I luoghi neutri: l’esercizio dei diritti relazionali nella crisi familiare

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Gli sviluppi


Una delle leggi minorili più rilevanti ma anche più disattese è la legge 28 agosto 1997 n. 285 “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”, nei cui artt. 1 e 3 si legge “qualità della vita” dei minori, quella qualità (se non proprio la vita) che è seriamente compromessa o inesistente in caso di grave conflittualità familiare.

Anche per garantire un minimo di qualità della vita di quei minori vittime delle crisi familiari, sono sorti i cosiddetti luoghi neutri (locuzione polivalente affermatasi in quest’ultimo quindicennio nel mondo delle scienze sociali), che possono essere uno dei servizi collaterali della mediazione familiare.

Quando si parla di neutralità ci si riferisce principalmente a:

la neutralità dell’operatore o degli operatori, soprattutto quella assiologica, nel senso che non ci si deve fare latori di dati valori o modelli (anche se, in verità, nella materia familiare e minorile, come del resto in ogni altra materia giuridica, non si può prescindere dai valori costituzionali). In realtà la neutralità dell’operatore non è assoluta perché non può essere tale, per cui va intesa come libertà ed onestà intellettuale, ossia come consapevolezza dei propri condizionamenti, dei propri vissuti e capacità di gestirli;

la neutralità dell’ambiente in cui si opera (in gergo setting, come si legge per es. nel Documento di fondazione della Società Italiana di Mediazione Familiare, S.I.Me.F.) che deve rispondere a determinate caratteristiche. 

Con l’espressione luogo neutro, poi, si ha riguardo alla mediazione stessa nel senso che «l’operatore deve leggere tutti i libri e poi lasciarli fuori dalla stanza del colloquio; fuori, accanto alle armi che, simbolicamente, le parti depongono prima di entrare nella stanza della mediazione» (Irene Bernardini co-promotrice con Fulvio Scaparro della mediazione familiare in Italia). Nell’Allegato 2 del Decreto del Presidente della Giunta regionale della Regione Campania del 23/11/2009 recante il Regolamento di attuazione della legge regionale 23/10/2007 n. 11 “Legge per la dignità e la cittadinanza sociale” si legge: “La mediazione familiare costituisce un “luogo neutro”, quale spazio di incontro specificamente dedicato alla ricostruzione della relazione”.

Il significato tecnico di luoghi neutri (conosciuti in Italia come spazi neutri) è, però, quello “topico”: locali diversi dalle aule giudiziarie o da altri luoghi istituzionali (quali per es. i consultori familiari), presenti in seno ai centri di mediazione o anche spazi separati da questi, o in alcune realtà adattati in altri contesti, quali parrocchie, ludoteche, scuole.

Si tratta di una soluzione logistica e relazionale offerta in situazioni particolari alla coppia genitore non affidatario (o non convivente) – figlio con l’aiuto/controllo di varie figure professionali, anche con un intento pedagogico (in particolare, si cerca di realizzare la cosiddetta pedagogia dell’incontro).

La loro nascita è stata spontanea, di carattere pragmatico, in molti casi dovuta ad associazioni di operatori di varia formazione professionale che non accettavano di veder disatteso, dopo la separazione o il divorzio, il “diritto di visita” e il correlato “diritto alla relazione” con i figli, per mancanza di luoghi adatti.

Sono sorti in molti Paesi occidentali, in quasi tutta l’Europa, specialmente in Inghilterra (contact centres, child contact centres), in Belgio (lieux d’accueil pour l’exercice du droit aux relations personelles, definizione data nella legge del 13 maggio 1995) e soprattutto in Francia (espaces-rencontre, points de rencontre oppure lieux d’accueil pour l’exercice des droits de visite, quest’ultima denominazione è stabilita dalla Federazione Nazionale che riunisce questo tipo di servizi), la cui esperienza è considerata paradigmatica dei successivi sviluppi europei.

Grazie alla vicinanza geografica e culturale con la Francia la loro diffusione si è avuta, benché più tardi rispetto agli altri Paesi, anche in Italia, dove oggi i servizi con esperienza ultradecennale sono Spazio Neutro di Milano (avviato come progetto sperimentale nel 1993) e i centri di Torino (che hanno cominciato ad operare nel 1992). La situazione torinese rappresenta un caso esemplificativo della eterogeneità dell’organizzazione dei luoghi neutri (per es. un tipo diffuso è quello contrattuale basato sul “contratto di utenza”).

Nei Paesi in cui si sono sviluppati si riscontrano almeno due importanti modelli di riferimento:

il primo, europeo (diffuso soprattutto in Francia, in Belgio, in Inghilterra ed ora anche in Italia) è incentrato sul mantenimento delle relazioni tra genitori non affidatari (o altri adulti di riferimento con cui il bambino abbia dei “rapporti significativi”, in primo luogo i nonni) e bambini;

il secondo, extraeuropeo (diffuso per lo più negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in Nuova Zelanda) è incentrato sul tentativo di mantenere le relazioni familiari deteriorate da situazioni di violenza.

Il modello europeo, seguito in Italia, mira a far sì che la conflittualità intergenitoriale non investa anche il rapporto genitore non affidatario (o non convivente) – bambino (cosiddetta conflittualità continuata) con atteggiamenti di rifiuto del figlio da parte del genitore non affidatario o viceversa di rifiuto del genitore non affidatario da parte del figlio, ad evitare che oltre ad essere divisi i genitori non siano divisi anche i figli dai genitori.

“Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Così recita l’art. 155 comma 1 cod. civ., come sostituito dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54. Ebbene gli incontri presso il luogo neutro avvengono per libera scelta del genitore o per decisioni giudiziarie, per consentire al minore i rapporti di cui all’art. 155 comma 1 cod. civ., in caso di una separazione fortemente conflittuale dei genitori. La nuova formulazione dell’art. 155 può considerarsi un presupposto normativo nell’ordinamento giuridico italiano per il riconoscimento esplicito del diritto alla relazione, che rappresenta il superamento della visione superficiale e unilaterale del diritto di visita, così definito in passato nella prassi giudiziaria e non. Altri incontri possono aversi in applicazione dell’art. 317 bis (per i rapporti tra il genitore naturale ed il figlio) o degli artt. 330, 332, 333 e 336 cod. civ. (per es. ricomporre i rapporti genitore – figlio dopo l’allontanamento del minore o del genitore dalla residenza familiare o in caso di reintegrazione nella potestà genitoriale), art. 342 ter cod. civ. (aggiunto dalla L. 154/2001 “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari) ed art. 5 L. 184/1983 (come novellato dalla L. 149/2001 in materia di adozione e affidamento). Il luogo neutro è destinato non solo alla ricostruzione di relazioni interrotte o faticose ma anche alla creazione di nuove relazioni come può avvenire in caso di riconoscimento del figlio naturale. In questo caso il ricorso ad esso può favorire l’assenso del figlio ultrasedicenne al riconoscimento (art. 250 comma 2 cod. civ.) o l’eventuale inserimento del figlio naturale riconosciuto nella famiglia legittima (art. 252 comma 2 cod. civ.). Essendo differenti i presupposti degli incontri, la varietà degli interventi da attuare al riguardo da parte degli operatori è veramente ampia: guida, osservazione, presentazione, protezione, sorveglianza, sostegno. Anche i rapporti tra i luoghi neutri e i giudici possono essere di vario tipo come si rileva da una ricerca francese realizzata nel 1994 (per es. talvolta il luogo neutro è considerato luogo di informazioni per il giudice, talaltra luogo di formazione a cui il giudice indirizza le parti).

Sia gli incontri spontanei che quelli indirizzati dal giudice attestano ancora una volta l’apertura sociale del sistema familiare e un nuovo ruolo del sistema giudiziario come auspicato dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 (v. art. 145 cod. civ.). È evidente che siamo in presenza di quella che è stata definita una trasformazione del senso dell’intimità familiare. Secondo questo nuovo modo di intendere, in assenza delle risorse genitoriali ritenute normali, il legame tra genitore e figlio può e deve essere ricostruito e mantenuto in uno spazio semi – pubblico e deve essere tutelato come un bene in sé.

 

 

Gli aspetti costituzionali

 

Sebbene da alcuni siano criticati, i luoghi neutri, oltre a produrre i loro benefici effetti pratici, consentono al minore di riappropriarsi dei suoi diritti riconosciuti a livello internazionale e regionale (soprattutto quelli della Convenzione sulle relazioni personali riguardanti i minori del 2003) ed anche costituzionale. Il primo articolo della Costituzione cui far riferimento per i luoghi neutri è sicuramente l’art. 2, perché essi contribuiscono ad entrambi i soggetti coinvolti di recuperare innanzitutto la loro dimensione di “singolo”: il genitore si riappropria della sua responsabilità di adulto, mentre il figlio si riappropria del suo essere persona (e non oggetto da contendersi) in età minore e quindi non più sovraccaricato di responsabilità non sue. Naturalmente sono tutelate anche le sfere giuridiche di entrambi: la genitorialità del genitore e la continuità genitoriale del figlio (art. 9 par. 3 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Inoltre i luoghi neutri sono formazioni sociali ove si svolge la personalità dei soggetti interessati ed è tutelata “la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art. 32 Cost.), specialmente il benessere del bambino (più volte menzionato nella Convenzione di New York) che a causa della conflittualità familiare può manifestare la PAS (sindrome da alienazione genitoriale) o il DAP (disturbi da attacchi di panico) o altre patologie. In tal modo sono pure una risposta concreta della comunità ad un dovere inderogabile di solidarietà sociale (di cui nella seconda parte dell’art. 2 Cost.; è questa un’applicazione della cosiddetta welfare community).

Parafrasando il secondo comma dell’art. 3 Cost., si può affermare che il luogo neutro rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza delle persone che vivono gravi crisi familiari, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione, in primo luogo emotiva, alla vita stessa.

Il luogo neutro consente alla diade genitore non affidatario (o non convivente) – figlio di costituirsi un domicilio inteso in senso costituzionale, secondo l’art. 14 Cost. (ma anche in senso etimologico, perché uno dei possibili significati di domicilio è quello di luogo del riposo, della quiete), come sfera privata, spazialmente delimitata, entro la quale sia possibile isolarsi dal mondo esterno, mettersi al riparo da ogni invasione volontaria o involontaria, svolgere ogni attività individuale o collettiva e autodisciplinare il proprio modo di vivere. Non a caso il luogo neutro è definito “spazio terzo”, per esempio nell’art. 47 comma 11 della legge regionale 10/07/2006 n. 19 della Regione Puglia “Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle donne e degli uomini in Puglia”, ove si legge: “Il servizio di mediazione offre […] l’attivazione di uno spazio neutro, quale contenitore o percorso qualificato per la gestione degli incontri tra bambini e genitori, finalizzata alla ricostruzione del binomio genitore-bambino in un luogo terzo e in un tempo distinto dallo svolgersi della vita quotidiana”.

Così inteso il luogo neutro rende concreti altri diritti costituzionali, quali il diritto di riunione e quello di associazione (artt. 17 e 18 Cost.), tra genitori, figli ed operatori, perciò non è solo un social work di rete o d’équipe, ma anche uno sviluppo di nuove e costruttive reti sociali (anche in Italia ci si rende sempre più conto della necessità di una “cultura” di genitorialità diffusa o sociale, espressione di quella solidarietà espressa nell’art. 2 della Costituzione, che dovrebbe informare tutto il nostro ordinamento).

Inoltre il luogo neutro (soprattutto se la sua organizzazione è di tipo familiare – domestico – paritetico tale da configurarlo come luogo in cui costruire, ricostruire o sviluppare il rapporto tra genitore e figlio a partire dai gesti semplici della quotidianità, quali la condivisione del gioco o la preparazione ed il consumo del pasto) permette, in una certa misura, di ricostruire l’habitat domestico nei confronti del genitore non assegnatario della casa familiare (assegnazione disciplinata nell’art. 155 quater cod. civ., che pur recitando “tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”, in realtà, continua a rispecchiare nel suo testo una visione adultocentrica). Si attua così quella protezione dell’infanzia e della gioventù di cui all’art. 31 comma 2 Cost. (infatti si parla, in gergo,di incontri protetti e secondo alcuni la denominazione degli spazi neutri andrebbe cambiata in spazi protetti).

In conclusione il luogo neutro è tale perché si differenzia da altri servizi per il destinatario, il minore, e per l’oggetto, le relazioni. Esso concorre alla tutela del diritto di mantenere inalterati i propri spazi e il proprio habitat. Questo diritto, presente in nuce nella giurisprudenza della Cassazione degli anni ’90, è stato poi confermato nella legislazione nazionale e regionale a sostegno dell’infanzia e dell’adolescenza (tra cui la già menzionata L. 285/1997).

La presenza dei luoghi neutri evidenzia:

– la diffusione in Europa di uno jus commune (diritto comune) soprattutto in materia familiare;

– l’indeclinabilità del lavoro di rete o di équipe tra i vari professionisti social workers, per cui si parla di “sistemi esperti” in collaborazione e non in alternativa o in opposizione al sistema giuridico e al sistema giudiziario;

– la ridefinizione del “diritto di visita” (espressione che, forse, si addice di più a situazioni particolari quali quelle dei degenti, dei detenuti o addirittura dei defunti) del genitore in “diritto alla relazione” delle persone coinvolte, giacché il bambino ha il diritto di non perdere metà del suo essere figlio e della sua identità e il genitore ha il diritto di non essere il genitore della domenica, quello riservato a far divertire, che al più può fare qualche domanda su come va la scuola, limitandosi a guardare qualche quaderno. Egli ha diritto che la sua genitorialità non sia part-time ma il più possibile piena nell’interesse del minore, quell’interesse sempre invocato ma spesso ignorato.

Si cerca di dare corpo così, anche in situazioni di profonde difficoltà, a quei diritti relazionali, linfa vitale di ogni persona e di ogni famiglia, che è e rimane, al di là di ogni crisi personale o istituzionale, la “società naturale” (art. 29 comma 1 Cost.) fondata su relazioni interpersonali e fondante relazioni interpersonali.

Dott.ssa Marzario Margherita

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