Sono comuni “interessati” quelli che hanno la titolarità di potestà tipiche connesse al territorio. Non è possibile ampliare i destinatari della trasmissione diretta della procedura di VIA.
nota a CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – PALERMO, – sentenza 19 ottobre 2010 n. 1269 – Pres. Raffaele Maria De Lipsis, Est. Chiarenza Millemaggi Cogliani. Panther Eureka s.r.l. (Avv. A. D’Urso e M. Perrino) c. Comune di Vittoria (Avv. A. Bruno e C. Giurdanella) e nei confronti di Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, Assessorato Regionale all’Industria, Ufficio del Genio civile di Ragusa, Assessorato Regionale lavori pubblici, Assessorato Agricoltura e foreste – Corpo forestale. (Avv. dello Stato)
Cannizzo Carlotta
laureata in giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, specializzata in professioni legali
La decisione in rassegna aggiunge un tassello importante nell’individuazione dei criteri che consentono ai Comuni “interessati” di partecipare alla procedura di valutazione di impatto ambientale.
Il tema intorno al quale si è sviluppata la vicenda processuale riguarda l’attività esplorativa per la ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi, in prossimità di sorgenti e pozzi che soddisfano il fabbisogno idrico di un Comune e la legittimazione dello stesso a partecipare alla procedura di VIA.
Il giudice di appello, così come il giudice di prime cure, si è posto anzitutto il problema se il Comune, con riferimento al progetto di perforazione per il quale era stata richiesta la VIA, dovesse essere ritenuto destinatario necessario della trasmissione di detta richiesta, corredata da copia del progetto e dello studio di impatto ambientale.
1. Le argomentazioni del C.G.A.
Il C.G.A., al fine di risolvere il problema della ricevibilità del ricorso del Comune, ha accertato la posizione sostanziale dello stesso, in relazione alle disposizioni contenute nel decreto presidenziale 12 aprile 1996.
In assenza di un atto normativo della Regione Siciliana, che fissi altri criteri per definire i comuni “interessati” dal progetto (secondo l’indicazione dell’art. 4, comma 1 lett f del decreto statale), il C.G.A. ha ritenuto che il Comune di Vittoria, territorialmente estraneo all’area di intervento, non può vantare alcun titolo alla diretta comunicazione.
Secondo detto giudice, ciò discenderebbe dalla corretta applicazione dei principi fissati dall’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile, tenendo presente i criteri di cui al d.P.R. 12 aprile 1996, in tema di pubblicità minima a carico del committente o dall’autorità proponente.
In tale prospettiva, il C.G.A. ha ritenuto che l’art. 4 dell’atto di indirizzo statale, nel lasciare alle regioni e alle province autonome di individuare “i criteri con i quali vengono definiti le province ed i comuni interessati”, ha riconosciuto a detti enti la possibilità di ampliare i destinatari della trasmissione diretta, indicata dall’art. 5, comma 2, ma non ha lasciato in bianco il contenuto precettivo della disposizione.
Piuttosto, a dire del C.G.A., il citato comma 2 esprime un criterio “minimo”, che fa riferimento alla diretta correlazione interesse/territorio a motivo della sussistenza, in capo ai destinatari ivi individuati, di poteri tipici strettamente correlati alla territorialità.
Conseguentemente, il convincimento del giudice di primo grado, fondato sull’art. 1 della direttiva 85/337/CEE – secondo cui per soggetto pubblico “interessato” deve intendersi anche l’ente che subisce o possa subire ricadute ambientali da un progetto sottoposto alla VIA (art. 1, comma 2), – non sarebbe compatibile con l’interpretazione suggerita dall’art. 4, comma 1, lett. f) e dall’art. 5, comma 2, che include, tra i Comuni “interessati”, solo quelli che hanno la titolarità di potestà tipiche connesse al territorio.
Detta visuale troverebbe sostegno nei criteri fissati dal d.P.R. 12 aprile 1996 e, in particolare, nella previsione dell’art. 9, comma 1, coordinato con le indicazioni contenuta nell’art. 8, in cui vengono individuate misure di “pubblicità minime”, che devono trovare applicazione nel caso in cui le regioni e le provincie autonome non abbiano indicato differenti misure informative.
Peraltro, non sarebbe possibile una interpretazione estensiva dell’art. 5, comma 2, del decreto del 1996, perché, in carenza di intervento regionale, si perverrebbe ad una indefinita dilatazione dei destinatari della diretta comunicazione, in violazione della esigenza di certezza, del giusto procedimento e degli obiettivi di celerità ed economicit, che il decreto del 1996 mostra di volere garantire, attraverso il rinvio all’art. 14, comma 2, della legge n. 241 del 1990.
Secondo il C.G.A., quindi, sarebbe priva di supporto normativo anche la pretesa del Comune di essere invitato alla conferenza di servizi, indetta ai fini della valutazione di impatto ambientale.
Ciò discenderebbe dall’art. 5, comma 6, del d.P.R. 12 aprile 1996, che individua i soggetti che “devono” essere coinvolti nella conferenza sulla base dell’art. 14, comma 2, della legge n. 241 del 1990 al quale fa rinvio.
La precisazione che la conferenza “può” essere indetta a norma del comma 2 del citato art. 14 dovrebbe togliere ogni dubbio su ciò che le disposizioni di indirizzo hanno inteso recepire dalla fonte generale sulla conferenza di servizi.
Detta interpretazione dovrebbe essere coerente con l’esigenza, espressa al comma 2 dell’art. 40 della legge n. 146 del 1994, di riportare in unico procedimento l’acquisizione di “intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche”.
La lettura coordinata delle norme citate, dovrebbe far ritenere che l’atto statale di coordinamento non ha inteso utilizzare la conferenza per fini diversi da quelli palesati dall’art. 14, comma 2, della legge sul procedimento amministrativo.
In conclusione, per il C.G.A. il Comune non aveva titolo alla trasmissione della domanda di valutazione, né ad essere invitato alla conferenza di servizi, indetta a norma dell’art. 14, comma 2 della L. n. 241 del 1990.
In detta visuale, il termine di impugnazione decorreva, per il Comune, dalla conoscenza legale degli atti lesivi, vale a dire dalla pubblicazione mediante gli strumenti previsti.
In conclusione, il procedimento VIA prescrive – ai fini della conoscenza dell’avvio del procedimento da parte dei soggetti diversi da quelli contemplati dall’art. 5 comma 2 del decreto del 1996, ovvero da parte dei soggetti contemplati dall’art. 9 – che siano adottate forme minime di pubblicità, fissate dall’art. 8, comma 2, del medesimo decreto e la pubblicazione, nelle forme prescritte dai rispettivi ordinamenti, dell’atto conclusivo del procedimento.
2. Notazioni
Secondo il C.G.A. sarebbero “interessati” i soli Comuni territorialmente coinvolti nelle operazioni per le quali si esplica la V.I.A., conseguentemente, il Comune sarebbe escluso dal novero dei soggetti ed Amministrazioni che avevano titolo ad essere invitate alle relative Conferenze dei servizi e al procedimento di valutazione.
Detto ragionamento non convince perché la nozione di “interesse” postula la esistenza di un legame tra un soggetto dell’ordinamento ed un bene giuridico, dove il primo trae dal secondo utilità oggetto di tutela.
Ne consegue che, in qualsiasi procedimento amministrativo, ivi compresa la V.I.A., l’Amministrazione è tenuta a coinvolgere nel procedimento i soggetti portatori di interessi sostanziali.
Vero è che l’art. 2, del DPR 12 aprile 1996, non fornisce alcuna indicazione sul significato di “Comuni interessati”, ma è vero altresì che andrebbe utilizzato il medesimo criterio di un procedimento amministrativo, che comporta la individuazione, caso per caso, sulla base della relazione di utilità che i Comuni hanno con l’oggetto della iniziativa sottoposta alla V.I.A.
Per detta ragione non può accogliersi un criterio meramente territoriale.
A tale proposito, la giurisprudenza ha affermato che “i Comuni interessati alla procedura di valutazione di impatto ambientale e quindi legittimati a parteciparvi sono, oltre quelli nel cui territorio viene localizzato l’impianto, quelli destinatari di impatti ambientali, non essendo pertanto di per sè decisivo il criterio di prossimità dell’opera” (C.d.S., V, 17 maggio 2005, n. 2460).
Peraltro, la direttiva 85/337/CEE, art. 1, includendo nel “pubblico interessato” gli enti che subiscono o possono subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale, conferma, che la nozione di “Comuni interessati” va correlata, non al territorio, ma alle concrete ricadute ambientali di un determinato progetto sottoposto al VIA.
Nel caso sottoposto al CGA, essendoci una relazione tra il Comune e le risorse idriche, doveva riconoscersi la legittima pretesa dello stesso a partecipare alla procedura di VIA sul progetto di perforazione.
Il Comune aveva, quindi, interesse a partecipare al procedimento di valutazione, al fine di controllare direttamente la correttezza di tale procedimento e la sua concreta efficacia ed utilità finale e, soprattutto, per assicurare gli interessi pubblici di cui è portatore.
In tale ottica, il Comune avrebbe dovuto essere invitato alla Conferenza dei servizi ove si e’ svolta la VIA, previa sottoposizione del progetto nelle forme e nei termini di cui al citato art. 2 del dPR 12 aprile 1996.
Peraltro, l’obbligo della comunicazione diretta di un provvedimento limitativo della sfera giuridica di un Comune, da parte dell’Autorità procedente, può agevolmente ricavarsi dall’ art. 21 bis della l. 241/90, secondo il quale “Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile”.
In ogni caso – anche a non voler ritenere direttamente applicabile ai procedimenti tra pubbliche amministrazioni, la disposizione di cui all’art. 21 bis della l. 241/90 – non può non ammettersi che un atto incisivo sulle posizioni giuridiche di un Comune deve essere comunicato allo stesso in maniera diretta, in base al principio di leale collaborazione tra Enti.
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