§ 1) La definizione di Bed & Breakfast nella Legge Regionale pugliese n° 17 del 2001.
Con la Legge Regionale n° 17 del 24 Luglio 2001 è stata introdotta in Puglia la nuova tipologia di struttura e di servizio turistico ricettivo del “Bed & Breakfast” o “affittacamere” (anche se questa seconda dicitura crea un po’ di confusione, su cui nel quinto paragrafo). Parliamo di “struttura”, nel senso di struttura fisica che può ospitare turisti, e di “servizio”, nel senso di insieme di prestazioni che devono essere fornite a questi, e non di “impresa”, perché la Legge non la configura sempre e del tutto come tale, per i motivi che andiamo ad esporre.
Questa, però, non è una caratteristica della sola legge pugliese, ma di tutte in tutte le Leggi Regionali che, a partire dalla prima, quella della Provincia Autonoma di Bolzano del 1995, hanno introdotto questa nuova (per l’Italia della metà degli anni novanta) tipologia di struttura ricettiva con caratteristiche poco differenti fra di esse.
L’articolo 2 della Legge Regionale n° 17 del 2001 definisce “attività ricettiva di Bed & Breakfast (letteralmente: “letto e prima colazione”) l’offerta del servizio di alloggio e prima colazione da parte di chi, nella casa in cui abita, destina (ad ospitare turisti) non più di sei camere con un massimo di dieci posti letto, con carattere saltuario o per periodi stagionali ricorrenti”. Per fare un esempio: l’Estate o i mesi da Aprile ad Ottobre, ma non tutto l’anno, il che si adatta ad un turismo balneare e culturale fortemente stagionalizzato in estate ed in primavera, come quello pugliese (altre leggi regionali, come quella piemontese del 2000, impongono espressamente, invece, un numero massimo di giorni di apertura, per esempio, nel caso citato, 270 giorni all’anno), anche se, in mancanza di limiti chiari, il B&B può stare aperto quasi tutto l’anno con qualche periodo di chiusura. Quindi, rispetto all’attività di impresa vera e propria manca o, meglio, dovrebbe mancare il carattere della continuatività o professionalità, anche se l’occasionalità dell’esercizio del B&B è ripetitiva nel tempo. Dal testo della legge si comprende, pure, che il B&B va esercitato in una sola unità abitativa.
Inoltre, dal momento che la legge usa l’espressione “nella casa in cui abita”, è possibile che il B&B sia esercitato non solo in una unità immobiliare di proprietà, ma anche in una presa in locazione, sempre che il proprietario – locatore non abbia espressamente e per iscritto vietato al locatario (o conduttore) di subaffittare le singole stanze della casa o dell’appartamento, ai sensi dell’articolo 1594 del Codice Civile, oppure in una abitazione ricevuta in comodato, purché questo contratto specifichi, sempre per iscritto, che il comodatario può esercitarvi l’attività di B&B, ai sensi dell’articolo 1804 del Codice Civile.
L’articolo 3, 1° comma, sempre della Legge Regionale n° 17 del 2001 stabilisce che “il servizio deve essere assicurato avvalendosi della normale organizzazione familiare (senza dipendenti o collaboratori che non siano familiari conviventi, quindi), fornendo, esclusivamente a chi è alloggiato, cibi e bevande per la prima colazione”.
“Il servizio deve comprendere:
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la pulizia quotidiana delle camere e dei bagni;
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la fornitura di biancheria pulita, compresa quella del bagno, ad ogni cambio di cliente ed anche a richiesta;
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l’erogazione nel vano abitativo (l’unità immobiliare, non la camera) di energia elettrica, acqua calda e fredda e riscaldamento” (2° comma).
Per “organizzazione familiare”, cioè per “famiglia” si intendono i familiari che abitano insieme e che dimorano nell’immobile dov’è situato il B&B, di solito genitori e figli (ma potrebbe esserci anche qualche altro parente convivente), e non tutti i possibili partecipanti all’impresa familiare definita dall’articolo 230 – bis del Codice Civile (coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo) non conviventi: il B&B non è un’impresa familiare (ma vi sono dei casi in cui può esserlo e su cui vedi oltre nel Paragrafo 3). Ciò in quanto, sempre ai sensi dell’articolo 3, 3° comma, “i proprietari o i possessori (nel caso di comodato o di locazione) dell’unità abitativa hanno l’obbligo di dimora nella medesima per i periodi in cui l’attività è esercitata o quello di residenza nel Comune in cui è svolta l’attività (di B&B) purché l’unità abitativa ad essa destinata sia ubicata a non più di 50 metri di distanza dall’abitazione in cui si dimora”. Quindi, i familiari proprietari o possessori dell’immobile in cui intendono esercitare l’attività di B&B non devono cambiare residenza (se non l’hanno lì), ma solo dimorare, ossia soggiornare in questa unità abitativa per il periodo in cui esercitano l’attività. L’obbligo di residenza nel Comune in cui è svolta l’attività scatta soltanto se non si dimora nell’immobile in cui si esercita il B&B e solo se questo è vicinissimo (a meno di 50 metri) all’abitazione in cui si dimora effettivamente. Se la distanza con la propria abitazione è superiore a 50 metri si ha sempre l’obbligo di dimora nell’immobile in cui si esercita l’attività di B&B. Questo per garantire che non manchi mai una persona per accogliere il cliente che alloggia nel B&B e che può, ovviamente, spostarsi, uscire, rientrare, ecc.
“L’esercizio dell’attività di B&B non costituisce modifica della destinazione d’uso dell’immobile” (in questo caso civile abitazione) che deve “possedere i requisiti igienico sanitari e di messa a norma degli impianti (Legge n° 46 del 1990) previsti per l’uso abitativo dal Regolamento edilizio comunale” (3° e 4° comma dell’articolo 3). Alcuni Comuni, però, per la fornitura della prima colazione richiedono ai B&B il rispetto dei requisiti igienico – sanitari richiesti, per esempio, per le pasticcerie o pizzerie artigianali da asporto che sono, ovviamente, superiori a quelli di una normale cucina da abitazione civile (in particolare, la presenza di un sistema HACCP di autocontrollo dell’igiene dei prodotti alimentari e gli altri requisiti richiesti dal Regolamento CE n° 852 del 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari, soprattutto dal suo Allegato II, e dalle altre norme ad esso collegate). In questo caso, l’escamotage per evitare una controversia è quello di fare una convenzione con un bar per la fornitura delle colazioni (di cui la legge non richiede espressamente la preparazione, ma solo, appunto, la “fornitura” da parte della famiglia o del singolo che gestisce il B&B), anche se il fatto che la norma preveda che il servizio di prima colazione vada fornito servendosi della “normale organizzazione familiare”, secondo noi legittima la preparazione di essa con una cucina normale e rende illegittime le richieste dei Comuni sopra citate. Una conferma di questa tesi è data dalla lettera b) del paragrafo 2° dell’articolo 1° del Regolamento CE n° 852 del 2004 che esclude dall’applicazione delle norme in esso contenute “la preparazione, la manipolazione e la conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico privato”. Quindi, dal momento che l’ospite del B&B si avvale dei servizi forniti dalla “normale organizzazione familiare”, compresa la fornitura di “cibi e bevande per la prima colazione”, riteniamo che non vi sia dubbio che questo caso rientri nell’esclusione citata.
Se l’attività di B&B si svolge in più di una camera, l’abitazione deve avere almeno due servizi igienici completi (comma 4° dell’articolo 3 della Legge Regionale n° 17 del 2001).
Riteniamo poi che l’attività di gestione di un B&B non possa essere esercitata in un appartamento sito in un condominio il cui regolamento la vieti espressamente, in quanto il 1° comma dell’articolo 1138 del Codice Civile stabilisce che tale regolamento deve contenere non solo “le norme circa l’uso delle cose comuni […], secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino”, ma anche “le norme per la tutela del decoro (ed anche della quiete, per la giurisprudenza) dell’edificio”. Pertanto, tra queste norme può legittimamente esserci anche quella che vieta l’esercizio di una specifica o di qualsiasi attività ricettiva da parte dei condomini. Questo divieto non vale nel caso in cui, a norma del 4° comma dello stesso articolo 1138 c.c., il diritto di esercitare l’attività di B&B in un appartamento sito in un condominio risulta, ovviamente per iscritto, dall’atto di acquisto dell’immobile o da una convenzione (cioè da un accordo) successiva.
Segnaliamo, comunque, che il punto è controverso e che la sentenza della Corte Costituzionale n° 369 del 2008, che per alcuni avrebbe liberalizzato del tutto la possibilità di esercitare l’attività di B&B negli appartamenti siti in un condominio, in realtà adotta la nostra interpretazione delle norme citate nel precedente capoverso. Infatti, la sentenza citata ha abrogato il 4° comma dell’articolo 45 della Regge della Regione Lombardia n° 15 del 2007 nella parte in cui condizionava l’avvio del B&B all’approvazione dell’assemblea dei condomini, ma afferma pure che i singoli atti di acquisto degli appartamenti o il regolamento di condominio possono porre limitazioni al diritto di proprietà dei singoli condomini, fra cui il divieto di esercitare l’attività di B&B. Da tutto ciò deriva logicamente la conseguenza che se questa attività non è espressamente vietata, essa è permessa.
Infine, segnaliamo che l’art. 23 della Legge n° 122 del 2001, antecedente alla Legge Costituzionale n° 3 del 2001 che ha modificato l’art. 117 della Costituzione assegnando il turismo alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni, prevede che il servizio di alloggio e prima colazione nella propria abitazione (quindi, il servizio tipico del B&B) avente carattere professionale e continuativo esercitato da imprenditori agricoli rientra tra le attività agrituristiche e quindi è sottoposto alla disciplina legislativa regionale di queste ultime e non a quella dettata per il B&B. Detto servizio viene definito di “ospitalità rurale familiare”.
Le Regioni disciplinano le caratteristiche degli immobili che possono essere utilizzati per tale attività, nonché le caratteristiche di professionalità e di continuità di essa (ma la Puglia finora non lo ha fatto, come pure quasi tutte le altre Regioni), con l’unico limite che ogni persona fisica non può essere titolare di più di un’autorizzazione all’esercizio di tale attività e che ad essa si applica il requisito della prevalenza dei prodotti propri e di quelli di aziende agricole della zona nei pasti somministrati nell’ambito di un’attività agrituristica (quindi, in questo caso, per la sola prima colazione).
Visto che il servizio di “ospitalità rurale familiare” deve avere carattere “professionale e continuativo” (termini che, sostanzialmente, sono sinonimi) ed essere esercitato da un’impresa agricola (individuale o familiare ma, secondo noi, non societaria perché il titolare dell’attività di “ospitalità rurale familiare” deve essere una persona fisica), è sempre possibile per un soggetto che non sia imprenditore agricolo esercitare l’attività di B&B in un immobile ubicato in una zona agricola. Questa attività sarà disciplinata dalle norme sul B&B.
§ 2) Gli adempimenti amministrativi per l’avvio dell’attività: il B&B “normale”, cioè non professionale, e quello gestito in forma di impresa individuale.
Per quanto riguarda gli adempimenti amministrativi, l’articolo 4, 1° comma, della Legge Regionale n° 17 del 2001 prevede che l’attività di B&B non necessita dell’iscrizione al Registro delle Imprese tenuto dalla Camera di Commercio (la norma dice “di iscrizione alla Sezione speciale del Registro degli esercenti il commercio” istituita dall’articolo 5, comma 2°, della Legge n° 217 del 1983, ma essa è stata abrogata dal comma 4° dell’articolo 11 della Legge n° 135 del 2001, per cui oggi le imprese ricettive si devono iscrivere al Registro delle Imprese allo stesso modo delle altre imprese), né dell’autorizzazione del Sindaco all’esercizio di un’attività turistico – ricettiva prevista dagli articoli 58 e seguenti della Legge Regionale n° 11 del 1999 sulla disciplina delle strutture ricettive, che ha attuato in Puglia gli articoli 6 e 7 della Legge – Quadro sul Turismo n° 217 del 1983 (1° comma).
Ciò comporta che il regime “normale” dell’attività di B&B è quello non professionale, cioè occasionale per cui non occorre l’iscrizione di essa nel Registro delle Imprese e, di conseguenza, l’apertura della Partita Iva. In altre parole, il fatto che tale attività sia esercitata nella casa in cui si abita, per mezzo della normale organizzazione familiare e con carattere saltuario o per periodi stagionali ricorrenti fa presumere la non professionalità, cioè la occasionalità, di essa sia dal punto di vista civilistico che fiscale (come vedremo).
Per l’avvio dell’attività di B&B è sufficiente una “denuncia di inizio attività al Comune territorialmente competente […] resa sotto forma di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà […] e deve contenere:
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generalità del richiedente;
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ubicazione dell’unità abitativa destinata all’attività; numero delle camere, dei posti letto e dei servizi igienici;
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periodo di esercizio dell’attività;
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prezzi minimi e massimi;
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attestazione del possesso dei requisiti igienico sanitari e di messa a norma degli impianti” (2° comma).
Anche se la legge non lo specifica, riteniamo che il “richiedente” che presenta la denuncia (o dichiarazione) di inizio attività (D.I.A.) al Comune debba essere il proprietario o il possessore (a titolo di locazione o di comodato) dell’immobile in cui si deve esercitare l’attività di B&B. Questo perché solo questi soggetti hanno il potere di destinare l’unità abitativa o parte di essa a questa attività (articolo 2) ed hanno l’obbligo di dimora nella medesima (articolo 3, 3° comma), come abbiamo visto nel paragrafo precedente. La presentazione della D.I.A. può avvenire personalmente oppure con l’invio di una raccomandata cartacea con avviso di ricevimento o di un messaggio di posta elettronica certificata (P.E.C.) che ha lo stesso valore legale di quest’ultima.
Dato che l’attività di B&B è una attività ricettiva ed in forza di quanto previsto dal primo periodo del 2° comma dell’articolo 19 della Legge n° 241 del 1991 riformato dal 1° comma dell’articolo 85 del Decreto Legislativo n° 59 del 2010, richiamato dal 1° comma dell’articolo 83 dello stesso Decreto, l’esercizio di essa può essere iniziato decorsi trenta giorni dalla data della presentazione della dichiarazione di inizio di attività al Comune competente per territorio o da quella dell’invio della dichiarazione, qualora questa non venga presentata personalmente dal richiedente. Contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà (nuovamente) comunicazione al Comune sempre di persona oppure con l’invio di una raccomandata cartacea con avviso di ricevimento o di un messaggio di posta elettronica certificata (P.E.C.). La D.I.A. che si presenta per l’attività di B&B è, pertanto, una c.d. “D.I.A. ad efficacia differita”, nel senso che dopo la sua presentazione l’attività non può essere iniziata immediatamente, ma solo dopo un certo periodo di tempo (trenta giorni).
Si tenga presente che questa norma statale si applica anche in presenza di norme regionali espressamente contrarie (che nel caso pugliese non ci sono) superando l’ostacolo della competenza legislativa esclusiva delle regioni in materia turistica sancito dall’articolo 117 della Costituzione perché essa è stata emanata per adeguarsi ad un “vincolo previsto dall’ordinamento comunitario”, come dice il 1° comma dell’articolo 117 della Costituzione citato, dato che il Decreto Legislativo n° 59 del 2010 è stato emanato in attuazione della Direttiva CE n° 123 del 2006 sulla disciplina delle attività di servizio nel mercato interno (la c.d. Direttiva “Bolkestein”), come ricorda anche l’articolo 84 del Decreto citato.
Entro il 1° Ottobre di ogni anno chi esercita l’attività di B&B deve comunicare al Comune i prezzi minimi e massimi ed il periodo di apertura per l’anno successivo. Ogni Comune istituisce un Albo delle attività di B&B ed ogni anno, entro il 31 Ottobre, lo comunica alla Regione, alla Provincia ed all’Azienda di Promozione Turistica (APT) territorialmente competenti. Copia di tale comunicazione deve essere esposta all’interno della struttura ricettiva oltre al cartello indicante il costo del servizio che va esposto in ogni camera (articolo 4, commi 3°, 4° e 5°). Sussistono, inoltre, gli obblighi di comunicare mensilmente, su apposito modulo ISTAT agli enti competenti (le Aziende di Promozione Turistica) il movimento degli ospiti (gli “arrivi” e le “presenze”) ai fini della rilevazione statistica di esso e la denuncia delle persone ospitate all’Autorità di Pubblica Sicurezza prevista dall’articolo 109 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS, approvato col Regio Decreto n° 773 del 1931).
In particolare, per quanto riguarda quest’ultimo adempimento ricordiamo che la disposizione attuale dell’articolo 109 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, riformata dall’articolo 8 della Legge n° 135 del 2001, prevede che i gestori di qualsiasi struttura ricettiva, e quindi anche di un B&B, “possono dare alloggio esclusivamente a persone munite della carta d’identità o di un altro documento idoneo ad attestarne l’identità secondo le norme vigenti” (italiani o cittadini di altri paesi dell’Unione Europea), mentre per gli stranieri extracomunitari occorre “l’esibizione del passaporto o di un altro documento che sia considerato ad esso equivalente in forza di accordi internazionali, purché munito della fotografia del titolare” (1° e 2° comma).
I gestori della struttura ricettiva, anche mediante i loro collaboratori (nel caso del B&B, i familiari che collaborano alla sua gestione), “sono tenuti a consegnare ai clienti una scheda di dichiarazione delle generalità conforme al modello approvato dal Ministero dell’Interno”, che può essere compilata anche dal gestore o dai suoi collaboratori, ma che deve essere sottoscritta dal cliente. Per i nuclei familiari e per i gruppi guidati di turisti la sottoscrizione può essere effettuata da uno dei coniugi anche per gli altri familiari e dal capogruppo anche per i componenti del gruppo. Una copia della scheda deve essere consegnata all’Autorità locale di Pubblica Sicurezza entro le ventiquattro ore successive all’arrivo dell’ospite nella struttura ricettiva. In alternativa a tale consegna, il gestore può comunicare, entro lo stesso temine, alla Questura territorialmente competente i dati nominativi contenuti nella scheda anche mediante l’invio di un fax o con altri strumenti informatici o telematici secondo le modalità stabilite dal Ministero dell’Interno (3° comma). La sussistenza di questi obblighi anche per i gestori dei B&B è stata confermata dalla Circolare n° 557 del 29 Luglio 2005 del Ministero dell’Interno.
Il nuovo testo dell’articolo 109 del TULPS non contiene, a differenza di quello precedente, delle sanzioni per il mancato rispetto degli obblighi da esso imposti al gestore di una struttura ricettiva (prima erano previste una sanzione amministrativa pecuniaria da un milione a sei milioni di Lire e la possibile chiusura dell’esercizio). Riteniamo, pertanto, che nel caso di trasgressione a questi obblighi si possa fare riferimento solo alla norma “aperta” contenuta nell’articolo 650 del Codice Penale (intitolato “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”) che commina l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 Euro.
§ 3) Il regime fiscale delle attività di B&B. Le sanzioni amministrative previste dalla Legge Regionale n° 17 del 2001.
Per quanto riguarda il regime fiscale dell’attività di gestione “normale”, cioè non professionale e quindi occasionale, di un B&B vi sono due Risoluzioni del Ministero delle Finanze, la n° 180/E del 1998 e la n° 155 del 2000 che definiscono il B&B come attività “fuori campo Iva” se esercitata con una interruzione (presumiamo continuativa) di almeno 60 giorni all’anno. Su questo punto bisogna osservare, però, che la Legge Regionale pugliese n° 17 del 2001 è successiva a queste due Risoluzioni e che, pur prevedendo essa la saltuarietà dell’attività, non prescrive necessariamente una interruzione di tale durata, per cui un B&B ubicato in Puglia si può regolare diversamente.
Per ciò che riguarda l’Irpef sempre queste Risoluzioni stabiliscono che i ricavi realizzati (sulla cui ripartizione fra coloro che gestiscono il B&B vedi oltre in questo paragrafo) sono imputati, nel modello Unico di dichiarazione, nel quadro RL, dedicato ai “Redditi Diversi”, alla voce “attività commerciali non esercitate abitualmente” (vale a dire, “occasionali” o “non professionali”) nella prima colonna (“Redditi”) del rigo RL14 (ci riferiamo al modello Unico 2010). Le spese sostenute per la conduzione del B&B possono essere dedotte dai ricavi nello stesso quadro RL nella seconda colonna (“Spese”) del rigo RL14, anche se vi è il problema della difficoltà di separare in modo chiaro queste spese da quelle normali del ménage familiare (per esempio, quelle per l’energia elettrica, l’acqua, il gas, ecc.).
Però, anche se la legge non lo specifica espressamente è sempre possibile gestire il B&B in forma non occasionale ma imprenditoriale (cioè professionale) con l’apertura della Partita Iva e l’iscrizione al Registro delle Imprese di una ditta individuale con l’obbligo di tenuta delle scritture contabili e coi vantaggi di poter dedurre i costi dai ricavi (comprese le utenze che possono essere intestate alla ditta se nell’abitazione non risiedono il proprietario e la sua famiglia) e di procedere alla determinazione del reddito dell’attività di impresa in capo al titolare della ditta individuale, a meno che i ricavi annui non siano molto contenuti, nell’ordine di poche migliaia di Euro (5 – 6.000, orientativamente) e si rinunci a dedurre i costi non chiaramente imputabili all’attività. Il titolare della ditta (impresa) individuale non può essere che il “richiedente” che presenta la denuncia di inizio attività prevista dal 2° comma dell’articolo 4 della Legge Regionale n° 17 del 2001.
Per i B&B gestiti in forma imprenditoriale societaria (nel qual caso la determinazione del reddito dell’attività di impresa è fatta in capo alla società), che riteniamo comunque meno conveniente rispetto alla gestione con la forma dell’impresa individuale, rimandiamo a quanto esposto nel Paragrafo 4).
Infine, sempre per le attività di B&B gestite in forma imprenditoriale e, pertanto, con Partita Iva, si pone il problema se l’aliquota Iva da applicare sia quella ordinaria del 20% o quella ridotta del 10% prevista per le “prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive di cui all’articolo 6 della Legge n° 217 del 1983” (la “Legge quadro sul turismo”) dal numero 120 della Parte III della Tabella A allegata al DPR n° 633 del 1072 che disciplina l’Imposta sul valore aggiunto (Iva). Ora, l’articolo 6 citato non prevede, fra le strutture ricettive che elenca, i Bed & Breakfast, ma prevede (al comma 9°) gli “affittacamere” a cui, nel titolo della Legge Regionale n° 17 del 2001 il legislatore regionale assimila i B&B, dato che anche essi possono destinare all’ospitalità massimo sei camere in una civile abitazione e che devono essere gestiti avvalendosi della normale organizzazione familiare (come esposto nel Paragrafo 5). Da questo fatto, a nostro giudizio, si deduce che l’aliquota Iva applicabile all’attività di B&B è quella ridotta del 10% perché altrimenti si verificherebbe una ingiustificata disparità di trattamento con gli affittacamere che sarebbe in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione (principio di uguaglianza).
In ogni caso, ai clienti, a fronte del pagamento del servizio, deve essere rilasciata la ricevuta (non fiscale se il B&B non ha la Partita Iva, se no fiscale) o la fattura (quest’ultima solo se gli ospiti che la richiedono hanno la Partita Iva e se il B&B l’ha aperta).
Per quanto riguarda il caso del rilascio della ricevuta non fiscale ricordiamo che essa va redatta in duplice copia, deve essere numerata progressivamente e contenere l’indicazione dell’importo incassato, della data del pagamento, del numero dei giorni di permanenza, dei nomi del cliente e del percettore del pagamento. Sulle ricevute emesse di importo superiore a 77,47 Euro bisogna apporre una marca da bollo di 1,81 Euro. Inoltre, per quanto non sia obbligatorio, è opportuno che le ricevute siano annotate in un apposito registro in cui si annotano anche le spese inerenti all’attività di B&B supportate da idonea documentazione.
Infine, nel caso di B&B “normale”, cioè non professionale, non ci sono gli obblighi di apertura di una posizione contributiva presso l’INPS e di una assicurativa presso l’INAIL (che vi sono nel caso di B&B gestito in forma di impresa), ma quest’ultimo punto è più controverso e sarebbe comunque conveniente per gli esercenti l’attività di questi B&B garantirsi da eventuali infortuni, anche solo con un’assicurazione privata. Soltanto per le casalinghe (o i casalinghi) riteniamo possa bastare la copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni domestici istituita dalla Legge n° 493 del 1999, gestita dall’INAIL. Inoltre, può essere utile tutelarsi con un’assicurazione contro i rischi derivanti dalla responsabilità civile per danni o da quelli di furto, incendio, ecc.
Per quanto riguarda l’Ici – Imposta comunale sugli immobili, dato che l’immobile in cui viene esercitata l’attività di B&B non può che essere una civile abitazione, essa è esente dall’imposta se è l’abitazione principale del suo proprietario a meno che (caso raro ma non impossibile) non rientri nella categoria catastale A1 (abitazioni signorili), A8 (ville), A9 (castelli) od in quelle ad esse assimilate dai regolamenti comunali relativi a questa imposta vigenti alla data del 28 Maggio 2008. A questi immobili continua ad applicarsi la detrazione prevista per l’abitazione principale dai commi 2° e 3° dell’articolo 8 del Decreto Legislativo n° 504 del 1992 (articolo 1° del Decreto Legge n° 93 del 2008 convertito nella Legge n° 126 del 2008).
Per quanto concerne, poi, la tassa o la tariffa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU o TIA), anche esse sono quelle applicate alle civili abitazioni e non quelle previste, per esempio, per le attività commerciali o alberghiere, ecc.
Infine, per quanto riguarda l’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) riteniamo che essa non sia dovuta nel caso di gestione non imprenditoriale del B&B o di gestione imprenditoriale da parte del solo imprenditore per la mancanza del requisito della “autonoma organizzazione” (cioè quando l’esercente l’attività non ha dipendenti o collaboratori di altro genere) previsto dall’articolo 2 del Decreto Legislativo n° 446 del 1997 (modificato dall’articolo 1 del Decreto Legislativo n° 137 del 1998) che disciplina questa imposta. Tale requisito e, di conseguenza, la sottopozione dell’attività di B&B all’Irap, è riscontrabile, a nostro giudizio, solo nel caso di gestione imprenditoriale del B&B nella forma dell’impresa familiare disciplinata dall’articolo 230 – bis del Codice Civile (su cui vedi il paragrafo successivo) in cui l’imprenditore si avvale della collaborazione dei familiari e quando risultano dai documenti contabili i compensi percepiti da questi ultimi.
L’articolo 5 della Legge Regionale n° 17 del 2001 prevede l’approvazione di un marchio identificativo dei Bed & Breakfast in Puglia (ancora non istituito, a quanto ci risulta) e la pubblicazione di un Albo regionale di queste attività da aggiornare ogni due anni. L’Albo regionale dei B&B è stato istituito con la Delibera della Giunta Regionale (DRG) pugliese n° 67 del 01/02/2006. Il marchio, quando sarà approvato, dovrà essere trasmesso ai Comuni e messo gratuitamente a disposizione degli operatori che potranno affiggerlo a loro spese all’esterno delle unità abitative destinate all’esercizio dell’attività.
Seguono, infine, all’articolo 6, le sanzioni amministrative per il mancato rispetto degli obblighi posti da questa Legge Regionale che sono elevate e riscosse dai Comuni competenti per territorio:
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la mancata iscrizione all’Albo comunale dei B&B comporta una sanzione pecuniaria da 516,46 a 2.582,28 Euro. Se, oltre a questa infrazione, vi è anche la esposizione del marchio di cui al capoverso precedente, la sanzione è raddoppiata;
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lo svolgimento dell’attività in locali diversi da quelli comunicati ovvero in misura maggiore a quanto consentito comporta una sanzione da 103,29 a 516,46 Euro e restano applicabili le eventuali sanzioni comminate in violazione di altre leggi regionali o statali. In caso di recidiva l’operatore è cancellato per un anno dall’Albo comunale dei B&B;
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la mancata esposizione, in ciascuna delle camere adibite al servizio, del cartello indicante il costo dell’ospitalità comporta una sanzione da 258,29 a 1.032,91 Euro;
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il titolare, cioè il “richiedente” che ha presentato la denuncia di inizio attività di cui al 2° comma dell’articolo 4, che pratica prezzi difformi da quelli comunicati al Comune ed indicati in ogni stanza adibita al servizio è soggetto ad una sanzione minima di Euro 516,46 e massima di Euro 1.549,37.
Ai sensi del comma 6° dell’articolo 6 tutte queste sanzioni amministrative “possono essere elevate anche secondo quanto stabilito dagli articoli 68 e 69 della Legge Regionale n° 11 del 1999”. Questa è una norma che non ha trovato finora attuazione dal momento che è da escludersi la competenza sui B&B della Capitaneria di Porto competente per territorio richiamata dall’articolo 68 (è del tutto illogica e nell’articolo è riferita agli stabilimenti balneari) e perché non vi è stato finora nessun atto della Regione che abbia spostato la competenza di questo regime sanzionatorio dai Comuni alla Regione stessa ed abbia comportato la devoluzione dei proventi di queste sanzioni amministrative pure alla Regione, secondo quanto previsto dall’articolo 69. Ricordiamo che il procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative è disciplinato dalla Legge n° 689 del 1981.
§ 4) L’amministrazione del B&B non imprenditoriale e di quello in forma di impresa individuale o familiare.
Dal carattere familiare e dalla forma non imprenditoriale dell’attività di B&B deriva che essa non può essere esercitata con dipendenti (in nessun caso) o con collaboratori che non siano familiari conviventi (vedremo oltre con quali diritti) e riteniamo che anche il costo di una collaboratrice domestica (la cui posizione è assimilabile al lavoro dipendente, non a quello autonomo) che faccia le pulizie non sia deducibile dal reddito dell’attività, mentre dovrebbero esserlo sia quello di una ditta di pulizie esterna che quello di una lavanderia nel caso di B&B gestito in forma di impresa.
Gli utili prodotti dall’attività spettano sia al richiedente della denuncia di inizio attività al Comune che, per analogia con l’impresa familiare di cui all’articolo 230 – bis del Codice Civile (che si applica completamente nel caso di B&B gestito in forma imprenditoriale nel caso in cui il titolare si avvalga della collaborazione dei familiari), ai familiari che prestano la loro opera nel B&B non professionale “in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato”. Le analogie con l’impresa familiare dovrebbero, a nostro parere, terminare qua perché l’attività di B&B si pone come attività economica secondaria e saltuaria per un nucleo familiare e non primaria e continuativa. Da ciò discende che anche l’amministrazione dell’attività dovrebbe essere tendenzialmente di tipo disgiunto da parte dei familiari che prestano la loro opera nel B&B, il che non esclude accordi privati diversi.
Si ha così un tipo di amministrazione dell’attività simile a quella prevista per le società di persone dall’articolo 2257 del Codice Civile (amministrazione disgiuntiva) per cui ogni familiare che ci lavora può compiere gli atti di amministrazione del B&B, salva l’opposizione degli altri (anche di uno solo), nel qual caso si decide a maggioranza che viene determinata sulla base delle quote di ripartizione degli utili. Pertanto, sarebbe opportuno fissare queste quote prima di iniziare l’attività, in proporzione alla quantità ed alla qualità del lavoro che si prevede sarà prestato da ciascuno dei familiari che ad essa collaboreranno (salvo, poi, modificarle successivamente sulla base del lavoro effettivamente prestato). In questo caso non è obbligatorio che il richiedente debba avere almeno il 51% degli utili come avviene per il B&B gestito sotto forma di impresa familiare esaminato nei capoversi successivi, a meno che egli non presti il suo lavoro in misura tale da avere diritto a questa quota.
L’ipotesi diversa della amministrazione congiuntiva, con la necessità che essa comporta dell’unanimità per le decisioni, rischierebbe di paralizzare il processo decisionale e, quindi, la gestione del B&B.
Affermiamo questo perché la legge non configura il B&B “normale” come impresa individuale, per cui non vediamo da dove possa discendere il potere di amministrazione esclusivo del “richiedente”, che esiste, invece, nel B&B gestito in forma imprenditoriale, in cui il “richiedente” è titolare di una ditta individuale ed il cui potere di amministrazione è temperato, nel caso di prestazione continuativa di attività lavorativa di uno o più familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo, purché abitino insieme, a norma degli articoli 2 e 3, 1° comma, della Legge Regionale n° 17 del 2001) all’impresa, dalla previsione del primo comma dell’articolo 230 – bis del Codice Civile sull’impresa familiare, per cui “le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi ed alla cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all’impresa stessa”. In questo caso, i familiari che collaborano in modo continuativo (cioè non occasionale, saltuario) al B&B, oltre ad avere diritto “agli utili ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda […] in proporzione alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato”, hanno anche “diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia”. Il familiare che non ha ancora la piena capacità di agire (il minore) è rappresentato nel voto da chi esercita la potestà su di lui (genitori o tutore).
La disciplina fiscale dell’impresa familiare è dettata dal 4° comma dell’articolo 5 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), approvato col Decreto del Presidente della Repubblica n° 917 del 1986. Esso prevede che il reddito di questa impresa (determinato ai sensi degli articoli da 55 a 66 del TUIR) risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore (che è, come abbiamo visto, il “richiedente”, nel caso del B&B) vada per almeno il 51% all’imprenditore stesso e per il 49% venga imputato ai familiari citati nel capoverso precedente che abbiano prestato in modo continuativo e prevalente la loro attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla quota di partecipazione di ciascuno di essi agli utili. Perché ciò sia possibile occorre:
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che i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo di imposta (l’anno solare), recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;
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che la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro da essi prestato nell’impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;
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che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.
Da quanto abbiamo detto nei primi tre capoversi di questo paragrafo discende inoltre che, per quanto riguarda la responsabilità patrimoniale per le obbligazioni assunte per la gestione dell’attività di B&B non imprenditoriale, per esse deve rispondere personalmente ed illimitatamente la persona, cioè il familiare che ha stipulato il contratto (per esempio, di acquisto di un bene o di fornitura di un servizio, cioè di un contratto d’opera) da cui deriva l’obbligazione. Questa persona, perciò, non è sempre e necessariamente il “richiedente” che ha inviato al Comune la denuncia di inizio attività del B&B di cui all’articolo 4, il quale, ripetiamo, non è, in questo caso, un imprenditore individuale.
I costi sostenuti per la gestione del B&B dal singolo familiare del richiedente saranno deducibili in sede di dichiarazione dei redditi dal compenso a lui attribuito per il lavoro prestato in quanto “spese inerenti (cioè direttamente connesse) alla produzione di un reddito da attività commerciale non esercitata abitualmente” (cioè di natura occasionale) di cui al quadro RL del modello per la dichiarazione dell’Irpef. Costui, però, non avendo la Partita Iva, non potrà compensare l’Iva sugli acquisti che avrà effettuato per l’attività, come, invece, potrà fare solo il richiedente titolare di una Partita Iva per il B&B (da ciò la convenienza del far fare a questo soggetto tutti gli acquisti). Ricordiamo, infine, che soltanto il reddito di questo ultimo soggetto si configurerà a tutti gli effetti come derivante da un’attività di impresa ai sensi dell’articolo 55 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
Segnaliamo che ai B&B gestiti in forma societaria di cui al paragrafo successivo si applicano le norme del Codice Civile che regolano l’amministrazione e gli altri aspetti della vita dei vari tipi di società. In particolare, l’amministrazione delle società di persone (società semplice, in nome collettivo e in accomandita semplice) “salvo patto contrario […] spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri” (1° comma dell’articolo 2257 del Codice Civile), vale a dire che è disgiuntiva nel senso spiegato nel secondo e nel terzo capoverso di questo paragrafo. Nella società in accomandita semplice l’amministrazione spetta solo ai soci accomandatari (2° comma dell’articolo 2318 del Codice Civile).
Infine, nelle società di persone i soci sono solidalmente ed illimitatamente responsabili delle obbligazioni assunte dalla società, ai sensi degli articoli 2267, 2291 e 2313 del Codice Civile, con l’eccezione dei soci accomandanti della società in accomandita semplice che “rispondono limitatamente alla quota conferita” nella società, vale a dire al valore del capitale o dei beni in essa conferiti.
§ 5) La gestione del B&B in forma di società introdotta dall’articolo 49 della Legge Regionale n° 10 del 2007.
Secondo la maggioranza degli interpreti, in base al testo originario della Legge Regionale n° 17 del 2001, il B&B non poteva essere gestito in forma societaria. Questo limite è stato tolto dall’articolo 49 della Legge Regionale n° 10 del 2007 che ha stabilito che esso può essere gestito in forma di impresa individuale (e su questo non c’erano dubbi già prima, come abbiamo detto) e con qualsiasi forma societaria, sia di persone (società semplice, in nome collettivo, in accomandita semplice: sono quelle che meglio si adattano alla gestione di un B&B), sia di capitali (società a responsabilità limitata, per azioni, in accomandita per azioni, ma per una attività ricettiva delle dimensioni di un B&B può avere senso, nella pratica, solo la società a responsabilità limitata), sia cooperativa (a mutualità prevalente e non prevalente, ma anche la forma della società cooperativa ci sembra poco adatta alla gestione di un B&B). L’unica condizione che l’articolo 49 citato pone è che “i requisiti e gli obblighi di cui agli articoli 2 e 3 della Legge n° 17 del 2001 devono essere posseduti da uno dei soci” della società che gestisce il B&B, vale a dire: la proprietà o il possesso della casa, l’obbligo di dimora in essa, la gestione dell’attività mediante “la normale organizzazione familiare” (per cui anche il B&B gestito da una società non può assumere dei dipendenti, subordinati o parasubordinati, ma può solo avvalersi dell’opera dei soci e dei loro familiari).
Da ciò deriva che in questo caso il richiedente, anzi i richiedenti che inviano la denuncia di inizio attività di cui all’articolo 4 al Comune sono sia il socio, che deve ottemperare agli obblighi che derivano dagli articoli 2 e 3, che la società legalmente titolare della gestione del B&B. La gestione del B&B da parte di una società non potrà che avvenire in forma imprenditoriale e, quindi, sarà tenuta all’apertura della Partita Iva ed alla iscrizione al Registro delle Imprese tenuto dalla Camera di Commercio competente per territorio.
In realtà questa nuova norma, troppo sintetica ed infilata di straforo in una legge di bilancio che dovrebbe avere tutt’altro oggetto, si adatta molto male alla disciplina di una attività molto semplice qual è il B&B disciplinato dalla Legge Regionale n° 17 del 2001, anzi, per certi versi la stravolge. Prima di essa, se si voleva gestire un B&B in forma societaria bastava far ricorso alla tipologia di struttura ricettiva denominata “affittacamere” istituita dagli articoli 46 e 47 della Legge Regionale n° 11 del 1999, trattata nel Paragrafo 5) e quasi identica al B&B.
Inoltre, l’articolo 49 della Legge Regionale n° 10 del 2007, secondo noi, potrebbe aprire la via alla gestione di più B&B da parte di una stessa società. Infatti, sarebbe sufficiente rispettare il limite per cui ogni socio gestisce l’attività di B&B nella sola “casa in cui abita”, dato che la norma non sembra porre altri limiti alla gestione societaria. Diventerebbe in tal modo possibile creare delle vere e proprie “catene di B&B”, una esclusività della Puglia, dato che le Leggi delle altre Regioni su questo argomento non lo permettono. E’ urgente, quindi, che la Regione Puglia emani una norma interpretativa che chiarisca questo delicato aspetto della disposizione citata, vale a dire la legittimità o meno della gestione di più B&B da parte della stessa società ma ognuno condotto da un socio diverso.
Ricordiamo, poi, che ai B&B gestiti in forma societaria si applica il regime fiscale delle diverse forme di società in materia di imposte sui redditi, vale a dire l’Imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef) per i soci delle società di persone (a cui sono soggetti anche gli imprenditori individuali) e l’Imposta sul reddito delle società (Ires) per le società di capitali e cooperative. Inoltre essi sono sempre soggetti all’Imposta sul valore aggiunto (Iva) ed all’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap), a cui sono soggette anche le imprese individuali, nel caso dell’Irap quando sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione (cioè quando l’esercente l’attività di B&B in forma di impresa individuale ha dei collaboratori retribuiti: per le società, invece, la presenza dell’autonoma organizzazione per la legge sussiste sempre, come prevede l’articolo 2 del Decreto Legislativo n° 446 del 1997).
Tutto ciò dimostra la scarsa convenienza fiscale della gestione imprenditoriale, soprattutto societaria ma anche individuale, di un B&B, a meno che esso non realizzi un fatturato significativo o, meglio, abbastanza alto.
Oltre a questo, le società di capitali e le cooperative hanno dei costi di costituzione e degli oneri amministrativi abbastanza alti che non si giustificano (tranne, forse, nel caso della società a responsabilità limitata) per una attività, come quella di gestione di un B&B, che solo in casi rari può avere un fatturato annuo abbastanza elevato e, comunque, sempre nell’ordine di qualche decina di migliaia di Euro al massimo (a meno che la società non possa gestire una pluralità di B&B, col sistema che abbiamo illustrato sopra). Più bassi e più sostenibili sono gli stessi costi per le società di persone, ma sempre se la struttura realizza un fatturato significativo (almeno 20 o 25.000 Euro annui, per dare una indicazione orientativa).
In conclusione, il B&B è una attività economicamente “leggera” che ha le sue forme “naturali” di gestione in quella non imprenditoriale prevista dalla Legge n° 17 del 2001 ed in quella di impresa individuale, senza o con il contributo dei familiari del titolare, cioè l’impresa familiare di cui all’articolo 230 – bis del Codice Civile, che è una impresa individuale a cui collaborano i familiari dell’imprenditore.
§ 6) Le differenze tra i B&B e le strutture ricettive previste dalla Legge Regionale n° 11 del 1999: residence, case per vacanza ed affittacamere.
A completamento dell’esposizione dei contenuti della Legge Regionale n° 17 del 2001 sul Bed & Breakfast dobbiamo dire che se un’attività di B&B supera uno dei due limiti dimensionali di sei camere e di dieci posti letto fissati dall’articolo 2 di questa legge essa rientra necessariamente, data la tipizzazione legale obbligatoria dell’attività ricettiva (prevista dagli articoli 6 e 7 della Legge – Quadro sul Turismo n° 217 del 1983), nelle imprese, disciplinate dall’articolo 41 della Legge Regionale pugliese n° 11 del 1999, che gestiscono le strutture ricettive denominate “residenze turistiche o residence” che “forniscono alloggio e servizi in appartamenti autonomi o unità abitative composte da uno o più vani arredati e dotati di servizi igienici e di cucina e collocati in un complesso immobiliare arredato” od in quelle definite “case ed appartamenti per vacanza” che sono “immobili gestiti in forma imprenditoriale e non occasionale, per l’affitto ai turisti, composti da uno o più vani arredati, dotati di servizi igienici, cucina e collocati anche in più complessi immobiliari”. La legge pugliese non prevede, come altre leggi regionali, un numero minimo di case od appartamenti affittati (per esempio tre, come in Abruzzo, Calabria, Umbria, Marche, ecc.) oltre il quale si ha un’impresa di “residence” o di “case per vacanze”. La mancanza di questa indicazione è uno dei motivi che spinge i piccoli proprietari di una o due seconde case ad affittare in nero le loro abitazioni ai turisti, perché, di norma, si dovrebbe configurare l’attività di impresa.
Dalla mancanza di questa indicazione e dal disposto dell’articolo 2 della Legge Regionale n° 17 del 2001, che prevede che un B&B vada gestito in una sola unità abitativa, deriva la conseguenza che uno stesso richiedente che gestisce due B&B ubicati in due unità abitative distinte di sua proprietà non può che rientrare nella prima o nella seconda delle tipologie di imprese ricettive definite nel precedente capoverso, a seconda che dette unità siano nello stesso (in questo caso si deve superare anche il numero di sei camere destinate ad ospitare turisti, per non rientrare nella tipologia dell’affittacamere di cui al capoverso successivo) o in due differenti complessi immobiliari. Inoltre, se il titolare dell’impresa individuale si avvarrà della collaborazione dei familiari, queste strutture ricettive saranno gestite da un’impresa familiare di cui all’articolo 230 – bis del Codice Civile, con le conseguenze descritte nel paragrafo precedente. Infine, in questi casi, come pure nel caso dello “affittacamere” di cui al capoverso successivo, è sempre possibile la gestione della struttura ricettiva anche da parte di una società (di qualsiasi tipo).
La Legge Regionale n° 17 del 2001, pur equiparando nel titolo la qualifica di Bed & Breakfast a quella di “affittacamere” non ha abrogato gli articoli 46 e 47 della Legge Regionale n° 11 del 1999 che disciplinavano e disciplinano tuttora la tipologia di struttura ricettiva denominata, appunto, “affittacamere” e definita come una “struttura composta da non più di sei camere (ma non è previsto un numero minimo di posti letto), ubicate in non più di due appartamenti (a differenza del B&B), ammobiliati, ubicati in uno stesso stabile, nei quali sono forniti alloggio ed, eventualmente, servizi complementari, come la ristorazione se svolta dal medesimo titolare dell’esercizio”. Se i posti letto sono più di quattro nello stesso appartamento o abitazione indipendente, quest’ultimo deve essere dotato di doppi servizi igienici. L’attività di affittacamere può essere esercitata anche “in forma complementare all’esercizio di ristoro” (ristorante, pizzeria, ecc.) (articolo 46). Gli affittacamere devono fornire agli ospiti gli stessi servizi previsti dall’articolo 3 della Legge regionale n° 17 del 2001 per il B&B (e di cui al primo paragrafo) avvalendosi sempre della “normale organizzazione familiare” (articolo 47, 2° comma).
Come per i B&B anche per gli affittacamere non è obbligatoria l’iscrizione nel Registro delle Imprese e, di conseguenza, la gestione in forma imprenditoriale. Questo lo si ricava dal 2° comma dell’articolo 46 della Legge Regionale n° 11 del 1999 che prevede l’obbligatorietà di tale iscrizione solo nel caso in cui l’attività di affittacamere sia svolta in forma complementare a quella di ristorazione, cioè di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande disciplinata dalla Legge n° 287 del 1991. In tal caso l’esercizio di affittacamere deve rispettare i requisiti igienico – sanitari previsti dalla legge per gli esercizi di somministrazione (HACCP, ecc.), altrimenti è sufficiente che esso possieda i requisiti previsti per le civili abitazioni dal regolamento edilizio comunale (art. 47, 1° comma).
Pertanto, se l’attività di ristorazione è svolta dal titolare dell’esercizio di affittacamere soltanto nei confronti dei propri ospiti (quindi non in forma complementare ad un esercizio di somministrazione, in particolare ad un ristorante) e dato che anch’essa deve essere svolta avvalendosi della “normale organizzazione familiare” in locali aventi le caratteristiche strutturali ed igienico – sanitarie previste per le civili abitazioni, l’attività di affittacamere non è tenuta a rispettare i requisiti igienico – sanitari previsti dalla legge per gli esercizi di somministrazione (HACCP, ecc.). Questo deriva, a nostro giudizio, dalla lettera b) del paragrafo 2° dell’articolo 1° del Regolamento CE n° 852 del 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari che esclude dall’applicazione delle norme in esso contenute “la preparazione, la manipolazione e la conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico privato”, come abbiamo visto (nel primo paragrafo) accade anche per il servizio di prima colazione dei B&B.
Tornando ad esse, sia le “residenze turistiche o residence” che le “case ed appartamenti per vacanza” possono essere affittate ai turisti con contratti con validità da sette giorni a tre mesi anche durante tutto l’anno: queste strutture non possono quindi fornire ospitalità per periodi brevi da uno a sei giorni o superiori a tre mesi come gli alberghi o gli affittacamere od i B&B. Per esse vige il divieto di somministrare agli ospiti cibi e bevande (anche se, secondo noi, questo divieto contenuto nel comma 10° dell’art. 6 della Legge n° 217 del 1983 e riportato nel comma 5° dell’art. 41 della Legge Regionale pugliese n° 11 del 1999 è caduto in forza del successivo comma 1° dell’art. 9 della Legge n° 135 del 2001 che abilita tutti gli esercizi ricettivi alla somministrazione di alimenti e bevande alle persone alloggiate, eccetto per i B&B la cui istituzione e disciplina è esclusivamente regionale e successiva all’ultima legge citata) e di fornire loro i servizi centralizzati tipici delle strutture alberghiere (per esempio: pulizie giornaliere, portineria, centralino, ecc., anche se, alle volte, con convenzioni esterne o con contratti stipulati direttamente dagli affittuari con imprese terze, alcuni di questi servizi vengono forniti agli ospiti). La legge non pone limiti temporali anche al periodo di apertura degli affittacamere di cui alla Legge Regionale n° 11 del 1999.
Per l’avvio e la gestione di queste imprese ricettive e degli “affittacamere” gestiti in forma imprenditoriale di cui agli articoli 46 e 47 della Legge Regionale n° 11 del 1999 valgono le regole generali e quelle specifiche per il settore previste sempre da questa stessa legge: iscrizione al Registro delle Imprese, apertura della Partita Iva, della posizione INPS ed INAIL, mentre non serve più l’autorizzazione del Sindaco all’esercizio dell’attività prevista dagli articoli 58 – 62 sempre della Legge Regionale n° 11 del 1999 che oggi debbono ritenersi implicitamente abrogati dagli articoli 83 ed 84 del Decreto Legislativo n° 59 del 2010. Infatti, in virtù di queste ultime norme citate, l’avvio dell’attività è soggetto solo alla presentazione della dichiarazione di inizio attività (D.I.A.) al Comune competente per territorio, con le stesse modalità per l’avvio di un B&B che abbiamo esaminato nel secondo paragrafo.
L’autorizzazione del Sindaco all’esercizio dell’attività ricettiva era obbligatoria anche per gli affittacamere non gestiti in forma imprenditoriale (articoli 58 e 59, commi 1° e 7°, che disciplinavano il contenuto della relativa domanda e la documentazione da allegare ad essa), ma anche per l’avvio di questi oggi è necessaria soltanto la dichiarazione di inizio attività. Lo stesso vale per l’avvio delle residenze turistiche e delle case od appartamenti per vacanza,
Anche tutte queste strutture ricettive devono possedere i requisiti edilizi, igienico – sanitari e di sicurezza previsti per le civili abitazioni e l’utilizzo degli immobili per le attività ricettive citate non comporta modifica della destinazione d’uso di essi ai fini urbanistici. Le dotazioni (di impianti, arredamento, elettrodomestici, biancheria, ecc.) delle unità abitative destinate a residenza turistica od a casa per vacanza sono specificate dalla tabella “G” della Legge Regionale n° 11 del 1999 e quelli per gli affittacamere dall’articolo 47 della stessa. In particolare, se gli affittacamere hanno più di quattro posti letto devono essere dotati di doppi servizi igienici. Ricordiamo, infine e per completezza, che la legge di riforma delle locazioni n° 431 del 1998 ha totalmente liberalizzato i canoni degli affitti turistici.
§ 7) Conclusioni sulla disciplina dei B&B in Puglia.
In conclusione, possiamo dire che la Legge Regionale pugliese sul B&B è sostanzialmente in linea con quelle delle altre regioni italiane ed ha non solo l’apprezzabile scopo di incentivare l’offerta ricettiva e di creare nuove occasioni di lavoro, sia pure prevalentemente temporaneo o stagionale, ma anche quello di far emergere molte attività sommerse offrendo ad esse una forma molto semplificata di gestione. Purtroppo, però, proprio questa estrema semplificazione e questa natura “border line”, cioè di confine fra attività non professionale ed attività di impresa della gestione del B&B, lascia aperti molti problemi che a volte neanche l’interpretazione riesce a colmare con sicurezza, tanto che sarebbe auspicabile l’emanazione di un Regolamento regionale attuativo di questa Legge, anche per cercare di evitare che il B&B diventi un modo per camuffare attività di “residenza turistica” o di “case per vacanze”. A ciò si aggiungono i problemi creati dalla gestione in forma societaria dei B&B che abbiamo esaminato nel quarto paragrafo.
E’ un vero peccato, inoltre, dato il vasto patrimonio architettonico pugliese ancora in cerca di valorizzazione, che non si sia pensato, come in altre regioni (Umbria, Abruzzo, Calabria, ecc.), a creare una formula o categoria specifica di B&B o di “case per vacanze” ubicati in masserie od in immobili storici, come le “country houses” o “residenze rurali”. B&B ubicati in dimore storiche sono presenti in Puglia soprattutto nelle città del Salento e della Valle d’Itria.
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