E’ questo il principio statuito con la sentenza in commento dal CdS secondo il quale non può, ai fini della ripartizione dei seggi, farsi esclusivo riferimento alle cifre elettorali conseguite dalle liste o loro gruppi nel primo turno elettorale, senza tenere alcun conto dei loro collegamenti ai fini del secondo turno, rilevando i voti di lista conseguiti nel primo turno al solo fine della distribuzione dei seggi all’interno delle coalizioni.
In particolare, per la sentenza in rassegna, in assenza di una specifica norma al riguardo, deve privilegiarsi la soluzione più vicina al principio cardine che ha ispirato la riforma del governo locale, che è rinvenibile nel comma X dell’art. 73 del TUEELL, che ha inteso assicurare, mediante la previsione del ballottaggio, al sindaco eletto almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio comunale.
Nelle elezioni amministrative il turno di ballottaggio è stato quindi previsto non solo come modalità per l’elezione diretta del sindaco, quanto, piuttosto, come metodo per la composizione dei consigli, atteso che il gruppo di liste collegate al candidato vincente beneficia del premio di maggioranza, mentre il gruppo perdente beneficia di quella relativa compattezza che gli torna utile per esercitare il proprio ruolo di opposizione e di controllo sulla maggioranza.
In sintesi, poiché dei momenti di cui tenere conto nel calcolo dei voti per l’attribuzione dei seggi il comma IV del citato art. 73 ha considerato rilevante quello in cui viene concretamente individuato il Sindaco, è a tale momento che occorre avere riguardo per effettuare l’attribuzione dei seggi in consiglio comunale ad una lista o ad un collegamento di liste se il sindaco viene individuato solo a seguito di ballottaggio; è quindi in base ai risultati in tale sede ottenuti dalle liste che deve essere effettuata la ripartizione dei seggi.
N. 01269/2011REG.PROV.COLL.
N. 05177/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5177 del 2010, proposto da:
*** *** e dalla lista elettorale MPA – Movimento per le Autonomie Alleati per il Sud, in persona del Segretario cittadino pro tempore, sig. ******** ***, anche quale cittadino elettore, rappresentati e difesi dagli avv. **************** e ****************, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via Gabriele Camozzi, 1;
contro
Comune di *** di ***, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti di
*** ***, rappresentato e difeso dall’avv. *************, con domicilio eletto in Roma, via Silvestro II 14, presso la dott. ***************;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania – ***, Sezione II, n. 02669/2010, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento del verbale delle operazioni elettorali e di proclamazione degli eletti del 7.1.2010, relativo alle elezioni del Consiglio Comunale e del Sindaco del Comune di *** di ***, svoltesi il 29 e 30 novembre 2009 e, per il turno di ballottaggio, il 13 e 14 dicembre 2009;
nonché per la riforma parziale del verbale di proclamazione degli eletti dell’Ufficio Centrale Elettorale e per la conseguente proclamazione del ricorrente *** *** quale eletto alla carica di Consigliere comunale del Comune di *** di ***, in luogo del sig. *** ***.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di *** ***;
Vista la propria ordinanza n. 272 del 22 luglio 2010;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2010 il Cons. **************** e uditi per le parti gli avvocati ******* e *****;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Il sig. *** *** ha partecipato alle operazioni per la elezione del Consiglio Comunale e del Sindaco del Comune di *** di ***, svoltesi il 29 e 30 novembre 2009 e, per il turno di ballottaggio, il 13 e 14 dicembre 2009, quale candidato a sindaco n. 7 della lista n. 9 “MPA – MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE ALLEATI PER IL SUD” ottenendo n. 973 voti di lista validi.
Dopo il primo turno elettorale, non avendo alcuno dei candidati alla carica di Sindaco raggiunto il 50 % dei voti validi, sono stati ammessi al ballottaggio i candidati alla carica di sindaco i signori ************** e *************.
La citata lista “MPA – MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE ALLEATI PER IL SUD” non si è apparentata con alcuna delle liste che hanno appoggiato i candidati alla elezione a sindaco ammessi al ballottaggio.
Dopo il turno di ballottaggio è risultato vincitore il candidato sindaco sig. ************** con 8782 voti.
Alle liste che hanno appoggiato il candidato alla carica di sindaco risultato vincitore sono stati assegnati n. 18 seggi (pari al 60 % dei seggi spettanti alla maggioranza nel Consiglio comunale), mentre alle liste di minoranza sono stati assegnati i restanti 12 seggi (pari al restante 40%) secondo i criteri fissati dall’art. 73 del D. Lgs. n. 267 del 2000.
Per effettuare la suddivisione dei seggi spettanti alle liste di minoranza si è proceduto assegnando i seggi tra i quozienti più alti nel numero di 12, cioè 11 seggi al gruppo di liste che avevano appoggiato il candidato a Sindaco sig. ************* (che avevano conseguito un totale di 11.129 voti) ed un seggio alla lista “PARTITO DEMOCRATICO” che aveva ottenuto un quoziente di 1757 voti, mentre nessun seggio è stato attribuito alla lista “MPA”, il cui quoziente di 973 voti era inferiore sia al citato quoziente ottenuto dalla lista “PARTITO DEMOCRATICO”, sia al quoziente 1112, ultimo utile del gruppo di liste che avevano sostenuto il candidato alla carica di sindaco, non eletto, sig. *************.
Con ricorso giurisdizionale al T.A.R. Campania, *** il sig. *** *** ha impugnato in parte qua il verbale delle operazioni elettorali e di proclamazione degli eletti, deducendo che illegittimamente non gli era stato assegnato uno dei seggi spettanti alle liste di minoranza in virtù del risultato elettorale da lui ottenuto.
Il T.A.R. Campania – ***, Sezione II, con sentenza n. 02669 del 2010 ha respinto detto ricorso ritenendo che legittimamente il sig. *** ***, che, in assenza di un apparentamento della lista per la quale era stato candidato alla elezione a sindaco con uno degli schieramenti che avevano appoggiato il candidato alla carica di Sindaco ammesso al turno di ballottaggio, non aveva potuto beneficiare, all’atto della distribuzione dei seggi, della cifra elettorale complessiva spettante al raggruppamento di minoranza dopo il ballottaggio e non aveva avuto diritto ad un posto di consigliere comunale, perché la sua cifra elettorale, calcolata solo sul numero di voti ottenuto al primo turno, era risultata inferiore, nelle operazioni di distribuzione dei seggi, a quella di altri candidati che, pur avendo avuto una cifra individuale inferiore nel primo turno, avevano tuttavia ottenuto un beneficio per effetto dell’apparentamento eseguito nel turno di ballottaggio. Ciò a nulla valendo che il sig. *** e la sua lista avessero superato nel primo turno la soglia minima del 3% dei voti, potendo essere proclamati eletti alla carica di consigliere comunale i candidati sindaci non eletti collegati a liste che abbiano ottenuto almeno un seggio in base ai risultati del secondo turno di ballottaggio.
Con il ricorso in appello in esame il sig. *** *** e la lista elettorale MPA hanno chiesto l’annullamento della citata sentenza e la riforma parziale del verbale di proclamazione degli eletti dell’Ufficio Centrale Elettorale, con conseguente proclamazione del ricorrente come eletto alla carica di Consigliere comunale del Comune di *** di ***, in luogo del sig. *** ***.
A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:
1.- Errata motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 73, VII e VIII comma, del D. Lgs. n. 267 del 2000; eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti; violazione degli artt. 1, II c., 3 e 49 della Costituzione.
La giurisprudenza più recente si sarebbe attestata nel senso che l’assegnazione dei seggi secondo il metodo delineato dall’art. 73, VIII c., del D. Lgs. n. 267 del 2000 deve avvenire in base ai risultati non del turno di ballottaggio, come ritenuto dal primo Giudice, ma del primo turno elettorale.
I voti di lista sono infatti stati espressi nel procedimento elettorale solo al primo turno, mentre nel secondo si è proceduto unicamente al ballottaggio tra i due candidati alla carica di sindaco e non più all’attribuzione dei voti di lista,
Con atto depositato il 12.7.2010 si è costituito in giudizio il sig. *** ***, che ha dedotto la infondatezza del ricorso perché solo dopo il calcolo dei quozienti elettorali calcolati a seguito del ballottaggio ed essere stato verificato se e a quale gruppo di candidati spetti un seggio, si potrebbe procedere alla prededuzione a favore dei candidati alla carica di Sindaco non eletti; ciò, secondo consolidata giurisprudenza, perché non sarebbe consentito che lo scorporo gravi su un gruppo di candidati collegati con un altro candidato alla elezione a Sindaco in sede di ballottaggio, che non abbiano mai siglato alcun patto di collegamento con il Sindaco non ammesso al ballottaggio.
In subordine il suddetto sig. *** *** ha eccepito la inammissibilità del ricorso perché, in base alla graduatoria dei quozienti di ciascuna lista appartenente al gruppo a sostegno del candidato a Sindaco sig. *************, egli non era l’ultimo degli undici consiglieri comunali assegnati al raggruppamento suddetto, ma il settimo; ha quindi concluso per la reiezione.
Con ordinanza n. 272 del 22.7.2010 la Sezione ha disposto l’acquisizione del fascicolo di primo grado. Tanto è stato adempiuto.
Alla pubblica udienza del 3.12.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.
DIRITTO
1.- Con il ricorso in appello, in epigrafe specificato, Il sig. *** ***, che ha partecipato alle operazioni per la elezione del Consiglio Comunale e del Sindaco del Comune di *** di ***, svoltesi il 29 e 30 novembre 2009 e, per il turno di ballottaggio, il 13 e 14 dicembre 2009, quale candidato a sindaco n. 7 della lista n. 9 “MPA – MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE ALLEATI PER IL SUD”, ottenendo al primo turno n. 973 voti di lista validi e non venendo ammesso al successivo turno di ballottaggio, ha chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. Campania – ***, Sezione II, n. 02669/2010, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento del verbale delle operazioni elettorali e di proclamazione degli eletti del 7.1.2010, relativo a dette elezioni; inoltre ha chiesto la riforma parziale del verbale di proclamazione degli eletti dell’Ufficio Centrale Elettorale e la conseguente proclamazione dell’appellante quale eletto alla carica di Consigliere comunale del Comune di *** di ***, in luogo del sig. *** ***.
2.- Con l’unico motivo di appello sono stati dedotti errata motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 73, VII e VIII comma, del D.Lgs. n. 267 del 2000; eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti; violazione degli artt. 1, II c., 3 e 49 della Costituzione.
La giurisprudenza più recente (Consiglio Stato, sezione V, 16 marzo 2010, n. 1519) si è attestata nel senso che l’assegnazione dei seggi secondo il metodo delineato dall’art. 73, VIII c., del D. Lgs. n. 267 del 2000 deve avvenire in base ai risultati, non del turno di ballottaggio, ma del primo turno elettorale. I voti di lista sono infatti espressi nel procedimento elettorale solo al primo turno, mentre nel secondo si procede unicamente al ballottaggio tra i due candidati a Sindaco e non più all’attribuzione dei voti di lista, sicché per l’elezione dei consiglieri comunali dovrebbe farsi riferimento ai voti riportati nel primo turno (l’unico certo, essendo il ricorso al ballottaggio eventuale) dalle liste o gruppi di liste concorrenti, perché a nessuna lista può essere sottratto in relazione alla tornata di ballottaggio, il diritto ad ottenere i seggi già conseguiti nella prima tornata elettorale.
Nel caso che occupa l’Ufficio elettorale, nel ripartire i seggi tra le liste appartenenti alla minoranza, non ha riconosciuto il diritto dell’appellante (candidato alla carica di Sindaco risultato non eletto nell’ambito della lista che nel primo turno aveva conquistato almeno un quoziente) ad essere ammesso alla ripartizione dei seggi, non procedendo alla prededuzione del seggio per ciò spettante.
Sarebbero stati così violati la legge elettorale e lo schema procedimentale da essa delineato, il principio maggioritario proporzionale cui si ispira l’art. 73 del D. Lgs. n. 267 del 2000, il principio di ragionevolezza, di cui all’art. 3 della Costituzione, l’art. 1, II c., della Costituzione e la fondamentale funzione democratica e rappresentativa dei partiti di cui all’art. 49 della Costituzione.
3.- Osserva la Sezione che la questione in diritto dalla quale dipende la soluzione della controversia è se l’assegnazione dei seggi debba essere operata con riferimento alle liste o gruppi di liste così come configurati al primo turno elettorale, costituiti a sostegno degli originari candidati alla carica di Sindaco, ovvero per procedere ad essa assegnazione si debba tenere conto degli apparentamenti formatisi in vista del ballottaggio per l’elezione del Sindaco.
3.1.- L’orientamento giurisprudenziale richiamato e fatto proprio dall’atto di appello, per il quale l’assegnazione dei seggi andrebbe effettuata con riferimento alle liste o gruppi di liste così come configurati al primo turno elettorale, fa leva essenzialmente sulla considerazione che, poiché i voti di lista sono espressi nel procedimento elettorale (solo) al primo turno, nel secondo si procede unicamente al ballottaggio tra i due candidati sindaco e non più all’attribuzione di voti di lista, sicché, per l’elezione del Consiglio comunale, sarebbe ragionevole, ed anzi necessario, che si faccia riferimento ai voti riportati nel primo turno dalle liste o gruppi di liste concorrenti, escludendo, solo, come richiede espressamente la legge, il voto di chi non abbia raggiunto la percentuale del 3% .
Secondo detta giurisprudenza la prima tornata di elezioni e l’eventuale ballottaggio sono due fasi distinte e diversamente finalizzate delle operazioni elettorali: la prima (che potrebbe esaurirsi nel solo primo turno) è costituita dall’elezione del sindaco e dei consiglieri; l’altra, eventuale, riguarda la sola scelta del sindaco ed è tale per cui, anche concettualmente, l’elettore non ritorna (e non è chiamato) a votare per eleggere o confermare la rappresentanza assembleare, ma solo per eleggere, tra i due candidati, il capo dell’amministrazione comunale, che dunque si troverà a governare, non già con l’equivalente in seggi della maggioranza che lo ha votato al secondo turno, ma, salvi gli effetti del conseguimento in quella sede del premio di maggioranza, con la compagine che gli elettori hanno già designato nella prima tornata e costituente il risultato, attraverso l’applicazione del metodo D’Hondt, dell’attribuzione dei voti (di lista e di preferenza) in quella sede espressi.
Sulla base di tali premesse è stato affermato il principio che è nel primo turno (l’unico certo, essendo il ricorso al ballottaggio eventuale) che si determinano, secondo la volontà degli elettori e con la prevista applicazione di detto metodo D’Hondt, l’elezione dei consiglieri e l’assegnazione dei seggi alle diverse liste presenti alla competizione elettorale, per cui a nessuna lista potrebbe essere sottratto, in relazione all’esito della tornata di ballottaggio (salvo che per effetto dell’eventuale acquisizione in quella sede del premio di maggioranza) il diritto di ottenere i seggi già conseguiti nella prima tornata elettorale.
Non osterebbe a tale ricostruzione normativa, secondo l’orientamento giurisprudenziale de quo, l’art. 73, comma IV, del D. Lgs. n. 267 del 2000, laddove prevede che “l’attribuzione dei seggi alle liste va effettuata successivamente alla proclamazione dell’elezione del sindaco al termine del primo o del secondo turno”, essendo chiaro che, potendo il turno di ballottaggio incidere sulla distribuzione dei seggi tra maggioranza e minoranza, le operazioni di assegnazione degli stessi debbano riferirsi alla conclusione del primo o, eventualmente, del secondo turno; il che non implicherebbe che, salvi gli effetti espressamente previsti dalla legge, il ballottaggio possa rimettere in discussione le operazioni di assegnazione dei seggi, da effettuarsi in funzione del risultato elettorale della prima tornata e, comunque, con l’applicazione delle norme determinanti, non solo quando, ma pure come l’assegnazione dei seggi debba effettuarsi, in esito alle operazioni elettorali.
3.2.- Ritiene tuttavia il Collegio che tali argomentazioni non possano essere condivise, perché, in assenza di una specifica norma al riguardo, deve privilegiarsi la soluzione più vicina al principio cardine che ha ispirato la riforma del governo locale, che è rinvenibile nel comma X dell’art. 73 del D. Lgs. n. 267 del 2000, che ha inteso assicurare, mediante la previsione del ballottaggio, al sindaco eletto almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio comunale.
La norma è evidentemente tesa a garantire un ampio margine di governabilità negli enti locali, mediante l’investitura diretta del sindaco e la precostituzione, anche nell’ipotesi in cui il candidato sindaco consegua anche un solo voto popolare in più del suo avversario, di una vasta maggioranza in Consiglio comunale che gli consenta di portare agevolmente a termine il mandato.
Nelle elezioni amministrative il turno di ballottaggio è stato quindi previsto non solo come modalità per l’elezione diretta del sindaco, quanto, piuttosto, come metodo per la composizione dei consigli, atteso che il gruppo di liste collegate al candidato vincente beneficia del premio di maggioranza, mentre il gruppo perdente beneficia di quella relativa compattezza che gli torna utile per esercitare il proprio ruolo di opposizione e di controllo sulla maggioranza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 1996, n. 576).
Va considerato invero che la fase della procedura per la elezione è disciplinata dai commi VIII, IX, X e XI dell’articolo 73 del D. Lgs. n. 267 del 2000, in base ai quali la ripartizione dei seggi in caso di ballottaggio va effettuata tenendo inderogabilmente conto degli apparentamenti successivi al primo turno (in particolare in base ai commi VIII e X, secondo periodo), sicché le diverse liste finiscono per essere considerate ai fini di tale ripartizione come un nuovo gruppo, senza distinzione tra quelle originarie e quelle apparentatesi successivamente (Consiglio Stato, sezione V, decisione n. 6123 del 2008).
Va osservato inoltre che, in base al comma IV di detto articolo 73, “l’attribuzione dei seggi alle liste è effettuata successivamente alla proclamazione dell’elezione del sindaco al termine del primo o del secondo turno“, il che va interpretato non solo nel letterale senso che le operazioni di assegnazione dei seggi vanno effettuate dopo il primo o secondo turno, ma soprattutto nel senso, implicitamente affermato dalla norma, che ciò che rileva per l’attribuzione dei seggi nel consiglio comunale, è che la suddivisione dei seggi spettanti alle liste va effettuato in base ai risultati elettorali conseguiti nel momento effettivo in cui l’attribuzione è disposta, quindi, se dopo il turno di ballottaggio, in base ai risultati ottenuti dalle liste coalizzate in tale sede.
In altre parole, poiché dei momenti di cui tenere conto nel calcolo dei voti per l’attribuzione dei seggi il comma IV del citato art. 73 ha considerato rilevante quello in cui viene concretamente individuato il Sindaco, è a tale momento che occorre avere riguardo per effettuare l’attribuzione dei seggi in consiglio comunale ad una lista o ad un collegamento di liste se il sindaco viene individuato solo a seguito di ballottaggio; è quindi in base ai risultati in tale sede ottenuti dalle liste che deve essere effettuata la ripartizione dei seggi.
Tale interpretazione appare al Collegio essere quella più in linea con l’intento del legislatore, che ha inteso assicurare la migliore governabilità dell’ente locale attraverso il collegamento tra liste con l’evidente scopo di assicurare compagini compatte ed efficaci ed evitare, per converso, alle formazioni più deboli di rappresentare un “vulnus” al funzionamento dei corpi rappresentativi dell’ente stesso (Cons. Stato, V, 20 luglio 2001 n. 4055).
Del resto, poiché nell’attribuzione dei seggi sia alla maggioranza che alla minoranza il legislatore ha sancito che si debba aver riguardo non solo ai voti conseguiti dalle liste singole, ma anche a quelli conseguiti dai raggruppamenti delle liste, non solo nel primo turno elettorale, ma anche nel successivo turno del ballottaggio, è evidente che per la specifica rilevanza che la legge ha inteso assegnare alle coalizioni tra gruppi, sarebbe contraddittorio se ad esse coalizioni non fosse data rilevanza alcuna nella decisiva fase di riparto dei seggi a seguito di ballottaggio (Cons. Stato, sezione V, 10 novembre 2005, n. 6283; 23 novembre 1996, n. 1416; 25 maggio 1998, n. 692).
Peraltro dall’espresso riferimento al turno di elezione del Sindaco contenuto nell’art. 73, comma VIII, del D. Lgs. n. 267 del 2000 (che riproduce l’articolo 7, comma 4, della legge 25 marzo 1993, n. 81 che, utilizzava la corrispondente espressione “a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate con i rispettivi candidati alla carica di sindaco“) la prevalente giurisprudenza ha dedotto i principi che “la ripartizione dei seggi assegnati al consiglio comunale va effettuata, con il metodo D’Hondt, dapprima tra le liste o gruppi di liste collegate allo stesso candidato Sindaco, e poi tra le liste all’interno di ogni gruppo; e non è in discussione che, nel caso di ballottaggio – in vista del quale le liste possono effettuare un nuovo collegamento tra loro oltre che con il candidato Sindaco – i seggi vadano ripartiti avendo riguardo ai nuovi collegamenti tra liste e non già a quelli del primo turno” (Consiglio Stato, Sez. V, 21 settembre 2005, n. 4936) e che la ripartizione “va effettuata tenendo inderogabilmente conto degli apparentamenti successivi al primo turno” (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 dicembre 2008 , n. 6123), in quanto “per la specifica rilevanza che la legge ha inteso assegnare alle coalizioni tra gruppi, sarebbe contraddittorio se alle coalizioni tra gli stessi non fosse data rilevanza alcuna nella decisiva fase di riparto dei seggi a seguito di ballottaggio” (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 2009, n. 1159; 25 maggio 1998, n. 692; 23 novembre 1996, n. 1416).
4.- Per le considerazioni in precedenza svolte deve quindi concludersi che l’assegnazione dei seggi, in caso di ricorso al ballottaggio per l’elezione del Sindaco, debba essere operata con riferimento ai risultati in tale turno conseguiti dalle liste o gruppi di liste formatisi in vista di esso e che, anche ai fini della ripartizione dei seggi di minoranza, deve aversi riguardo ai risultati conseguiti in sede di ballottaggio; pertanto non può, ai fini della ripartizione stessa, farsi esclusivo riferimento alle cifre elettorali conseguite dalle liste o loro gruppi nel primo turno elettorale, senza tenere alcun conto dei loro collegamenti ai fini del secondo turno, rilevando i voti di lista conseguiti nel primo turno al solo fine della distribuzione dei seggi all’interno delle coalizioni.
Ritiene pertanto il Collegio che l’appello non possa essere accolto, essendo condivisibili le considerazioni formulate dal Giudice di primo grado, che ha ritenuto che, legittimamente, il sig. *** ***, in assenza di un apparentamento della lista “MPA”, per la quale era stato candidato a Sindaco, con uno degli schieramenti che hanno appoggiato i candidati a Sindaco ammessi al turno di ballottaggio, non aveva potuto beneficiare della cifra elettorale complessiva spettante al raggruppamento di minoranza nella distribuzione dei seggi, perché la sua cifra elettorale, calcolata solo sul numero di voti ottenuto al primo turno, era risultata inferiore, nelle operazioni di distribuzione dei seggi, a quella di altri candidati che, pur avendo avuto una cifra individuale inferiore nel primo turno, avevano tuttavia ottenuto un beneficio per effetto dell’apparentamento eseguito nel turno di ballottaggio. Ciò a nulla valendo che il sig. *** e la sua lista avessero superato nel primo turno la soglia minima del 3% dei voti in quanto possono essere proclamati eletti alla carica di consigliere comunale i candidati sindaci, non eletti, collegati a ciascuna lista che abbia ottenuto almeno un seggio e, facendo applicazione delle suindicate regole di riparto dei seggi, dopo il turno di ballottaggio alla lista “MPA” non spettava alcun seggio di minoranza.
5.- La infondatezza dell’appello esime il Collegio dalla disamina della fondatezza della eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal resistente sig. *** *** perché, in base alla graduatoria dei quozienti di ciascuna lista appartenente al gruppo a sostegno del candidato a Sindaco, non eletto, sig. *************, esso resistente non era il reale controinteressato, perché non era l’ultimo degli undici consiglieri comunali assegnati al raggruppamento suddetto, ma solo il settimo e mai l’appellante avrebbe potuto essere nominato consigliere comunale in suo luogo.
6.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.
7.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, oltre alla presenza di oscillanti precedenti giurisprudenziali, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in esame.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
*****************, Presidente
**************, Consigliere
***************, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Antonio Amicuzzi, ***********, Estensore
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L’ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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