Attività di vigilanza nei CED e lotta all’abusivismo

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 1.      Introduzione alla problematica e regolamentazione: dalla L. 1815/1939 alla L. 46/2007

La spinosa questione dell’abusivismo professionale[1] sta ormai assumendo dimensioni anomale ed è una realtà in continua espansione. Sempre più spesso infatti si assiste alla nascita dei Ced o società variamente nominate che operano sul mercato nella specifica attività riservata per legge agli iscritti agli ordini professionali competenti per territorio, così come previsto dall’art. 1 della L. 12/79 che attribuisce esclusiva competenza ai consulenti del lavoro e agli altri professionisti ivi indicati.
Il Ced è stato quindi costantemente definito come un’attività di elaborazione dati contabili (registrazione pura e semplice) ed aggiornamento dei registri dei clienti. Non potrebbe pertanto: a) svolgere attività riservate in esclusiva ad altre professioni, b) svolgere attività di assistenza tecnica in contenzioso tributario, c) effettuare consulenza legale o del lavoro, d) redigere i bilanci di società di capitali. L’attività di elaborazione dati deve consistere nella mera inserzione di dati nell’elaboratore e quindi nella mera digitazione dei dati forniti dal committente, esclusa pertanto ogni preventiva predisposizione degli stessi ai fini della successiva registrazione ed esclusa ogni ulteriore elaborazione. Inoltre l’attività di elaborazione dati deve essere svolta in via esclusiva, cioè non deve essere in alcun modo collegata ad attività aventi carattere professionale o di consulenza.
Da quando sopra detto ne consegue l’attività di Ced rientra nell’alveo di un’attività imprenditoriale e quindi sottoposta ai normali requisiti e obblighi delle altre iniziative imprenditoriali. Quanto alla forma è possibile sia quella societaria che quella di impresa individuale. Ovviamente preferibile sarebbe la forma di Srl: minimo capitale sociale 10.000 euro e rischio a carico del patrimonio sociale. E’ possibile la forma di Srl uninominale che con le dovute accortezze mantiene la responsabilità limitata.
Ne consegue che sia la tenuta che la vidimazione del libro unico del lavoro sono di esclusiva competenza del consulente del lavoro o di altro professionista di cui alla legge 12/79 e giammai del Ced. Alla luce di quanto precede, la richiesta di autorizzazione alla stampa laser rientra tra le competenze del consulente del lavoro anche se in veste di consulente ed assistente del Ced in base alla legge 144/99. Ed ai fini del computo dell’uso e della numerazione dei fogli si ritiene che il consulente debba seguire una specifica numerazione connessa a tale autorizzazione, operando con un sistema tenuto distinto da quello adotto nel proprio studio per i propri clienti.
La L. 1815/1939 all’art. 4 prevedeva la necessaria autorizzazione da parte dell’allora ispettorato corporativo per la tenuta e regolarizzazione dei documenti delle aziende riguardanti la materia del lavoro, previdenza ed assistenza sociale. Tale vetusta disposizione è stata poi raccolta dalla L. 12/1979 relativa alle norme per l’ordinamento della professione di consulente del lavoro che all’art. 1 prevede che tutti gli adempimenti in materia di lavoro possono essere curati da coloro che siano iscritti all’albo dei consulenti del lavoro nonché da coloro che siano iscritti all’albo degli avvocati, ragionieri, periti commerciali e commercialisti che sono tenuti a darne comunicazione alla DPL competente per territorio.
Alla DPL va altresì comunicato da parte del professionista l’autorizzazione effettuata dall’INAIL alla predisposizione ed alla stampa laser del LUL per conto dei propri clienti, allegando il certificato di iscrizione all’albo e l’elenco dei datori di lavoro assistiti. Ricordiamo che la materia è stata oggetto di recenti modifiche a seguito della  legge n. 46/2007. Tale disposizione, infatti, ha introdotto alcune novità per i consulenti prevedendo l’obbligo del possesso della laurea  per poter accedere alla professione. Inoltre,  Il legislatore, per superare il contenzioso pendente innanzi alla Corte di Giustizia della Comunità Europea – ha previsto che l’attività dei Ced possa essere esercitata a condizione che ci sia l’assistenza di uno o più consulenti del lavoro o altri professionisti abilitati. Ai sensi dell’art. 1, comma 5, l. 12/79, come modificato dall’art. 5-ter, c.1. lett. A), D.L. 10/2007, convertito nella legge 46/2007, per quanto attiene all’assistenza dei Ced, è necessario che il titolare/legale rappresentante della ditta comunichi il conferimento dell’incarico di assistente del Ced sia alla DPL che al Consiglio dell’Ordine.

2.      Le Circolari del Ministero del Lavoro dal 2000 al 2007 e cenni di giurisprudenza

L’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato ha ribadito piena tutela verso la posizione dei consulenti del lavoro ai quali permane l’esclusiva degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale ai lavoratori dipendenti. (Autorità Garante per la concorrenza, 3.2.2000, DI, 2000, 353).
Con la circolare 15/03/2000, il Ministero del Lavoro aveva precisato alcune indicazione in merito alla attività dei Ced, specificando che le imprese artigiane e quelle di piccole dimensioni possono organizzare il servizio di paghe e contributi relativo ai propri dipendenti o attraverso proprie strutture interne o affidandolo ad appositi Ced costituiti o promossi dalle associazioni di categoria con strutture autonome nelle formule previste dalla legislazione. Questa facoltà è esercitabile sia dalle imprese iscritte alle associazioni che organizzano i Centri-servizio che da quelle non iscritte.
Il Ministero del Lavoro con lettera circolare prot. n. 1665/2003 ha fornito alcune indicazioni in merito all’attività di vigilanza e repressione dell’abusivismo nella professione di consulente. Occorre infatti segnalare che l’art. 348 cp secondo cui “Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato[2], è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 ad euro[3] 516 cp”, è norma penale in bianco il cui precetto penale si completa, di volta in volta, con i contenuti descrittivi delle caratteristiche delle singole professioni[4].
Ciò premesso la norma richiamata opera i propri effetti nei confronti di chiunque eserciti la professione senza titolo o manchi dell’abilitazione necessaria oppure non si sia iscritto all’albo pur avendo l’abilitazione oppure ancora sia decaduto o sia stato sospeso o interdetto nell’esercizio della professione[5]. L’art. 348 cp e l’art. 3 della L. 12/1979 si estende anche alle attività dei Ced se non costituiti e composti con la presenza o assistenza di consulenti del lavoro.
Per quanto attiene all’inoltro dei DM10, la circolare INPS n. 32 del 17/02/2004 ha statuito che i datori di lavoro, per la trasmissione delle denunce, possono avvalersi, oltre che dei propri dipendenti, dei soggetti indicati al punto 3.2 della circolare n. 191 del 30 ottobre 2001, abilitati a svolgere gli adempimenti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12. Tali soggetti sono: i professionisti iscritti negli albi dei consulenti del lavoro, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e degli avvocati; le associazioni e le società semplici costituite fra professionisti di cui al punto precedente per l’esercizio in forma associata di arti e professioni; le associazioni di categoria e da ultimo i Ced ovvero le società commerciali di servizi contabili aventi le caratteristiche di cui alla circolare del Ministero del Lavoro n. 14 del 15 marzo 2000 ed alla lettera circolare del 13 novembre 2003, Prot. 1665, per i Ced viene inoltre stabilito che si procederà all’abilitazione del responsabile del Ced stesso.
Il Ministero del Lavoro è nuovamente intervenuto per chiarire i limiti relativi all’attività dei centri elaborazione dati che si occupano di calcolo e stampa dei cedolini e con nota del 04/06/2007 precisa che i Ced devono effettuare formale designazione di uno o più professionisti abilitati di cui all’art. 1, comma 1 della L. n. 12/79. Tale designazione deve essere effettuata mediante comunicazione scritta avente data certa inviata, prima dell’inizio dell’attività, alla DPL e ai Consigli provinciali degli ordini professionali interessati competenti per territorio. In assenza di un formale incarico conferito ad un professionista abilitato allo svolgimento dell’attività di consulenza del lavoro ovvero in caso di omesso invio della comunicazione di cui sopra, trovano applicazione le disposizioni sanzionatori di cui alla L. 1815/1939.
Il Ministero del Lavoro con nota[6] del 06/06/2007 ribadisce che l’attività dei Ced concernente l’impostazione del prospetto paga nei suoi riferimenti giuslavoristici è materia di esclusiva pertinenza del professionista, in quanto richiede il necessario possesso di specifiche competenze di natura professionale, mentre il mero sviluppo del calcolo e della stampa dei cedolini paga, inteso come attività strumentale realizzata con strumentazione informatica, può essere oggetto dell’attività di impresa svolta dal Ced. È dunque chiaro e ribadito che assunzioni, licenziamenti, contratti, gestione dei rapporti di lavoro e dinamiche aziendali in genere devono essere trattati dai consulenti del lavoro, nell’ambito della loro esclusiva attività professionale.
Il Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro (CNCL), con circolare n. 983 del 6 luglio 2007, aveva a suo tempo ricordato che entro il 31 luglio i rappresentanti dei Centri Elaborazione Dati (Ced) erano tenuti a comunicare alla Direzione Provinciale del Lavoro e al Consiglio Provinciale territorialmente competente il nominativo del Consulente del Lavoro che presta loro “assistenza”.
Il Ministero del Lavoro quindi con lettera circolare del 23/10/2007, ha fornito alcune indicazioni operative per contrastare la lotta all’abusivismo perpetrato dai Ced. Come noto[7] infatti le piccole imprese possono avvalersi dei Ced assistiti da professionisti per il calcolo dei cedolini paga, ma mentre l’assistenza del professionista implica l’impostazione del prospetto, l’attività dei Ced è meramente residuale ed esecutiva. L’attività del consulente del lavoro è ti tipo valutativo-prodromico, mentre quella dei Ced deve ritenersi esclusivamente meccanica, salvo le attività strumentali ed accessorie legate alle operazioni di calcolo e stampa. La stessa circolare ministeriale chiarisce che l’assistenza del professionista non deve essere continua e che deve ritenersi superato il parametro numerico dei 500 prospetti paga per singolo consulente suggerito nella lettera del novembre 2003, dal momento che detto parametro non può essere considerato un decisivo ed affidabile criterio di valutazione in grado di garantire la qualità di assistenza dell’attività di assistenza resa dal professionista. Ciò comporta che le operazioni svolte dai Ced si debbono limitare alla elaborazione dei dati, al “data entry”, alla stampa ed alle modalità di gestione del software, senza alcun intervento di tipo discrezionale, ed interpretativo.
Il ministero del Lavoro è intervenuto per chiarire i limiti relativi all’attività dei centri elaborazione dati che si occupano di calcolo e stampa dei cedolini paga. Ricordiamo che l’attività di elaborazione e stampa dei cedolini da parte dei Ced può essere esercitata a condizione che ci sia l’assistenza di uno o più consulenti del lavoro o altri professionisti abilitati. Tale attività rimane comunque limitata alle attività meramente esecutive di calcolo e stampa dei cedolini e non può tradursi in attività di consulenza del lavoro pena il rischio di esercizio abusivo della professione (articolo 348 del codice penale).
Parimenti l’INAIL, con nota del 02/11/2007, dichiara che la tenuta dei libri regolamentari, può essere assunta da coloro che siano iscritti all’albo dei consulenti del lavoro, degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali[8]. Inoltre, prosegue l’INAIL, alle imprese artigiane, nonché alle altre piccole imprese, anche in forma cooperativa, è consentito avvalersi per l’esecuzione degli adempimenti in materia di lavoro, di centri di assistenza fiscale cd Caf oppure di centri di elaborazione dati, cd Ced che possano avvalersi di professionisti iscritti in albo[9] senza essere necessariamente costituiti da questi ultimi.
L’attività di assistenza del consulente del lavoro al Ced deve comprendere: individuazione del contratto collettivo da applicare al lavoratore, relativo inquadramento, stesura del contratto individuale, impostazione del prospetto paga sotto l’aspetto lavoristico, fiscale e previdenziale, quindi tenuta dei libri regolamentari, scelta delle modalità di vidimazione, richiesta di autorizzazione alla vidimazione in fase di stampa laser o con la numerazione unica dei fogli mobili.
L’attività di competenza del Ced deve limitarsi alla raccolta dei dati, data entry ed aggiornamento posizione aziendale, calcolo e stampa dei cedolini, consegna degli stessi, archiviazione delle pratiche. Si esclude per i Ced qualsiasi attività di tipo discrezionale ed interpretativo. Pertanto, l’Inail spiega come solo i professionisti elencati nella legge 12/1979 possono interagire con l’istituto nella gestione dei rapporti di lavoro. In particolare per la vidimazione dei libri paga e matricola solo consulenti e professionisti hanno competenza in materia; i Ced possono solo fare il calcolo e la stampa del cedolino senza avvalersi di una numerazione unica dei fogli mobili.
Il consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, con circolare n. 993 del 19 dicembre 2007, ha fornito informazioni in merito all’attività sinergica condotta con il Ministero del Lavoro in materia di monitoraggio dell’attività dei Ced. Il Consiglio precisa che è necessario monitorare l’effettiva osservanza delle indicazioni da parte dei Ced operanti a livello provinciale. La nota di giugno, infatti, precisava la tipologia di assistenza che il consulente deve prestare al Ced, stabilendo che esse consiste nel “conferimento di un incarico avente ad oggetto il controllo e la verifica dell’aggiornamento e del corretto funzionamento delle attività di stampa e calcolo svolte dai Ced”. I centro elaborazione dati, inoltre, “devono effettuare formale designazione di uno o più professionisti abilitati” tramite una comunicazione scritta inviata prima dell’inizio dell’attività alla Direzione provinciale del lavoro e ai Consigli provinciali degli Ordini professionali interessati. Pertanto il Consiglio ha precisato che le DPL, in sinergia con i Consigli Provinciali del Consulenti del Lavoro, devono verificare che i Ced rispettino l’obbligo di nomina del professionista incaricato, verificando che esso sia in possesso dei requisiti di cui all’art. 1 della legge 12/1979.
Il Segretario Generale Nazionale Ancl, con propria lettera del 5 marzo 2009, aveva evidenziato al Ministero che – nonostante specifiche istruzioni operative emanate tanto dal Ministero quanto dall’Inail in ordine ai confini di operatività dei Ced e nonostante la condivisione, istituzionale e della categoria, di una strategia comune volta a contrastare forme di esercizio abusivo dell’attività di consulenza in materia di lavoro – non erano state previste specifiche attività di vigilanza nel documento di programmazione ispettiva 2009. Il Ministero del Lavoro ha assicurato in proposito la pianificazione a livello nazionale di specifiche attività di contrasto al fenomeno di abusivismo dell’attività di consulenza in materia di lavoro.
Con l’entrata in vigore del Libro Unico si segnala inoltre che tutta l’attività concernente l’impostazione del prospetto paga, nei suoi riferimenti lavoristici e previdenziali, è materia di esclusiva pertinenza del professionista, in quanto richiede il necessario possesso di specifiche competenze di natura professionale e culturale, mentre il mero sviluppo del calcolo e della stampa dei cedolini paga, inteso come attività strumentale, può essere svolto dal Ced. I Ced in sintesi non possono tenere il libro unico, ma possono solo elaborare il mero calcolo se in possesso dell’autorizzazione che deve essere richiesta ed intestata all’azienda che richiede questo servizio. La gestione non corretta del Ced implica esercizio abusivo della professione perseguibile penalmente.
La Giurisprudenza della Suprema Corte è intervenuta in tema di abuso dei Ced affermando che: “Commette reato di cui all’art. 348 c.p. per abusivo esercizio della professione di consulente del lavoro colui che non si limiti ad eseguire compiti di natura esecutiva quali il mero calcolo o la semplice elaborazione di dati, ma svolga mansioni di più alto livello professionale con ampia autonomia decisionale (quali gli adempimenti connessi alla assunzione e al licenziamento di lavoratori, la tenuta del libro paga e matricola e dei libretti di lavoro, la compilazione del modello 770, l’assunzione di lavoratori con contratti di formazione lavoro, la compilazione dei modelli 10 per l’Inps); né costui può invocare la modificazione dell’art. 1 l. 11.1.1979 n. 12 ad opera dell’art. 58 comma 16 l. 17.5.1999 n. 144 e la relativa circolare del Ministero del lavoro n. 14 del 15.3.2000, dal momento che la l. n. 144 del 1999 ha esteso l’ambito di applicazione dell’art. 1 l. n. 12 del 1979 anche l’attività dei centri di elaborazione dati se non costituiti e composti con la presenza o l’assistenza di consulenti del lavoro” (Cass., 11.7.2001, n. 27848).
Sulle attività oggetto delle disposizioni in commento si ritiene opportuno segnalare che similare argomento è stato trattato dalla Sesta Sezione penale della Cassazione la quale nella sentenza n. 26817 del 29 luglio 2006 si è interrogata sugli ulteriori adempimenti curati dal Ced, in materia di assunzioni, di licenziamenti e di previdenza e assistenza sociale e se esse potessero considerarsi esorbitanti da mere “operazioni di calcolo e stampa” o da “attività strumentali ed accessorie” a queste accennando pure all’ipotesi di un ruolo di copertura formale dell’attività svolta in realtà senz’alcun controllo del Ced[10].
 

3.      Conclusioni e attività degli ispettori

Posto che l’obiettivo primario è quello di vigilare sull’esercizio abusivo della professione e di tutelare gli interessi della collettività, non vi è dubbio che l’attività dei Ced deve rimanere circoscritta alle mere operazioni di calcolo e stampa, vale a dire, alle pure attività materiali e non certamente intellettuali, a parte quelle accessorie. Queste ultime sono state correttamente individuate nella mera consegna della documentazione elaborata. Tutto quanto è a monte ed a valle dell’operazione di calcolo e stampa era ed è esclusiva competenza dei consulenti e degli altri professionisti abilitati. È dunque chiaro e ribadito che assunzioni, licenziamenti, contratti, gestione dei rapporti di lavoro e dinamiche aziendali in genere devono essere trattati dai consulenti del lavoro, nell’ambito della loro esclusiva attività professionale. Ciò significa che i Ced, né prima né tantomeno con la più recente richiamata modifica normativa, possono effettuare una attività di integrale e autonoma elaborazione dei prospetti, in quanto anche tale attività richiede conoscenze di legislazione sociale e previdenziale possedute da professionisti abilitati a svolgere l’attività d consulenza del lavoro. L’attività di assistenza del consulente del lavoro consiste proprio nella messa a disposizione dei Ced di queste nozioni lavoristiche e previdenziali e nella corretta impostazione dei prospetti di paga. Affinché dietro le attività dei Ced non si mascherino fenomeni di abusivismo nella attività consulenziale in materia di lavoro è necessario che vi sia una effettiva assistenza dei professionisti nei confronti delle strutture di servizio da essi rappresentate. Ovviamente i CED costituiti da Consulenti del Lavoro non corrono alcun rischio in ordine alla presunta ipotesi di esercizio abusivo della professione contemplata dall’art. 348 del codice penale.
Gli ispettori hanno pertanto il dovere di accertarsi che le persone di cui si avvalgono le aziende per svolgere tutti gli adempimenti in materia di lavoro e previdenza sociale siano consulenti del lavoro regolarmente iscritti negli albi professionali. Ove trattasi degli altri professionisti di cui all’art. 1 della legge 12/79 (avvocati, ragionieri e dottori commercialisti) occorre accertare che gli stessi abbiano comunicato alle Direzioni provinciali del lavoro competenti l’esercizio dell’attività anzidetta e trasmesso l’elenco delle aziende assistite.
Le linee operative stabilite con circolare del 23/10/2007 stabiliscono che gli ispettori devono tener conto che rientrano nella sfera di competenza esclusiva del consulente del lavoro tutte le attività di carattere valutativo che implicano precise cognizioni lavoristico previdenziali e forniscano una serie di esemplificazioni (individuazione del Contratto nazionale di lavoro applicabile, inquadramento del lavoratore, operazioni di calcolo delle ritenute fiscali e previdenziali, per citarne alcune esemplificate nella circolare).
Conseguentemente le attività dei Ced dovranno limitarsi a elaborazioni aventi valenza matematica di tipo meccanico ed esecutivi, quali la mera imputazione di dati e il relativo calcolo e stampa degli stessi. Attività che, tenuto conto delle modalità di utilizzazione dei software da parte dell’operatore, non devono includere in alcun modo attività di tipo valutativo e interpretativo. Sono attività strumentali quelle operazioni di tipo esecutivo che vanno dal calcolo alla stampa (la raccolta, la lettura e la materiale trasposizione dei dati indicati nei libri paga), nonché l’aggiornamento dei relativi programmi informatici. Per attività di carattere accessorio si devono intendere quelle mere operazioni successive e secondarie, quali la consegna del cedolino di paga e della documentazione relativa agli adempimenti ricorrenti e periodici e l’archiviazione dei dati raccolti.
Nel caso si provi l’esercizio abusivo della professione ai sensi degli articoli Art. 348 cod. pen. – Art. 3 L. 12/79, è prevista una sanzione che implica la reclusione fino a 6 mesi o multa da € 103 a € 516; nel caso invece di omessa comunicazione alla DPL della assunzione degli adempimenti in materia di lavoro da parte dei professionisti interessati, ai sensi dell’ Art. 1 c. 1 L. 12/79 e Art. 7 L. 1815/39, è prevista una sanzione amministrativa fino a euro 200, oppure ridotta di euro 68.
A seguito dei principi e delle disposizioni contenuti nel protocollo di intesa nazionale sottoscritto in data 01/08/2003 tra l’INAIL e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, il Protocollo di collaborazione operativa nazionale stipulato in data 22/07/2004 tra INPS e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e della lettera circolare 13 Novembre 2003 prot. n. 1665 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, diverse DPL a livello territoriale hanno provveduto a definire in accordo con i consulenti alcuni principi guida per contrastare l’abusivismo professionale.
Non solo sono state create commissioni paritetiche miste la cui funzione sarà la promozione delle rispettive attività istituzionali e la lotta all’abusivismo, ma sono stati dettati anche alcuni principi guida che dovranno guidare le ispezioni, si ribadisce cioè:
a)    il dovere degli Ispettori che nella loro attività di vigilanza, anche per visite congiunte, con Funzionari di altri Organi ispettivi ed anche nelle operazioni di controllo di documenti e quant’altro presso gli Uffici, devono accertarsi che le persone di cui si avvalgono le Aziende per svolgere tutti gli adempimenti in materia di lavoro e previdenza sociale siano Consulenti del lavoro regolarmente iscritti negli albi professionali. Ove trattasi degli altri professionisti di cui all’art. 1 della legge 12/79 (avvocati, ragionieri e dottori commercialisti) occorre accertare che gli stessi abbiano comunicato alla Direzione provinciale del lavoro l’esercizio dell’attività anzidetta e trasmesso l’elenco delle Aziende assistite;
b)   l’accertamento particolareggiato presso i Ced al fine di verificare l’effettiva “sussistenza dei presupposti di legge” quali, ad esempio, l’esclusivo svolgimento delle operazioni di calcolo e stampa, nonché delle attività strumentali ed accessorie di cui all’art. 1, comma 5 della legge 12/79 e l’effettiva, sostanziale ed imprescindibile presenza ed operatività responsabile dei Consulenti del lavoro;
c)    la trasmissione all’Autorità giudiziaria competente dei chiari casi di violazione degli artt. 1 e 2 della legge n° 12/79 e di abusivo esercizio della   professione   di   Consulente   del   lavoro   con richiamo all’art. 348 del codice penale così come ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione VI penale nella sentenza n° 448 dell’11 luglio 2001, portandone a conoscenza dell’Ordine provinciale per le conseguenti azioni a difesa della professione.
A questo punto però si pongono alcuni interrogativi soprattutto con riferimento ai Ced assistiti ma non costituiti da professionista. Come dimostrare che il professionista che assiste il Ced e quindi è materialmente lontano dal luogo di lavoro, sia in realtà l’uomo di paglia ovvero il prestanome al fine solo di ottenere l’accreditamento presso gli Enti pubblici e privati con cui collabora il Ced?. Come al solito si è di fronte ad una logica schizofrenica, il legislatore da un lato cambia la legge, prevedendo che il Ced possa essere non sono costituito ma anche assistito dal professionista e poi chiede al servizio di vigilanza di reprimere l’abusivismo in sintonia con l’Ordine dei consulenti, gli stessi che si prestano a svolgere il ruolo di prestanomi. Al centro, il più delle volte, c’è soltanto una rivalità fra colleghi-consulenti che sono tagliati fuori dalla loro fetta di mercato, quella fetta che in un’epoca di globalizzazione diventa sempre più risicata.
 
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 dott.ssa Anna Rita Caruso, ispettore del lavoro
 
Il presente contributo, ai sensi della Circolare Ministero del Lavoro del 18 marzo 2004, ha natura personale e non impegnativa per la Pubblica Amministrazione di appartenenza, in quanto le considerazioni in esso esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autrice.
 
 

 


 Note

[1] Si veda l’art. 1 della L. 12/1979 come modificato dall’art. 5 ter D.L. n. 10/2007 convertito in L. 46/2007; art. 5 della L. 12/1979 come sostituito dall’art. 40 D.L. 112/2008, convertito in L. 133/2008.
[2] Vedi gli articoli 170 e 172 RD 31/08/1933 n. 1592, di approvazione del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore; l’art. 48, RD 04/06/1938 n. 1269 recante il regolamento sui titoli accademici, gli esami di Stato e l’assistenza scolastica nelle Università e negli istituti superiori; la L. 262/1958 sul conferimento ed uso dei titoli accademici, professionali e simili; la L. 1940/1962 di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul riconoscimento accademico delle qualifiche universitarie firmata a Parigi il 14/12/1959.
[3] La multa risulta così aumentata da ultimo ai sensi dell’art. 113 legge 689/1981. La corte costituzionale con sentenza n. 199/1993 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell’art. 348 cp in riferimento agli articoli 25 e 27 della Cost.
[4] Cass. Pen. N. 448/2001.
[5] Va infatti rilevato che l’abusività pur collegata in via immediata alla mancanza di abilitazione statale è concetto ampio che comprende tutte le ipotesi sopra menzionate, si veda la sentenza della Cass. Pen. n. 1151/2003.
[6] Si veda la circolare del Ministero del Lavoro n. 14 del 15 marzo 2000 e la lettera circolare del 13/11/2003 prot. n. 1655.
[7] Si veda art. 1 comma 5 della L. n. 12/1979 come modificato dall’art. 5 ter comma 1 lett. A del DL n. 10/2007 convertito dalla L. n. 46/2007.
[8] Legge n. 12/1979, art. 1, comma 1.
[9] Legge n. 12/1979, art. 1, comma 5, modificato dal DL n. 10/2007, convertito nella L. n. 46/2007.
[10] Limiti operativi dei Ced, a cura di Angelo Vitali, nella rivista on line LavoroPrevidenza.com, Venerdì 09/11/2007.

Caruso Anna Rita

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