[1] (art. 4),
si applica soltanto agli alberghi di nuova costruzione ed a quelli ristrutturati dopo la sua emanazione (art. 3, 1° comma
[2]), esclude dalla sua applicazione le Regioni a statuto speciale e le Province Autonome (art. 9), prevede che tutte le Regioni possano “
differenziare la declinazione di dettaglio dei servizi previsti con indicazioni che aderiscano di più alle specificità territoriali, climatiche e culturali dei loro territori”
[3] (art. 2), salva tutte le deroghe delle leggi regionali sul numero e la superficie delle camere e la presenza dell’ascensore (nell’Allegato), esclude l’applicazione dei requisiti strutturali agli alberghi ubicati in edifici di interesse storico e/o monumentale (art. 3, 4° comma).
Inoltre, il Decreto, per promuovere il turismo italiano e tutelare meglio i suoi clienti, introduce, su base nazionale “
un sistema di rating, associabile alle stelle, che consenta la misurazione e la valutazione della qualità del servizio reso ai clienti” a cui gli alberghi saranno
liberi di aderire o meno ed i cui parametri di misurazione e valutazione saranno concordati dal Governo con le Regioni (art. 8)
[4].
Se poi si vanno ad esaminare gli standard minimi dei servizi alberghieri contenuti nell’Allegato, ci si rende conto di come le Regioni, salvo pochi e limitati casi su singoli parametri, abbiano già dettato con le loro Leggi, standard minimi equivalenti ed, in molti casi, superiori, per cui l’effetto di crescita qualitativa dei servizi alberghieri italiani che sarà prodotto dall’adeguamento delle strutture alle previsioni dell’Allegato del Decreto sarà molto limitato. Esso avrebbe potuto essere superiore solo se gli standard minimi in esso previsti fossero stati più alti, ma il Decreto del 21 Ottobre 2001 è sostanzialmente un’occasione perduta per il rilancio dell’offerta turistica italiana. In altre parole, con tale Decreto il Governo ha scelto di non scegliere, cioè di non utilizzare quel potere di riforma unilaterale degli standard qualitativi delle imprese turistiche che la Legge 135/2001 ancora gli assegna.
Non ci resta che sperare nel lavoro che stanno facendo le singole Regioni (alcune meglio di altre, per la verità) attraverso l’emanazione delle loro nuove leggi sui singoli segmenti dell’offerta turistica che in questi anni hanno visto sempre aumentare i requisiti qualitativi richiesti alle imprese ed alle organizzazioni non profit che di essi fanno parte.
Gianfranco Visconti
Consulente di direzione aziendale in Lecce
[1] Se lo faranno o non lo faranno non cambierà molto rispetto alla situazione attuale, come vedremo.
[2] Gli interventi di ristrutturazione edilizia sono quelli per i quelli è necessario il permesso di costruire ai sensi della lettera
c) del 1° comma dell’art. 10 del DPR n° 380 del 2001 (il “Testo Unico dell’Edilizia”), vale a dire quelli che “
comportino aumento di unita’ immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso”.
[3] In altre parole, le Regioni possono svuotare a loro piacimento gli standard previsti dal Decreto.
[4] Sembra di capire che si avranno, per esempio, alberghi a tre stelle con tre punti di livello qualitativo, a quattro stelle con due punti o a cinque stelle con uno, e così via. Con quali effetti sulle aspettative di qualità del servizio da parte del cliente è difficile prevedere.
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