Il Decreto Legislativo n° 85 del 28 Maggio 2010 sul c.d “federalismo demaniale”, vale a dire sulla attribuzione della titolarità di gran parte dei beni del demanio dello Stato alle Regioni, Province, Comuni e Città Metropolitane non cambia nulla della disciplina delle concessioni demaniali marittime e dei canoni che vengono pagati per esse.
Infatti, la lettera a) del 1° comma dell’art. 3 del Dlgs 85/2010 prevede che, con uno o più Decreti del presidente del Consiglio dei Ministri emanati entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore di questo decreto legislativo saranno “trasferiti alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo”.
Il 1° comma dell’art. 4 stabilisce, però, che i beni del demanio marittimo non entrano a far parte del patrimonio disponibile delle Regioni (restando, quindi, nel patrimonio indisponibile di esse), a differenza della maggioranza dei beni demaniali trasferiti, e che essi restano assoggettati al regime stabilito dal Codice Civile, dal Codice della Navigazione, dalle leggi statali e regionali (comprese, quindi, la Legge 296/2006 – Legge Finanziaria per il 2007, che prevede gli attuali canoni di concessione e tutte le Leggi Regionali che disciplinano il rilascio delle concessioni demaniali marittime) e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza (per esempio, la Direttiva CE 123/2006, la c.d. Direttiva “Bolkestein” sulla concorrenza nel settore dei servizi[1]). Su questi beni non possono, inoltre, essere costituiti diritti di superficie. Restano fermi i limiti derivanti dai vincoli storici, artistici ed ambientali sui beni demaniali marittimi (comma 2°).
Ricordiamo che le Regioni non hanno la competenza legislativa per determinare la misura dei canoni delle concessioni demaniali marittime, dato che è attribuita allo Stato, ai sensi del 3° comma dell’art. 117 della Costituzione, la competenza legislativa per il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
Sarebbe però logico ed opportuno, visto che la titolarità dei beni del demanio marittimo passa alle Regioni, che anche le somme incassate coi relativi canoni di concessione andassero ad esse (e, magari, in parte anche ai Comuni, per la salvaguardia e la manutenzione di questi beni), ma su questo punto il Dlgs 85/2010 non dice nulla. Vedremo se le cose cambieranno coi prossimi decreti di attuazione del federalismo fiscale.
Pertanto possiamo concludere affermando che, come abbiamo detto all’inizio, la disciplina contenuta nel Dlgs 85/2010 non cambia nulla per il regime giuridico dei beni del demanio marittimo e delle relative concessioni.
Gianfranco Visconti
Consulente di direzione aziendale
[1] La Direttiva “Bolkestein” è molto importante per questa materia perché la durata delle concessioni demaniali marittime in essere al 31 Dicembre 2009 e di quelle che scadono entro il 31 Dicembre 2015 è stata prorogata a questa ultima data dal comma 18° del Decreto Legge n° 194 del 2009 (il c.d. Decreto “Milleproroghe” per l’anno 2010), convertito nella Legge n° 25 del 2010, in attesa del riordino della normativa sul rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico – ricreative.
Questo comma 18° ha abrogato, inoltre, il secondo periodo del comma 2° dell’art. 37 del Codice della Navigazione che stabiliva il principio della preferenza, in sede di rinnovo delle concessioni, alle concessioni già rilasciate rispetto alle nuove istanze, il c.d. “diritto di insistenza”, che contrastava coi principi di concorrenza e di libertà di stabilimento sanciti appunto dalla Direttiva CE n° 123 del 2006, o Direttiva “Bolkestein”, che disciplina il funzionamento del mercato interno dei servizi dell’Unione Europea.
La maggior parte delle norme della Direttiva citata sono state attuale in Italia col Decreto Legislativo n° 59 del 2010.
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